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Autore: Fiby_Elle    19/02/2012    12 recensioni
Emma cercò a tentoni il suo flacone di pillole nel cassetto, prima di esprimersi e mettere fine a quel principio di rissa.
“Ma… se tu sei sicuro di essere gay… e tu sei sicura di essere lesbica… si può sapere quale è il vostro problema?”
I due studenti si girarono verso la psicologa, guardandola entrambi in un misto di confusione e imbarazzo.
(...)
“Il problema è che ogni volta che io e il figlio illegittimo di Timon, del duo Timon e Pumbha, ci incontriamo succedono due cose…”
“…”
“O ci scanniamo…”
E Sebastian spostò il colletto mostrando un graffio profondo che partiva dalla clavicola e finiva poco vicino al mento.
Santana si soffiò fiera le unghie lunghe come gli artigli di una iena.
“Oppure?” farfugliò la signorina Pillsbury, non proprio sicura di volerlo sapere davvero.
L’ispanica e l’Usignolo si lanciarono un’occhiata d’imbarazzo ed intesa.
“O finiamo a letto, a scopare come due puttane…”
Genere: Commedia, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Crack Pairing | Personaggi: Emma Pillsbury, Santana Lopez, Sebastian Smythe | Coppie: Santana/Sebastian
Note: Lemon, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Nota iniziale che DOVETE LEGGERE e NON FAR FINTA DI NON VEDERE! Questo capitolo è un po’… hot! Avevo messo il raiting arancione perché pensavo di riuscirmi a contenere nelle descrizioni… e invece mi sono lasciate prendere bellamente la mano! Non penso di essere entrata proprio nel dettaglissimo, però insomma… quindi ditemi voi! È il caso che io passi a raiting rosso? Ci vediamo giù!
 
Di WWF e Giovani Marmotte

Santana Lopez camminava a passo spedito per i corridoi deserti del Mc Kingley, armeggiando febbrilmente con il cellulare e facendo risuonare i suoi tacchi in un ritmo lento e calibrato.

Brittany, quella mattina, aveva lasciato nell’aula canto il suo unicorno portafortuna e senza di esso non avrebbe mai accettato di esibirsi con le Nuove Direzioni, situazione davvero difficile  visto e considerato che tra meno di un’ora sarebbero dovuti salire su un palco a vincere le Regionali…

O a fare il culo a quegli sfigati della Dalton, dipendeva un po’ dai punti di vista.

Era impaziente di veder crollare sotto i propri occhi soprattutto quel damerino di Sebastian Smythe, non aveva dimenticato la loro sfida e in particolar modo il colpo basso della granita: lo avrebbe distrutto, oh sì, da quel fatidico giorno, Santana non aveva fatto altro che pensare a lui e al modo migliore per fargli pentire di essere nato!

Nessuno si metteva contro Santana Lopez, nessuno.

Il cellulare vibrò all’improvviso, distogliendola dai suoi pensieri;  aprì il led e guardò rapidamente il display: Kurt!

“Qual è il problema adesso, porcellana?”

“Brittany ha insistito perché ti chiamassi e ti dicessi di far presto o il povero Pegaso morirà per aver perso tutta la sua magia…”

“Pegaso?”

“È il nome dell’unicorno, Santana.”

“Dille che sto correndo a salvarlo… ma poi perché ci sto andando io?”

“Perché lei non sa aprire una porta chiusa a chiave!”

“Giusto, lo aveva dimenticato…”

Santana riagganciò senza neanche lasciare a Kurt il tempo di parlare e ripose il telefono nella borsetta, visto che il suo vestito non aveva le tasche. Stava giusto sistemando qualche piega sulla gonna a ruota, quando svoltò di fronte alla porta dell’aula di canto dove solo qualche ora prima aveva provato fino allo sfinimento insieme ai suoi compagni del Glee Club.

Fece per girare la chiave nella toppa, ma con sua grande sorpresa notò che essa era già stata spostata.

La ragazza pensò semplicemente che il professor Schuester avesse dimenticato di chiudere bene in mezzo al trambusto generale, quindi entrò senz’altro indugio se non una leggera scrollata di spalle.

Quando accese le luci tuttavia, le venne quasi un colpo nel momento in cui si accorse di una figura alta e snella, appoggiata contro il muro, dall’altro lato della stanza.

