Capitolo betato da Kukiness
Long
distance information
give me Memphis Tennessee.
Try
to find the party
trying to get in touch with me.
She
would not leave her number
but I know who placed the
call.
'Cos my uncle took the message
and he wrote
it on the wall.
(Memphis Tennessee, Chuck Berry)
J
Legò la bici alla rastrelliera e in punta di piedi percorse il
vialetto di fronte che portava a una piccola costruzione di
periferia, con le pareti in legno azzurro leggermente scrostato e il
tetto con le tegole verde scuro che andava a chiudere la sommità
dopo appena un piano. Le imposte bianche non erano certo messe meglio
dei muri perimetrali, ma la porta era stata verniciata da poco, dello
stesso verde delle tegole, e una targa in ottone lucidato recitava
Tom & J Brown. Quello era
il posto che fin da bambina aveva chiamato casa.
Non
appena girò la chiave e aprì l’uscio di un piccolo spiraglio,
capì che i suoi sforzi di passare inosservata erano stati vani.
-
J, sei tu? -La raggiunse una voce assonnata dal salotto; la luce era
spenta, ma dalla stanza provenivano dei bagliori azzurrini, segno che
suo padre si era nuovamente addormentato davanti alla TV.
J
entrò in casa e chiuse la porta.
-
Scusa, pa’, non volevo svegliarti.
Suo
padre fece capolino dal salotto, sbadigliando. Ormai viaggiava sulla
cinquantina, era alto e robusto, anche se le spalle erano incurvate
dai troppi anni di lavoro.
-
Non ti preoccupare, non dormivo, - mentì. - Tutto bene al lavoro?
Hai una faccia strana.
-
Il solito, Frank non è che diventi simpatico da un giorno all'altro,
- borbottò lei sfilandosi le scarpe e sostituendole con un paio di
babbucce.
Si
fece strada nell'ingresso stiracchiandosi le spalle, ma fu bloccata
dalla figura del padre.
-
Io mi faccio un latte caldo, lo vuoi anche tu?
Sospirò
e lo seguì dentro la cucina: voleva farla cantare, era fin troppo
chiaro, ma decise di fingere di non essersene accorta.
Prese
dai pensili smaltati due tazze e le mise sul tavolo quadrato
appoggiato contro la parete, mentre Tom versava il latte nel
pentolino (dimenticandosi puntualmente il cartone ancora pieno sul
bancone della cucina) e accendeva i fornelli.
-
E tu hai finito tardi di lavorare? - gli chiese, mettendo il latte
nel frigo,
-
No, stasera alle sette ero a casa.
Quando
il latte fu caldo lo versò nelle tazze che la figlia aveva
preparato, aggiunse nella sua del cacao amaro mentre in quella di lei
due abbondanti cucchiai di miele, poi gliela fece scivolare sul
tavolo e si sedette in silenzio.
J
sentì il suo sguardo su di sé, e cercò di rassicurarlo con un
sorriso tra un sorso e l'altro, indovinando l'apprensione nello
sguardo del padre.
-
Tu lo sai e io lo so: parlerai, a costo di rimanere qui tutta la
notte. Perché non sputi il rospo e basta? -le disse alla fine, senza
ammettere repliche.
-
Signor Brown è un interrogatorio questo?
-
Lo sarebbe se avessi qualche domanda da porle, signorina Brown. Le
sto semplicemente chiedendo di parlare a suo piacimento della cosa
che tanto la disturba.
J
si accigliò, prima di tuffarsi di nuovo nella tazza per bere
l’ultimo sorso; si alzò e aprì il rubinetto per lavarla, e mentre
l'acqua correva disse semplicemente
-Sam
mi ha rimproverato.
-
Lo stesso Sam che conosco anche io? Sei certa che non ce l'avesse con
Annabell o Katie? - le domandò, cercando di non ridere per non
offenderla: aveva visto Sam gridare così tante volte dietro a quelle
ragazze nel corso degli anni che si meravigliava che la figlia se la
fosse presa tanto per un semplice rimprovero.
