Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Giada810    21/02/2012    5 recensioni
"Vicino, sempre più vicino. Vedevo ogni singola pagliuzza delle sue iridi diventare più brillante e definita. Poi sentii le sue labbra sulle mie, e in quel bacio mi persi."
Dopo la guerra, Hermione e Draco tornano ad Hogwarts, entrambi cambiati e più maturi. Si conoscono per quello che sono veramente e si innamorano, cercando di rimanere insieme nonostante piccole e grandi incomprensioni.
Si sa, l'amore non sempre basta.
Forse non sempre, ma a volte, invece, sì.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Blaise Zabini | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
(Blaise)
-Hermione, vuoi fare l’amore con me?-
Alla mia domanda, Hermione aprì gli occhi  e mi guardò con attenzione, facendo scorrere lo sguardo sul mio viso e sul mio corpo, fino alla mia mano che continuava a scorrere sul suo fianco.
Temetti che stesse per respingermi, ma lei chiuse gli occhi di nuovo. Spiegò la testa all’indietro e mise la mani sui miei fianchi, spingendomi contro di lei.
Ricominciai a baciarle il collo, il viso, scendendo fino al seno, muovendo il bacino contro il suo. Ad ogni suo sospiro, ad ogni gemito, ad ogni sua carezza, mi sentivo felice.
Era la realizzazione di quello che avevo sognato, di quello che desideravo ormai da mesi.
Aprii gli occhi e la guardai, abbandonata alle mie mani e alla mia bocca. Sentivo il suo profumo, finalmente non più mischiato con quello di Draco.
Era bella, ancora più bella ora che il rossore sulle guance era dovuto a quello che io le stavo facendo.
-Non me ne frega un emerito…- una voce inconfondibile bloccò la mie carezze sulla sua coscia.
La conclusione della frase di Draco venne coperta dal rimbombo di una porta che sbatteva.
Aprii gli occhi e vidi che Hermione mi guardava con gli occhi scuri offuscati dalla lacrime. Mi sollevai dal suo corpo e lei si sedette sul letto, stringendosi le ginocchia al petto.
-Mi dispiace, Blaise..- mi disse con voce soffocata –Mi dispiace, mi dispiace tanto.-
Non c’era bisogno di altre spiegazioni, ma lei continuò.
-Io non posso stare con te, non ci riesco. Io lo..-
La fermai mettendole due dita sulle labbra, poi mi alzai e mi abbottonai i pantaloni.
-Non dirlo, per favore non dirlo.- la pregai.
Mi sedetti sull’altro lato del letto, piegandomi in avanti per sistemare le stringhe delle scarpe e nascondere l’espressione di totale delusione che ero certo di avere in volto.
-Blaise.- mi chiamò e io le lanciai una breve occhiata al di sopra della spalla.
Si era già sistemata la camicia e il maglione della divisa. Si lisciò nervosamente la gonna a pieghe e mise una ciocca di capelli dietro l’orecchio.
-Vai via, per favore.- le chiesi –Non sono arrabbiato con te, ma voglio stare da solo.-
Sentii dei passi sulle pietre del pavimento e poi una carezza sulla spalla. Mi voltai fino ad incontrare i suoi occhi tristi e sinceramente dispiaciuti.
Le misi una mano dietro la nuca e la tirai a me, premendo le mie labbra sulle sue in un bacio duro, disperato, sofferente. Volevo che mi rimanesse qualcosa di lei, il suo profumo, la sensazione dei suoi capelli ricci, il suo sapore.
Si staccò da me e mi diede un bacio sulla fronte, materno e tenero.
Non proprio quello che avrei voluto da lei.
-Ti amo.-
Le confessai la verità, quella che avevo bisogno di dire per poter andare avanti, un attimo prima che la porta di chiudesse alle sue spalle, certo che comunque avesse sentito.
 
(Hermione)
-Ti amo.-
Le parole di Blaise arrivarono alle mie orecchie un secondo prima che la porta si chiudesse alle mie spalle.
Qualcuno mi amava, qualcuno mi amava così tanto da lasciarmi andare senza chiedere altro che un bacio duro e pieno di addii.
