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Autore: Querthe    25/09/2006    0 recensioni
Un'Organizzazione misteriosa, un nemico che ritorna e stranissimi poteri e tecnologie al servizio di quattro ragazze.
Si può leggere senza saperne nulla, ma consiglio un'occhiata a Doomland (prequel di tutta la storia).
Per ora ho finito il 1° episodio (cap 1-6) e il 2° (cap 7-11), mentre il 3° è in progress (cap 12-?)
Genere: Azione, Avventura, Fantasy, Science-fiction | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Chiara camminò con il passo più leggero che si poteva permettere per vari corridoi, seguendo le sempre più deboli tracce bagnate sulla lucida superficie metallica del pavimento e dei corridoi. Un paio di volte dovette tornare sui suoi passi e nascondersi per evitare delle ronde formate da due donne, il corpo protetto da quella che sembrava una tuta subacquea di profondità.
- Anche se credo di più all’idea di una protezione, e i fucili che imbracciano non mi dicono nulla di buono. Speriamo di non dovermi scontrare con loro…
Quando ormai le tracce erano quasi del tutto scomparse, una nuova ronda decise di dirigersi proprio verso di lei, che, senza pensarci e non trovando altro nascondiglio, si infilò in una porta che aveva visto pochi metri prima, e che si chiuse appena prima che le due guardie potessero accorgersi di quanto successo.
- Che paura! - sospirò sottovoce l’elfa, facendo fremere le ali, che toccarono un corpo morbido e caldo, che immediatamente si mosse, facendole fare un salto, girarsi ed evocare nelle mani due palline di calor bianco nello stesso tempo.
Davanti a lei si trovava la ragazza rapita, saldamente legata ad una specie di tavolo operatorio, sveglia e con gli occhi spalancati dal terrore. Il corpo era coperto solo da un lenzuolo bianco, e da quello che poteva vedere, non indossava niente. Una specie di cinghia le era stata posta attorno alla bocca per non urlare, ma i mugolii che si udivano facevano decisamente capire che era sull’orlo di una crisi.
- Calma! Calma! - Le sussurrò avvicinandosi l’italiana, ripiegando le ali e facendo svanire le palline. - sono venuta per salvarti. Ammetto di non avere l’aspetto migliore del mondo, ma sono una delle buone…
La donna, che mostrava trenta, trentacinque anni, sembrò tranquillizzarsi. L’altra si mosse e con gentilezza le tolse il bavaglio. Lei la guardò per un secondo prima di rilassarsi totalmente.
- Sto sognando. Ho avuto un incubo e questo è solo un sogno… - mormorò.
- Magari. Il problema è che è tutto reale. Ora ti libero, poi vedo di trovare qualcosa per vestirti.
Spheres le liberò un braccio, quindi, mentre la donna si toglieva le varie cinghie che la immobilizzavano, trovò in uno degli armadietti che c’erano alla parete una tuta in un materiale simile a quella che indossavano all’Organizzazione le varie addette.
- Non è haute couture ma meglio che niente! - ridacchio porgendola alla donna, che sorrise di rimando.
Accorgendosi solo adesso che poco distante dal tavolo dove era ora seduta la rapita, proprio addossato alla parete opposta alla porta, un altro tavolo simile era completamente coperto da un telo bianco, che delineava delle forme femminili. La ragazza, facendo oscillare lievemente la lunga treccia rossa e alzando senza accorgersene le lunghe orecchie, si diresse in quella direzione e con trepidazione sollevò parte del velo, che mostrò il volto dell’americana scomparsa per ultima. Chiara tolse il resto del velo, ma si bloccò, come raggelata da quello che vide. Dall’altezza dell’ombelico il corpo della giovane era sostituito da una struttura in un metallo simile all’alluminio, come se la ragazza avesse il bacino e le ossa delle gambe fatte di acciaio lucido e argenteo. Tubi e fili colorati si avvolgevano attorno a quello che sembrava la struttura portante per degli arti meccanici, tubi e fili che finivano a volte nelle due scatole dove avrebbero dovuto esserci i reni, a volte direttamente nella pelle del busto della ragazza, che sembrava profondamente addormentata, il respiro lento e regolare. Due file di piccole fessure coperte da una finissima grata luccicavano ai lati del collo.
- Chi è? - chiese la donna, ormai vestita, avvicinandosi.