-
Sì e sì. Ma lo vedi che le fai allora le domande? Comunque, quel
che è peggio è che aveva ragione . Mi sono comportata come una
stronza acida. - Suo padre quella volta non riuscì a trattenere un
sorriso.
-
Bambina, non è una tragedia, - sbuffò divertito. - è
tutta colpa di quel cazzone da cui lavori. Vedrai, prima o poi
vinceremo alla lotteria e lo manderai a quel paese.
J
rise, spingendolo fuori dalla cucina.
-
Questo implicherebbe che prima o poi uno di noi due giocasse a quella
stramaledetta lotteria, no? 'Notte pa’, fila a letto.
Chiuse
la porta della sua camera e senza accendere la luce raggiunse il
letto, si liberò dei vestiti e infilò il pigiama che teneva sotto
al cuscino, balzando poi sotto al lenzuolo.
Ok,
non aveva parlato a suo padre del forestiero, non gli aveva detto che
era con lui che era stata stronza.
Nel
buio rivide i suoi occhi fissarla. aveva reagito così provocata da
quello sguardo, non era da lei e non lo avrebbe più rifatto.
Si
rigirò e si abbandonò al sonno.
-
Sveglia, J! - la chiamò il padre dal corridoio. - Io vado con Peter
a sistemare il tetto della signora Lane, ti ricordi? Non so se
riusciamo a tornare in tempo per il pranzo, nel caso ci arrangiamo da
soli.
J
si mise il cuscino sulla testa.
-
Va bene!- urlò, ben sapendo che non sarebbe più riuscita a prendere
il sonno.
Suo
padre era esasperante. Dopo una settimana di lavoro-spezza-schiena,
nel week-end se ne andava in giro a sistemare le magagne del vicinato
con Peter, il Secondo Cavaliere dell’Apocalisse, nonché amico
d’infanzia di suo padre fin dai tempi dell’asilo e, non in
ultimo, suo zio.
Si
alzò stiracchiandosi, e andò ad aprire le imposte per fare entrare
il sole caldo del mattino nella stanza e per dare il quotidiano
buongiorno a sua madre, cosa che non mancava mai di fare. Rimase in
contemplazione del cielo per qualche istante, poi rivolse un ultimo
silenzioso saluto a sua madre e si diresse di nuovo verso il letto.
Appallottolò lenzuola e federa e le buttò nella lavatrice dove già
si trovavano quelle del padre, che le aveva buttate lì prima di
uscire come lei gli aveva insegnato.
Selezionò
il programma di lavaggio e si diresse in cucina, dove si servì del
caffè già fatto e prese pigramente in mano la cornetta del
telefono.
Il
destinatario rispose dopo un paio di squilli.
-
Sono J, venite a pranzo da me? Mio padre se ne è andato in giro come
al solito a fare il matto con zio Peter.
Katie
rispose affermativamente, e dopo averla assicurata che avrebbe
avvertito lei Annabell si salutarono.
J
Spalancò le finestre della cucina e accese l'aspirapolvere, pronta a
iniziare i soliti mestieri.
-
Ehi, J, - la chiamò Sam, facendo capolino dalla finestra. J spense
l’elettrodomestico, lo appoggiò in un angolo e poi si avvicinò al
davanzale.
-
Entri per un caffè, Sam?- gli propose. Era difficile fingere di non
essere in imbarazzo per quello che era successo la sera prima.
-
Sono venuto apposta.
-
Lo faccio nuovo, tu entra. - Gli indicò la porta con un cenno del
capo, mentre legava il filo attorno all'aspirapolvere e lo riponeva
nel ripostiglio.
Mentre
la macchina del caffè si scaldava, lasciò Sam in cucina e trasportò
il bucato dalla lavatrice all'asciugatrice, poi tornò in cucina
dove lui stava già versando il caffè in due tazze.
-
Qual buon vento, Sam? - gli domandò mentre mescolava.
-
Volevo assicurarmi che fosse tutto a posto dopo ieri sera, - disse
lui sicuro, senza mezzi termini.
