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Autore: Aura    19/02/2012    0 recensioni
Tennessee, anni settanta, per molti versi la culla di un Rock che ha esportato al mondo stelle come Elvis e Johnny Cash;
è la tappa ideale per Patrick, un irlandese che ha girato gli States in cerca di fortuna con la sua chitarra sulle spalle.
J, cresciuta a Germantown, maledirà molte volte il giorno in cui il Forestiero arrivò nella sua città la prima volta, accendendo quel cerchio di fuoco che l'avrebbe bruciata per tutta la vita.
- Credo che anche Betta sappia che per quanto lui la corteggi non è certo per farne una donna onesta, e che non si aspetterà di sicuro un rapporto serio ed esclusivo: nessuna ragazza si avvicinerebbe a lui con queste intenzioni se non è pazza o talmente innamorata di lui dal sentire il desiderio tipicamente femminile di redimerlo. - concluse. J la guardò: Katie era così pragmatica, così logica.
Annuì alla spiegazione, per quanto comunque non lo ritenesse corretto: un uomo non aveva certo il diritto di andare in giro a fare lo stallone spezza cuori solo perché era nella sua natura.
Genere: Romantico, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo betato da Kukiness

Long distance information 
give me Memphis Tennessee. 
Try to find the party 
trying to get in touch with me. 
She would not leave her number 
but I know who placed the call. 
'Cos my uncle took the message 
and he wrote it on the wall. 

(Memphis Tennessee, Chuck Berry)




J Legò la bici alla rastrelliera e in punta di piedi percorse il vialetto di fronte che portava a una piccola costruzione di periferia, con le pareti in legno azzurro leggermente scrostato e il tetto con le tegole verde scuro che andava a chiudere la sommità dopo appena un piano. Le imposte bianche non erano certo messe meglio dei muri perimetrali, ma la porta era stata verniciata da poco, dello stesso verde delle tegole, e una targa in ottone lucidato recitava Tom & J Brown. Quello era il posto che fin da bambina aveva chiamato casa.
Non appena girò la chiave e aprì l’uscio di un piccolo spiraglio, capì che i suoi sforzi di passare inosservata erano stati vani.
- J, sei tu? -La raggiunse una voce assonnata dal salotto; la luce era spenta, ma dalla stanza provenivano dei bagliori azzurrini, segno che suo padre si era nuovamente addormentato davanti alla TV.

J entrò in casa e chiuse la porta.
- Scusa, pa’, non volevo svegliarti.
Suo padre fece capolino dal salotto, sbadigliando. Ormai viaggiava sulla cinquantina, era alto e robusto, anche se le spalle erano incurvate dai troppi anni di lavoro.
- Non ti preoccupare, non dormivo, - mentì. - Tutto bene al lavoro? Hai una faccia strana.

- Il solito, Frank non è che diventi simpatico da un giorno all'altro, - borbottò lei sfilandosi le scarpe e sostituendole con un paio di babbucce.
Si fece strada nell'ingresso stiracchiandosi le spalle, ma fu bloccata dalla figura del padre.
- Io mi faccio un latte caldo, lo vuoi anche tu?
Sospirò e lo seguì dentro la cucina: voleva farla cantare, era fin troppo chiaro, ma decise di fingere di non essersene accorta.
Prese dai pensili smaltati due tazze e le mise sul tavolo quadrato appoggiato contro la parete, mentre Tom versava il latte nel pentolino (dimenticandosi puntualmente il cartone ancora pieno sul bancone della cucina) e accendeva i fornelli.
- E tu hai finito tardi di lavorare? - gli chiese, mettendo il latte nel frigo,