Appena vide lo stato della ragazza, si voltò ed ebbe un singulto, portandosi una mano alla bocca.
- Era una promessa dello sport… - Rispose affranta l’italiana, incapace di togliere gli occhi da quello spettacolo raccapricciante. Non sapeva cosa fare, ma era certa che non poteva lasciarla in quello stato. Sospirò. - Si allontani, per favore.
- Cosa ha intenzione di fare?
- Si… allontani, signora… - singhiozzò evocando un’enorme quantità di energia e tenendosi pronta ad incanalarla verso il cuore dell’addormentata.
Un rumore pneumatico, la porta che si apriva, e un soffocato grido della donna dietro di lei le fecero perdere la concentrazione, anche se una piccola parte di lei fu contenta di non dover fare quello che pensava di dover fare.
- L’uccellino è in trappola. - Ridacchiò una voce metallica alle sue spalle, facendola voltare lentamente, pronta a colpire. - Non ti consiglio, ragazzina. I laser delle mie amiche non hanno problemi a bucarti, te lo posso assicurare.
Davanti a lei quattro femmine, tre delle quali vestite con quella strana tuta di profondità, stavano sorridendo. La signora che stava tentando di salvare aveva una pistola puntata alla tempia, impugnata dalla quarta nuova arrivata, sicuramente il capo. Aveva dei lunghi capelli verdi, ondulati, che le arrivavano alle scapole, ma per il resto non sembrava indossare null’altro. Il corpo dal collo in giù era completamente meccanico, con tubi che portavano fluidi colorati e piccole bolle da una parte all’altra e che sporadicamente facevano la loro comparsa sulla superficie cromata della donna. Appena sotto le reni, dietro la schiena, partiva una specie di coda, come uno strascico metallico che finiva all’altezza delle caviglie.
- La sirena, suppongo… - tentò di prendere tempo Chiara.
- Oh, dici per via della mia coda che si mette in funzione sott’acqua? Già, potrei essere definita una sirena. Mentre tu dovresti essere uno dei prodotti originali del mio capo.
- Sono un essere umano!
- Ma ti sei vista?! - la derise la donna.
L’elfa non rispose. Doveva fare qualcosa, ma che cosa? Poteva colpire due delle quattro avversarie, ma le altre due avrebbero potuto tranquillamente friggerla con i loro laser. Si era messa in un bel guaio. In genere negli olo di spionaggio l’eroe estraeva qualche trucco dall’orologio o dalla cintura o da chissà cosa altro, ma lei cosa poteva fare, visto che era in pratica nuda.
- Ora fai la brava e esci da quella porta, lentamente. Sono curiosa di vedere Il Diablo che faccia farà quando gli riporterò un modello originale! - disse sarcastica la sirena mentre la porta si chiudeva alle spalle del gruppo.
La donna prigioniera era rimasta assieme all’atleta nella stanza, sorvegliata da una delle tre scagnozze. I corridoi si susseguirono numerosi, facendo perdere il senso dell’orientamento all’italiana, che iniziava a preoccuparsi veramente. Giunsero davanti a una grossa porta metallica che scivolò di lato senza il minimo rumore, rivelando una grande e all’apparenza ben attrezzata sala controllo.
- Avanti! - la spronò una delle guardie appoggiandole la fredda canna del fucile alla schiena.
- Che gentilezza…
In quel momento si accesero tutte le luci rosse dei corridoi e della sala controllo, oltre a scattare una sirena assordante, cosa che distrasse le carceriere di Spheres abbastanza per permetterle di colpire con un’ala una delle tre, mentre delle palline di fuoco colpivano in volto le altre due, compresa la sirena, che urlò di dolore come del metallo colpito troppo forte.
- Maledetta. Ti ucciderò con le mie mani!
- Sì, domani… - rise la ragazza scappando lungo il corridoio, aprendosi la strada con i suoi poteri e scaraventando le guardie che incontrava contro i muri con potentissimi getti d’aria, finché non giunse davanti a ciò che aveva fatto scattare tutto nella base.
- Darkcaster! - gridò con tutta la gioia che aveva in corpo.
- Sei viva! Sei viva!
- Ma non per molto, se non ci sbrighiamo ad uscire! Dove sono le altre?
- Dovrebbero arrivare. Ormai nessuno le noterà anche se arrivano con il mezzo subacqueo, visto la mia entrata spettacolare con il teletrasporto…
Improvvisamente si udì un boato provenire da un punto poco distante, e la cuffia nelle orecchie di entrambe riprese a funzionare.
