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Autore: Ella_Sella_Lella    20/02/2012    2 recensioni
Percy viene "incastrato" in una "misteriosa" (Anche per lui) missione dalla Divina Artemide.
Aiutato da una profezia, come sempre poco chiara.
Una fidanzata "troppo" sveglia, un cugino con un "Pass" per l'oltretomba.
Quattro abigue divinità minori.
Una sala da tè, nel cui retro c'è il Servizio Cliente dell'Ermes Express.
Sogni che riguardano un gigante ed un cane splendente.
Ed una costellazione che ha la forma di una macchina per il caffè. Che nasconde in realtà un "tragico(mico fore un po')" amore.
Ma perchè?
*
Buona lettura
Baci baci
EsL
Genere: Avventura, Comico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Bene ci tenevo tantissimo a postare questo capitolo ed è tantissimo che non lo facevo, ma in compenso è lunghissimo. Mi ci sono impegnata moltissimo. Volevo ringraziare Jishiku che è la santa che commenta ogni mia storia. Grazie davvero :D





Ai 5 pazzi che la preferiscono, ai 2 pazzi che la ricordano e i 12 pazzi che la seguono.


Bene ci tengo molto ad informarvi che – eccetto eccezioni – questo è il sestultimo capitolo. Potrebbe variare solo con un capitolo FlashBack del funerale originale di Orione oppure potrei fare questo come storia corelata.



Bene io non sono una richiede disperatamente recensioni, ma se a qualcuno facesse piacere dirmi cosa ne pensa, non mi dispiacerebbe.


Detto questo, che la forza sia con voi (Peccato che detto da me non è figo come da Ian Solo)
Baci baci
EsL













Gemelli





Una minuta ragazzina dagli arruffati capelli castani e gli occhi verdi come prati inglesi, guardava fissa il cielo, abbastanza rapita. Era una bella ragazzina, di come poche se n’erano viste, agile e snella, nonostante non fosse poi così alta ed il volto diafano di una splendida ninfa. “Cosa leggi Lan?” domandò una voce per ridestarla dai suoi pensieri, Lan abbassò lo sguardo per incrociare gli occhi con quelli castani di una ragazzona bionda, “La filosofia di Ipathia, Fifì” rispose solamente la fanciulla, la bionda azzardò un sorriso, “E a che pensavi guardando il cielo?” domandò, Lan rispose tranquilla: “ A Callisto, la ricordi?”, Fifì annui, sedendosi sul l’erba con lei. “Quante consorelle abbiamo perso” constatò un po’ malinconica. Un’altra fanciulla corse verso di loro, “Atalanta! Phoebe! Thalia ci sta radunato” esclamò, con un terribile accento francese, era una fanciulla dalla pelle nera ed i ricci scuri, con gli occhi colore dei noccioli di mela, “D’accordo Ziv’a” risposero all’unisono le due.


Atalanta e Phoebe seguirono Ziv’a lungo la foresta fino allo spiazzale dov’erano accampate le tende, dove una ragazza con un cerchio d’argento sulla testa, con indosso abiti da punk, che intratteneva un discorso con le altre cicatrici. “Finalmente!” esclamò vedendo sopraggiungere le tre, a passo lento, “Cosa succede Thals?” domandò Phoebe alla sua luogotenente, “La Divina Artemide è andata via questa mattina all’alba ma mi ha lasciato in consegna di dirvi che riceveremo visite” rispose enigmatica Thalia, “E di trattarle secondo le regole dell’Ospitalità Greca” aggiunse poi solenne, le consorelle annuirono tutte. Non passarono molte ore, prima che gli ospiti arrivassero, le Cacciatrici erano tutte impegnate nelle solite attività. Chi sorvegliava le tende, chi puliva le armi, chi si occupava del fuoco e della cena.


