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Autore: Rainie    20/02/2012    2 recensioni
La mattina del giorno in cui Rukia sarebbe stata portata alla Soul Society, Ichigo ha un sogno sul passato, un ricordo che aveva nascosto sotto quelli della madre, del colore di un blu acciaio.
[IchiRuki (?), Ichigo POV. | Rating Verde. | Fluff (si spera) | Oneshot/DoubleFlash, Missing moment.]
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kuchiki Rukia, Kurosaki Ichigo
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Occhi blu acciaio
 
C’era un momento della mia vita che avevo dimenticato.
Era nascosto nelle profondità della mia mente, l’avevo seppellito sotto tutti i ricordi che cercavo disperatamente di conservare di mia madre dopo la sua morte. Era il momento che, allo stesso disperato modo, avevo cercato per alleviare il mio dolore.
Ero un moccioso senza più alcuna speranza. Non andavo a scuola da giorni. Giravo per le strade cercando di evitare il fiume, ma alla fine ritornavo sempre lì.
Avevo pensato “Posso vedere i fantasmi, quindi potrò ancora rivedere la mia mammina”, ma non successe mai. Nonostante tutto, continuavo ad indugiare in quel posto, che un mese prima era sommerso dalle gocce di pioggia.
La mia routine quotidiana era stata stravolta da quell’incidente – anche se non era esattamente così – e tutto quello che facevo era uscire di casa con la cartella sulle spalle dirigendomi verso scuola, finire sulla strada del fiume, guardarlo dal marciapiede e scendere gli scalini, camminare in cerca di mia madre, e poi al tramonto ritornare a casa. Ero sicuro che la scuola aveva chiamato casa mia, ma, chissà come mai, mio padre non aveva mi aveva mai detto niente.
Uno di quei giorni stavo seguendo quella quotidianità come se niente fosse, calciando i sassi come se niente fosse.
Una ragazza dai corti capelli neri apparve come se niente fosse.
Portava un kimono nero ed una spada come se niente fosse.
La fissai cercando di capire se fosse un fantasma o meno, perché dalla morte di mia madre niente era come se niente fosse. La ragazza si guardò attorno, con le sopracciglia corrugate.
“Forse anche lei sta cercando qualcuno” pensai, continuando a tenere uno sguardo attento su di lei. Dato l’abbigliamento, supposi che fosse un fantasma.
Finalmente si accorse di me. Gli occhi blu acciaio si scontrarono contro il mio sguardo. Lei mi fissò ed io la fissai. Lei persa chissà in quali pensieri ed io ghiacciato dalla vista di quella figura che si innalzava davanti a me. “È un fantasma” ripetei mentalmente. Avevo paura. Ma sperai ardentemente che lo fosse, così avrei potuto raggiungere il posto in cui mia madre giaceva.
Si accovacciò di fronte a me e mi fissò ancora. «Tu» disse, «che stai facendo qui?» Nonostante la sua voce fosse dura, non aveva niente di cattivo. Forse rimasi deluso.
«Cerco la mia mamma,» risposi con un tono basso e timoroso, «l’hai vista?» Lei si mostrò un po’ sorpresa – i suoi occhi blu acciaio divennero più chiari e grandi, le sopracciglia si alzarono leggermente e sbatté un paio di volte le palpebre – ma alla fine mi chiese, indugiando: «Quando è stata l’ultima volta che l’hai vista?»
Forse perché ne avevo bisogno, forse perché me lo sentivo, forse perché la sua voce si era fatta affabile, forse chissà perché, ma le dissi tutto: «Il 17 giugno. Pioveva. Perdeva sangue. Non si muoveva più. Lei se n’è andata. Oggi è il mio compleanno. Mia mamma mi fa sempre gli auguri, ma oggi non l’ho vista. Tu sei un fantasma, vero? L’hai vista? Lei è bellissima. Ha dei lunghi capelli mossi ed un bellissimo sorriso. Ha una voce calda e gentile. Mi proteggeva sempre. Voglio rivederla.» Piangevo. Lacrime calde solcavano le mie guance. Volevo piangere più forte, ma non ci riuscivo. Volevo buttare fuori tutta la mia tristezza.
Mi faceva tanto male, e non riuscivo a sopportarlo. Per cui continuai a piangere, l’unica cosa di cui ero ancora capace.
«Se la vedrò glielo dirò» mi disse la voce morbida della ragazza. Mi guardava con uno sguardo apprensivo – gli occhi di un freddo blu acciaio che trasmettevano calore, forse ciò che stavo cercando nelle altre persone all’infuori di mia madre – sorridendo lieve – i lati di una bocca rosea che si sollevavano. «Se la vedrò» ripeté, «le dirò di ritornare qui per salutarti.» Mise una mano sulla mia testa, continuando a mantenere quel sorriso da cui traspariva, in un certo senso, tristezza. «Tu aspetta. Non piangere, sono sicura che tua madre non vorrebbe trovarti in questo stato. Ci sono passata anche io. Aspetta, perché un giorno, ne sono sicura, vi rivedrete.»
Poi si alzò e io la guardai alzarsi, singhiozzando. Mi lanciò uno sguardo dolce – gli occhi blu acciaio che brillavano alla luce del sole. Mi impressi bene in mente quel colore, sentivo una certa simpatia crescere dentro di me per quella particolare sfumatura. «Ad ogni modo, buon compleanno, piccolo.»
La ragazza se ne andò, sparì, come se niente fosse, ed io ritornai alla quotidianità, aspettando, come mi aveva detto, mia madre. Non ritornò, ed io ricominciai ad accumulare i giorni passati al fiume, dimenticandomi completamente di quella ragazza che mi aveva visitato giorni prima – dimenticandomi di quella sua specie di promessa che mi aveva fatto.
Poi mi svegliai dal sogno.
Avevo richiamato quella memoria forse perché avevo bisogno di rivivere quel calore un’altra volta. La voce di Yuzu mi arrivò alle orecchie, dicendomi di scendere per fare colazione.
Mi misi in piedi, stiracchiando le braccia e sbadigliando. In quel momento, Rukia aprì la porta dell’armadio e scese con la borsa in mano. Aveva le sopracciglia corrugate e il colore dei suoi occhi si era fatto più scuro, facendola annegare in chissà quali pensieri.
«Rukia» la chiamai, e subito si voltò verso di me. Cercai le parole. «Oggi è il mio compleanno. Ne compio sedici. Tu ce l’hai?»
Lei fece alzare un lembo di bocca in un sorriso, «Certo. 14 gennaio. Manca ancora molto, mezzo anno. Buon compleanno, comunque.»
«Grazie» risposi. Rimanemmo lì a fissarci, poi le dissi ancora: «Vedi di non andartene da Urahara, oggi. Yuzu preparerà sicuramente una torta, quindi sarebbe una bella cosa se l’assaggiassi anche tu.»
Il blu acciaio dei suoi occhi tremò, ma fece lo stesso un cenno d’approvazione. «Lo terrò a mente.» Si avvicinò alla mia finestra e saltò giù, ed udii uno scricchiolio subito dopo, segno che era atterrata sana e salva.
Richiamai quella memoria, forse perché ne avevo bisogno, forse perché il calore di un gelido blu acciaio volevo sentirlo sulla mia pelle ancora una volta.















