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Autore: giambo    20/02/2012    4 recensioni
L'inizio di una vita. Cosa ha scatenato la venuta di C18 nei guerrieri Z? Per la maggior parte di loro, l'androide è solamente un avversario da sconfiggere. Un nuovo nemico da annientare.
Ma ci sono due persone che non la pensano così. Per loro C18 è molto di più di un semplice nemico. Di un avversario da sconfiggere e distruggere. Per loro, C18 è l'arrivo di un nuovo periodo della loro vita. Stà a loro decidere se sarà un periodo pieno d'amore o di odio.
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 18, Crilin, Vegeta
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ok...lo so benissimo che questa one-shot è tratta dalla puntata di oggi di Dragon Ball. Eppure non sono riuscito a non scriverla. Spero solamente che vi possa piacere.

Buona lettura!

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Umiliazione. Dolore. Orgoglio perduto.

Sono queste le sensazioni che provava Vegeta. Sono queste terribili sensazioni che il suo orgoglioso cuore stava provando.

Com'era stato possibile tutto ciò? Com'era potuto accadere?

Aveva cercato per tutta la vita di superare i propri limiti. Fin da piccolo si era posto un obbiettivo. Un traguardo da raggiungere ad ogni costo. Indipendentemente da quanto gli sarebbe costato raggiungerlo.

 

Diventare il guerriero più forte dell'universo. Diventare il guerriero della leggenda. Andare oltre i limiti della sua razza. Superare ogni limite impostogli dalla natura. Diventare padrone del proprio destino.

 

Sì, Vegeta si era posto questo obbiettivo. Diventare il migliore. Il numero uno. Diventare semplicemente il più forte, in tutto.

Per tanti anni sembrò che il suo sogno non potesse realizzarsi. Aveva dovuto ingoiare l'amaro calice della sconfitta e del disonore.

Aveva dovuto accettare il fatto che Kakaroth, il suo rivale, l'essere che, dopo Freezer, odiava di più, fosse diventato un super sayan. Aveva dovuto accettare il fatto che, quando sarebbe diventato anche lui un super sayan, perché lo sarebbe diventato, avrebbe dovuto allenarsi ancora. Per diventare il più forte tra i guerrieri leggendari.

E adesso, ora che ogni suo sogno sembrava essersi realizzato, ora che era diventato più forte di Kakaroth, ora che era diventato il numero uno della galassia, lui, il principe Vegeta, signore di tutti i sayan, stava venendo sconfitto. E da un essere appartenente alla razza vivente che più in assoluto disprezzava.

 

Una donna. Anzi no, peggio di una donna. Un cyborg. Una fottutissima macchina. Un maledetto ammasso di bulloni e circuiti. Uno stramaledettissimo pezzo di latta, lo stava umiliando.

 

Strinse i pugni con rabbia mentre il suo palato cominciava a sentire una sensazione diventata, negli ultimi tempi, terribilmente familiare: l'amaro sapore della sconfitta.

Vegeta impazzì. Com'era possibile? Lui era ancora in piedi. Aveva ancora moltissima energia da usare. Non era stato sconfitto. Poteva ancora vincere. Doveva vincere.

E allora perché? Perché il suo cervello sembrava essersi già rassegnato? Perché sentiva la rabbia bruciargli il cuore ma non infondergli forza nei muscoli?

 

Vegeta la vedeva davanti a se. Immobile, inespressiva, una macchina in tutto e per tutto. Eppure, nonostante questo, terribilmente affascinante.

I suoi occhi color acquamarina si incrociarono con quelli gelati di lei. E Vegeta vedeva. Capiva. Il principe riusciva a leggere in quegli occhi spietati il divertimento dell'androide. Sì, quel robot si stava divertendo. Si stava prendendo gioco di lui. Lui, il grande Vegeta. Il guerriero più forte dell'universo.

Non poteva tollerare tutto ciò. Gliela avrebbe fatta pagare a quell'ammasso di latta. Avrebbe fatto vedere a tutti di cosa era capace il grande Vegeta!