- Tutto bene, ragazze? - chiese la voce di CG.
- Allora, senza di noi non combinate proprio niente, eh! - le derise Helena, che parlava direttamente tramite il suo impianto di trasmissione interna.
- Tin…
- Magastra, lascia stare. Siamo vicine, ti vedo con l’individuatore. Siete a poche decine di metri da noi. Come è la situazione lì?
- Tranquilla. E da voi?
- Solito. - rispose tranquilla, mentre il suo corpo meccanico, estratta la spada monomolecolare e lo scudo dalle braccia, si faceva strada tagliando fili e recidendo connessioni nei corpi meccanici delle guardie che erano accorse a controllare cosa aveva fatto saltare il boccaporto.
CG modellò i suoi guanti come lunghi e acuminati artigli, e in pochi secondi aprì un varco in una delle pareti, accedendo a i cavi nascosti in essa.
- Coprimi, Tin Head. Ho un piccolo scherzetto per la nostra sirena. Un trucchetto che mi è stato inserito nella scheda aggiuntiva proprio per questa occasione.
La giovane si collegò, tramite i cavi che aveva trovato, la computer della base e vi scaricò il programma virale che i tecnici dell’Organizzazione avevano progettato. Una volta entrato in azione avrebbe trasmesso tutti i dati contenuti nelle memorie all’unità centrale di Helena, compattandoli e criptandoli, quindi avrebbe cancellato gli stessi dai computer di origine.
- Ottimo. Inizio a sentire il flusso di dati. Ne hanno di schifezze questi pesciolini fuor d’acqua. - rise la droide sbattendo contro una parete un’attaccante, crivellata di colpi grazie alla mitragliatrice che aveva estratto da braccio.
La porta alla sua destra iniziò a fischiare, scaldandosi e deformandosi, finché non si sciolse mostrando le altre due appartenenti alla Strangeforce. Chiara stava trasportando un corpo avvolto in un lenzuolo bianco, mentre la francese stringeva la mano all’ultima rapita, sotto shock.
- Abbiamo tutto? - urlò CG.
- Via, via! - le rispose il droide, facendo segno di gettarsi nella piscina di collegamento. - Il mezzo è pressurizzato, ci stiamo tutti. Voi andate, io copro la ritirata, casomai qualcuno volesse fare l’eroe.
Spheres porse la donna avvolta nel lenzuolo a CG e le disse di andarsene, cosa che fece immediatamente, così come Nicole, bofonchiando qualcosa a proposito dell’acqua marina e della permanente. Ormai rimanevano accanto al bordo solo l’italiana e la scozzese.
- Al tre si va! - gridò l’elfa.
- Ma solo all’inferno! - urlò una figura metallica che apparve dalla porta che lei aveva fuso poco prima. La sirena era davanti a loro, mezzo volto ustionato, i capelli ancora fumanti, la parte del viso bruciata era illuminata dalle scintille, l’occhio fisso contornato da fili e plastica fusa.
- Una tua amica? - scherzò la droide.
- Decisamente no! Meglio andare…
Si tuffarono, ma furono inseguite immediatamente dal Generale. Chiara non poté fare a meno di notare che lo strascico inutile in aria si era allungato e avvolto attorno alle gambe metalliche della donna, divenendo una vera e propria coda perfettamente funzionale.
- Tin Head, vai avanti e preoccupati delle due rapite. Io mi faccio un fish-burger e arrivo.
- Sicura?
- Vai!

Il droide arrivò al mezzo pressurizzato pochi secondi dopo, notando con gioia che all’interno sia CG che Darkcaster stavano bene e che si stavano occupando delle due giovani.
- L’elfa? - chiese l’americana, il volto immobile dietro la maschera metallica.
- Ha voluto sistemare la sirena…
- Da sola? - urlò Nicole. - Se le succede qualcosa ti trasformo in un tostapane…
- E’ adulta. Se ha voluto fare così avrà avuto i suoi buoni motivi.
- Ma e suo padre? Chi glielo dice se non torna? - esclamò sconvolta la francese, gli occhi fissi sul boccaporto ormai distrutto da cui era uscito il droide.
Ci fu un attimo di silenzio interminabile, quindi una grossa esplosione che scosse tutto il sottosuolo e che sfociò in una specie di eruzione dal boccaporto, illuminando di rosso tutta la zona attorno allo stesso.
