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Autore: nightmerd    21/02/2012    3 recensioni
𝐢𝐧 𝐟𝐚𝐬𝐞 𝐝𝐢 𝐫𝐢𝐬𝐜𝐫𝐢𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞...
Genere: Dark | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Heléna toccò con delicatezza la porta di legno vecchio. Prima di aprirla si allacciò la zip della giacca a vento che portava, e poi aprì quella porta.

L’interno della chiesa era molto grande. Illuminata dai raggi del sole che filtravano dai vetri colorate delle finestre posizionate in alto. Le lunghe panchine di legno occupavano gran parte dello spazio. In fondo c’era l’altare, con un candelabro poggiato di lato, e un grosso libro aperto sopra.

Heléna toccò le pagine ingiallite del libro e lesse velocemente. Era scritto il latino ma la ragazza dedusse che quella parte parlava dell’antico testamento, di Adamo ed Eva. Era la parte dove Lucifero sottoforma di serpente diceva ad Eva di mangiare la mela.

Stufa di sprecarci altro tempo nella traduzione anche se sapeva perfettamente come andava a finire, si avviò ai lati della sala, dove c’erano dei dipinti che di tanto in tanto erano intervallati da delle statuette con sotto delle candele consumate. Chissà da quant’è che era sconsacrata quella chiesa, pensò Heléna mentre faceva scorrere le dita sulle figure rappresentate. Erano angeli. Le vesti colorate che svolazzavano, le teste piegate di lato e le espressioni dolci. Poi spiccava un uomo dai capelli bianchi e la lunga barba candida. Doveva essere Dio… Accanto a lui c’era un angioletto dai capelli scuri, che spiccava in mezzo agli altri che erano tutti biondi. Dal dipinto, Heléna dedusse che quell’angelo era particolarmente vivace.

-Non dirmi che sei tu-, sussurrò pensando a Lucifero.

Raggiunse una parte dove i dipinti si facevano più scuri. C’era rappresentato Dio che gettava l’angelo dai capelli neri giù sulla terra dal regno dei cieli.

Poi era raffigurato un uomo con delle grosse corna, i capelli del colore delle tenebre, gli occhi anche, e aveva le ali d’angelo nere.

Tutt’intorno erano rappresentati dei demoni e delle anime disperate, mentre lui rideva. Era raffigurato in modo affascinante, quell’uomo nel dipinto, aveva un bel viso. Certo, deve tentare le persone. Dopotutto era l’angelo più bello, più simpatico, più tutto, pensò Heléna con una smorfia pensando all’egocentrismo di Lucifero.

Dietro di lei sentì una presenza e un profumo che conosceva. –Sai-, cominciò la bionda senza voltarsi. –Ho un po’ paura se penso che devo parlare con Dio-.

Lucifero sorrise. –Hai visto, mi rappresentano come un sadico-.

-Perché scusa non lo sei?-, chiese quasi esterrefatta e voltandosi. Lui fece un sorriso amaro e lei continuò rigirandosi:-Non cambiare discorso-.

Il moro rimase in silenzio per qualche minuto poi disse piano:-Non devi aver paura. E’ come se parlassi con me-.

-Non credo. Lui sembra più anziano di te-.

-E tu come fai a dirlo?-.

-Guarda i dipinti-, rispose lei senza voltarsi.

Lucifero rimase in silenzio con la fronte corrugata. Poi disse:-E’ così, allora, che ci vedete voi umani: lui un vecchio saggio, e io un giovane scapestrato. Ti rivelo una cosa-. Heléna si girò, con uno sguardo assai incuriosito. –Hai presente nei cartoni animati, quando sulle spalle del protagonista compaiono l’angioletto e il diavoletto, che però hanno la stessa identica faccia?-.

La bionda annuì e lui continuò:-Ecco, è la stessa cosa-.

-Come? Cosa? Cioè, siete la stessa persona?-.

Lui storse la bocca, come se la cosa fosse difficile da spiegare. –Non proprio. Per farla facile, siamo gemelli-. Heléna sgranò gli occhi. Se avesse avuto in bocca un po’ d’acqua l’avrebbe sputata tutta.

-No, aspetta. In pratica siete uguali: alti, mori, eccetera, solo che con caratteri differenti?-.