- No, stasera alle sette ero a casa.
Quando il latte fu caldo lo versò nelle tazze che la figlia aveva preparato, aggiunse nella sua del cacao amaro mentre in quella di lei due abbondanti cucchiai di miele, poi gliela fece scivolare sul tavolo e si sedette in silenzio.
J sentì il suo sguardo su di sé, e cercò di rassicurarlo con un sorriso tra un sorso e l'altro, indovinando l'apprensione nello sguardo del padre.
- Tu lo sai e io lo so: parlerai, a costo di rimanere qui tutta la notte. Perché non sputi il rospo e basta? -le disse alla fine, senza ammettere repliche.
- Signor Brown è un interrogatorio questo?
- Lo sarebbe se avessi qualche domanda da porle, signorina Brown. Le sto semplicemente chiedendo di parlare a suo piacimento della cosa che tanto la disturba.
J si accigliò, prima di tuffarsi di nuovo nella tazza per bere l’ultimo sorso; si alzò e aprì il rubinetto per lavarla, e mentre l'acqua correva disse semplicemente
-Sam mi ha rimproverato.
- Lo stesso Sam che conosco anche io? Sei certa che non ce l'avesse con Annabell o Katie? - le domandò, cercando di non ridere per non offenderla: aveva visto Sam gridare così tante volte dietro a quelle ragazze nel corso degli anni che si meravigliava che la figlia se la fosse presa tanto per un semplice rimprovero.
- Sì e sì. Ma lo vedi che le fai allora le domande? Comunque, quel che è peggio è che aveva ragione . Mi sono comportata come una stronza acida. - Suo padre quella volta non riuscì a trattenere un sorriso.
- Bambina, non è una tragedia, - sbuffò divertito. -
è tutta colpa di quel cazzone da cui lavori. Vedrai, prima o poi vinceremo alla lotteria e lo manderai a quel paese.
J rise, spingendolo fuori dalla cucina.
- Questo implicherebbe che prima o poi uno di noi due giocasse a quella stramaledetta lotteria, no? 'Notte pa’, fila a letto.

Chiuse la porta della sua camera e senza accendere la luce raggiunse il letto, si liberò dei vestiti e infilò il pigiama che teneva sotto al cuscino, balzando poi sotto al lenzuolo.

Ok, non aveva parlato a suo padre del forestiero, non gli aveva detto che era con lui che era stata stronza.
Nel buio rivide i suoi occhi fissarla. aveva reagito così provocata da quello sguardo, non era da lei e non lo avrebbe più rifatto.

Si rigirò e si abbandonò al sonno.


- Sveglia, J! - la chiamò il padre dal corridoio. - Io vado con Peter a sistemare il tetto della signora Lane, ti ricordi? Non so se riusciamo a tornare in tempo per il pranzo, nel caso ci arrangiamo da soli.
J si mise il cuscino sulla testa.
- Va bene!- urlò, ben sapendo che non sarebbe più riuscita a prendere il sonno.
Suo padre era esasperante. Dopo una settimana di lavoro-spezza-schiena, nel week-end se ne andava in giro a sistemare le magagne del vicinato con Peter, il Secondo Cavaliere dell’Apocalisse, nonché amico d’infanzia di suo padre fin dai tempi dell’asilo e, non in ultimo, suo zio.

Si alzò stiracchiandosi, e andò ad aprire le imposte per fare entrare il sole caldo del mattino nella stanza e per dare il quotidiano buongiorno a sua madre, cosa che non mancava mai di fare. Rimase in contemplazione del cielo per qualche istante, poi rivolse un ultimo silenzioso saluto a sua madre e si diresse di nuovo verso il letto. Appallottolò lenzuola e federa e le buttò nella lavatrice dove già si trovavano quelle del padre, che le aveva buttate lì prima di uscire come lei gli aveva insegnato.
Selezionò il programma di lavaggio e si diresse in cucina, dove si servì del caffè già fatto e prese pigramente in mano la cornetta del telefono.
Il destinatario rispose dopo un paio di squilli.

- Sono J, venite a pranzo da me? Mio padre se ne è andato in giro come al solito a fare il matto con zio Peter.
Katie rispose affermativamente, e dopo averla assicurata che avrebbe avvertito lei Annabell si salutarono.
J Spalancò le finestre della cucina e accese l'aspirapolvere, pronta a iniziare i soliti mestieri.
- Ehi, J, - la chiamò Sam, facendo capolino dalla finestra. J spense l’elettrodomestico, lo appoggiò in un angolo e poi si avvicinò al davanzale.
- Entri per un caffè, Sam?- gli propose. Era difficile fingere di non essere in imbarazzo per quello che era successo la sera prima.

