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Autore: Swindle    18/02/2012    2 recensioni
Tre sono i volti che rappresentano il dolore, il dolore che
Minerva ha dimenticato. Questo è il mio tributo ad un personaggio da
riscoprire.
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Altro personaggio, Minerva McGranitt, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
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Questa storia mi è molto cara. Il personaggio principale è Minerva McGranitt, ed è un pò il mio tributo a lei.
Spero vi piaccia.
Rika =)



ATTENZIONE: Spoiler da Pottermore riguardo la vita di Minerva e il suo rapporto con Dougal McGregor. E' anche vero, però, che se non conoscete la sua storia è un pò difficile capire tutto della fic. Vi consiglio di andarvelo a leggere! (Tanto oramai a chi fanno più paura gli spoiler? xD )

Nota:  Storia scritta per il Concorso “La poesia ispira la prosa”, poesia numero 4, “Il dolore che ho dimenticato” (Tagore), che potete leggere all’inizio del mio racconto.

 







Tre volti del Dolore.

 



 

Il dolore che ho dimenticato
nell’animo sta bruciando,
nelle oscure
spiagge dei sogni.
(Tagore)



 

 
Il cielo è di un azzurro sorprendente, quasi abbacinante. Il sole riscalda l'ambiente, ma l'aria è fresca e leggera. Ovunque è pieno di bellissimi colori: il verde splendente del prato, il blu profondo del laghetto, il delicato marrone del viale alberato.
E gli alberi, che meraviglia! Le foglie sono di mille colori - gialle, arancioni, rosse, verdi scuro, le sfumature dell'autunno.
Respiro profondamente e chiudo gli occhi, tutto intorno a me è pace.
Un tocco leggero mi sfiora la mano.
Il mio amore è accanto a me, mi sorride, mi guarda con quei suoi occhi profondi, e non c'è cosa più bella di questa.
Parliamo tranquillamente, ridiamo, scherziamo... è così facile essere felici in sua compagnia.
Nessun'altra persona è capace di trasmettermi queste emozioni, con nessun'altro provo questo senso di libertà.
E' tutto semplicemente perfetto.
Sento il vento che mi accarezza i capelli, e all'improvviso una nuvola passa davanti al mio sguardo.
Non riesco a capire se questa nube grigia è davvero di fronte ai miei occhi o è solo nella mia mente.
Subito ricordo il vero motivo per cui sono qui.
Guardo il mio amore e mi rendo conto di dovergli dire addio: non posso fare l'errore di mia madre, non posso sposare un non-mago.
Sento già le lacrime che fra poco nasceranno nei miei occhi, apro la bocca per prendere parola ma il suo sguardo mi blocca.
Improvvisamente è serio, un'espressione tirata sul volto, come se avesse compreso ciò che sto per dirgli.
Dougal stende il braccio, levandolo lentamente e puntando l'indice sempre più in alto. Sta per indicarmi a mo' di accusa, lo so.
Deglutisco, il tempo che impiega a formulare la sua condanna mi sembra infinito.
E invece, quando infine il suo movimento si blocca, non è a me che accenna: il suo dito punta qualcos'altro, alle mie spalle.
Con uno scatto mi volto, confusa.
Un'alta figura sta avanzando verso di noi, ma non riesco a riconoscerla. Quand'è che il cielo si è fatto così cupo?
Stringo gli occhi, cercando di mettere a fuoco la sagoma oltre le lenti dei miei occhiali, finchè non vedo uno scintillio.
Un gioco di luce sugli occhiali, certo, occhiali simili ai miei, eppure così diversi... come gli occhi che dietro i vetri mi scrutano.
E io riconoscerei quello sguardo fra mille.
- Albus! - esclamo con voce strozzata, portandomi una mano a coprire la bocca per la sorpresa.
- Cosa ci fai qui? - chiedo ancora - Noi... -
Non so cosa dire. Silente è chiaramente vestito da mago, con una delle sue eccentriche vesti colorate, e qui con me c'è anche Dougal.
Mi volto a guardarlo, ma il suo volto è muto, un'espressione indecifrabile addosso, che quasi mi fa paura: mai l'avevo visto così.
- Mi hai deluso, Minerva. - dice la voce di Albus.
E' una doccia gelata. Mi volto, senza il coraggio di guardarlo negli occhi.
- Pensavo che avresti continuato ad essermi fedele, che avresti portato avanti i miei progetti. - continua inplacabile - E invece mi hai tradito. -
Questo è troppo.
Alzo gli occhi su di lui, offesa nell'orgoglio dalle sue parole.
- Non è vero! - replico - Ho sempre combattuto al tuo fianco, sempre. Ho sempre fatto ciò che mi chiedevi, a volte anche quando non ne capivo il motivo. Sei sempre stato un maestro per me, un esempio da seguire, un confidente, un amico. Ho sempre creduto in te, ti ho sempre sostenuto, di qualunque cosa ti accusassero. -