Scattò all'attacco. Ma subito si rese conto della sua inferiorità. Era troppo evidente. Era troppo schiacciante. Vegeta scacciò quelle sensazioni con rabbia dal suo cuore.

“Un super sayan non perde!” pensò con ira crescente. “Un super sayan non può venire sconfitto. Ed io sono il principe dei sayan! Sono il numero uno! Non posso venire sconfitto! Io devo vincere!!!!”

All'improvviso, una violenta ginocchiata di C18 lo colpì sulla fronte. Stordito dal colpo, il guerriero sayan si allontanò dall'androide.

Vegeta la fissò. Cercò di riprendere fiato quando, all'improvviso, accadde.

Davanti ai suoi occhi divenne tutto rosso.

Rosso. Rosso come gli occhi di Freezer. Rosso come il Kaioken triplo con cui Kakaroth l'aveva umiliato tempo prima. Rosso come il sangue che bagnò la terra di Namek. Il suo sangue.

Si liberò di quel velo malefico. Questa volta. Questa volta non avrebbe perso. Avrebbe distrutto quel fottuto cyborg. Ad ogni costo!

Partì all'attacco. Si lanciò con violenza contro quella maledetta macchina, all'apparenza invulnerabile ed impenetrabile ai suoi attacchi.

E poi accadde.

 

All'inizio Vegeta non sentì dolore. La sensazione dei suoi muscoli dilaniati dal ginocchio d'acciaio di lei si fece strada con lentezza nel suo cervello. Per un attimo, Vegeta non provò assolutamente nulla.

Ma poi arrivò la prima ondata. E fu l'inferno. Mai Vegeta aveva provato così tanto dolore. Mai il suo corpo aveva dovuto sopportare tanta sofferenza, tanta maledettissima sofferenza.

All'arrivo della seconda ondata, il principe si sentì le gambe molli. Cadde in avanti, ma non toccò mai il terreno.

All'improvviso, un dito. Un semplice e piccolo dito gli sfiorò il mento. Impedendogli così di cadere. Era freddo. Ma per Vegeta, in quel momento, quel piccolo dito, era il paradiso. Desiderava che non l'abbandonasse mai. Che lo sorreggesse per sempre.

La odiò per questo.

Lui, il principe dei sayan, stava desiderando un appoggio, un supporto. Un aiuto per uscire da quell'incubo.

Era inaccettabile. Ed era tutta colpa sua.

Di quell'androide. Di quel fottuto robot che, con la sua potenza, la sua arroganza, stava demolendo, pezzo per pezzo, tutto ciò che lo rendeva il principe dei sayan.

Poi, all'improvviso, una violenta manata lo colpì sulla guancia. Vegeta si schiantò contro la parete. Sentì i propri nervi urlare di dolore. Poi, fu solo buio.

 

Polvere. Polvere e sangue. Uno spettacolo, per Vegeta, fin troppo familiare.

Eppure adesso, quel paesaggio, quello stesso paesaggio che per tanti anni aveva amato, lo stava rendendo nervoso, insicuro, irrequieto.

Dov'era lei? Che fine aveva fatto?

Possibile che si stesse nascondendo? Che si stesse comportando come una codarda?

All'improvviso, Vegeta sentì uno spostamento d'aria alle sue spalle. Con uno strano presentimento, il principe si girò.

Gli parve di vedere la scena al rallentatore. C'era un qualcosa di affascinante nel gesto atletico di C18. Qualcosa di oscuro e terribile.

Poi, la cyborg, si girò con un gesto fulmineo. La sua gamba fece un giro perfetto di 180°, andando ad incastrarsi, con precisione millimetrica, nell'articolazione del braccio sinistro del sayan.

Come prima, Vegeta non sentì subito il dolore. Ciò che sentì fu la punta dello stivale della cyborg che andava a conficcarsi nel suo braccio. Lacerando, nel suo cammino di distruzione, muscoli, tendini ed ossa.