- Sono venuto apposta.
- Lo faccio nuovo, tu entra. - Gli indicò la porta con un cenno del capo, mentre legava il filo attorno all'aspirapolvere e lo riponeva nel ripostiglio.
Mentre la macchina del caffè si scaldava, lasciò Sam in cucina e trasportò il bucato dalla lavatrice all'asciugatrice, poi tornò in cucina dove lui stava già versando il caffè in due tazze.
- Qual buon vento, Sam? - gli domandò mentre mescolava.

- Volevo assicurarmi che fosse tutto a posto dopo ieri sera, - disse lui sicuro, senza mezzi termini.
J sollevò lo sguardo e non riuscì a non sbuffare una risata pentita.
- Sono stata una vera cogliona, vero? - Usò un tono più sincero di quello della sera prima.
- Abbastanza. Se fosse stato qualcun altro avrei lasciato correre, ma mi ha fatto troppo strano da te.
- Non so cosa mi è preso. forse mi ha solo parlato nel modo sbagliato nel momento sbagliato.
-
è un bravo ragazzo, - disse Sam. - Si spacca la schiena ogni giorno e qui in città non conosce nessuno: non mi andrebbe che si sentisse costretto a non uscire con noi perché ti urta i nervi.
J gli prese la tazza vuota dalle mani e la buttò nel lavello con la sua.
- Gli darò una seconda possibilità, anche se non mi è sembrato particolarmente simpatico. - Si mise a lavare le tazze.
- J, perché non stai un attimo ferma? Mi meraviglio che mentre camminiamo non spazzi le strade! - Sam rise. - E comunque, su Patrick ti sbagli, è un tipo a posto. È un po’ matto, forse, - disse, facendo spallucce. - È fatto a modo suo, ma è a posto.

Non sapeva spiegarsi il perché, ma per qualche motivo le risultava difficile ammettere sia a Sam che a sé stessa che, a prescindere dal primo scambio di battute che aveva avuto con il forestiero, c'era qualcosa in lui che le dava sui nervi; e nella sua vita gli individui che le facevano quell'effetto si potevano contare sulle dita della mano.
Decise di cambiare discorso.
- Vengono le ragazze a pranzo. Ti fermi anche tu?
- E presenziare a un incontro privato delle tre disgrazie? - Sam rise, fingendosi spaventato. - Non ci tengo, grazie. Vado da John e lo convinco ad andare a fare due tiri con la stecca.





J Arrivò prima di Betta, che era in ritardo come al solito, e dai commenti di Frank ebbe la sensazione che qualcosa fosse davvero successo tra i due la sera prima.
- Poverina, avrà trovato traffico, - se lei non metteva piede nel pub minimo dieci minuti prima del turno si beccava una lavata di capo sull'importanza della puntualità, che si concludeva in genere con borbottamenti vari sul fatto che Melly dava troppa corda alla gente irresponsabile.

J sbuffò e spillò le birre per due ragazzi al bancone. Quella sera si prospettava tranquilla, perciò avrebbe fatto sia servizio in sala sia la barista. Visto che di solito, quando non c’era casino, i clienti abituali si andavano a prendere le ordinazioni da soli, J pregò che entrasse una bella ragazza civettuola che distraesse Frank, in modo che lei se ne potesse stare tranquilla a godersi una serata di calma piatta.
Involontariamente controllò l'ora quando Betta entrò, esattamente venti minuti dopo dell'inizio del suo orario, e sbuffò consapevole che il despota non le avrebbe detto niente.
- J. - La voce di lui la sorprese alle spalle. - Non mi piace come ti stai comportando ultimamente con Betta. La tratti con troppa supponenza, come se fosse una tua dipendente.
J Provò a mostrarsi calma e tranquilla,
- No, Frank, non è vero.
- Non è che perché è qui meno tempo di te che tu le devi mettere i piedi in testa, - continuò, come se lei non avesse detto niente. - Inoltre, se tutto va come deve andare, presto le dovrai portare rispetto, - si lasciò scappare.
J sbarrò gli occhi: l'aveva convinto a darle una promozione? E in nome di quali capacità?
- Cosa intendi, non capisco. È un anno che io lavoro qui tutti i giorni e non mi hai mai aumentato lo stipendio di un dollaro e...