-Lui? Moro? Oh no, lui è albino. E’ identico a me, solo che con la pelle più chiara, i capelli talmente biondi da sembrare bianchi, e gli occhi grigio azzurri-.

La rivelazione lasciò di stucco Heléna, che andò a sedersi su una panca e rimase in silenzio per parecchi minuti, con lo sguardo fisso sul pavimento.

-E avete entrambi un figlio-, concluse dopo un po’.

Lucifero fece scattare indietro la testa con un’espressione confusa:-Un figlio? Io?-.

-Sì, Dio ha Gesù e tu hai uno strano tizio di cui non si sa neppure il nome-.

-Quello è un modo di dire, Hel! Figurati se ho tempo per un figlio!-.

-Sarà però secondo me tu ce l’hai-, si ostinò alzandosi e avviandosi verso la porta semi aperta.

-Che c’è? Sei gelosa?-, la provocò.

-Neanche un po’. Mi domando chi sia la sfortunata che ha avuto un figlio con te-.

-Ma ti prego! Non ho nessun figlio! Con tutte le cose che ho da fare!-.

-Si perché il ragazzo è impegnato tutti i giorni a fare chissà che-, lo schernì entrando in macchina.

-Fa guidare me, gelosina-, e la fece uscire dal posto di guida. Ma rimasero entrambi fuori per qualche istante.

-Ehi, che devi fare? Entri o no?-, lo riscosse la ragazza. Il moro schioccò le dita e al posto della macchina comparve una moto da corsa nera con le fiamme.

Heléna batté più volte le ciglia, esterrefatta, anche mentre lui montava sulla moto. Quando vide che la ragazza non si muoveva, suonò l’acuto clacson della moto e lei si riscosse.

-E dai monta-.

-Senza casco?-.

Lucifero scoppiò a ridere:-Ehi, io sono il Diavolo. Faccio come voglio. E poi non è lontano l’Inferno-.

Heléna montò e si strinse a lui. Il ragazzo diede gas e partì a tutta velocità. Lei si strinse ancora più forte e si riparò dal vento appoggiando la guancia sulla sua schiena.

Passarono sotto una galleria e appena uscirono il paesaggio era diverso. C’erano alte fiamme ai lati della strada tutta in discesa.

-Siamo all’Inferno?-, gridò Heléna sopra il rumore del vento caldo.

-Oh yeah!-, rispose lui mentre con una mano si metteva gli occhiali e con l’altra reggeva il manubrio.

-Invece di fare il fanatico, stai attento a dove vai?-. Lucifero tolse entrambe le mani dal manubrio e si girò per guardarla, con un sorrisetto.

-Se non guidi tu, guido io eh!-.

Il ragazzo rimise immediatamente le mani sul manubrio e disse in tono saggio:-Mai far guidare una donna-.

-Vuoi ancora che ti aiuti sì o no?-, lo ricattò.

-Tanto se cambi idea ti ribacio, non ho problemi-, sghignazzò.

Dopo un po’ che erano sulla moto, tra le fiamme e le grida dei dannati, raggiunsero un alto cancello nero, con la punta alle estremità. Lucifero girò la testa di lato e fece segno a qualcuno di aprirgli. Il cancello si aprì e i due entrarono nella proprietà.

L’erba era verde, macchiata di rosso, e la strada sterrata portava a un’enorme villa dalle pareti quasi tutte vetrate. Le poche parti dove non c’era il vetro, come gli angoli o tra una lastra e l’altra, c’era il muro rivestito di pietre giallognole e piatte.

-Tu abiti qui? Wow!-, esclamò Heléna stupefatta, mentre entrava nella casa insieme a Lucifero, che si stava togliendo gli occhiali da sole.

L’interno era ampio, ovviamente molto luminoso e ordinato. Le pareti erano rivestite dalle stesse pietre che rivestivano l’esterno. Il pavimento era di parquet scuro. I divani erano in pelle nera, dalla forma a ferro di cavallo, con i cuscini rossi. C’era un grosso televisore sottilissimo, poggiato su un mobile basso e rosso. Aveva anche una Play Station 3, una console Wii e un’Xbox360 con tanto di kinect! 

-Wow, ci vai leggero con i videogiochi eh-, commentò la bionda.