N/A: Ho provato a scrivere una fluff, ma non sono sicura di esserci riuscita.
Il titolo originale sarebbe dovuto essere “Occhi indaco” (infatti “Occhi blu acciaio” suona abbastanza male, a mio parere), ma quando sono andata a vedere che colore fosse ho dovuto cambiare. Mi piace pensare che Rukia abbia gli occhi blu acciaio – in effetti, nelle art ufficiali di Kubo ha gli occhi di un grigio/blu che ho identificato come, appunto, un blu acciaio. Amo quel colore, ad ogni modo.
È ispirato ad una fan art che disegnai un paio di giorni fa, in cui c’era un Ichigo bambino e Rukia che aveva la mano sulla sua testa. Mi è venuta in mente oggi, quando ho trovato veramente una fan art più o meno identica XD
E poi, boh, ti commuovi da sola nella parte in cui Ichigo si sfoga ;A; Comunque, ho cercato di scrivere come se fosse Ichigo a raccontare (appunto, è dal suo punto di vista!). Ho provato ad usare un lessico semplice e senza troppe pretese, cercando di essere, uhm, tagliente (?) nei punti giusti.
Ah, nelle trame faccio schifo, ad ogni modo. Mi meraviglierei se qualcuno leggesse questa fan fiction – anche se sono sicura che sicuramente qualcuno leggerà, ah ah. Sono tremenda, lo so.
Noth/Rainy.
   
 
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