Quando una Lamborghini arancione sgargiante era arrivata nella radura, passando direttamente sull’erba senza problemi, circondata da un denso fumo nero. “Hey!” strillò Ziv’a trovando quel comportamento incivile nei confronti della natura, ma nessun’altro si permise di dire altro, ma il fumo si era semplicemente rarefatto. Dal posto del guidatore era poi scesa una bella ragazza, quasi donna, con i capelli bronzei, tra i quali erano intrecciati fiori bianchi, con indosso un abito di telo chiarissimo, del tutto incurante dell’inverno pungente che non si decideva ad andar via in favore della primavera, con dei sandali alla schiava, “Salve Cacciatrici” trillò gioconda, “Cleta” bisbigliò Phoebe, incerta sul fatto se dovesse o meno correre da lei per salutarla. Dal posto sul retro scese un’altra ragazza, con un lungo cappotto scuro, con dei pantaloni strettissimi e degli stivali di nero in pelle, occhi chiari e capelli neri, lunghi e scomposti, “Ecco le nostre belle amiche” esclamò questa, leccandosi le labbra rosse, “Derinoe” la salutò Atalanta, con un bel sorriso, “Preferirei Derie” rispose semplicemente lei avvicinandosi. Dal posto accanto a quello del guidatore scese l’ultima ragazza, con i capelli rosso fiammeggianti, ricci e boccolosi, occhi marroni e penetranti, indossava un chiodo di pelle verde petrolio, dei corti pantaloncini, le calze a rette di un grigio tenuo e delle scarpe con un tacco alto. Aveva un sorriso sfrontato ed i suoi occhi furono immediatamente catturati da Thalia. Tutte e tre avevano una deformazione all’altezza del petto, era reciso e mancava totalmente il lato sinistro, ben evidente era in Cleta, da cui si vedevano orribili cicatrici biancastre.


“Voi siete?” chiese Thalia, passando una mano sul suo braccialetto per precauzione, Ziv’a era alle sue spalle, con la mano ben salda sulla sua alabarda. La ragazza dai capelli biondi sorrise con dolcezza, “Noi siamo membri delle amazzoni, io sono Clete, lei è Derie e lei è Melany” aggiunse, presentando anche le sue consorelle, “Siamo qui per parlare con voi” aggiunse, guardando particolarmente Thalia. Prima che chiunque potesse dire altro, Melany si era fatta strada raggiungendo la figlia di Zeus, e guardandola dall’alto – vista la sua superiorità in altezza – e proferì: “ E quindi tu saresti la figlia di Zeus? La sostituta di Zoe?” il suo tono era retorico e ben calibrato, sorrideva in modo ambiguo. Phoebe aveva guardato le altre due amazzoni, “Perché Artemide voleva che veniste da noi?” chiese, allora Melany sorrise malefica, “Come non ti viene in mente, la prossima Luna Nuova sarà l’anniversario del glorioso Cacciatore” il volto di Phoebe impallidì. Thalia si era voltata verso l’amica, abbastanza preoccupata, capiva quando Phoebe aveva qualcosa che non andava, tipo quando si immobilizzava, impallidiva e non diceva nulla, come in quel caso.


Nico era seduto sul piccolo altere di marmo, mentre osservava Eris impegnata nella lavorazione dell’auriga infernale, poco lontano da lei, brillava di una luce sinistra la stella del cielo degli inferi. “Ti piace quel che vedi?” chiese maliziosa lei, con la dentatura seghettata e gli occhi rossi raggianti, era nel suo vero aspetto, quello infernale, che Nico preferiva assolutamente. Lei era meravigliosa. Nico avvampò improvvisamente ed Eris rise, avvicinandosi a lui, “Non hai risposto piccolo Di Angelo” sussurrò la dea, “Io la trovo meravigliosa” rispose il figlio di Ade con un fiato strozzato dall’imbarazzo, pensava che dopo quel mezzo bacio, avrebbe smesso di sentirsi così a disaggio, ma invece non era successo. La dea aveva sorriso, “Grazie” disse fintamente gentile, ma molto maliziosa, “È solo la verità Fragola Marcia” aggiunse, ancora più rosso.


“L’ultima volta che sono stato al Chaos Ton Gefson, particolarmente nella stanza di Eris, non ricordavo fosse un luogo di incontri” sentenziò una voce, i due si voltarono per notare che un ragazzo era comparso lì, aveva i capelli biondi e gli occhi azzurri e Nico l’aveva già visto, il divino Apollo. “Il dio del sole. Problemi con qualche pacco? Ermes non riesce a portarlo?” chiese Eris fintamente accomodante, “In realtà dovrei fermare un pacco” esclamò Apollo, dopo aver sorriso a Nico ed averlo salutato, sembrava stranamente nervoso ed eccessivamente serioso, visto che solitamente era uno spensierato diciottenne scapestrato. La dea della discordia sbuffò, recuperando alcuni moduli sull’altare per le consegne, aveva già troppo da fare con l’auriga e l’armatura e troppo poco tempo per Nico ed ora anche il dio Apollo interferiva con il suo prezioso tempo, non bastava la sua gemella con il suo amore mai realizzato.