J
sollevò lo sguardo e non riuscì a non sbuffare una risata pentita.
- Sono
stata una vera cogliona, vero? - Usò un tono più sincero di quello
della sera prima.
-
Abbastanza. Se fosse stato qualcun altro avrei lasciato correre, ma
mi ha fatto troppo strano da te.
-
Non so cosa mi è preso. forse mi ha solo parlato nel modo sbagliato
nel momento sbagliato.
-
è
un bravo ragazzo, - disse Sam. - Si spacca la schiena ogni giorno e
qui in città non conosce nessuno: non mi andrebbe che si sentisse
costretto a non uscire con noi perché ti urta i nervi.
J
gli prese la tazza vuota dalle mani e la buttò nel lavello con la
sua.
-
Gli darò una seconda possibilità, anche se non mi è sembrato
particolarmente simpatico. - Si mise a lavare le tazze.
-
J, perché non stai un attimo ferma? Mi meraviglio che mentre
camminiamo non spazzi le strade! - Sam rise. - E comunque, su Patrick
ti sbagli, è un tipo a posto. È un po’ matto, forse, - disse,
facendo spallucce. - È fatto a modo suo, ma è a posto.
Non
sapeva spiegarsi il perché, ma per qualche motivo le risultava
difficile ammettere sia a Sam che a sé stessa che, a prescindere dal
primo scambio di battute che aveva avuto con il forestiero, c'era
qualcosa in lui che le dava sui nervi; e nella sua vita gli individui
che le facevano quell'effetto si potevano contare sulle dita della
mano.
Decise
di cambiare discorso.
-
Vengono le ragazze a pranzo. Ti fermi anche tu?
-
E presenziare a un incontro privato delle tre disgrazie? - Sam rise,
fingendosi spaventato. - Non ci tengo, grazie. Vado da John e lo
convinco ad andare a fare due tiri con la stecca.
J
Arrivò prima di Betta, che era in ritardo come al solito, e dai
commenti di Frank ebbe la sensazione che qualcosa fosse davvero
successo tra i due la sera prima.
-
Poverina, avrà trovato traffico, - se lei non metteva piede nel pub
minimo dieci minuti prima del turno si beccava una lavata di capo
sull'importanza della puntualità, che si concludeva in genere con
borbottamenti vari sul fatto che Melly dava troppa corda alla gente
irresponsabile.
J
sbuffò e spillò le birre per due ragazzi al bancone. Quella sera si
prospettava tranquilla, perciò avrebbe fatto sia servizio in sala
sia la barista. Visto che di solito, quando non c’era casino, i
clienti abituali si andavano a prendere le ordinazioni da soli, J
pregò che entrasse una bella ragazza civettuola che distraesse
Frank, in modo che lei se ne potesse stare tranquilla a godersi una
serata di calma piatta.
Involontariamente
controllò l'ora quando Betta entrò, esattamente venti minuti dopo
dell'inizio del suo orario, e sbuffò consapevole che il despota non
le avrebbe detto niente.
-
J. - La voce di lui la sorprese alle spalle. - Non mi piace come ti
stai comportando ultimamente con Betta. La tratti con troppa
supponenza, come se fosse una tua dipendente.
J
Provò a mostrarsi calma e tranquilla,
-
No, Frank, non è vero.
-
Non è che perché è qui meno tempo di te che tu le devi mettere i
piedi in testa, - continuò, come se lei non avesse detto niente. -
Inoltre, se tutto va come deve andare, presto le dovrai portare
rispetto, - si lasciò scappare.
J
sbarrò gli occhi: l'aveva convinto a darle una promozione? E in nome
di quali capacità?
-
Cosa intendi, non capisco. È un anno che io lavoro qui tutti i
giorni e non mi hai mai aumentato lo stipendio di un dollaro e...
Frank
si lasciò scappare una risata.
-
Oh, no, non preoccuparti. Non si tratta di una cosa lavorativa! È
solo che, quando diventerà la mia donna, capisci bene che dovrai
trattarla come tale.
