Ci sono dei giorni che senti che hai bisogno di qualcosa, ma non riesci ad arrivare alle radici della tua necessità. Il problema preme sempre di più. Credi che irrequietezza sia il termine corretto .
Poi capisci dove la tua anima cerca di andare a parare .
Allora metti una bella canzone e chiudi gli occhi, con il dolore al petto che ti sei graffiata, quel fastidio al cuore che c’è sempre e fa male, anche se non lo ammetteresti mai. Con la voglia di vomitare.
Ed è un casino di sangue, dolore, senso di libertà, vomito e leggerezza.
Non sai descrivere questa sensazione: forse è bella, ma un po’ di malinconia sotto c’è. Malinconia per cosa poi? Ah, troppo complicato, goditi il momento che non ritornerà più, le considerazioni te le farai dopo.
Inizi a pensare che sei libera, per sempre e in ogni caso. Nulla ti fermerà, mentre sei lì nel mondo creato da quella canzone che ti rispecchia tanto, con gli occhi chiusi e stravaccata sulla sedia, mentre il sole ti arriva sul viso. Quei raggi autunnali ti riscaldano appena, ma l’atmosfera è sufficiente… Il mondo è tuo.
Ormai hai capito il senso della vita e custodirai sempre il tuo segreto gelosamente, perché rimanga una bolla di normale felicità in quell’universo apatico che è la tua anima.
Per fortuna che la canzone è inglese: frasi capite, frasi smozzicate, parole fraintese per altre che ti fanno capire ancora di più, ti dicono tutto quello che i versi reali non sapranno mai spiegare.
La melodia cresce, come cresce il senso di leggerezza della tua testa. La tua anima si espande finché non ti sembra che stia per scoppiare. Forse questa volta è meglio tornare indietro. La musica al massimo non fa bene alle tue orecchie, così dice la mamma. Eppure fino a qualche secondo (minuto? ora? anno?) fa non la pensavi così. Pazienza, le persone cambiano.
Senti la necessità di tornare al mondo solito e allora stoppi la musica.
Oh, grosso sbaglio.