Il sorriso di Melany era ancora ben malefico sul volto. Atalanta a guardarla aveva ben stabilito che assolutamente era lei la più cattiva tra le sue sorelle. Ope era dolcissima e forse Poly e Lea erano scostanti ma oneste e di buon cuore. “Phoe, che c’è?” chiese Thalia, guardando l’amica e con un tono alquanto apprensivo, un’altra cacciatrice si era diretta verso di loro per capire bene e sorreggere l’amica, caso mai svenisse per la poca aria che passava attraverso i polmoni. “Dovresti piantarla” aveva ammonito Derie alla sua amica, con una gomitata nelle costole, Ziv’a era intenzionata a mantenere lo sguardo fisso sulle tre, Clete si era avvicinata a Phoebe e le aveva accarezzato i capelli, “Non preoccuparti, tesoro” aveva detto, con un tono così dolce da sembrare fatto di zucchero.


“L’ho ucciso io” enunciò la figlia di Apollo, con gli occhi castani tenuti bassi e le labbra tremanti, ricordando bene il misfatto commesso con Zoe e suo padre. “Chi chiese abbastanza allarmata Thalia, più che dalla confessione, dal riduzione in stato apatico della sua amica. Non stava decisamente bene. “Orione” lasciò scivolare fuori con fatica Phoebe, quel nome gravava sulla sua anima come una condanna a morte, un peso del tutto insostenibile, una colpa di cui non si sarebbe mai espiata. Lui era loro amico. Una volta Zoe condivideva quel fardello con lei e sembrava davvero, ma davvero, più leggero. Ora era sola, ma non poteva più sostenerlo. Tra pochi giorni sarebbe caduto il suo anniversario, la successiva luna nuova per la precisione, e se Artemide aveva mandato a loro le Amazzoni era perché finalmente era ora che la verità venisse rivelata. Sicuramente capiva ci fosse sotto qualcosa, che la sua signora non poteva aver deciso semplicemente quello su due piedi, doveva esserci qualche altro motivo alle loro spalle che non sapevano, riconducibile forse anche al viaggio di Thalia di qualche tempo prima a New York per consegnare il baule.


Così prese un bel respiro e recuperò il rossore del viso, “Per chi c’era, è inutile” aveva esordito Phoebe, guardano Lan negli occhi, che le aveva sorriso abbastanza confortante, “Per chi no. Devo rivelarvi una cosa” il suo tono era abbastanza funereo e alla figlia di Zeus, ricordò l’abituale tono utilizzato da Chirone, quando sentiva la necessità di metterli al corrente in che modo doloroso e violento rischiavano sicuramente di morire. E questo la preoccupò abbastanza. Phoebe recuperò il suo coraggio e proseguì: “Tanto tempo fa, il destino di noi cicatrici si intrecciò con quello del più glorioso figlio di Poseidone che sia mai esistito …” si era fermata qualche istante ed aveva aggiunto di fretta: “Anche più glorioso di Teseo e Percy, a mio parere”, Thalia aveva roteato gli occhi, per lei era suo cugino il più glorioso, anche se al suo caro testa-d’alghe non l’avrebbe mai detto, mai. Melany si tolse dal volto quel sorriso irritante, per sostituirlo con un ringhio, nessuno era come – ed assolutamente meglio – del suo Teseo, tutti lo sapevano. “Il suo nome era Orione” aggiunse Phoe. E da quel momento in poi la narrazione divenne davvero troppo difficile, ma la bionda continuò, fino a che l’ultimo segreto non fosse rivelato.


Dopo aver studiato i documenti, aveva sollevato gli occhi fiammanti davvero irritata, “ Splendore …” e quell’esordio dal tono non prometteva nulla di buono, “Non c’è nessun tuo pacco, qui, che debba essere bloccato” sembrava tremendamente irritata, “In effetti è di mia sorella” aggiunse Apollo cercando di mostrarsi tranquillo. Eris sorrise sorniona e malandrina, guardò il biondo e comunicò, con una certo gusto, “L’unico pacco lasciato da Artemide è stato già consegnato” aveva aggiunto, ma evidentemente quel sorriso soddisfatto non era tanto piaciuto ad Apollo, “A chi? Quanto tempo fa?” chiese immediatamente, Eris ridacchiò, “Devi avere il permesso da Ermes” rispose solamente lavativa, riavvicinandosi a Nico.