Despota
tiranno maiale, pretendeva che si prodigasse in salamelecchi con lei
solo perché aveva il coraggio di dargliela.
Con
la coda dell’occhio vide entrare i suoi amici, e colse l'occasione
slacciandosi il grembiule.
-
Senti, dal momento che è arrivata e stasera è tranquillissimo, mi
prendo una pausa,
-
Ma sì, - le rispose lui, ingentilito dall'occhiata che Betta gli
aveva rivolto uscendo dal retro. - Prenditi pure una mezz'oretta, non
ti preoccupare e fai con comodo: te la scalo dallo stipendio.
Le
labbra di J si assottigliarono in un sorriso sconvolto: che
magnanimità, pensò sarcasticamente.
Quando
gli altri si sedettero al tavolo la videro arrivare come una furia.
-
Che è successo? - le domandò Mike, notando gli occhi lucidi. J si
sforzò di sorridere e ricacciare indietro le lacrime.
-
Niente, sono solo una stupida, tutto qui.
-
Dai, piantala di fare la martire e dicci subito cos'è successo, - la
incalzò John, a cui la prospettiva di avere una scusa per gonfiare
la faccia a quel verme di Frank non dispiaceva affatto: le aveva
forse messo le mani addosso?
J
si lasciò cadere sul divanetto a braccia conserte.
-
Succede che mi devo trovare un altro lavoro. Entro mezzanotte Betta
diventerà la Signora Despota, e lui mi ha fatto capire che dovrò
leccarle il culo a ogni piè sospinto.
-
Brutto affare, - commentò tetra Ann, solidale.
-
Prima o poi scoppierai, lo sai, specialmente tu che ti tieni tutto
dentro, - notò Katie
J
sbuffò e abbozzò un sorriso.
-
Mike, non è che posso venire da te a fare il muratore?
Patrick
stava osservando pensieroso la scena.
-
Considerala un'offerta di pace.- J si voltò di scatto nella sua
direzione. Evidentemente era tanto presa dai suoi problemi che non si
era ancora accorta della sua presenza. - Quello che vuoi è che stia
lontana dal tuo capo, no? - le chiese, guardando però verso il
bancone, dove la cameriera e il padrone parlottavano allegri. J mosse
la testa in segno di assenso. Patrick si voltò di nuovo verso di lei
e abbozzò un ghigno. - Non ti preoccupare, nessuno diventerà la
signora nessuno.
J
lo guardava stranita, come se non avesse compreso il significato
delle parole, e Patrick le fece semplicemente l'occhiolino.
Non
sapeva con esattezza perché si fosse posto a salvatore della patria,
ma quando aveva incrociato con gli occhi il culo di quella Betta
aveva pensato che non ci avrebbe messo molto a farla desistere.
Notò
con piacere che il topo si stava avvicinando alla sua trappola, e
sfoderò il suo sorriso più accattivante.
-
Frank mi manda a chiedervi cosa volete. - Betta aveva uno strascicato
accendo del sud e masticava insistentemente un chewing-gum. Si
rivolse a J. - Ha anche detto che tu hai lo sconto del dieci per
cento, se vuoi bere un succo di frutta con i tuoi amici! - Emise una
risatina stridula e divertita.
I
ragazzi cominciarono a dirle che cosa volevano da bere, e lei se lo
appuntò con lentezza sul blocchetto delle ordinazioni. Per quanto si
sforzasse di non pensare al lavoro nella sua mezz'ora libera, J
poteva giurare che, nonostante l'eternità che ci aveva messo per
scriverla, la comanda sarebbe stata illeggibile. Quando fu il suo
turno scosse il capo, dicendo che non voleva nulla. Fece attenzione
invece all'ordinazione del forestiero, che fu l'ultimo a comunicarla.
-Mi
chiedi cosa voglio, bellezza? Intendi, a parte un tuo sorriso? - Le
guance di Betta si imporporarono lusingate sotto al trucco. - Allora
una birra, tesoro, me la farò bastare. - Le strizzò l’occhio. Il
forte accento irlandese aveva fatto la sua parte, ma lui ci aveva
messo del suo.