Frank si lasciò scappare una risata.
- Oh, no, non preoccuparti. Non si tratta di una cosa lavorativa! È solo che, quando diventerà la mia donna, capisci bene che dovrai trattarla come tale.
Despota tiranno maiale, pretendeva che si prodigasse in salamelecchi con lei solo perché aveva il coraggio di dargliela.

Con la coda dell’occhio vide entrare i suoi amici, e colse l'occasione slacciandosi il grembiule.
- Senti, dal momento che è arrivata e stasera è tranquillissimo, mi prendo una pausa,
- Ma sì, - le rispose lui, ingentilito dall'occhiata che Betta gli aveva rivolto uscendo dal retro. - Prenditi pure una mezz'oretta, non ti preoccupare e fai con comodo: te la scalo dallo stipendio.

Le labbra di J si assottigliarono in un sorriso sconvolto: che magnanimità, pensò sarcasticamente.


Quando gli altri si sedettero al tavolo la videro arrivare come una furia.
- Che è successo? - le domandò Mike, notando gli occhi lucidi. J si sforzò di sorridere e ricacciare indietro le lacrime.

- Niente, sono solo una stupida, tutto qui.
- Dai, piantala di fare la martire e dicci subito cos'è successo, - la incalzò John, a cui la prospettiva di avere una scusa per gonfiare la faccia a quel verme di Frank non dispiaceva affatto: le aveva forse messo le mani addosso?
J si lasciò cadere sul divanetto a braccia conserte.
- Succede che mi devo trovare un altro lavoro. Entro mezzanotte Betta diventerà la Signora Despota, e lui mi ha fatto capire che dovrò leccarle il culo a ogni piè sospinto.
- Brutto affare, - commentò tetra Ann, solidale.
- Prima o poi scoppierai, lo sai, specialmente tu che ti tieni tutto dentro, - notò Katie
J sbuffò e abbozzò un sorriso.
- Mike, non è che posso venire da te a fare il muratore?

Patrick stava osservando pensieroso la scena.
- Considerala un'offerta di pace.- J si voltò di scatto nella sua direzione. Evidentemente era tanto presa dai suoi problemi che non si era ancora accorta della sua presenza. - Quello che vuoi è che stia lontana dal tuo capo, no? - le chiese, guardando però verso il bancone, dove la cameriera e il padrone parlottavano allegri. J mosse la testa in segno di assenso. Patrick si voltò di nuovo verso di lei e abbozzò un ghigno. - Non ti preoccupare, nessuno diventerà la signora nessuno.
J lo guardava stranita, come se non avesse compreso il significato delle parole, e Patrick le fece semplicemente l'occhiolino.
Non sapeva con esattezza perché si fosse posto a salvatore della patria, ma quando aveva incrociato con gli occhi il culo di quella Betta aveva pensato che non ci avrebbe messo molto a farla desistere.

Notò con piacere che il topo si stava avvicinando alla sua trappola, e sfoderò il suo sorriso più accattivante.