Apollo non diede segno di voler andar via, anche quando la dea della discordia gli diede le spalle. “Per chi sono quelle cose?” chiese il dio del sole, indicando l’auriga e l’armatura, con le due stelle brillanti, “Affari di mio Fratello” rispose Eris divertita, calcando molto il tono sul legame affettivo, perché Apollo capisse che il fratello in questione era il più grande. Nico guardò le due divinità ed il loro scambio nei dialoghi. Dalla porta principale, che dava sulla sala da te, con la porta con le perline appese aveva fatto capolinea, Harmonia nel suo vero aspetto, con il volto più maturo ed i capelli neri legai in una coda, che non possedeva più il candore fanciullesco di Evanna Lynch, “Divino Apollo, Moros vi attende” sussurrò la dea della concordia, prima di andare via di nuovo. “Prego divino vi attendono” aveva rimarco con eccessiva compostezza e gentilezza, palesemente finta, Eris vedendo la poca intenzione di Apollo di schiodarsi da lì, il dio del sole sorrise e poi andò via.


Nico guardò la dea e poi le chiese se tra lei ed il dio esistesse qualche sorta di inimicizia. “Al contrario, litighiamo entrambi con Eros*, cosa che ci avvicina. Ma quando in qualcosa è implicata Artemide. Apollo è molto imprevedibile” rispose Eris, onesta con gli occhi preoccupati rivolti alla porta dove pochi istanti prima era scomparso il dio, “Penso di poter capire” rispose Nico, cupamente, ricordandosi di Bianca. Era si dove doveva essere ma questo non gli impediva di colpevolizzarsi. Capiva Apollo che voleva proteggere Artemide a tutti costi, perché se ne avesse avuto ancora l’opportunità lui avrebbe dato la vita per sua sorella. Eris gli sorrise mesta. Nico era l’unico essere in quella terra e in quell’altra a renderla capace di provare quelle strane emozioni bonarie di cui Philotes, quando era di buona luna, ed Harmonia professavano sempre. “Manca più di un giorno e una notte alla luna nuova, posso finire più tardi” constatò la dea, riferendosi all’auriga e l’armatura, sorrideva in modo spettrale, che ad una qualunque altra persona avrebbe raccapricciato, ma che per Nico era davvero splendida. Eris gli prese la mano, quella di lei era così glaciale, quand’era nella sua vera forma, “Ti andrebbe di vedere un posto?” propose lei, con un tono mellifluo, il figlio di Ade avvampò, ma dopo essersi passato nervosamente la mano libera tra i ricci castani, aveva accettato.


Apollo aveva trovato al centro della sala principale del Chaos Ton Gefson, Moros, nel suo singolare aspetto umano, che mangiava una torta con Philotes che sorrideva amabilmente, anche lei in un’altra forma, con loro c’erano anche Grover, il satiro amico di Percy Jackson, e la sua ragazza ninfa. Due signori, una vecchia ed un uomo pelato, dopo averlo visto si erano alzati per lasciagli il posto. “Ciao” esclamò Apollo gentile, “Spero tu non abbia in servo nessuno dei tuoi Haiku” esclamò con una certa acidità, una voce che tutti conoscevano, Cheryl con il volto severo, gli occhi scuri ed i capelli biondi fluenti, entrata dalla porta principale con due accompagnatrici, che si erano immediatamente allontanate.


“Cher non essere maleducata e vedrai che il nostro caro Apollo non ci diletterà con uno dei suoi componimenti” l’ammonì con delizia ed eleganza Philotes, il dio del sole aveva deciso di dar retta al suo buon senso e di non inimicarsi con la dea dell’amore del tutto, visto la sua personalità talvolta violenta che prendeva la dea, anche se ella stessa l’aveva offeso. Cheryl sembrò del tutto disinteressata alle parole della collega, dirigendosi a passo svelto e pesante verso il suo ragazzo, “Ho fatto quel che mi hai chiesto e nel frattempo sono stata costretta a ritardare un paio di morti. Ora mi toccherà fare una carneficina” esclamò irritata la dea del destino di morte violenta, ma Sam si era alzata per essere almeno sullo stesso piano di visi e le aveva posato un delicato bacio sullo labbra, “Ego Phileo se**", anche di più quando sei furiosa” aveva sussurrato dolcemente, “kai ego***” aveva risposto Cher un po’ di mala voglia, “Kalos Theos****” aggiunse divertita, prima di ritirarsi nelle cucine. “L’amour” bisbigliò Harmony, nel suo aspetto infantile, seduta ad un tavolo poco più in là con Erik, Ed, la sua Penny, ed un altro ragazzo che come lei aveva sospirato.