Ann
e Katie annuivano soddisfatte, mentre Mike e John avevano l’aria
stranita. Probabilmente non riuscivano a capire come diavolo avesse
fatto a farla arrossire con una sola frase.
Betta
si avvicinò al bancone, e la sorpresero a guardare al di sopra della
sua spalla in direzione di Patrick.
-
Diavolo di un forestiero, hai fatto centro. - Sam gli batté una mano
sulla spalla, poi si voltò verso J. - Mi sa che puoi continuare a
lavorare al pub ancora per un po’, - disse, e inarcò le
sopracciglia in direzione di Patrick. J capì immediatamente quello
che intendeva dire, e si schiarì la voce.
-
Patrick, giusto? Se ce la farai, ti sono debitrice, - ammise, mentre
lui si alzava dal tavolo.
-
Non lusingatemi, l'avete vista? Non mi sono certo immolato. Ora
scusatemi, ma vado a cuocere la mia preda. - Patrick si avvicinò al
bancone e si sistemò accanto a Betta, sotto lo sguardo furente di
Frank. Le toccò lascivamente la schiena.
-
Ti prego, - lo sentirono dire, - questi affari pesano troppo per una
bella ragazza come te, mi sentirei un verme a guardarti portarli. -
Le prese dalle mani il vassoio carico delle loro ordinazioni. -
Vieni, dolcezza, seguimi e ti restituisco il tuo vassoio.
-
è
un genio, - disse tra i denti Mike, guardandoli avvicinarsi.
- Sai, io vengo da Dublino, - disse Patrick a Betta, guardandola come se esistesse solo lei. - Di’ un po’, ci sei mai stata, in Irlanda? - Lei scosse la testa, con l’aria trasognata. - Ci devi assolutamente andare! È una bellezza della natura, proprio come te.
J
vide il volto di Katie assumere un'espressione sbigottita, e indovinò
quello che stava pensando: i capelli ossigenati e le trenta libbre di
trucco non si potevano certo definire un miracolo della natura, e
osservando Ann, che si era presa in mano una ciocca di capelli,
rimirandosi il biondo naturale, capì che anche lei aveva la stessa
opinione a riguardo.
Controllò
l'orologio: la pacchia era finita e doveva ricominciare a lavorare.
-
Se riesco a staccare presto ci si vede dopo, - disse e si diresse
verso il bancone, con Betta alle calcagna.
-
E da dove esce quello schianto?- le chiese sottovoce. J decise di
tenergli il gioco.
-
Ne sai tu più di me, - le disse con finta complicità. - Come al
solito ha fatto colpo. - Betta si girò nuovo a spiarlo e quando lui
si accorse che lo stava guardando le fece di nuovo l’occhiolino.
-
Dici? - sospirò lei.
Stava
a vedere che doveva pure ringraziarlo, il bifolco forestiero.
Verso
le dieci, gli unici avventori rimasti erano Sam e gli altri.
-
J, comincia pure a tirare su le sedie, - le disse Frank. Betta era
impegnata a caricare le scorte dei frigoriferi, facendo avanti e
indietro dal magazzino, perciò J si fece dare una mano da Mike, in
cambio di una pinta offerta dalla casa.
Il
Despota si era ritirato nell'ufficio sul retro a contare l'incasso, e
J aveva tirato giù un pezzo di saracinesca; anche Sam e John si
erano uniti a Mike per aiutarla a sistemare, così J si poté
dedicare alla pulizia del bancone. Quando ebbe finito di disinfettare
con l’acqua bollente i beccucci delle spine si guardò attorno
soddisfatta. Grazie all’aiuto degli amici aveva finito prima del
previsto.
Decise
di raggiungere Betta per aiutarla con l'ultimo carico e avvisarla che
potevano andare via, così scese saltellando i gradini delle anguste
scale che portavano al magazzino. Conosceva il percorso a memoria,
perciò non ebbe difficoltà a procedere nonostante il piano
inferiore fosse completamente al buio; Frank continuava a
dimenticarsi di cambiare la lampadina fulminata dell’antimagazzino.