- Chiara! - gridò Nicole, la maschera umida delle lacrime.
- Non ci posso credere, non voglio crederci! - sussurrò con voce rotta l’americana.
La colonna di fuoco si era ormai spenta, ma il mezzo subacqueo non si era mosso.
- Manga? Manga, la ricevi? - La giovane attese un secondo, un secondo di assoluto silenzio rotto solo dai rumori di fondo della trasmissione. - Manga!
- No, CG. È scomparsa dallo schermo. Credo… Credo… - non riusciva a continuare.
La scozzese si avvicinò a ciò che rimaneva del boccaporto, lentamente, con timore. Improvvisamente un suo sensore secondario la avvertì di qualcosa di vivente poco sopra di lei, dietro una roccia. Emanava calore, e respirava, ed era grosso. Si diresse alla fonte, e odiò il suo corpo per non poter avere un tuffo a cuore e delle lacrime.
- Chiara! Ragazze, Chiara è viva! - gridò nei microfoni del mezzo subacqueo mentre recuperava il corpo esanime dell’amica e con delicatezza lo portava a bordo.
L’italiana si riprese dopo poco tempo, intontita e con lo sconfinato desiderio di stare al caldo.
- Dove sono?
- A bordo del mezzo subacqueo. Helena ti ha recuperata, svenuta a poca distanza dall’uscita della base.
- Nicole, promettimi di non farmi rifare una cosa così. Ho usato i miei poteri in un eccesso di rabbia, quando vedevo che nulla di quello che facevo aveva il benché minimo effetto sul Generale, e credo di aver sfruttato l’energia stessa della Terra… Credo che dovrò fare un giretto in un vulcano di mia conoscenza per un paio di giorni.
- L’abbiamo notato. I sismografi di mezzo mondo sono andati in tilt con il tuo botto, ma è stato spettacolare… - pianse di gioia la pianista.
- E il Generale?
- Credo distrutto, ma non voglio tornare giù a controllare… Piuttosto, come stanno le donne?
- Una è a posto, ma…
- Ma…
- L’altra ha cessato di respirare poco dopo lo scoppio. Rigetto dei componenti cibernetici. Credo che non avesse superato la trasformazione fin dall’inizio. - Spiegò triste Pamela. - Credo comunque che sia stato meglio così.
- Già. Una vita in quello stato… - concordarono le altre.
Tornate tutte all’albergo, le giovani si rilassarono, lasciando la donna rapita nelle capaci mani dei tecnici, che la controllarono per accertarsi del suo stato di salute e per ricondurla sana e salva a casa.
- Dato che l’albergo è comunque prenotato fino alla fine della settimana, che ne direste di approfittare del bel tempo per una piccola vacanza qui? - propose Shingo prima di andare ognuno nella propria stanza.
Le altre approvarono entusiaste, e dopo una lunga dormita che durò per tutte fino a mattina inoltrata, le giovani si diressero alla spiaggia, dove passarono una mattinata stupenda, ridendo e ricaricandosi dalla brutta esperienza della notte prima.
- Ragazze, è arrivato il pranzo! - gridò loro Helena, che aveva adottato l’aspetto di una donna sulla trentina vestita con un leggero pareo e da un bikini mozzafiato, seduta sotto un grande ombrellone e intenta a leggersi un divertente libro del suo autore preferito.
Le tre amiche si diressero immediatamente accanto alla scozzese, uscendo dalla bassa acqua dove fino a quel momento si erano divertite, ma si bloccarono immediatamente vedendo quello che il cameriere, sotto espressa richiesta del giapponese, aveva portato. Il vassoio era ricolmo di piccoli bocconcini di pesce crudo e tramezzini al tonno, tagliati artisticamente come piccole sirene.
- Shingo, se ti prendo ti trancio in due, brutto… - gridò Chiara mentre Helena scoppiava a ridere, subito seguita dalle altre.
- Dai, l’importante è che tutto sia finito bene! - la calmò Pamela, assaggiando un boccone di sushi, trovandolo squisito.
Molti chilometri da loro, alcune decine di metri sotto il mare, un occhio meccanico si riaccese, mentre il corpo semidistrutto e in parte carbonizzato della sua proprietaria si riattivava.
- Ci rivedremo, elfetta… - gracchiò il Generale.
   
 
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