- Frank mi manda a chiedervi cosa volete. - Betta aveva uno strascicato accendo del sud e masticava insistentemente un chewing-gum. Si rivolse a J. - Ha anche detto che tu hai lo sconto del dieci per cento, se vuoi bere un succo di frutta con i tuoi amici! - Emise una risatina stridula e divertita.
I ragazzi cominciarono a dirle che cosa volevano da bere, e lei se lo appuntò con lentezza sul blocchetto delle ordinazioni. Per quanto si sforzasse di non pensare al lavoro nella sua mezz'ora libera, J poteva giurare che, nonostante l'eternità che ci aveva messo per scriverla, la comanda sarebbe stata illeggibile. Quando fu il suo turno scosse il capo, dicendo che non voleva nulla. Fece attenzione invece all'ordinazione del forestiero, che fu l'ultimo a comunicarla.
-Mi chiedi cosa voglio, bellezza? Intendi, a parte un tuo sorriso? - Le guance di Betta si imporporarono lusingate sotto al trucco. - Allora una birra, tesoro, me la farò bastare. - Le strizzò l’occhio. Il forte accento irlandese aveva fatto la sua parte, ma lui ci aveva messo del suo.

Ann e Katie annuivano soddisfatte, mentre Mike e John avevano l’aria stranita. Probabilmente non riuscivano a capire come diavolo avesse fatto a farla arrossire con una sola frase.
Betta si avvicinò al bancone, e la sorpresero a guardare al di sopra della sua spalla in direzione di Patrick.
- Diavolo di un forestiero, hai fatto centro. - Sam gli batté una mano sulla spalla, poi si voltò verso J. - Mi sa che puoi continuare a lavorare al pub ancora per un po’, - disse, e inarcò le sopracciglia in direzione di Patrick. J capì immediatamente quello che intendeva dire, e si schiarì la voce.
- Patrick, giusto? Se ce la farai, ti sono debitrice, - ammise, mentre lui si alzava dal tavolo.
- Non lusingatemi, l'avete vista? Non mi sono certo immolato. Ora scusatemi, ma vado a cuocere la mia preda. - Patrick si avvicinò al bancone e si sistemò accanto a Betta, sotto lo sguardo furente di Frank. Le toccò lascivamente la schiena.
- Ti prego, - lo sentirono dire, - questi affari pesano troppo per una bella ragazza come te, mi sentirei un verme a guardarti portarli. - Le prese dalle mani il vassoio carico delle loro ordinazioni. - Vieni, dolcezza, seguimi e ti restituisco il tuo vassoio.
-
è un genio, - disse tra i denti Mike, guardandoli avvicinarsi.

- Sai, io vengo da Dublino, - disse Patrick a Betta, guardandola come se esistesse solo lei. - Di’ un po’, ci sei mai stata, in Irlanda? - Lei scosse la testa, con l’aria trasognata. - Ci devi assolutamente andare! È una bellezza della natura, proprio come te.

J vide il volto di Katie assumere un'espressione sbigottita, e indovinò quello che stava pensando: i capelli ossigenati e le trenta libbre di trucco non si potevano certo definire un miracolo della natura, e osservando Ann, che si era presa in mano una ciocca di capelli, rimirandosi il biondo naturale, capì che anche lei aveva la stessa opinione a riguardo.

Controllò l'orologio: la pacchia era finita e doveva ricominciare a lavorare.
- Se riesco a staccare presto ci si vede dopo, - disse e si diresse verso il bancone, con Betta alle calcagna.
- E da dove esce quello schianto?- le chiese sottovoce. J decise di tenergli il gioco.
- Ne sai tu più di me, - le disse con finta complicità. - Come al solito ha fatto colpo. - Betta si girò nuovo a spiarlo e quando lui si accorse che lo stava guardando le fece di nuovo l’occhiolino.
- Dici? - sospirò lei.
Stava a vedere che doveva pure ringraziarlo, il bifolco forestiero.