Si stupì di non sentire il tipico rumore delle bottiglie accatastate
nel cartone per essere trasportate al piano superiore.
Sicuramente
Betta si era presa una delle sue solite pause per fumarsi una
sigaretta. Nonostante a lavoro non combinasse un bel niente,
continuava a scegliere compiti che l’aiutassero a imboscarsi. J era
furente, perché l’aveva lasciata per l’ennesima volta a sbrigare
il lavoro noioso, perciò decise di sorprenderla in torto. Si
avvicinò di soppiatto alla porta di ferro socchiusa del magazzino.
Il suo naso non mentiva: come aveva immaginato, c’era odore di
fumo.
Evitando
di toccare la porta per non farla cigolare, ci infilò dentro la
testa, ma la scena che le si parò davanti era ben diversa da quella
che si era immaginata. Due mozziconi ardenti giacevano a terra,
lasciati a consumarsi, mentre Betta si consumava di passione in un
bacio, avvinghiata al forestiero.
Imbarazzata,
J non riuscì a muoversi per qualche istante. Quando realizzò che la
possibilità di venire scoperta a spiarli fosse ancora più
imbarazzante, si ritrasse con attenzione.
Raggiunto
il primo gradino gridò: – Betta, muoviti che abbiamo chiuso! -
come se non avesse mai realmente messo piede nel magazzino,
limitandosi ad averla avvisata dalle scale, e poi corse al piano
superiore più in fretta che poté, sentendo dietro di lei i rumori
maldestri dei due ragazzi riportati alla realtà.
Era
turbata: sia nei confronti di Betta, avendo l'impressione di averla
venduta per un po' di tranquillità al lavoro, sia nei confronti del
forestiero, impaurita dal fatto che si fosse sentito in dovere di
corteggiare la cameriera solo per avere la sua benedizione
all'interno del gruppo.
-
Ci siete? - le si parò davanti Frank, già pronto, impaziente di
continuare il suo discorso con Betta.
-
Non ancora, ci dobbiamo cambiare, - gli fece notare lei indicandogli
la t-shirt nera con il logo della Guinnes che indossava. - Vado a
spegnere le luci della sala. - Lasciò che scoprisse da solo con chi
si era imboscata Betta, che sentiva salire alle sue spalle.
Era da sola, probabilmente aveva fatto uscire il forestiero dalle
cantine.
-
Eccoti, dolcezza, - disse Frank. - Allora, vogliamo andare a berci
una cosa? Magari a casa mia?
J
non vide l’espressione di Betta, ma conosceva bene la sua smorfia
“no grazie” che rivolgeva ai clienti molesti che ci provavano con
lei. - Frank, senti, dobbiamo parlare...
J
accelerò. Non aveva intenzione di ascoltarla mentre lo scaricava,
non voleva aumentare il proprio senso di colpa.
Mentre
abbassava definitivamente la saracinesca, avvertendo gli amici che
l'aspettavano fuori che si sarebbe presto unita a loro, Frank,
rubicondo, fece capolino dalla porta sul retro, lanciandole un mazzo
di chiavi.
-
Io me ne vado, non sto certo qui ad aspettare i vostri comodi! - le
disse, senza mimetizzare la sua rabbia, e si dileguò.
J
raggiunse gli spogliatoi e scoprì che anche Betta se ne era già
andata in fretta e furia. Infilò nello zaino il cambio del giorno
precedente, si sfilò veloce la maglietta nera e la sostituì con una
camicetta rossa e un giubbettino. Dopo aver controllato che fosse
tutto spento, uscì in strada, richiudendosi con attenzione la porta
alle spalle.
-
Sta diventando un vizio? - la sorprese la voce di Mike, - Sei ancora
musona.
-
Accidenti, mi hai fatto prendere un colpo! - disse e si nascose le
chiavi del pub nello zaino.