“Ma che diavolo…” non finì la frase.

Non la finì perché i suoi occhi scuri entrarono in collisione con un paio di iridi più chiare, inconfondibili.

Quelle di Sebastian Smythe.

Oh sì, non c’era dubbio alcuno! Santana avrebbe riconosciuto ovunque quel sorrisetto beffardo e quella faccio da schiaffi, la divisa da
principino e i capelli cotonati alla Marlon Brando, ma… che cosa stava facendo lì, dannazione? E perché aveva quell’espressione languida, soddisfatta sul viso?

Il Warbler, dal suo canto, non spiccicò una parola e solo dopo qualche istante di sorpresa, cominciò a fissarla, sornione, leccandosi le labbra di tanto in tanto, con una malizia e una lentezza calcolata a dir poco oscene.

D’un tratto, senza mai, mai distogliere lo sguardo da quello di Santana, l’intero corpo di Sebastian vibrò, schiudendosi in un roco, bollente gemito.

Un brivido percorse la schiena della ragazza, che avanzò di un passo, confusa, cercando di mettere meglio a fuoco la figura che le si stagliava davanti.

“Oh mio Dio…”

Non riuscì davvero a trattenerla quella esclamazione.

Coperto dalla sua visuale a causa del pianoforte, inginocchiato davanti alle gambe di quello stronzetto, stava un ragazzino dai capelli scuri che lavorava avidamente nelle zone basse del capitano degli Usignoli e sembrava non essersi minimamente accorto della presenza di
Santana.

Gli occhi della ragazza divennero di fuoco.

Quel maledetto, infame, bastardo di uno Smythe si stava facendo fare un pompino!

Un pompino nella sua aula canto!


Santana serrò i pugni, visibilmente adirata e incrociò le braccia al petto, con un’espressione insieme superba e omicida.

Un altro al posto suo, sarebbe corso dalla madre a piangere, ma Sebastian Smythe non fece una piega, anzi, guardò l’avversaria ancora
più intensamente, e, sciogliendo la bocca in un sorriso serafico, intrecciò le sue dita tra i capelli del proprio giocattolo e lo spinse ad aumentare il ritmo, forzandolo un po’ nei gesti.

La silenziosa sfida trovò tregua solo dopo lunghi minuti di piacere, quando il ragazzo si sciolse in una serie di gemiti volutamente più alti che accarezzarono le orecchie di Santana come velluto e involontariamente le fecero venire la pelle d’oca.

La ragazza tuttavia non si scompose e con una risata sommessa, batté le mani in un applauso.

“Complimenti, Smythe! Miagoli sempre così come una puttana quando vieni?”

Santana vide chiaramente il ragazzino inginocchiato sussultare, rendersi conto della sua presenza e scappar via dall’aula, imbarazzato, senza neanche sistemarsi la patta aperta.

Sebastian non lo degnò di uno sguardo, mentre si rificcava la camicia nei pantaloni e inchiodava Santana coi suoi occhi chiari, ancora liquidi dal piacere.

Quanto avrebbe voluto prenderlo a calci…

“Dì un po’ Lopez, piaciuto il teatrino? Non ti facevo una guardona…”

“Spero tu abbia lasciato il tuo numero a quel bambino. Avrai bisogno di un lavoretto extra e tanti, tanti clienti, quando vi faremo mangiare la polvere sul palco, stasera!”

Sebastian avanzò sinuoso come un felino fino al pianoforte a coda.

“Non dirmi che tu e le Giovani Marmotte sperate ancora di poter vincere…” disse, ridendo.

Santana sfilò verso di lui, fermandosi a pochi passi di distanza.

“Io non spero, Smythe, io SO! È per questo che ho già contattato il WWF per conservare a te e al tuo pollame un’intera area protetta! Sarete l’attrazione principale del parco! Vi farò visita ogni domenica con un po’ di gustoso concime, non temere.”

Sebastian si avvicinò all’avversaria ancora di più, senza mai tradire la sua espressione angelica.

“Santana…” era la prima volta che la chiamava per nome e il tono con cui scandì le sillabe sembrò avere, a tratti, qualcosa di erotico, perfino “L’unica possibilità che avevano le Nuove Direzioni di vincere si chiamava Blaine Anderson ed è seduto in tribuna con un occhio fuori uso…”

Santana ripetè il gesto del ragazzo, arrivandogli ad un palmo da quell’insopportabile nasino alla francese, quasi ringhiando.