Qualcuno che però io non amavo. Qualcuno che non era Draco.
Blaise era bello, affascinante, con lui stavo bene, avrei potuto affogare in lui e nei suoi occhi blu, nel suo corpo e nelle sue carezze. Avrei potuto, ma non ce l’avevo fatta.
La voce di Draco mi aveva risvegliato da quella specie di limbo, di ipnosi, e mi aveva fatto realizzare che non potevo tradire Draco, non potevo tradire quello che provavo per lui.
Feci un passo avanti, poi mi fermai.
Davanti a me Draco mi guardava con uno sguardo pieno di rabbia, la sua furia che sembrava esplodere nel grigio dei suoi occhi.
-Hermione, la cravatta.-
Mi voltai verso Blaise, che era appena uscito dalla sua camera e mi tendeva la mia cravatta di Grifondoro.
Quando me l’aveva tolta?
-Grazie.-
Lui annuì, poi sparì nella camera dei ragazzi dell’ultimo anno, senza nemmeno una parola rivolta a Draco.
Lui era ancora fermo sul posto, immobile e furioso. Mi squadrò per qualche istante, poi qualcosa gli distorse i lineamenti perfetti del volto. Strinse i pugni e tornò nella sua camera.
 
(Draco)
Cosa le potevo dire?
Se davvero soffriva così tanto per quello che pensava avessi fatto, perché era andata da Blaise?
Rientrai in camera cercando di nascondere il mostro che sembrava vibrare nel mio petto e che per un attimo mi aveva fatto quasi ringhiare dalla rabbia.
Mi sentivo tradito.
Chiusi la porta alle mie spalle e mi lasciai scivolare a terra, reclinando la testa all’indietro, stanco e spossato.
Non riuscivo nemmeno a concepirlo, solo l’idea che Hermione fosse stata con Blaise, che si fosse lasciata toccare e baciare come solo io potevo fare mi stava spaccando a metà. La metà che soffriva come un animale bastonato e quella che cercava di convincersi che nessuna donna aveva il potere di farmi stare in questo modo.
Mi morsi un labbro, pensieroso e mi accorsi di non trovarci nulla.
Non c’era il suo sapore, quello a cui mi ero abituato in quei mesi, quello che ormai non sembrava più potersi distinguere dal mio.
Quel sapore che amavo come non avevo mai amato nient’altro.
Lei era mia, ribadii in un moto di orgoglio ruggente, e me la sarei ripresa.
Mi alzai e andai come una furia nella camera di Blaise, aprendo la porta e sbattendomela alle spalle.
-Cosa non ti è chiaro, Blaise?-
Urlai, andando verso di lui e spingendolo giù dal letto su cui era sdraiato. Preso alla sprovvista, cadde e si rialzò imprecando.
-Cosa non ti è chiaro della frase: non devi toccarla?- urlai, spintonandolo.
-Troppo tardi.- commentò con cattiva ironia, indicando con un cenno del capo il letto sfatto.
Fu in quel momento che dimenticai che quel ragazzo moro davanti a me era il mio migliore amico e non uno qualunque, fu in quel momento che decidemmo, probabilmente all’unisono, di sfogare tuta la rabbia e l’amarezza che covavamo dentro di noi sulla persona che avevamo davanti.
Gli tirai un pugno sul naso e uno nello stomaco, poi persi il conto.
Ci allontanammo di un paio di passi, riprendendo fiato e guardandoci in tralice. Blaise era conciato male, ma io non dovevo essere da meno.
-Non toccarla mai più, Blaise, o giuro che ti ammazzo.-
Gli voltai le spalle, poi mi diressi verso la porta. Mi girai quando un tonfo mi fece sobbalzare.
Blaise aveva tirato un calcio al suo comodino, che si era ribaltato pesantemente su un fianco. Lo guardai, vedendo i pugni stretti e le labbra contratte, un luccichio sospetto negli occhi.
-Non ha voluto farsi più toccare quando ha sentito la tua voce.-  scosse la testa, amareggiato –Alla fine non mi ha voluto lo stesso, indipendentemente da qualsiasi cosa tu le abbia fatto.-
Prese un accappatoio e uscì dalla stanza.