Apollo si era riconcentrato su Sam che aveva incitato gli altri al silenzio con un veloce gesto di mano. “Immaginavo che saresti venuto a trovarmi” aveva esordito il dio dalla pelle bronzea, prima di sistemarsi meglio sulla sedia a riaggiustarsi la sigaretta sull’orecchio, “Ma prima un te” aveva aggiunto il dio con fare gentile ed Apollo aveva accettato, più che altro perché nessuno – dio o che altro – avrebbe mai rifiutato un invito di Moros. “Come mai anche voi due?” chiese il dio del sole alla ninfa e al satiro, che non ebbero tempo di rispondere, Phil aveva liquidato la risposta con estrema velocità. Anche Grover come Nico si era accorto effettivamente che c’era qualcosa di diverso in Apollo, rispetto il solito atteggiamento libertino e non curante di ciò che avveniva.


Thalia Grace si lasciò semplicemente scivolare sulla base del tronco stroncata di netto davvero sconvolta da quelle parole. Lei non ci credeva. Per lei quella realtà era oltremodo impensabile. “Non può essere” balbettò alla fine, anche Ziv’a era scivolata accanto a lei, solo sull’erba fresca, con la stessa medesima espressione vacua e del tutto sconvolta. Atalanta era rimasta silenziosa per qualche istante, gettando più che altro sguardi alle Amazzoni, perché potessero salvare la situazione, ma anche loro sembravano a disaggio per aver rivangato quella storia, solo Melany si manteneva stabile. Molte delle cacciatrici bisbigliavano tra di loro, perché qualcuna ricordava quella vecchia storia diventata un tabù, qualcuna ne aveva sentito parlare, qualcuna la pensava una leggenda e qualcuna era stata del tutto colta di sorprese. Phoebe era semplicemente in piedi vicino a all'amazzone dalla chioma rossa con i capelli biondi sciolti ed un espressione alquanto affranta, aveva appena vuotato il sacco. Dopo più di due – o forse tre – mila anni a sopportare quel fardello, organizzato con quel dannato di suo padre e la sua amica Zoe.


L’arrivo di Melany con le sue consorelle, aveva significato per Phoebe il momento di rinvangare il passato e ricordare al modo che avevano distrutto un amore ed ucciso un ragazzo per egoismo, era quello il motivo, potevano dire che l’avevano fatto per Artemide – e forse Zoe e suo padre si – ma lei no, aveva avuto paura che se Artemide avesse continuato il suo rapporto con Orione, si fosse innamorata veramente ed avesse rotto il giuramento, allora le cacciatrici si sarebbero sfasciate e lei sarebbe tornata nel inferno da cui Artemide l’aveva salvata. Thalia prese un bel respiro e si alzò dal tronco d’albero, “Tu quindi dici che Artemide si era innamorata di un figlio di Poseidone. Tu, Apollo e Zoe gli avete separati portando Artemide ad ucciderlo” enunciò la punk, con gli occhi blu ancora parecchio assenti, “Io direi che la signora sul punto di rompere il giuramento, sia molto più sconvolgente, di qualche uccisione. Sono molti i morti che abbiamo collezionato” aveva constato Ziv’a cercando di ritrovare la lucidità, momentaneamente perduta. Phoebe si era passata una mano tra i capelli biondi ed aveva appellato con gli occhi l’aiuto di Clete, che immediatamente, colto il segnale, l’aveva stretta confortevole. Si conoscevano da più di mille anni. “È stata una cosa scorretta, lo so” aveva bisbigliato la bionda con gli occhi un po’ arrossati, “Ma noi dovevamo salvarla” aveva aggiunto poi ed in quel momento aveva davvero pensato di star per piangere. La più candida delle Amazzoni non aveva smesso di stringerla amorevole.


