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Autore: Alexandra_ph    18/02/2012    0 recensioni
Una donna e una bambina… Non erano riusciti a salvare nessuna delle due. Né la madre, né la figlia.
“Sono… sono morte entrambe?”
“Si. Prima la madre, poi anche la piccola.”
Ecco: ora era finita. Ora quell’interminabile attesa era finita. Ora avrebbe potuto lasciare quel luogo che tanto odiava.
Avrebbe potuto andarsene… Solo.
Scritto tra l’inverno e la primavera 2004, è l'ultimo racconto della storia iniziata con Fly with me.
Abbiamo lasciato i nostri due eroi appena sposati e in attesa di un bambino... la storia prosegue da qui.
Buona lettura!
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Fly with Me'
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Capitolo 18


Chiamò l’ascensore, ma non riuscì ad aspettare che arrivasse: usò le scale, salendo i gradini a due a due.

Quando il cellulare era squillato, mentre si trovava dall’ammiraglio, un’ora dopo aver lasciato Mac e Teresa in tribunale, aveva risposto quasi di malavoglia. Non voleva essere disturbato, perché desiderava tornare a casa al più presto, per gustare una cena tranquilla con sua moglie e con un’amica, prima di salutarla e mettere definitivamente una pietra sopra a quel caso che l’aveva coinvolto in maniera tanto personale.

Spalancò la porta di servizio e si ritrovò, a distanza di soli dieci giorni, di nuovo in una sala d’aspetto dell’ospedale. E ritrovò immutate le stesse sensazioni d’ansia e di paura. Sperava solo che la situazione non finisse come la volta precedente.

Quando aveva risposto al telefono, la voce di Teresa Coulter l’aveva colto di sorpresa: perché lo chiamava? Non era andata a casa con Sarah?

“Harm, sono in ospedale. Ho accompagnato Mac…”. Non aveva atteso che terminasse la frase: si era alzato, aveva farfugliato qualcosa all’ammiraglio ed era corso in macchina il più rapidamente possibile. Ricordò d’aver maledetto più volte di non essere alla guida di un F-14, anziché di un’auto…

“Teresa…” quasi non riusciva a pronunciare il suo nome, quando la vide.

“Vai, è oltre quella porta. Ti sta aspettando” gli disse, con una voce dolce, quasi materna. Una voce che si accorgeva di usare solo con lui.

“Ma… sta bene? “

“Starà meglio tra poco.”

“E’… è il bambino?”

“Certo che è il bambino! Cosa credevi che fosse?”

“Temevo si fosse sentita male, che fosse caduta… Ma, non è troppo presto, per il bambino? Sarebbe dovuto nascere fra 15 giorni…”

“Si vede che è ansioso di conoscervi. Ora vai, ha bisogno di te.”

“Grazie, Teresa”, le disse, abbracciandola.

Il capitano Coulter restò in piedi a lungo, nello stesso posto, persa nel ricordo di quell’abbraccio. Poi, come ritornando alla realtà, s’incamminò verso l’ascensore e uscì dall’ospedale.

 

  
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