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Autore: Reminiscenza    22/02/2012    5 recensioni
E per quanto tu possa soffrire, arriva un momento in cui devi decidere cosa fare della tua vita. Puoi continuare ad abbracciare quel dolore, appigliandoti ai ricordi, mentendo a te stesso, oppure puoi andare avanti; perchè questa è la vita e noi siamo fatti così. Puoi combattere oppure puoi semplicemente abbandonarti al tuo dolore.
Elena più umana e meno forte.
Damon meno controllato e più condizionato dalla propria natura.
Avvenimenti che destabilizzano gli equilibri, anime che si perdono, anime che si trovano.
Genere: Guerra, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Elijah, Klaus, Un po' tutti | Coppie: Damon/Elena
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto quello che vuoi è dall'altra parte della paura.
 Jack Canfield.



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Capitolo 2 ~ La possibilità del nulla. 


Tutto ciò in cui si era impegnata sembrava essere stato spazzato via dal gioco infame della vita.
Stefan. Stefan era l'unico. 
Elena scosse il capo davanti a quel pensiero, pronta a morderlo, a graffiarlo, ad ucciderlo
Stefan è l'unico.
Si lasciò ferire da quella correzione, come se la spontaneità del suo amore fosse stata compromessa, scacciata altrove dal destino.
Stefan è l'unico.
Non poteva essere altrimenti: Stefan è buono, Stefan la ama.
Si corresse di nuovo: Stefan l'amava.
Ma non erano le parole di Stefan a trincerarle il cuore, non erano i suoi occhi quelli pieni di delusione che le stringevano lo stomaco in una morsa insopportabile, non era il suo profumo quello che si illudeva di sentire.
Non era il suo corpo quello che desiderava stringere tra le braccia e baciare fino allo sfinimento, pur di farsi perdonare. 
Damon. Damon. Damon.
Damon era l'altro, era il cattivo. 
Era,
adesso non lo è più. 
E via, altre ondate di dolore la sommersero, schiacciandola verso il fondo della sua coscienza. Si torturava con il sottile dolore dei ricordi, vi rimuginava con dovizia, sfogliando le pagine della propria mente, del proprio diario, del proprio cuore.
Leggere le parole della propria anima sarebbe stato troppo per il suo piccolo cuore fiaccato dalla tragicità della sua esistenza. Si sentiva estremamente inutile, come se qualcuno l'avesse messa in scacco, bloccandola lì con un frustrante senso di paralisi.
Miriadi di voci le offuscavano il cervello: voci che parlavano di paura, di pudore, di lealtà. Lealtà a cosa, a chi? E nel fracasso della sua mente, una voce dolce sussurrava: Stefan.
Elena abbassò lo sguardo sul pavimento, come se gli occhi di Damon fossero ancora puntati su di lei e continuassero ad accusarla, a ferirla, ad ucciderla.
Più pensava ad uno e più si struggeva per l'altro, più si perdeva nella dolcezza del viso dell'altro più veniva dilaniata da un allucinante senso di tradimento; avrebbe potuto fare tutto, ma non avrebbe mai potuto smettere di pensare.
Pensare era l'unica cosa che la teneva in vita, come se la sua anima fosse aggrappata ad un sottilissimo filo che talvolta si aggrappava ai ricordi di Stefan, talvolta stringeva un nodo sulla passione di Damon. 
Avrebbe voluto abbandonarsi e sperare, sperare che le cose si risolvessero, che il destino scegliesse per lei. Ma c'è qualcosa di dannatamente sbagliato nella speranza; qualcosa che trasforma il positivo in negativo e che ti fa perdere il senso delle cose.
Ed è inequivocabile, la vita, passa silenziosa, producendo enormi boati in cuori a pezzi; era passata da lei e, attraverso le parole, era arrivata fino a Demon.
Fu così che capì, quel filo sottile che la manteneva era la vita, che scorreva da un'anima all'altra, come un ruscello che cambia il proprio letto, trascinando scaglie e pietre da quello precedente. Quelle pietre feriscono, quelle pietre accrescono ciò che siamo: diventiamo scatole in cui le persone ripongono qualcosa di sè, ricordi o pensieri che - prima o poi - rivorranno indietro, ma nel frattempo sei tu il custode.
Sopravviveva per gli altri, per conservare le loro essenze, per preservare la loro anima e queste azioni plasmavano la sua di anima.
Non fece in tempo a dar ordini ai suoi pensieri, che le iridi castane passarono velocemente in rassegna il Mystic Grill. Abbandonò il locale, lasciando sul tavolo un pasto senza padrone e un biglietto di dieci dollari. 
Correva, sentiva i suoi polmoni contrarsi in uno spasmo, i capelli frustrarle il volto arrossato dal freddo; sentiva la giacca di pelle strisciare contro i jeans, ma non era abbastanza veloce. Era umana e le sue intenzioni dovevano attenersi a ciò.
Eppure non aveva tempo, era come se un orologio segnasse un conto alla rovescia alla fine del quale c'era solo solitudine.
Non aveva tempo, no. Doveva correre, affinchè quell'illuminazione potesse essere dichiarata a gran voce; affichè quelle parole smettano di lacerarle il petto e di creare vuote ed oscure voragini.
I suoi passi sbattevano con violenza contro l'asfalto, producendo un rumore che sanava il silenzio della sera. Correva, sempre più forte, sempre più veloce, dischiudendo le labbra per far entrare più aria nel petto, muovendo le braccia per spingersi sempre un passo più in là. Non c'erano occhi a guardar la strada, nè attenzione a guardar i passanti, ogni suo pensiero convergeva in quella nuova consapevolezza. E la stringeva dentro sè come si fa con i neonati, la teneva stretta per paura che potesse scappare via, ancora.
Si, perchè non era una nuova conoscenza, quei sentimenti, quei pensieri avevano già bussato alle porte del suo cuore quando lui stava morendo. E lui non poteva morire, Damon non poteva morire, avrebbe dovuto resistere per lei, per vivere qualcosa che non era ancora nato. Lui aveva mantenuto la promessa, lei no, confondendo compassione e amore, rendendo una indistinguibile dall'altro. Ora no, ora l'unica vita ad essere sul tavolino del destino era la sua: era in ballo la sua felicità e non voleva rinunciarvici, di nuovo.
La sera calava, ricoprendo di oscurità quelle vie che, fin da quando era bambina, aveva imparato a conoscere. Le percorreva con sicurezza, decisione, scalfendo sempre di più quel dolore che l'aveva paralizzata tanto a lungo. 
Poi accadde, si fermò e il tempo sembrò far lo stesso.
Tutto era immobile, ma nel suo petto c'era guerra
S'alzava e s'abbassava come un tamburo colpito con violenza e dalle sue labbra fuoriuscivano respiri caldi; non aveva più il controllo del suo corpo, ma sentiva la propria mente stretta nelle tenaglie di quella sensazione di stordimento.
Era lì, davanti a quella casa e un sorriso le increspò le labbra.
Si concesse un secondo per sistemarsi; sembra strano come, in un momento così importante, le piccole cose assumono valore. 
Lei voleva essere bella, per lui. Voleva dar sfoggio del suo aspetto migliore. Così, utilizzò quel secondo per ricomporre i capelli scompigliati dalla corsa, ma più che altro, utilizzò quel secondo per calmarsi.
Così, con la paura che cacciava via ogni
traccia della sua determinazione, Elena mosse un passo e poi l'altro, con la stessa incertezza propria dei bambini.
Non fece in tempo a porre il piede sul primo degli scalini che conducevano al portone in legno di casa Salvatore, che una voce familiare spezzò il silenzio. Lo sfrigolio delle voglie, il verso delle cicale, tutto passò in secondo piano ed eccolo, di nuovo, il fiatone.