Verso le dieci, gli unici avventori rimasti erano Sam e gli altri.
- J, comincia pure a tirare su le sedie, - le disse Frank. Betta era impegnata a caricare le scorte dei frigoriferi, facendo avanti e indietro dal magazzino, perciò J si fece dare una mano da Mike, in cambio di una pinta offerta dalla casa.
Il Despota si era ritirato nell'ufficio sul retro a contare l'incasso, e J aveva tirato giù un pezzo di saracinesca; anche Sam e John si erano uniti a Mike per aiutarla a sistemare, così J si poté dedicare alla pulizia del bancone. Quando ebbe finito di disinfettare con l’acqua bollente i beccucci delle spine si guardò attorno soddisfatta. Grazie all’aiuto degli amici aveva finito prima del previsto.
Decise di raggiungere Betta per aiutarla con l'ultimo carico e avvisarla che potevano andare via, così scese saltellando i gradini delle anguste scale che portavano al magazzino. Conosceva il percorso a memoria, perciò non ebbe difficoltà a procedere nonostante il piano inferiore fosse completamente al buio; Frank continuava a dimenticarsi di cambiare la lampadina fulminata dell’antimagazzino. Si stupì di non sentire il tipico rumore delle bottiglie accatastate nel cartone per essere trasportate al piano superiore.
Sicuramente Betta si era presa una delle sue solite pause per fumarsi una sigaretta. Nonostante a lavoro non combinasse un bel niente, continuava a scegliere compiti che l’aiutassero a imboscarsi. J era furente, perché l’aveva lasciata per l’ennesima volta a sbrigare il lavoro noioso, perciò decise di sorprenderla in torto. Si avvicinò di soppiatto alla porta di ferro socchiusa del magazzino. Il suo naso non mentiva: come aveva immaginato, c’era odore di fumo.
Evitando di toccare la porta per non farla cigolare, ci infilò dentro la testa, ma la scena che le si parò davanti era ben diversa da quella che si era immaginata. Due mozziconi ardenti giacevano a terra, lasciati a consumarsi, mentre Betta si consumava di passione in un bacio, avvinghiata al forestiero.

Imbarazzata, J non riuscì a muoversi per qualche istante. Quando realizzò che la possibilità di venire scoperta a spiarli fosse ancora più imbarazzante, si ritrasse con attenzione.
Raggiunto il primo gradino gridò: – Betta, muoviti che abbiamo chiuso! - come se non avesse mai realmente messo piede nel magazzino, limitandosi ad averla avvisata dalle scale, e poi corse al piano superiore più in fretta che poté, sentendo dietro di lei i rumori maldestri dei due ragazzi riportati alla realtà.

Era turbata: sia nei confronti di Betta, avendo l'impressione di averla venduta per un po' di tranquillità al lavoro, sia nei confronti del forestiero, impaurita dal fatto che si fosse sentito in dovere di corteggiare la cameriera solo per avere la sua benedizione all'interno del gruppo.
- Ci siete? - le si parò davanti Frank, già pronto, impaziente di continuare il suo discorso con Betta.
- Non ancora, ci dobbiamo cambiare, - gli fece notare lei indicandogli la t-shirt nera con il logo della Guinnes che indossava. - Vado a spegnere le luci della sala. - Lasciò che scoprisse da solo con chi si era imboscata Betta, che sentiva salire alle sue spalle.

Era da sola, probabilmente aveva fatto uscire il forestiero dalle cantine.
- Eccoti, dolcezza, - disse Frank. - Allora, vogliamo andare a berci una cosa? Magari a casa mia?
J non vide l’espressione di Betta, ma conosceva bene la sua smorfia “no grazie” che rivolgeva ai clienti molesti che ci provavano con lei. - Frank, senti, dobbiamo parlare...
J accelerò. Non aveva intenzione di ascoltarla mentre lo scaricava, non voleva aumentare il proprio senso di colpa.

Mentre abbassava definitivamente la saracinesca, avvertendo gli amici che l'aspettavano fuori che si sarebbe presto unita a loro, Frank, rubicondo, fece capolino dalla porta sul retro, lanciandole un mazzo di chiavi.
- Io me ne vado, non sto certo qui ad aspettare i vostri comodi! - le disse, senza mimetizzare la sua rabbia, e si dileguò.
J raggiunse gli spogliatoi e scoprì che anche Betta se ne era già andata in fretta e furia. Infilò nello zaino il cambio del giorno precedente, si sfilò veloce la maglietta nera e la sostituì con una camicetta rossa e un giubbettino. Dopo aver controllato che fosse tutto spento, uscì in strada, richiudendosi con attenzione la porta alle spalle.
- Sta diventando un vizio? - la sorprese la voce di Mike, - Sei ancora musona.
- Accidenti, mi hai fatto prendere un colpo! - disse e si nascose le chiavi del pub nello zaino.
- Abbiamo fatto il giro, dato che non ti decidevi a tornare più, - le disse Ann appoggiata al muro.
- Andiamo, dai. – J slegò la propria bici e la spinse mentre uscivano dal vicolo sul retro e raggiungevano l'ingresso chiuso dove l'aspettava il resto della banda.