“Non ricordarmi per colpa di chi!”

“Senza di lui chi vi rimane nella piccola banda Bassotti, eh? Te lo dico io: quel balenottero arenato che inciampa sui proprio piedi, quello con un furetto sulla testa e il cervello nei coglioni, la negra obesa che somiglia tremendamente alla mia donna delle pulizie, la vacca bionda che si è fatta ingravidare e la coppia asiatica male assortita… davvero, cazzo, ma siete sicuri che non siano fratelli? Forse l’unico che si salva è il biondino, secondo me fa dei pompini da urlo con quella bocca enorme…”

Santana si impettì contro Sebastian, le mani strette a pugno tremanti dalla collera.

“Non dire un’altra parola, Smythe… per il tuo bene…”

“Ho mancato qualcuno, non è vero? Ah sì! Ma come ho potuto dimenticarmi di loro: l’ermafrodita tutto zucchero e cannella, il rapper
paraplegico, il dislessico irlandese e, dulcis in fundo, quella schizzata bionda che ti sei scopata per tipo un anno… seriamente, ma come diavolo hai fatto?”

La ragazza non ci pensò neanche.

Nel momento stesso in cui la risata di Sebastian si librò irriverente nell’aria, il suo pugno lo colpì in pieno viso, facendogli girare la faccia.

Solo lei poteva essere cattiva con i suoi amici. Solo lei poteva sbattere loro in faccia la verità a suon di insulti. Solo lei poteva permettersi di parlare di Brittany!

“Sei un proprio un pezzo di merda, Smythe…” scandì, ancora presa dalla foga.

Sebastian restò intontito per qualche secondo, lasciando che un silenzio pensate, scandito dagli ansiti di Santana, invadesse la stanza;
quando girò la faccia, tenendosi tra le dita la mascella dolorante, il suo sguardo fece arretrare involontariamente di un passo la ragazza.

Gli occhi di Sebastian non erano ghiaccio, erano stalattiti pronte a uccidere.

“Tu! Tu hai dato un pugno a me! A me!”

Non riusciva neanche a parlare per la rabbia.

“Oh no, Smythe… non uno soltanto…” fece Santana, caricando di nuovo il colpo, pronta a picchiare.

Questa volta Sebastian fu più veloce, parò il colpo con la mano e caricandola per i fianchi, spinse Santana contro il muro, inchiodandola tra
sé e la parete e fermandole i polsi ai lati della testa.

“Non farlo mai più…” le sussurrò, minaccioso.

“Scusami, Seby, scusami tanto… mamma non ha avuto il tempo di insegnarmi che le femminucce non si toccano neanche coi petali di un fiore…” fece quella, tagliente, decisa a non darla vinta a lui, lui che le stava facendo battere il cuore così dannatamente forte, da sentirselo in gola.

“IO non sono fatina Hummel, Lopez! IO ti faccio male!” istigò maggiormente Sebastian, sbattendo la mano contro la superficie fredda e dura dietro di lei.

“Provaci, vediamo che succede…”

Fu un attimo.

Nel momento stesso in cui si accorsero di essere troppo vicini, di aver superato da un pezzo la distanza di sicurezza, di poter indovinare tutte le sfumature di colore degli occhi dell’uno e avere proprio lì, sulla lingua, il profumo dell’altro, le loro labbra si scontrarono in un bacio che somigliava in tutto a un morso, ad una specie di attacco brutale.

Si divorarono più che baciarsi, Santana con le dita intrecciate nei capelli di Sebastian, sentiva chiaramente il sapore del suo sangue in bocca e le sue unghie corte ficcate a forza nella carne della sua gamba ormai attorcigliata ai fianchi ossuti di lui. Quando il Warbler scese sul collo, trattenendo tra i denti, a lungo, la sua pelle tesa, la ragazza non riuscì a trattenere un gemito basso.

Lo sentì sorridere contro il lobo dell’orecchio.

“Per così poco…”

Santana non ci vide più. Non gli avrebbe lasciato il comando, non si sarebbe arresa per nessuna ragione al mondo, mai! Quel bastardo pensava di farla sciogliere con quattro moine? Pensava di poterla piegare usando il suo stesso piacere?  Bhè si sbagliava, non aveva capito niente!