“Nessuno, Fifi, ve ne ha mai fatto una colpa” aveva annunciato Lan, con un sorriso confortevole, “Ne a te ne a Zoe” aveva aggiunto. “Probabilmente se ci fossi stata anche io, vi avrei appoggiato” aveva sentenziato Ziv’a, certa delle sue stesse parole, alle quali si congiunsero molte delle cacciatrici. Thalia no, lei restò in un silenzio tombale e spettrale, non toccata dalla morte violenta toccata al mezzogigante o dalla confessione sentita di Phoebe. Lei pensava ad Artemide, che si era innamorata. La fredda dea lontana dall’amore e dagli uomini, era caduta almeno una volta in quella trappola mortale che aveva segnato definitivamente e permanentemente la figlia di Zeus. “Sapete dov’è ora la signora?” si limitò a chiedere la bruna, “Al Chaos Ton Gefson” aveva risposto Melany di malo modo, “C’aveva detto di portare lì la lungo tenente e Phoebe” aveva spiegato Derie con tranquillità, incrociando i suoi occhi chiari con quelli blu elettrici di Thalia. A quelle parole la figlia di Apollo si era allontanata da Clete, ricacciate indietro le lacrime a cui non aveva permesso di uscire aveva detto, “Bene andiamo” con la stessa fora di sempre. Quella che le cacciatrici adoravano.


Erano ancora fermi a sorseggiare il te a qualche infuso particolare. Phil era mesta ed equilibrata, assolutamente non turbata dagli eventi. Grover e Juniper si guardavano tra loro abbastanza allarmati e preoccupati, percependo entrambi negli dei, le tensioni, e se gli umani tesi erano problematici, figurarsi gli dei. Sam sembrava immune a qualunque cosa, comunque fossero andate le cose lui l’avrebbe spuntata, era il dio del destino apposta. Apollo, semplicemente troppo preoccupato dalla situazione. Era andato lì per salvare sua sorella da un errore, ma non si aspettava di esser incastrato dagli dei minori. Quando l’ennesima persona era entrata nella sala da tè. Era una ragazzina sui tredici anni, con i lunghi capelli ramati, la pelle diafana e due grandi occhi del colore della luna ed ugualmente luminosi, vestita con un parca d’argento, la divina Artemide.


“Sorellina” aveva enunciato Apollo, alzandosi immediatamente dopo aver visto la sorella fare capolinea, “Fratello” aveva bisbigliato lei, abbastanza sorpresa, “Che fai qui?” aveva chiesto stupita. “Io amo le riunioni di famiglia” aveva sussurrato Sam, Phil si era voltato verso di lui ed aveva aggiunto: “Specialmente quando non è la nostra famiglia” ed avevano ridacchiato. Mentre Grover e la sua ragazza erano rimasti in silenzio davvero ammutoliti, si chiesero entrambi allo stesso momento, cosa mai Moros stesse programmando. “Sono venuta a fermarti, non voglio che tu faccia il peggior errore della tua vita” aveva esclamato il biondo, avvicinandosi alla sorella e posando le mani sulle braccia di lei. Artemide era rimasta in un silenzio tombale, il suo segreto era stato reso pubblico. Apollo ne era venuto a conoscenza, “Non questa volta” aveva sentenziato Artemide, quella volta avrebbe avuto il suo addio con il suo unico amore, non avrebbe permesso a suo fratello di rovinare le cose ancora una volta.


“Il mio compito è proteggerti” esclamò Apollo, stringendo la presa sulle braccia della sorella, “Direi che ho ampiamente dimostrato di sapermi proteggere da sola” aveva risposto la dea della caccia mantenendo la calma, “È preferirei che questa volta tu non interferristi” aveva aggiunto. Ma Apollo non era assolutamente della stesa idea, visto che non si degnò di lasciare la presa dalle fini braccia della sorella. Lui era un maschio e gli conosceva bene, sapeva che Orione avrebbe fatto del male a sua sorella, che si sarebbe approfittato di lei, che avrebbe macchiato la sua idilliaca purezza. E quando Zoe e Phoebe erano venute a chiedere il suo aiuto, perché salvassero la loro signora, lui non si era potuto tirare indietro, nessuno poteva toccare la sua sorellina e passarla liscia.


Nico correva lungo le scalinate a chioccia con la mano stretta a quella della dea della Discordia, che lesta correva lungo le scale, “Dove vuoi portarmi?” chiese curioso il figlio di Ade. Eris si era voltata appena verso di lui, con un sorriso seghettato e gli occhi di brace luccicanti, “Il mio posto preferito. Dopo casa di tuo padre, ovviamente. Adoro pranzare lì” aveva detti Eris. Nico le aveva sorriso, “Potremmo andarci insieme, ogni tanto” aveva aggiunto e lei si era fermata bruscamente, prima di voltarsi verso di lui, “Sarebbe magnifico” aveva detto Eris, con un sorriso più che giocondo, “Magari dopo che si sarà abituato” aveva aggiunto lei, scompigliandoli i capelli castani.