- Non mi hai ancora risposto, - le fece notare Mike, prendendole la bicicletta dalle mani e spingendola al suo posto.
- Non ho niente. - Si assicurò che il forestiero non fosse nel gruppo. – Prima, nel magazzino, ho visto il tuo collega che faceva il polipo con Betta.
- Che volpone, ce l’ha fatta! - disse Mike. - Diavolo di un uomo. Sono tre mesi che le faccio il filo e a me non ha neppure dato un calcio, poi arriva questo qui e, bam, in una sola sera va in seconda base. - Il suo tono era allegro, sembrava divertito, non rancoroso. - Di fronte al maestro non posso fare altro che fare tanto di cappello.
- Piantala, - lo rimproverò J. - Ma se la conosce solo da stasera? E lo ha fatto solo per evitarmi guai con Frank, ti sembra un buon motivo?
Mike la fissò qualche secondo, per poi scoppiare in una risata.
- Che c'è da sganasciarsi tanto? - chiese John quando raggiunsero il resto del gruppo.
- J fa la puritana, e si è scandalizzata perché ha visto Patrick che si faceva Betta giù nel magazzino.

- Come “si faceva”?
Mike rise - Beh, alla lingua c'è arrivato di certo e sicuramente avrà anche allungato le mani,
- Ma la smettete? Vi sembra di parlarne così?
- Senti, J, - disse Sam, che conosceva troppo bene la ragazza da non comprendere il motivo del suo turbamento - il forestiero e Betta sono adulti e consenzienti. Lei appena l'ha visto è andata in brodo di giuggiole, e lui concorda con l'opinione di ogni essere umano maschio che la conosce, ovvero che lei sia una sventola da paura. Non ti crucciare, tu non c'entri niente: l'hanno fatto solo per il loro piacere.
Lei lo guardò sospettosa, ma gli credette e cercò di allontanare il nodo allo stomaco. Era vero, probabilmente le cose sarebbero andate così in ogni caso. Il forestiero, con il suo fascino quasi rude, era il classico tipo che faceva impazzire quelle come Betta, che risaputamente era in grado di attirare tutti gli uomini nell'arco di un miglio e di convincerli a farle da schiavetti, sempre se non apriva bocca.
Annuì infine, e si sedette sul muretto davanti al pub, appoggiando la schiena al lampione: un'altra serata era finita, per fortuna. Ora aveva davanti un'intera settimana prima di dover affrontare un altro week end.


Stavano quasi per congedarsi quando una voce alle sue spalle la fece sussultare.
- Dicevi che saresti stata in debito con me, ragazzina.
Mike lo accolse con la mano testa. - Patrick, da oggi tu sei il mio mito personale.
- Ma dove sei stato fino ad adesso? - si informò curioso John, mentre attendeva il suo turno per congratularsi.

- Ho accompagnato la bambola sotto casa, - disse Patrick, criptico, suscitando risate di approvazione.
Anche Sam gli porse la mano. - L’hai fatta capitolare, eh, forestiero?

Sembrava la Fiera del Tacchino. J ringraziò il cielo che almeno le ragazze non sembrassero desiderose di elargirgli pacche sulle spalle. Fece un cenno a Katie.
- Io vado, facciamo la strada insieme? - disse alzandosi dal muretto.
- Quindi, ragazzina? - Patrick la intercettò. - Soddisfatta? - le disse, con il suo solito tono impertinente.