Si sentì le gambe molli. Barcollò in avanti.

Sentì, dietro di se, la risata argentina dell'androide. C18 lo stava prendendo in giro. La cyborg rideva di lui. Del grande principe dei sayan.

Ma Vegeta non aveva più la forza di opporsi. Non c'è l'aveva più perché, semplicemente, l'androide lo aveva annientato.

E, all'improvviso, il dolore arrivò. Tanto. Forte. Troppo forte perché il suo orgoglio di sayan potesse prevalere anche questa volta.

Vegeta sentì le sue gambe cedere. Il cervello del super sayan era annebbiato dal dolore. Un dolore terrificante e bruciante. Un dolore sia fisico che psicologico.

E, all'improvviso, l'orgoglio di Vegeta venne sconfitto.

Il principe dei sayan urlò al cielo tutto il suo dolore.

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Crilin osservava sconvolto i suoi amici venire sconfitti uno dopo l'altro.

Dopo che Vegeta aveva perso, Trunks, Tensing e Piccolo si erano gettati all'attacco. Cercando, con i loro sforzi congiunti, di annullare il vantaggio, in fatto di potenza, dei cyborg.

Ma era stato tutto inutile, C17 e C18 si erano liberati con facilità disarmante dei guerrieri Z. I due androidi stavano adesso, freschi e rilassati come al solito, discutendo di cosa fosse meglio fare.

Crilin era immobile. Incapace di muovere un solo muscolo. Il piccolo guerriero non era un codardo. Mai in vita sua si era tirato indietro. Certo aveva provato il vero significato della parola paura molte volte, e altre volte aveva sentito la gelida morsa del terrore attanagliargli il cuore. Ma adesso, davanti a tutta quella potenza, davanti a tutto quel cinismo, il guerriero sembrava incapace di mettere in moto la sua macchina di muscoli ed ossa.

Il terrestre osservava i due androidi, mentre sudore freddo gli stava scendendo lungo la schiena. Un pensiero terrificante stava cominciando a prendere corpo dentro di lui.

“O-Ora toccherà a me.” pensò con orrore. Quasi inconsciamente, il suo piede sinistro indietreggiò di un passo. “Adesso toccherà a me essere fatto fuori da quei mostri.”

C17 e C18 intanto, sembravano essersi trovati d'accordo sul da farsi. I due androidi raggiunsero l'impassibile C16. Quest'ultimo non aveva fatto una sola piega davanti al combattimento che si era appena svolto. Il cyborg dai capelli rossi sembrava rilassato come se fosse la persona più tranquilla del mondo. Senza alcun problema per la testa. Il piccolo guerriero lo osservò stranito.

“Che strano tipo.” pensò, distraendosi, in questo modo, dai suoi problemi.

“Ehi tu!”

La voce del cyborg numero 17 era vellutata. Il suo tono morbido si insinuò dolcemente nelle orecchie del terrestre. Ma, invece che tranquillizzare il piccolo guerriero, la voce dell'androide ebbe l'esatto effetto contrario.

“Ti conviene dare i tuoi senzu ai tuoi amici. Si chiamano così giusto?”

“Co-cosa?” balbettò Crilin in preda al panico. Ma da dove venivano quei due esseri? Come facevano a conoscere i senzu?

Davanti alla sua faccia terrorizzata, C17 sorrise. Ma il suo sorriso non aveva niente di rassicurante. Sembrava il ghigno di un bestia che ha davanti a se una preda indifesa. Il sorriso del vincitore.

“Ah...quasi dimenticavo. Comunica ai tuoi amici di allenarsi duramente. La prossima volta che vorranno affrontarci noi saremo sempre disponibili. Addio!” e detto ciò, l'androide numero 17 si allontanò. Subito seguito dalla fredda e crudele C18.