I due ricominciarono a correre lungo le scalinate a chioccia, al semidio sembrarono infinite. Fino a che una porta, dopo non si sa quanti gradini, era comparsa. Eris l’aveva aperta di fretta e furia, poi era sparita dietro di essa. Quando anche Nico aveva varcato la soglia, si era reso conto di essere sul tetto del palazzo dove era la sede della Casa da Tè preferita dagli Dei. Ma non era un semplice terrazzo in cemento armato, nel preciso centro c’era un piccolo gazebo composto da colone bianche limpide, con un capitello corinzio, era tutto agghindando di fiori di un colore tetro e nero, un po’ erano nei vasi, un po’ spuntavano da terra, altri erano nati da rampicanti che si diramavano sulle colonne e sul tetto tondo di marmo colorato. Era un quadro malinconico, pensò Nico, ma gli piaceva da impazzire.


“Questo Piccolo Di Angelo è il mio posto preferito” aveva sussurrato Eris, distraendo il ragazzo da quella visione, voltandosi verso di lei aveva incrociato la dea della discordia nel suo aspetto più umano, “È meraviglioso” aveva sussurrato il castano, ma forse non era al luogo che si stava riferendo, forse era solamente Heather baciata dal sole, che sembrava più che mai una candida visione a dispetto dell’orrido essere che era solitamente. La dea prese il mezzosangue per mano e lo condusse al centro del gazebo di pietra, “Sono stati Cher e Sam a costruirlo” bisbigliò lei, inspiegabilmente gentile, “Ma piace molto anche me” sussurrò, posando le mani affusolate sulle spalle del ragazzino. Nico si limitò a sorridere inizialmente, poi – forse le mani della dea sulle sue spalle – qualcosa lo spinse a fare altro. Strinse le mani sui fianchi stretti della dea, mentre lei aveva spostato le sue mani dalle spalle di Nico, per trasportarle sulle gote. Si erano guardati fissi in silenzio, per una manciata di secondi, poi si erano avvicinati e si erano baciati.

E Nico aveva ben capito come mai sua madre avesse avuto addirittura due figli con suo padre. Baciare un dio era un’esperienza a dir poco epica.


Artemide tolse le mani di suo fratello dalle sue braccia, “Avrò la mia ultima notte” esclamò con fierezza, sfidando con gli occhi il fratello. “Tu non sai quello che dici!” aveva detto Apollo, posando le sue mani sulle guance della bambina, “Non posso permettere che tu ti faccia del male” aveva aggiunto, con un tono dolce, ma gli occhi incredibilmente seriosi. Moros e Philotes guardavano la scena più che mai rapiti, al contrario della ninfa e del satiro che a quella situazione erano totalmente a disaggio. “Immaginavo che non saresti stato ben disposto” rispose autonomamente la figlia di Zeus, sfuggendo alla presa del fratello, con un sorriso più che superbo, insolito per il comportamento saggio ed equilibrato, eccetto quando cacciava. Apollo l’aveva ben compreso, aveva alzato una delle sopraciglia pallide guardando la sorella allarmate.


Una risata irriverente aveva spezzato l’aria. Tutti si erano voltai verso la direzione da cui proveniva il suono, una ragazza era lì in piedi, con i capelli rosso fuoco ed un chiodo petrolio, un sorriso più che mai sarcastico e gli occhi maliziosi, ricordava Ares per lo sguardo furente. “Una riunione di famiglia, interessante” aveva detto quella, avvicinandosi, “Melanippa?” aveva detto Apollo, grattandosi i capelli biondi, la rossa aveva sorriso smaniosa. “Qui le cose si complicano” bisbigliò divertito Sam nell’orecchio dell’altra dea, aveva lo stesso macabro tono che usava solitamente Eris ed il sorriso che era comparso sulle labbra di fragola di Phil non era rassicurante. Era in qualche modo del tutto inconcepibile come due personalità così differenti convivessero in un solo corpo.