Un attimo dopo stavo correndo lungo i corridoi dei sotterranei, diretto in guferia.
Avevo una lettera da scrivere.
 
 
Sorrisi vedendola arrivare con tre libri voluminosi, pesanti e impolverati tra le braccia. Solo lei poteva trovarci qualcosa di interessante tra quelle pagine di pergamena ingiallita, solo lei poteva considerarle confortanti.
E soprattutto solo lei poteva decidere di andare in biblioteca subito dopo le lezioni, invece di rilassarsi altrove.
-Vai da qualche parte, Granger?- le chiesi affiancandola.
-Anche se fosse, non vedo come possa interessarti, Malfoy.-
Continuò a camminare diretta verso le scale, senza degnarmi di uno sguardo e senza  alcuna intenzione di fermarsi.
-Devi ascoltarmi.-
Vedendo che non aveva intenzione di assecondarmi, la presi per un braccio e la trascinai di peso verso un’aula vuota. Ringraziai che le lezioni si fossero concluse da un’ora e che tutti i ragazzi fossero scappati dalle aule verso le proprie Sale Comuni, perché Hermione imprecò contro tutti i maghi che avessero mai messo piede su questa terra.
Nonostante si dimenasse come un Ungaro Spinato, riuscii a spingerla oltre la soglia di quella che riconobbi come l’aula di Babbanologia.
Sigillai la stanza e la disarmai, prendendo al volo la sua bacchetta.
-Ora mi ascolterai.-
-Non ce n’è bisogno, ho letto abbastanza.-
Quella sua aria da saccente, quel suo modo di incrociare le braccia sotto il seno per proteggersi, quel suo ticchettare il piede a terra in segno di fastidio.. tutto il suo atteggiamento indisponente mi fecero esplodere.
-No invece!- urlai –Tu non hai letto nulla, non hai capito niente!-
-Non mi trattare come una scema perché non lo sono.- mi rimproverò –Non c’era nulla da capire, era tutto molto chiaro.-
-Merlino quanto sei stupida!- imprecai.
Il suo schiaffo mi arrivò dritto e forte sulla guancia sinistra.
-Non mi trattare come le altre sciacquette che hai avuto, Malfoy, perché io non sono una di loro.-
La guardai, ad un passo da me, arrabbiata e con gli occhi lucidi.
No, non lo era e non lo era mai stata.
-Fammi uscire.-
Tese una mano verso di me, aspettando che le dessi la sua bacchetta. L’idea non mi balenò nella mente nemmeno per un istante, come minimo mi avrebbe Schiantato.
-Prima devi ascoltarmi.-
Mi guardò con gli occhi ridotti a due fessure, valutando la condizione che le avevo posto, poi si mise le mani sui fianchi e sbuffò.
-Allora parla, non ho tempo da perdere con te.-
Avrei voluto prenderla a schiaffi per quel suo modo ostinato di trattarmi come un approfittatore, come un bugiardo, senza concentrarsi su quello che c’era scritto  davvero  su quella lettera.
-La lettera è vera, non ti dirò che è un falso solo per facilitarti le cose. Ma tu non hai capito niente di quello che ha scritto mia madre.- esordii, ma subito lei mi interruppe.
-Ti ho già detto che ho capito benissimo!-
-E io ti ho già detto che invece ti sei sbagliata.- urlai.
Feci un passo verso di lei ed Hermione arretrò.
-Hermione, non ti faccio niente.- ringhiai, offeso profondamente da quel lampo di paura che le avevo visto negli occhi –Davvero pensi che ti voglia picchiare, che abbia intenzione di farti del male?-
Lo chiesi con la voce più dolce che potevo avere, quella che avevo usato solo con lei e con poche altre persone. Quella voce innamorata che poche persone avevano usato con me.
Hermione scosse appena il capo e io tirai un sospiro di sollievo. Non avrei potuto accettare che avesse paura di me.
Presi dalla tasca dei pantaloni la lettera che avevo portato con me, poi la misi davanti a lei.
-Leggi.- la invitai, cercando di mantenere un tono morbido.