- Hai ragione. - conferma tranquillo - Ma solo fino alla mia morte. -
Mi congelo sul posto, mentre una folata di vento mi fa rabbrividire. O sono forse le sue parole a farmi provare questo freddo?
- Non puoi dire questo... - sussurro con voce tremante, incerta - Io ti ho sempre sostenuto, ho continuato i tuoi progetti, l'Ordine, ho protetto i ragazzi... -
- Ma sono morti lo stesso, durante la battaglia. - continua con voc limpida.
Ogni frase che esce dalle sue labbra è una stilettata al mio cuore.
- Non puoi accusarmi delle loro morti! - urlo, piena di rabbia repressa, e di sconvolgente sofferenza - Ho fatto tutto ciò che era in mio potere! -
- Ma non è stato abbastanza. - mi accusa ancora.
Poi si avvicina a me, mentre io mi sento sempre più piccola nella sua ombra, e anche lui, come Dougal poco fa, alza un braccio, indicando qualcosa dietro di me.
L'uomo che sta venendo verso di noi è avvolto in oscure vesti, e questa volta ci metto poco a riconoscerlo.
- Severus! -
L'uomo che pensavo ci avesse traditi tutti, l'uomo contro cui ho scatenato il mio odio per la morte di Albus, l'uomo colpevole oltre ogni ragionevole dubbio...
L'uomo che avevo stimato fin da ragazzo, l'uomo che avevo perdonato per i suoi errori di gioventù, l'uomo che riaccendeva la mia rivalità nel Quidditch e per gli allievi, l'uomo con cui avevo trascorso molte piacevoli ore in conversazioni brillanti, l'uomo per cui avevo cominciato a nutrire un affetto fraterno...
Come avevo potuto essere così cieca alla verità? Come avevo fatto a non vedere?
- Mi hai abbandonato. - disse, con quella sua voce piatta, e contemporaneamente così profonda.
Come avevo potuto non capire tutte le volte che aveva cercato di proteggere gli allievi da Voldemort, dai Carrow... come non avevo compreso la sua necessità di vedere Potter, quella notte, di parlargli? Come non mi ero accorta che le sue maledizioni, i suoi incantesimi durante il nostro duello erano molto meno potenti di quelle che avrebbero potuto essere?
"Vigliacco!" sentii la mia voce gridare nei miei ricordi. Vigliacco, vigliacco, vigliacco...
Come avevo potuto dubitare che non fosse tutto un piano, che Severus fosse ancora fedele a Silente?
Ero stata cieca e sorda alla sua sofferenza... Non avevo voluto accettare la verità.
- Mi dispiace. - riesco solo a dire.
Alzo gli occhi verso di lui, verso il suo sguardo impenetrabile, aspettando l'ennesima condanna.
Invece lui, imitando gli altri due uomini prima di lui, alza un braccio, puntanto il dito nel vuoto.
So chi sta indicando, non ho bisogno di scoprirlo.
Mi volto a guardare Dougal, chiedendomi quando tutto questo finirà.
- Sono contento che tu non mi abbia sposato. - mi dice, non c'è traccia della sua solita allegria nei tratti del suo viso che così tanto amo.
E forse questa è la frase che riduce definitivamente a pezzi il mio cuore martoriato.
- Tu non mi meritavi. E non mi hai mai amato. - afferma. Nei suo occhi vedo solo puro odio.
- No! - esclamo, aggrappandomi alle sue vesti - No, questo non è vero... ti supplico. -
Ma lui mi scrolla di dosso, e mi costringe a voltarmi verso Silente.
Il cielo è oscuro, adesso, non è più autunno nel parco.
Silente mi trafigge con quello sguardo che può attraversare un'anima e farla in mille pezzi.
- Tu non ti sei fidata di me. -
Sento la mia anima sgretolarsi sotto i suoi occhi, con queste sue parole.
Silente mi si avvicina e così anche Dougal. Qualcosa mi costringe a guardare in direzione di Severus, e solo ora mi accorgo che il suo sguardo è quello che ho visto sul suo corpo freddo, morto: mi guarda senza vedermi.
- Tu non mi hai aiutato. -
I tre uomini si fanno avanti lentamente, circondandomi, e io mi sento in trappola, senza via d'uscita, disperata.
- No! - inizio a supplicare, piangendo. Mi accascio al suolo, mi copro il viso, ma loro avanzano ancora, imperterriti.
E la loro vicinanza non porta conforto, calore. Il parco è immerso nell'inverno, è grigio, e io sento solo freddo. Tanto freddo.
Loro avanzano, avanzano, avanzano, togliendomi il fiato. Fra poco saranno così vicini da schiacciarmi.
E adesso posso sentire le loro voci: sussurrano, ripetendo ossessivamente la stessa frase.
- Non mi meriti - sussurra Dougal.
- Non ti sei fidata - ripete Albus.
- Non mi hai aiutato - accusa Severus.
Ormai sono così vicini che non vedo nient'altro che loro, i miei sbagli.
Urlo, mentre congelo di freddo.
 