Una figura si era avvicinata all’amazzone, era un ragazzone alto con i capelli colore del grano ed un sorriso soddisfatto, era Ed, “Sorellina, è un piacere” aveva aggiunto prendendo a braccetto la ragazza, che dopo avergli regalato un particolare sorriso si era rivolta ai due divini gemelli: “Ho portato le cacciatrici” prima di allontanarsi con il fratello. Dietro di lei, erano rimaste ferme imbambolate due ragazzine, assieme ad altre due ragazze ben più donne. Due amazzoni e due cacciatrici. Clete, Derie, Thalia e Phoebe. Il volto della figlia di Zeus era alquanto rassegnato e sconfortato, ma l’espressione più ambigua era quella dipinta sull’altra bionda cacciatrice, era stato fino a quel momento del tutto gelido, se non animato negli occhi da una velata tristezza, ma quando si era accorta della presenza del Dio del sole, si era macchiato di stupore misto a risentimento. Era strana l’espressione, ma quelli erano i sentimenti che attraversavano la bionda. Aveva capito che quel giorno non sarebbe stato affatto un buon giorno dalla comparsa di Melany e le cose ora non si erano affatto migliorate.


Juniper si guardava attorno circospetta cercando di capire cosa avesse scatenato quell’aria tesa. L’insofferente sguardo delle due sconosciute, l’espressione sconfortata di Thalia, quel misto di sentimenti che animavano Phoebe, il silenzio imbarazzato e colpevole di Artemide, del tutto umano ed assolutamente fuori dai suoi modi e lo sguardo serioso di Apollo, ma c’era dell’altro nascosto in quei grandi occhi blu, un sentimento più profondo e recondito. Le altre divinità - e la rossa - avevano nei loro occhi una morbosa curiosità, diversa da quella della ninfa, loro non volevano sapere perché, volevano sapere cosa mai sarebbe successo. Grover analizzava il silenzio nel dettaglio, lasciando che in lui si dipanassero tutta quella matassa di frustrate emozioni che stava appestando l’aria, le emozioni degli dei erano quanto meno intolleranti e incontenibili, specialmente quando lasciate senza controlli. Il cuore di Artemide era forse in mille anni davvero aperto, percepibile se non addirittura tangibile. Apollo si dava un contegno dispetto dal solito, ma era dovuto all’unica presenza delle cacciatrici.


Artemide ruppe la tensione, afferrando la mano del fratello e stringendola, come una muta richiesta di perdono, forse, o solo conforto. “Lo so” bisbigliò la dea della caccia, con una voce gravosa, “Questo è giocare sporco” sussurro ed Apollo a quel punto la guardo, l’espressione di Artemide era incredibilmente pentita e lei pareva così fragile a dispetto di quella fierezza che aveva sempre. Il figlio di Leto era rimasto in silenzio, con gli occhi bassi ed un espressione sottomessa, aveva riconosciuto la furba mossa giocata da sua sorella. “Si, è stato sleale. Non è da te” aveva proferito alla fine il biondo. Artemide si era morsa un labbro, “È stato doloroso anche per me” disse la dea, gli occhi di miele si posarono sulle due cacciatrici, studiando le loro espressioni. Sapeva di aver deluso Thalia e di aver procurato in Phoebe altre tristezze; “Ma per una volta ho solo giocato alle tue regole” terminò con la voce posata, senza alcuna inflessione alcuna, nascondendo bene i sui sentimenti.


“Non so che è successo qui, ma tira un aria meravigliosa” aveva interrotto ogni cosa Heather, uscita da una porta di legno d’acero – e non quella del suo stabile – accompagnata da un Nico Di Angelo sul cui volto era stampata un’espressione beata che si era rarefatto in fretta, viste le facce cupe di tutti i presenti. Heather si era passata una mano tra i capelli castano scuri, tipici dell’aspetto umano ed un sorriso cattivo sulle labbra, forse in quella situazione pareva l’unica ad essere se stessa.






1-
Eros: Viene ditto in un mito che quando Eris si presentò al famoso matrimonio dove non era stata invitata, Eros – l’amore – si fece davanti e la mandò via malamente. Eros ed Apollo sono entrati in conflitto per chi dei due fosse effettivamente l’arciere migliore e Eros punì Apollo colpendolo con la freccia d’amore per Daphne. Quindi, be, Eris e Apollo hanno qualcosa in comune. 2-
Ego Phileo Se: (Io) ti amo. Ringraziamo Cat per la traduzione (serve avere classiciste come amiche) 3-
Kai Ego: Anche io. Non ho potuto usare Cat quindi non è sicuro al 100% 4-
Kalos Theos Bel Dio. Probabilmente è corretto.



Anticipazioni? (E perché no)
Ed ora per i giovani Eroi di prendere un tè.
Di ascoltare l’altra versione della storia.
E di affrontare personalità un po’ instabili.
Sedurre una dea.
E perché no, fare anche l’autostop.
   
 
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