-Ho già letto a sufficienza.-
Si ostinò a non abbassare nemmeno lo sguardo sul foglio che le porgevo, gli occhi sempre più lucidi.
-Leggi!-
Ci fissammo per qualche istante. Eravamo due persone testarde e ostinate, ma questa volta avrei vinto io.
Dopo quella che parve un’eternità, allungò la mano e prese la lettera. Fece scorrere rapidamente gli occhi lungo le righe, mordendosi con forza il labbro inferiore, nel tentativo di nascondere quanto tremasse.
-E adesso che ho letto? Sono le stesse identiche parole che ho letto due settimane fa, Malfoy.- tirò su col naso –Non c’è nemmeno una virgola in più o in meno.-
-Lascia perdere quelli che mia madre si ostina a definire consigli.- le suggerii avvicinandomi di un passo –Guarda le prime frasi.-
Hermione abbassò lo sguardo, fissando le prime frasi, come le avevo suggerito, ma senza vederle davvero.
….sono stata informata…
….mi addolori il fatto che tu non me ne abbia parlato personalmente….
….Ne ho parlato anche con Lucius e siamo entrambi concordi….
Nelle parole che aveva usato mia madre c’era già tutto quello che le serviva per capire, ma lei doveva guardare oltre, non fermarsi al suo dolore.
-Non so chi sia stato ma qualcuno le ha detto di noi. Qualcuno che non ero io.-
-Ti vergogni così tanto di me da non..-
La strattonai verso di me e le strinsi il mento con una mano, costringendola a guardarmi.
-Io non mi vergogno di te.- ringhiai, stufo del suo atteggiamento e della sua mania di immaginare il completamento dei miei discorsi –Non le ho detto niente perché sapevo che non avrebbe capito nulla.- abbassai il volto cercando i suoi occhi.
Volevo che mi guardasse, che leggesse nei miei occhi quello che ci aveva letto la prima volta, quello che l’aveva convinta che io fossi diverso, quello che l’aveva fatta innamorare di me.
-Niente di quello che c’è scritto lì sopra è mai uscito dalla mia bocca, non mi è mai nemmeno venuto in mente che fosse possibile usarti per ripulire il mio passato dallo schifo che lo macchia.-
Ma come potevo farle vedere la sincerità che avevo dentro, se lei si ostinava a fissare solo il colletto della mia divisa?
-Mia madre e mio padre hanno trovato la spiegazione che preferivano, quella che per loro era più comoda, quella che gli permettesse di non pensare che avevano allevato un figlio diverso da loro.-  le dissi gentilmente.
-Mia madre è troppo occupata a sentire la mancanza di mio padre per domandarsi cosa siano stati per me il Marchio, l’omicidio di Silente, la guerra. È troppo occupata per chiedersi cosa mi abbia fatto cambiare, ma non abbastanza da non aver tempo di preoccuparsi di non essere infettata da chi non ha il sangue come il suo.-
Ancora silenzio, ancora i suoi occhi lucidi.
 –Sono solo supposizioni false.-
Mi avvicinai ancora un po’, allungando anche l’altra mano verso il suo viso, accarezzandole una guancia.
-Non c’è mai stato nessun piano, Granger.-
Hermione continuò a rimanere silenziosa, gli occhi che guardavano qualsiasi cosa non fossi io.
-Cosa vuoi di più, Hermione?-
-La verità.-
-Te l’ho già detta, questa  è la verità.-
-E quella- Hermione indicò la lettera –allora cos’è?-
Mi allontanai da lei.
-Quella è la spiegazione che si è data mia madre, la spiegazione che le permetteva di non ammettere che suo figlio finalmente è libero di essere chi vuole, con chi vuole.-
-Io non riesco a crederci.- chinò il capo –Non riesco a crederti.-
Le diedi le spalle gettando la bacchetta che le avevo preso su un banco, senza sapere cos’altro fare per convincerla.
Poi ebbi il famigerato colpo di genio.
Salazar, grazie!
-Vuoi la verità?- domandai retoricamente –L’avrai.- le promisi.
Uscito dall’aula, cominciai a perlustrare Hogwarts da cima a fondo.