Facendo perno alle parete con le braccia, la ragazza spinse via Sebastian, che indietreggiò fino alle sedie, dove venne spinto a sedersi subito dopo, da lei che gli si era già disposta a cavalcioni sopra e lo guardava diritto negli occhi, con uno sguardo che era sfida e malizia, minaccia erotica. Santana si lasciò appena scappare un sorriso di gloria, mentre occupava le labbra dell’avversario con un nuovo bacio che mandò una scarica elettrica al corpo intero di Sebastian, il quale la afferrò per la nuca in quella che, per un attimo, apparve una pesante, selvaggia carezza. 

Santana non si limitò a levargli la giacca di dosso, la strappò quasi, rigirandosi la sua cravatta tra le mani, mentre con le unghie gli rigava la pelle che a mano a mano veniva scoperta dalla camicia ad ogni bottone saltato.

Tra poco sarebbe stato in scena con gli Usignoli, come voleva farlo esibire quella puttana, nudo per caso?

Sebastian aprì le labbra per mostrare il suo disappunto, ma il respiro gli si mozzò in gola, all’improvviso, facendolo inarcare leggermente all’indietro.

La ragazza aveva la mano sul cavolo dei suoi pantaloni, accompagnando ogni singolo movimento con un sensuale strusciare del corpo, quasi ballasse su di lui al ritmo dei suoi sospiri trattenuti, ma mal celati.

Il volto dell’ispanica era una maschera scintillante di vanagloria.

“Ma che brava, ti ricordi come si gioca…” scandì beffardo il Warbler, scivolando intanto sulle gambe lisce da sotto al vestito e trascinandola ancora più addosso a sé, su di sé, roteando insieme a lei il bacino.

Santana avvertì chiaramente il frutto dei suoi gesti contro la coscia, ma torturando il collo di Sebastian riuscì a reprimere il gemito.

“Stai facendo le fusa…” gli sussurrò quindi all’orecchio, morbida e sfrontata come un fiore autunnale.

Sebastian ghignò appena contro la sua pelle, mentre strofinava la sua guancia ruvida su quella di lei più vellutata e con le dita cadeva lentamente oltre al solco pronunciato delle sue anche, percorrendo solo col pollice la stoffa dell’intimo già bagnato.

La ragazza non emise un fiato, eppure tremò come una foglia tra le sue braccia.

“Stai fremendo, bambolina… non vedi l’ora di scopare con me!” le fece, spavaldo, aumentando la cadenza della sua carezze e portandosi con lei fronte a fronte, per non perdersi neanche un gesto, neanche un frammento della sua schiacciante vittoria.

“Devi fare un corso accelerato di anatomia, uccellino, non sono maschio e non mi chiamo Blaine Anderson: non ho gli attributi adatti per soddisfarti…” rispose Santana tra gli ansiti, decisa a non demordere, a non ammettere la sconfitta.

Sebastian non ci vide più. Aveva la risposta pronta sulla punta della lingua, la battuta adatta per risponderle a tono, ma sapeva che ciò non l’avrebbe scalfita, non l’avrebbe distrutta o umiliata come invece lui avrebbe tanto voluto, così agì all’improvviso, prendendo l’avversaria completamente alla sprovvista e traendola in trappola, in inganno come un gatto col topo.

Assicuratosi le sue gambe intorno ai fianchi, il Warbler si alzò senza preavviso dalla sedia, sollevando con lui Santana che cominciò a dimenarsi e ad urlare, colta completamente alla sprovvista. Nonostante il peso non fosse eccessivo, il ragazzo ringraziò che la strada per la sua meta non fosse troppo lunga, altrimenti quelle unghiacce maledette gli avrebbero di sicuro lasciato solchi lungo la schiena!

Sebastian arrivò fino al pianoforte a coda, dove depositò poco gentilmente il suo fardello e con un sorriso lupesco, criminale, coinvolse Santana in una nuova lotta di baci ed effusioni, ansiti ormai espliciti e scontri di bacini sempre più eccitanti.

D’un tratto spinse la ragazza giù, per stendersi e nel frattempo che quella lo teneva ancorato a sé con morsi languidi sulla clavicola e sulle sterno, si slacciò i pantaloni e si liberò della cintura.