-
Abbiamo fatto il giro, dato che non ti decidevi a tornare più, - le
disse Ann appoggiata al muro.
-
Andiamo, dai. – J slegò la propria bici e la spinse mentre
uscivano dal vicolo sul retro e raggiungevano l'ingresso chiuso dove
l'aspettava il resto della banda.
-
Non mi hai ancora risposto, - le fece notare Mike, prendendole la
bicicletta dalle mani e spingendola al suo posto.
-
Non ho niente. - Si assicurò che il forestiero non fosse nel gruppo.
– Prima, nel magazzino, ho visto il tuo collega che faceva il
polipo con Betta.
-
Che volpone, ce l’ha fatta! - disse Mike. - Diavolo di un uomo.
Sono tre mesi che le faccio il filo e a me non ha neppure dato un
calcio, poi arriva questo qui e, bam, in una sola sera va in seconda
base. - Il suo tono era allegro, sembrava divertito, non rancoroso. -
Di fronte al maestro non posso fare altro che fare tanto di cappello.
-
Piantala, - lo rimproverò J. - Ma se la conosce solo da stasera? E
lo ha fatto solo per evitarmi guai con Frank, ti sembra un buon
motivo?
Mike
la fissò qualche secondo, per poi scoppiare in una risata.
-
Che c'è da sganasciarsi tanto? - chiese John quando raggiunsero il
resto del gruppo.
-
J fa la puritana, e si è scandalizzata perché ha visto Patrick che
si faceva Betta giù nel magazzino.
-
Come “si faceva”?
Mike
rise - Beh, alla lingua c'è arrivato di certo e sicuramente avrà
anche allungato le mani,
-
Ma la smettete? Vi sembra di parlarne così?
-
Senti, J, - disse Sam, che conosceva troppo bene la ragazza da non
comprendere il motivo del suo turbamento - il forestiero e Betta sono
adulti e consenzienti. Lei appena l'ha visto è andata in brodo di
giuggiole, e lui concorda con l'opinione di ogni essere umano maschio
che la conosce, ovvero che lei sia una sventola da paura. Non ti
crucciare, tu non c'entri niente: l'hanno fatto solo per il loro
piacere.
Lei
lo guardò sospettosa, ma gli credette e cercò di allontanare il
nodo allo stomaco. Era vero, probabilmente le cose sarebbero andate
così in ogni caso. Il forestiero, con il suo fascino quasi rude, era
il classico tipo che faceva impazzire quelle come Betta, che
risaputamente era in grado di attirare tutti gli uomini nell'arco di
un miglio e di convincerli a farle da schiavetti, sempre se non
apriva bocca.
Annuì
infine, e si sedette sul muretto davanti al pub, appoggiando la
schiena al lampione: un'altra serata era finita, per fortuna. Ora
aveva davanti un'intera settimana prima di dover affrontare un altro
week end.
Stavano
quasi per congedarsi quando una voce alle sue spalle la fece
sussultare.
-
Dicevi che saresti stata in debito con me, ragazzina.
Mike
lo accolse con la mano testa. - Patrick, da oggi tu sei il mio mito
personale.
-
Ma dove sei stato fino ad adesso? - si informò curioso John, mentre
attendeva il suo turno per congratularsi.
-
Ho accompagnato la bambola sotto casa, - disse Patrick, criptico,
suscitando risate di approvazione.
Anche
Sam gli porse la mano. - L’hai fatta capitolare, eh, forestiero?
Sembrava
la Fiera del Tacchino. J ringraziò il cielo che almeno le ragazze
non sembrassero desiderose di elargirgli pacche sulle spalle. Fece un
cenno a Katie.
-
Io vado, facciamo la strada insieme? - disse alzandosi dal muretto.
-
Quindi, ragazzina? - Patrick la intercettò. - Soddisfatta? - le
disse, con il suo solito tono impertinente.