 
 
Trovati!, esultai interiormente.
Mi misi al centro del corridoio, la bacchetta puntata contro Potter e la Weasley che venivano nella mia direzione.
-Non voglio combattere, Potter.- chiarii –Voglio solo parlare con te.-
Mi guardò per qualche istante, scrutandomi con i suoi occhi incredibilmente verdi. Assomigliava ai suoi genitori come io assomigliavo ai miei, entrambi avevamo dovuto sopportare il peso di una fama non voluta, seppur su due fronti opposti.
Forse non eravamo così diversi, in fondo.
E forse dovette pensarlo anche lui, perché annuì e sussurrò qualche rassicurazione all’orecchio della sua ragazza. Sfoderò la bocchetta, per precauzione, e mi fece cenno di precederlo.
Arrivati in un’aula, insonorizzai la stanza e mi voltai verso di lui.
-Spara, Malfoy. E in fretta.- mi suggerì impaziente e nervoso, non propriamente felice di sprecare il suo tempo con me.
Cominciai a spiegargli la verità. Di come quella lettera contenesse solo le ipotesi di mia madre, che nulla di quello che avevano letto fosse mai uscito dalla mia bocca, di come Hermione non volesse darmi ascolto e fidarsi di me.
Lui mi ascoltò in silenzio, guardandomi attentamente.
-E io ti dovrei credere sulla parola?- domandò incrociando le braccia, un tono  leggermente  derisorio.
-Sì.-
-E cosa mi assicura che tu stia dicendo la verità?-
-Nulla.-
Potter mi sorrise con un ghigno poco rassicurante, poi estrasse la bacchetta.
Fu un attimo.
-Legilimens.-
Cominciò a frugare tra i miei ricordi con disordine, non doveva essere pratico di quell’incantesimo.
Pensai di respingerlo, ma poi capii che non avrebbe fatto altro che fomentare i suoi dubbi e insospettirlo su ciò che gli avrei potuto nascondere.
Così mi limitai a isolare i ricordi della mia infanzia, mentre tanti ricordi di anni diversi mi scorrevano nella mente, un po’ sfocati per la sua inesperienza, ma comunque chiari e comprensibili.
Io e Pansy su un divano in Sala Comune, nella piscina della casa di campagna dei Greengrass, una notte con una ragazza di Corvonero, uno scorcio dell’incontro nel bagno con Hermione. Ancora Hermione, Londra, Hermione a Natale, Hermione nella mia camera, Hermione che diceva di amarmi.. poi lo trovò.
 
Come un tornado, Draco entrò nella sua camera sbattendosi la porta alle spalle. Si gettò sul letto e aprì la busta che gli era appena arrivata.
Lesse con crescente rabbia e sgomento, la fronte che si corrugava pericolosamente ad ogni parola. Finì di leggere e gettò la lettera sulla scrivania.
Una rabbia ardente sembrò pervadere l’intero ricordo, serpeggiando nelle mente di Harry come se la stesse provando in prima persona.
Narcissa era diventata proprio come l’uomo che aveva sposato. Pur non avendo mai ricevuto il Marchio, si era trasformata in una Mangiamorte senza rendersene conto.
Aveva accettato gli ideali folli e razzisti del marito e ora non poteva accettare che proprio suo figlio si fosse innamorato di una lurida Sanguesporco. Non importava quanto gli fosse pesata quella guerra che lo terrorizzava, quanto quei morti e quelle torture l’avessero segnato. Non importava quanto e perché fosse cambiato.
Narcissa Black in Malfoy non si era mai fermata per chiederselo.
Draco di ripromise che non appena avesse avuto tra le mani chi aveva informato sua madre, quella persona avrebbe passato un  brutto quarto d’ora.
Lanciò un’occhiata all’orologio e si diresse fuori dalla camera.
Per fortuna Hermione non avrebbe più avuto lezioni per il resto della giornata. Potevano stare insieme.
Mentre l’ira che pervadeva il ricordo sfumava, tutto venne investito da un sollievo morbido e avvolgente, dolce e innamorato.