Non la preparò, non la spogliò neppure, si limitò a sfilarle l’intimo, indossare un preservativo e a spingersi in lei lentamente, ma con una violenza appena trattenuta che portò Santana a sussultare dal dolore, ma anche a tendersi dal piacere.

L’atto non fu romantico, non fu dolce, non fu per niente delicato, fu sporco e bagnato come una sveltina a ben vedere, tuttavia lento ed erotico come una danza orientale.

Gli ansiti, i gemiti crescevano senza un freno, la porta era lì, aperta, avrebbe potuto vederli chiunque, ma questo non faceva che rendere il gioco più accattivante.

Non ci furono baci, non ci furono carezze, solo spinte sempre più energiche e unghie conficcate quasi a far male, uno sguardo a tratti talmente intimo ed inteso in quel frangente, da far arrossire, prendere il cuore e lanciarlo alle stelle.

L’uno cercava il piacere dell’altro per dimostrargli la sua debolezza, la sua sconfitta, il suo essere vulnerabile come argilla nelle altrui mani.

Santana fece di tutto, di tutto per trattenere l’orgasmo, non mostrare all’avversario il fianco venendo per prima, ma il ragazzo dovette intuire il pensiero, perché i suoi occhi divennero Antartide e le sue spinte energiche vennero accompagnate da lappate dolcissime lungo il mento e
il collo teso.

La ragazza non riuscì più a contenersi.

Intrecciando le sue dita alle ciocche sudate di Sebastian e inarcandosi all’indietro fino a sollevare il busto dalla superficie lucida del pianoforte, Santana venne con il fiato spezzato e una serie infinita di singhiozzi arrendevoli.

Il Warbler ebbe appena il tempo di sorridere il suo trionfo, quando i muscoli della ragazza si serrarono di colpo intorno alla sua erezione ormai al limite, una morsa calda e bagnata che lo fece fremere e capitolare nel piacere più fatico e appagante della sua vita.

Sebastian cercò di tenersi sulle braccia, ma tremante, crollò ugualmente sulla ragazza, portando la fronte all’altezza della sua.

Il fiato gli bruciava in gola come un bicchiere di vecchio scotch.

“Chi è che non vedeva l’ora di scopare?” sussurrò nel silenzio Santana, sforzando la voce per tenere a bada il fiatone.

Sebastian ridacchiò contro la sua guancia, mentre si sfilava via con uno schiocco e buttava via il preservativo usato.

“Miagoli sempre così come una puttana, quando vieni, Lopez?” le fece il verso, copiandole la battuta.

Quella lo spinse via indignata, sgusciò dalla sua presa e si alzò per ricomporsi, dandogli le spalle.

Sentì chiaramente il rumore della zip e della cintura che venivano sistemati, intervallato dal suono cristallino della risata del ragazzo, segno di soddisfazione e di vittoria.

Se solo avesse avuto la forza di sollevare il pianoforte, Santana non avrebbe avuto remore a scaraventarglielo sui denti!

“Non montarti la testa, fiorellino, è stato un attimo, sesso occasionale. Oltretutto dopo che i giudici avranno decretato la nostra vittoria, io e te non avremmo più motivo per rivolgerci la parola…” affermò Santana, con le braccia incrociate e un cipiglio irriverente.

Sebastian recuperò la sua giacca e con la camicia ancora aperta sul petto, avanzò verso di lei, spavaldo.

La superò di poco, giusto per esserle spalla e spalla, le labbra attaccate al suo orecchio.

“Devi prima vincere, bambolina… e ti assicuro che non sarà facile…”

Il Warbler abbandonò la stanza, lasciandola sola, insieme ai suoi brividi.

Quando lo rivide quella sera, Sebastian era sul palco, a dare spettacolo con i suoi compagni e “Glad you came”.

Santana avrebbe voluto dare solo una sbirciata all’esibizione della concorrenza, ma finì per rimanere finchè sugli Usignoli non calò il sipario.

Sebastian non fece altro che guardarla, coi suoi occhi magnetici e la sua faccia da sberle, per tutto il tempo della canzone.

Nel tentativo di trattenersi, anche lei infine, si ritrovò a sorridere.

Quel bastardo di Sebastian Smythe si stava esibendo con le sue mutandine rosse, intrecciate al polso.