J,
per Sam e per Mike, si costrinse a rimanere cortese, e gli rispose
gentile ma distaccata:
-
Ti ringrazio, forestiero,
- disse, dando all'appellativo un accezione più negativa di quanto
non facesse Sam, che usava il soprannome in tono amichevole. - Come
ti ho detto, sono in debito con te. ‘Notte a tutti!
Ann
disse che si sarebbe trattenuta ancora dieci minuti, ma che ci
avrebbe pensato Mike ad accompagnarla a casa, così le ragazze si
avviarono spalla a spalla.
Katie
si accese una sigaretta.
-
Ma non riesci proprio a fartelo stare simpatico, eh?
J
rimase in silenzio per buona parte della strada, ma prima di entrare
nel loro quartiere si decise ad aprire bocca.
-
A voi non dà fastidio il suo modo di fare? - Katie la guardava senza
capire di cosa stesse parlando, così specificò, - Il forestiero:
si comporta come se tutte le donne dovessero cadergli ai piedi.
-
Oh, beh, - disse l'amica, pensierosa, - ma è così. Tu forse sarai
immune al suo fascino, ma ti assicuro che ne ha un bel po'.
-
Non mi dirai che anche tu gli fai gli occhi dolci? - J era
scandalizzata: vedere anche Katie comportarsi come Betta sarebbe
stato troppo, non voleva vedere anche lei trattata così.
-
Non nego che quando l'ho conosciuto ieri ci ho fatto più di un
pensiero, ma no: innanzitutto per Ann. Io gli sto alla larga e lei fa
lo stesso, non sarebbe carino l'una nei confronti dell'altra. Anche
lei lo ha guardato bene. E poi, se non l'hai capito, Patrick va a
genio a Sam e a John. Quanto a Mike, è stato lui a portarlo, e
quindi con tutta probabilità lo vedremo sempre più spesso.
Sbuffò in maniera infantile all’ultima constatazione, e Katie
sogghignò.
J
ruotò gli occhi. - Ma che fortuna!
-
Dai, guarda che è simpatico,
-
Sì, immagino. Ma che ci trovate, dico io. Ti ripeto, a me quello che
dà fastidio è... - Ci pensò su, cercando le parole adatte. - È
così sicuro di sé, con tutte quelle occhiate e quel tono di voce.
-
Guarda che non è un atteggiamento impostato, fa parte di come è
fatto.
J
Si fermò, dal momento che erano arrivate davanti alla casa
azzurrina.
-
E anche guardare ogni ragazza come un pezzo di carne che dovrebbe
aspettare solo di venire scelta da lui?
Katie
scosse la testa.
- È
un dongiovanni, questo nessuno può negarlo, ma da quel poco che ho
capito è fatto così. Non lo fa con cattiveria. Credo che anche
Betta sappia che per quanto lui la corteggi non è certo per farne
una donna onesta, e che non si aspetterà di sicuro un rapporto serio
ed esclusivo. Nessuna ragazza si avvicinerebbe a lui con queste
intenzioni, se non è pazza o talmente innamorata di lui da sentire
il desiderio tipicamente femminile di redimerlo. - J la guardò,
Katie era così pragmatica, così logica. Annuì alla spiegazione,
per quanto comunque non lo ritenesse corretto: un uomo non aveva
certo il diritto di andare in giro a fare lo stallone spezza cuori
giustificandosi solo perché era nella sua natura.
-
'Notte, Miele, - le disse, usando il soprannome con cui la chiamava
sempre quando erano sole o con Ann.
-
'Notte, Scricciolo.
Ringraziamenti:
grazie
a Kukiness, che oltre aver betato mi ha anche fornito un sacco di
spiegazioni e consigli. La mia ignoranza in materia è comunque
abissale, ma se oggi è un po' smussata è grazie a lei.
Ringrazio questa storia, perchè sta facendo sfogare il mio lato
musicale più di esigente, dal momento che sto ascoltando solo
ciò che potrebbe ascoltare J, e questo taglia un bel pezzo di
musica moderna: mi da però l'opportunità di approfondire
quella dell'epoca, e di riscoprire un sacco di brani e gruppi che non
conoscevo oppure avevo dimenticato.