Capitolo 17
“Come hai capito
che era lui?”, chiese
Teresa. Aveva assistito alle ultime battute del processo, curiosa di
vederlo
agire di nuovo in tribunale. Già una volta le era capitato di vederlo
in azione
ed era un’esperienza che, sebbene mettesse a dura prova i suoi
sentimenti,
valeva la pena d’affrontare. Ma
non
s’aspettava di assistere alla resa dei conti.
Harm non rispose
subito e continuò a
ritirare i fascicoli relativi al processo nella cartella, mentre Mac e
Teresa
l’osservavano. Avrebbe dovuto sentirsi soddisfatto: aveva vinto la
causa, aveva
trovato l’assassino di Darleen ed era riuscito a darlo in pasto alla
giustizia.
Eppure, più che soddisfatto, si sentiva sfinito. Aveva visto l’odio e
la
violenza in molte persone e in diverse circostanze. Lui stesso, a
volte, era
stato costretto dagli eventi ad uccidere. Ma quello che aveva letto
negli occhi
di quel ragazzo quel giorno, lo aveva turbato forse più delle sue
stesse crisi
di coscienza dopo che, in azioni militari, o per difesa personale,
s’era visto
costretto a togliere la vita a qualcuno.
“Quando l’ho
visto”, rispose. “Quando
l’ho visto sulla soglia di casa della madre, ho riconosciuto
immediatamente il
ragazzo descritto dall’impiegato della reception. Non so come mai. In
fondo è
un ragazzo abbastanza comune. Ma ricordavo, dalla prima testimonianza
del
signor Mitchell, quella che io solo avevo sentito, mentre la forniva
alla
polizia, come aveva descritto lo sguardo di quel ragazzo che aveva
consegnato
la busta. Quando mi ha aperto la porta e mi ha visto, aveva lo stesso
sguardo,
come se volesse sfidarmi. Stavo rimuginando su quello che avevo
scoperto la
sera prima, sul fatto che il signor Stevenson è mancino e che non
poteva essere
l’assassino. Mi stavo chiedendo, per l’ennesima volta, come mai non
avesse
voluto parlarci del figlio e della prima moglie… tutte quelle domande
sembravano i pezzi di un puzzle sparsi sul tavolo. Erano tutti lì,
mancava solo
di trovare il posto giusto ad ogni pezzo. Mentre mi parlava, sentii che
il
puzzle si ricomponeva da solo…”.
Guardò Teresa:
chissà se avrebbe
capito? Mac, n’era certo, l’aveva compreso. Lei lo conosceva, conosceva
il suo
istinto e certe sue sensazioni. Ma Teresa?
“Hai agito
d’istinto, come fai sempre,
e hai avuto ragione”, commentò il capitano Coulter.
Harm guardò sua
moglie, che gli
sorrise: anche lei aveva ragione. Teresa lo conosceva bene… più di
quanto lui
stesso riuscisse ad immaginare. Mac avrebbe detto perché lo amava.
Forse non
aveva tutti i torti.
Preferì non
indagare troppo nei meandri
della mente femminile, altrimenti non avrebbe più avuto il coraggio di
coinvolgere Teresa quando n’avesse avuto bisogno, per lavoro o come
amica. In
fondo, poteva ancora contare sull’insensibilità tipicamente maschile
per
svicolare, come spesso aveva fatto, di fronte a certe situazioni che
faticava a
gestire.
Era ora di
andare a sistemare i
documenti relativi al processo e preparare un rapporto per
l’ammiraglio: salutò
Teresa e diede un rapido bacio a sua moglie.
Mentre si
accingeva a lasciare l’aula
del tribunale, chiese in tono leggero:
“Ci vediamo a
casa, signore? Sarai
nostra ospite, vero, capitano?”. Poi
rivolse loro un sorriso e se ne andò, senza nemmeno attendere risposta.
In fondo, a quel
sorriso, aveva
abituato entrambe.