 
Quando Potter uscì della mia mente, aveva gli occhi sgomenti dalla profondità del sentimento che provavo per Hermione e che lui aveva percepito come una colonna sonora dell’intero ricordo.
-Capisci, Potter?-
Lui annuì, ma io decisi di spiegare meglio, per togliergli ogni dubbio.
-Quella lettera è vera, ma è solo una supposizione di mia madre. È quello che pensa lei, non quello che ho organizzato io. Non c’è mai stato nessun piano.-
-Perché..- cominciò dopo aver annuito ancora un po’ –Perché hai bisogno di me?-
-Ho un piano.-
Sorridemmo entrambi, stranamente complici.
 
(Hermione)
Due settimane, due giorni, qualche ora e almeno quindici letture di “Storia di Hogwarts”, calcolai. Trovavo quel libro terapeutico.
Due settimane, due giorni, qualche ora e almeno quindici letture di “Storia di Hogwarts” da quando io e Draco non stavamo più insieme.
Solo tre giorni e  solo  quattro letture di “Storia di Hogwarts” da quando mi aveva parlato in quell’aula.
Ero diventata così patetica da contare da quanto tempo sentivo la sua mancanza, da quanto tempo non mi sentivo più chiamare Mezzosangue con quel tono strascicato e morbido, da quando non sentivo nessun sapore pungente sulle mie labbra?
Sì, lo ero diventata.
La spiegazione di Draco non faceva una piega, aveva senso ed era perfettamente in linea con l’immagine che avevo di Narcissa, altera e fiera, completamente coinvolta nelle idee del marito.
Eppure, anche se tutto ciò che mi aveva detto era plausibile, non riuscivo a credergli.
Salii l’ultima rampa di scale che conduceva alla torre di Grifondoro, alleggerita dei due libri di Storia della Magia che avevo riconsegnato in biblioteca.
-Calderotti di zucca.- dissi con voce stanca alla Signora Grassa.
Lei mi fece un mezzo inchino, di quelli d’altri tempi, e si fece da parte, lasciandomi entrare senza alcun commento.
La prima cosa che notai fu il silenzio. Nessun rumore proveniva dalla Sala Comune, oltre il passaggio nascosto dal quadro. Poi notai un bagliore chiaro, diverso dalla solita luce dorata e calda che emanava il camino e che si rifletteva ovunque sugli arazzi, sui tappeti e sui divani rossi.
Avanzai incuriosita e quando sbucai oltre il passaggio, mi lasciai sfuggire un sospiro stupito ed estasiato. Portai una mano davanti alla bocca, nascondendo il tondo perfetto che formavano le mie labbra.
Non. Ci. Credo. *
Sui tavoli, sul pavimento, sulle sedie. Ovunque.
Ovunque vasi con margherite bianche.
-Sono mille, se te lo stai chiedendo.- una voce morbida e divertita alle mie spalle mi fece sobbalzare –Mille, non una di più, non una di meno.-
Mi voltai. Draco mi guardava, evidentemente compiaciuto del mio stupore, ma non trionfante. Sembrava piuttosto.. felice.
Genuinamente felice.
Era rimasto appoggiato al muro di pietra, quasi nascosto da una libreria di legno. Si staccò con lentezza e venne verso di me, tenendo tra le mani una scatoletta verde, cubica e non più grande di un pugno.
Lo guardai stupita.
Come aveva fatto a far arrivare tutte quelle margherite?  E soprattutto, per Morgana, come era arrivato lui fino alla mia Sala Comune?
-Potter.- mi disse, senza aggiungere altro.
-Tutto questo è per Harry?- chiesi, cercando di apparire rilassata.
Un sorriso storto, a metà tra una smorfia e un sorriso vero e proprio, gli increspò le labbra.
-No, Potter mi ha fatto entrare e mi ha aiutato.- mi spiegò –Tutto questo, invece, è per te.-
Rimasi ferma, colpita dal modo in cui aveva detto le ultime parole.
Non avrei saputo né descriverlo né spiegarlo, nemmeno con tutti i termini colti e forbiti che avevo imparato leggendo libri elaborati da grandi menti di tutte le epoche.
Quel tono era solamente.. innamorato, forse.