-Mh, beh, ho finito il gioco di Resident Evil almeno sei volte-, si vantò. Passarono sotto un arco che portava a una grossa cucina. Lì c’era solo una finestra. Le mensole e gli scaffali erano marroni scuro, con le manigliette in oro. Da lì passarono sotto un altro arco e raggiunsero la sala da pranzo. Era una sala piuttosto grande, con un tavolo di marmo rotondo con sopra un candelabro d’oro e attaccato all’alto soffitto un lampadario di cristallo che lanciava bagliori colorati in tutta la sala. Le sedie avevano l’imbottitura di pelle rossa. Attaccato alla parete murata c’era una vetrina con tutti i bicchieri, le bottiglie e qualche oggettino, tutto in cristallo.

Tornarono nel salotto e lì raggiunsero le scale di marmo che portavano al piano di sopra. C’era un lungo corridoio, sempre con il parquet scuro e le pareti di pietra. Qualche applique rossa attaccata qua e là sulla parete, e sul pavimento c’era un morbido tappeto dorato. All’inizio del corridoio, sulla destra, c’era una minuscola saletta, dove c’era una scrivania piena di fogli. Lì Lucifero disse che quello era il posto dove la sera lavorava il suo segretario.

In fondo al corridoio, c’era una porta di ebano. Entrarono e si trovarono un ampio bagno. Aveva le pareti rivestite di mosaico azzurro e bianco, e il pavimento era di marmo candido. All’angolo c’era un’ampia vasca, che potevi raggiungere salendo un paio di gradini. C’era una finestrella tonda vicino al lavandino, che stava in fondo. Poi c’era un armadietto dove Lucifero teneva gli asciugamani puliti.

Uscirono e si diressero ad un’altra porta di ebano, solo che al centro c’era una lastra di vetro colorato. Il ragazzo la aprì e si trovarono dentro una stanza con il pavimento a scacchi nero e rosso, la parete dietro al letto era grigio chiaro. Il letto, che ti trovavi davanti appena entravi, era grande, con le coperte nere e i cuscini ovviamente rossi. Accanto al letto, dall’altra parte rispetto alla porta, c’era un comodino con sopra una lampada. Sull’altra parete murata c’era un armadio color oro. Sul soffitto c’era un altro lampadario di cristallo, solo che più piccolo rispetto a quello della sala da pranzo. La stanza non era tanto grande. Aveva due pareti murate e due vetrate, una di fronte e una alla sinistra del letto.

-La tua stanza vero?-, fece Heléna, ammirata da tanta eleganza.

-Già-, rispose lui incrociando le braccia con un sorriso. Attese ancora qualche minuto, perché la bionda stava girando per la sua stanza come una bambina nel paese dei balocchi.

-Che bella casa-, concluse infine guardandolo con i suoi grandi occhi azzurri, pieni di stupore ed eccitazione.

-Non è finita-, le disse sorridendo. Allora uscirono dalla stanza e si trovarono di fronte a un’altra porta di betulla, anch’essa con al centro una lastra di vetro. Questo però era opaco. Heléna la aprì e si trovò in una stanza come quella di Lucifero, anche la disposizione dei mobili e i mobili stessi erano uguali, solo che il pavimento era di marmo bianco, le pareti celestine, il letto grande aveva le coperte di un azzurro intenso e i cuscini bianco panna. L’armadio anche era bianco. Poi però nel centro della stanza c’era una morbida poltrona di pelle bianca e ai piedi del letto un baule color blu elettrico.

-Quello era per bellezza-, sghignazzò Lucifero.

-Questa è la mia… stanza?-, mormorò commossa Heléna. Lui sorrise e annuì.

-E’ stupenda! E anche la tua è molto bella, lo ammetto-.

-Ho fatto costruire anche la tua stanza perché sapevo che saresti venuta qui un giorno-.

-Wow… Qui hai davvero tutto! Videogiochi, televisione…!-.

-E’ come se stessi agli arresti domiciliari dopotutto-.

-Si però tu esci sempre di casa-, gli fece notare Heléna.

-Sì sì però quando non mi va di uscire me ne sto qui-, fece una pausa poi abbassò la testa per guardarla e corrugò la fronte. –Ho fame. Tu no?-.

-Ma sì, dai, facciamo merenda. Che hai da mangiare? Ce l’hai la nutella?-, chiese la ragazza mentre scendevano le scale.

-Ovvio!-, rispose Lucifero ridacchiando allegramente.

  
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