“Che pezzo di merda…”
 


“Alla fine ci siamo esibiti anche noi, dopodiché i giudici hanno decretato come vincitore…”

“Signorina Pillsbury, ma si sente bene?” intervenne dubbioso Sebastian, rivolgendosi alla consulente.

Emma stava diritta e immobile come un palo sulla sua sedia e sembrava che gli occhi le stessero per uscire dalle orbite.

Non sbatteva nemmeno le palpebre… faceva spavento.

“Questa non è una psicologa, Lopez, questa ha bisogno di una psicologa!” disse sussurrando, alla coetanea.

Quella non ebbe il coraggio di contraddirlo.

“V… vi… vi avevo… c… chi...chiesto… i… il vostro primo… incontro… n… non… la… la descrizione… di un film…p… po…p… p…p…”

“Porno!” la aiutò, Sebastian.

“Que… quello lì!”

Emma si liberò dal suo stato di trans e cominciò a respirare lentamente, come se stesse partorendo.

Oh mio Dio! Quei due lo avevano fatto sul pianoforte! Il pianoforte che aveva toccato Will! Will che poi aveva toccato lei! E la loro casa! E i loro
vestiti! E il loro cibo!

Aveva praticamente ovunque tracce di liquidi adolescenziali, quindi!

Dovette trattenere un conato di vomito!

Rapidamente cacciò da quello che per Santana e Sebastian era ormai “il cassetto delle meraviglie”, il suo kit di pronto intervento e
cominciò a pulirsi e disinfettarsi le mani, cellula per cellula!

“Ma… ma voi non fate altro? Insomma, davvero passate il tempo a… a…”

“Scopare!” l’aiutò di nuovo lo studente della Dalton, che sembra divertirsi un mondo a scandalizzarla con quelle parolacce.

“Scambiarvi liquidi corporei!” affermò perentoria la Pillsbury, ben sapendo che le sue povere orecchie non avrebbero retto altre sconcerie!

I due ragazzi la guardarono interdetti.

“Oh su... è mai possibile che in tre mesi non abbiate mai intavolato un discorso voi due?”

Santana e Sebastian parvero pensarci un po’ su.

“Gli insulti e i gemiti valgono come discorso?” fece Santana, turbata.

Emma quasi cadde dalla sedia per lo sconforto.

“Certo che no! Veramente voi due non fate niente altro che… quello?! Non siete mai usciti insieme, ad esempio?”

“Siamo andati al cinema! Lì non abbiamo fatto sesso!” disse trionfante Sebastian.

“Dici quando siamo andati a vedere Mission Impossible? Guarda che lì ci siamo chiusi a fare una sveltina nel bagno, a metà film!” disse
Santana, con disinvoltura.

“Quella volta! Ma quando siamo andati a vedere In Time, non è successo niente!”

“Lo chiami niente? Ti ho fatto un pompino in sala!”

“Giusto… lo avevo dimenticato… signorina Pillsbury? Signorina Pillsbury? Vuole che chiami un medico?”

“O uno psichiatra!” affermò Santana, osservando scettica lo stato terrificante della donna dall’altro lato della scrivania.

Emma si dondolava sulla proprio sedia, le mani premute sulle orecchie, gli occhi pieni di lacrime.

“NONANDRòMAIPIùALCINEMA-NONANDRòMAIPIùALCINEMA-NONANDRòMAIPIùALCINEMA-NONANDRòMAIPIùALCINEMA…”
 


Cucciolotti miei! Siete usciti abbastanza incolumi o avete fatto la fine della povera Emma? Ci tenevo molto a questa scena ed è stata un bel parto devo dire la verità! Mi scocciava partire da Smooth Criminal, sarebbe stato banale e poco realistico, non penso proprio che due orgogliosi e superbi come loro si lascino andare subito, la prima volta che si guardano in faccia! Perciò il loro primo incontro di passione l’ho immaginato così, un po’ come una resa ed una lotta da parte di entrambi! Per parlare di sentimenti vi rendete conto che è ancora presto, vero?
Nel prossimo capitolo la “volta” che è più piaciuta a Sebastian! Vi aspetto ;)
Le risposte ai commenti dello scorso capitolo arriveranno stasera a causa di costumi da carnevale da realizzare… non ne parliamo!
Baci <3

 
 
 
 
 
 
 
   
 
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