Crilin rimase immobile. Incapace di pensare a qualunque cosa. Davvero lo lasciavano in pace? Davvero lo ignoravano così? Veramente, per loro, lui non era altro che una nullità? Un misero ed inutile granello di polvere?

Poi, qualcosa dentro di lui, si mosse. Probabilmente fu il suo orgoglio. Probabilmente fu la sua stupidità. Probabilmente era il destino che aveva voluto così.

“Ehi! Aspettatemi!”

Crilin corse dietro agli androidi. Non sapendo che, con quel gesto, stava rischiando la sua vita in una maniera incredibilmente avventata.

 

Morbide. Le sue labbra erano morbide. Morbide quanto erano dure e derisorie le sue parole.

“Vai...cucciolone!”

Crilin rimase semplicemente basito. Mai in tutta la sua vita aveva vissuto una situazione del genere. Essere baciato dal proprio nemico. Venire presi in giro ed umiliati dal proprio avversario. Dover subire, oltre alla sconfitta, anche la beffa di quella donna perfida e crudele.

Ma se il suo orgoglio di guerriero era stato umiliato da quel gesto, una nuova sensazione lo invase. Era una sensazione calda, dolorosa, strana. Crilin era confuso. Cosa gli stava capitando? Perché, invece di sentirsi arrabbiato per quel gesto, il terrestre si sentiva triste?

 

Quando Vegeta riprese conoscenza, capì tutto.

I cyborg se ne erano andati. Lo avevano lasciato in vita. Lo avevano umiliato, negandogli perfino il conforto della morte.

Il suo orgoglio piangeva. Stillava lacrime di rabbia e dolore dal profondo del suo animo. Lui, il grande Vegeta, principe di tutti i sayan, il guerriero più forte dell'universo era stato sconfitto ed umiliato.

Se si concentrava, il sayan poteva ancora sentire la voce dell'androide numero 18 che lo derideva.

“Forse è meglio se ti rompo anche l'altro braccio. Così almeno te ne starai buono buono!”

Già. Buono buono. E lui lo era stato davvero. Era rimasto fermo. Incapace di trovare la forza di rialzarsi. Incapace di trovare la forza per distruggere pezzo per pezzo quel maledettissimo cyborg. Quella fottuta donna che lo aveva umiliato come neanche Freezer o Kakaroth erano riusciti a fare.

E poi...quell'urlo. Lui, il grande Vegeta, aveva urlato il proprio dolore al mondo intero. Quel giorno, il suo orgoglio era stato sconfitto. Annientato. In tutti i sensi.

E mentre sentiva un sapore amaro invadergli la bocca, Vegeta comprese una cosa. Capì che, adesso, non era più Kakaroth l'essere che odiava con tutto se stesso. Non era più quel rifiuto di terza classe ad occupare la sua mente. Non era più la sua voce ingenua e squillante ad ossessionarlo. Facendolo desiderare di spegnerla tra urla di dolore disumane.

No. Ora come ora, l'essere che odiava con tutto se stesso era un altro. Era un altro essere quello che desiderava distruggere con tutto se stesso. Era un altro essere che voleva sentire chiedergli pietà in ginocchio.

Vegeta capì. Capì che, la persona che odiava con tutto se stesso, apparteneva alla specie che più disprezzava.

Una donna. Anzi, peggio di una donna. Un cyborg freddo, affascinante e crudele. Un androide che, nonostante non potesse provare emozioni, era riuscito a scatenare nel cuore di due guerrieri due immense, brucianti, terrificanti sensazioni. Le due stesse facce di una medaglia oscura ma, allo stesso tempo, luminosa.

 

L'odio bruciante di Vegeta, e l'amore improvviso e folle di Crilin.

 

C18 non lo sapeva. Non poteva saperlo. Ma quei due sentimenti, quei sentimenti che lei stessa aveva creato, l'avrebbero accompagnata per tutta la sua vita. Una nuova vita che, fin dall'inizio, prometteva bene. Una vita piena, viva. Una vita degna di essere vissuta.

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