Mi sveglio di soprassalto, e se nel sogno stavo gelando, ora sento il mio corpo andare a fuoco.
Mi alzo dal letto, avvolgendomi intorno una vestaglia grigia, seria, fredda come me.
Esco dagli appartamenti del Preside, gli stessi che l'anno scorso occupava Severus, e in cui prima abitava Albus.
Mi dirigo verso l'ufficio del Preside; ho ancora qualche difficoltà ad accettare che questo ruolo sia io a ricoprirlo ora, e non più loro.
Mi siedo di fronte alla scrivania, dando le spalle alla porta, nella sedia che di solito occupa chi viene a parlarmi.
Guardo i ritratti dei vecchi presidi, di fronte a me.
Albus sonnecchia nella sua cornice, appoggiato ad un gomito, russando lievemente, con gli occhiali che gli scivolano sul naso rotto troppe volte.
Severus legge un grosso tomo alla luce di una candela: ripete i gesti che faceva quando era ancora in vita.
Ed infine qui davanti, sulla mia scrivania, la foto che ho conservato gelosamente per tutti questi anni.
Ora anche Dougal è morto, e non può nemmeno vivere in questa foto babbana, immobile; il volto immutato come se avesse ancora vent'anni.
Sospiro e mi mordo un labbro.
Vorrei parlare con loro... ma non ne trovo il coraggio.
Ho passato tutta la mia vita a fare la cosa giusta: non ho ricalcato gli errori di mia madre, ho scelto uno stile di vita austero e leale, ho messo impegno nel mio lavoro, ho voluto bene alla mia famiglia e sono stata una buona moglie, ho combattuto dalla parte del bene, ho difeso i più deboli, ho protetto i miei studenti, mi sono fidata di persone meritevoli...
Eppure ho sbagliato tutto lo stesso, solo ora me ne rendo conto.
Ho avuto un'infanzia simile a quella di Albus e Severus, loro però hanno fatto un grande errore da giovani, e hanno passato la vita a rimediare. Io mi sono rifiutata di sbagliare.
Loro hanno dato la vita per la giusta causa. Io sono viva, mentre miei allievi, miei amici, gente più giovane di me è morta.
Loro hanno saputo fidarsi quando era il momento. Io ho abbandonato le mie speranze e ho perso la mia fiducia.
Ed ora sono qui, a tirare le fila di questa vita, con tutto il dolore che sento...
Un dolore che non avevo messo in conto, che non avevo programmato, che anzi avevo cercato di sfuggire con tutte le mie forze, facendo sempre la cosa giusta; quel dolore che provoca sofferenza, male: il dolore che chiama altro dolore, l'errore di mia madre che mai avrei voluto ripetere e in cui invece, ora lo so, sono irrimediabilmente caduta.
Questo, questo è il dolore cheho dimenticato...
- Spero solo che mi abbiate perdonata. - sussurro ai tre volti.
...avevo.




 

Fine

 

  
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