J, per Sam e per Mike, si costrinse a rimanere cortese, e gli rispose gentile ma distaccata:
- Ti ringrazio, forestiero, - disse, dando all'appellativo un accezione più negativa di quanto non facesse Sam, che usava il soprannome in tono amichevole. - Come ti ho detto, sono in debito con te. ‘Notte a tutti!

Ann disse che si sarebbe trattenuta ancora dieci minuti, ma che ci avrebbe pensato Mike ad accompagnarla a casa, così le ragazze si avviarono spalla a spalla.
Katie si accese una sigaretta.
- Ma non riesci proprio a fartelo stare simpatico, eh?
J rimase in silenzio per buona parte della strada, ma prima di entrare nel loro quartiere si decise ad aprire bocca.
- A voi non dà fastidio il suo modo di fare? - Katie la guardava senza capire di cosa stesse parlando, così specificò, - Il forestiero: si comporta come se tutte le donne dovessero cadergli ai piedi.
- Oh, beh, - disse l'amica, pensierosa, - ma è così. Tu forse sarai immune al suo fascino, ma ti assicuro che ne ha un bel po'.
- Non mi dirai che anche tu gli fai gli occhi dolci? - J era scandalizzata: vedere anche Katie comportarsi come Betta sarebbe stato troppo, non voleva vedere anche lei trattata così.
- Non nego che quando l'ho conosciuto ieri ci ho fatto più di un pensiero, ma no: innanzitutto per Ann. Io gli sto alla larga e lei fa lo stesso, non sarebbe carino l'una nei confronti dell'altra. Anche lei lo ha guardato bene. E poi, se non l'hai capito, Patrick va a genio a Sam e a John. Quanto a Mike, è stato lui a portarlo, e quindi con tutta probabilità lo vedremo sempre più spesso.

Sbuffò in maniera infantile all’ultima constatazione, e Katie sogghignò.
J ruotò gli occhi. - Ma che fortuna!
- Dai, guarda che è simpatico,
- Sì, immagino. Ma che ci trovate, dico io. Ti ripeto, a me quello che dà fastidio è... - Ci pensò su, cercando le parole adatte. - È così sicuro di sé, con tutte quelle occhiate e quel tono di voce.

- Guarda che non è un atteggiamento impostato, fa parte di come è fatto.
J Si fermò, dal momento che erano arrivate davanti alla casa azzurrina.
- E anche guardare ogni ragazza come un pezzo di carne che dovrebbe aspettare solo di venire scelta da lui?
Katie scosse la testa.
È un dongiovanni, questo nessuno può negarlo, ma da quel poco che ho capito è fatto così. Non lo fa con cattiveria. Credo che anche Betta sappia che per quanto lui la corteggi non è certo per farne una donna onesta, e che non si aspetterà di sicuro un rapporto serio ed esclusivo. Nessuna ragazza si avvicinerebbe a lui con queste intenzioni, se non è pazza o talmente innamorata di lui da sentire il desiderio tipicamente femminile di redimerlo. - J la guardò, Katie era così pragmatica, così logica. Annuì alla spiegazione, per quanto comunque non lo ritenesse corretto: un uomo non aveva certo il diritto di andare in giro a fare lo stallone spezza cuori giustificandosi solo perché era nella sua natura.
- 'Notte, Miele, - le disse, usando il soprannome con cui la chiamava sempre quando erano sole o con Ann.

- 'Notte, Scricciolo.











Ringraziamenti:

grazie a Kukiness, che oltre aver betato mi ha anche fornito un sacco di spiegazioni e consigli. La mia ignoranza in materia è comunque abissale, ma se oggi è un po' smussata è grazie a lei.
Ringrazio questa storia, perchè sta facendo sfogare il mio lato musicale più di esigente, dal momento che sto ascoltando solo ciò che potrebbe ascoltare J, e questo taglia un bel pezzo di musica moderna: mi da però l'opportunità di approfondire quella dell'epoca, e di riscoprire un sacco di brani e gruppi che non conoscevo oppure avevo dimenticato.

   
 
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