-Pensi di comprarmi con delle margherite?-
La miglior difesa è l’attacco, cercai di convincermi.
-Intanto non sono margherite. Sono  mille margherite bianche.- precisò guardandole, orgoglioso dell’effetto che facevano, immerse in tutto il rosso della mia casa.
Camminò fino ad un tavolo, scrutando le margherite contenute in uno dei vasi. Ne scelse una accuratamente, poi la prese tra le dita.
-L’ultima volta che non mi hai creduto, ti ho dovuto far entrare nella mia mente e alla fine ti sei scusata per la tua diffidenza. Mi sarebbe piaciuto che ti fossi fidata di me, ma in fondo stavamo insieme da poco, era anche comprensibile. Questa volta, però, era diverso.-
Lo stelo del fiore si piegò sotto la morsa delle sue dita.
-Questa volta avrei voluto che mi parlassi, che mi chiedessi spiegazioni e avrei voluto non doverti disarmare e trascinare in un’aula vuota per poterti spiegare.- disse rapidamente, nervoso –Avrei voluto che mi credessi, che credessi a  me, non ad uno stupido pezzo di carta.-
Lo guardai negli occhi, accesi dai riflessi rossastri del fuoco e che sembravano attirare i miei come calamite.
-Ti ho detto la verità, tutta la verità che volevi sapere. Avrei voluto che ti bastasse.-
Fu quasi un soffio di vento, quel suo desiderio sussurrato ad occhi bassi.
-Ma è chiaro che non è così, che la mia parola non basta nemmeno per te.-
C’era qualcosa di infinitamente triste e deluso nella sua voce, come l’ennesima sconfitta che l’aveva ferito più del previsto, che l’aveva lasciato a terra spossato e sanguinante.
Ferito a morte.
Si avvicinò di qualche passo, in una mano la margherita che aveva rubato dal vaso, nell’altra la scatolina. La tese verso di me e io la presi titubante.
-Volevi la verità?- mi chiese mentre sollevavo il coperchio –Eccola.-
Avevo pensato che fosse una sorta di regalo, di dono per farsi perdonare.
Guardando il contenuto, capii che non erano le sue scuse. Era la mia accusa.
Una boccetta di vetro trasparente conteneva un liquido altrettanto cristallino. Inodore, insapore, incolore.
Veritaserum.
La mia verità, la mia richiesta, la mia diffidenza.
La mia accusa, la mia colpa, la mia condanna.
-Adesso sono novecentonovantanove.-
Draco mi lasciò quel sussurro all’orecchio, prima di andarsene con la millesima margherita stretta tra le dita.
La margherita che mancava per raggiungere la perfezione di quelle che mi circondavano, come lui  mancava nella perfezione della vita che avevo creato con lui.
Avrebbe potuto dirmi altro, ma non ce ne sarebbe stato bisogno.
Mi aveva dato la sua parola, non mi era bastata. Ora mi dava la possibilità di avere la conferma assoluta, magica, quasi scientifica della sua sincerità.
Una conferma che però avrebbe dimostrato solo una cosa.
Che non lo amavo abbastanza per fidarmi di lui.
 



Buonasera a tutti!
Ecco il penultimo capitolo. Ne manca solo uno (due se avrò un improvviso lampo di genio, ma non credo).
Che dire, credo che si commenti da solo. Tutti i nodi vengono al pettine: la risposta di Hermione a Blaise, chi ha scritto la lettera, la sincerità di Draco in tutto quello che ha fatto, la soluzione per togliere i dubbi a Hermione.
Cosa ne farà lei di quella piccola boccettina di Veritaserum?
Premettendo che il capitolo è già scritto (“abbozzato”, più che altro), mi piacerebbe sapere che ne pensate voi.
Nota:
*Non. Ci. Credo.Non è una vera citazione, più che altro mi è venuta in mente la battuta del protagonista del film “L’apprendista Stregone”. Guardatelo, è divertente e vi farà fare quattro risate!
Grazie a tutte le fanciulle che hanno commentato lo scorso capitolo.
Un bacione!!

Con affetto, Giada  

  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Giada810