« Elena . »

« Stefan ? »


La sua voce abbandonò le labbra come se fosse un sibilo, farcito d'incredulità e rabbia. Quella voce stava rompendo quel momento in cui tanto aveva sperato, ma non poteva odiarla, quella voce era il suo mondo
Si girò lentamente, scendendo da quell'unico gradino su cui era salita; lo fece lentamente, quasi con la consapevolezza che, una volta scesa, Damon non avrebbe più conosciuto la sua verità, quella verità che aveva riconosciuto nell'oscurità e nella disperazione. Ma come poteva farlo ora? Come poteva ancora stringere quella verità, quando la fonte della sua disperazione si trovava davanti ai suoi occhi, con un sorriso stampato in volto e quello sguardo che uccide?
Si, la stava uccidendo, pur rimanendo in silenzio, Stefan la stava uccidendo. Perchè era lì, perchè lui sarebbe stato sempre lì.

« Io non ti riconosco più, come puoi ancora parlarmi dopo quello che hai fatto, dopo quello che continui a fare? »

Quelle parole uscirono piene di veleno e delusione dalla bocca di Elena, la stessa delusione che aveva intravisto negli occhi di Damon. Già, gli occhi di Damon. Avvertiva il soffocante desiderio di correre dentro quella casa, di sfondare la porta, di salire le scale, di ritrovare la stessa passione che aveva provato mentre stava correndo fin lì dal Mystic Grill. Avrebbe potuto perdersi nelle braccia di Damon, parlargli, confessargli i suoi pensieri, svuotare la propria anima su un vassoio d'argento da offrirgli. Ma, eccolo, ecco di nuovo quel senso di paralisi e gli occhi di Stefan erano le sue catene.
Lo vide avvicinarsi, con l'espressione contrita di chi, pur non capendo, si sente in colpa. Lui è la colpa, anche nei suoi momenti più oscuri, non lasciava mai andare quella sensazione di rimorso; questo lo rendeva umano, questo lo rendeva se stesso. E quel senso di colpa tirava Elena verso di lui, la obbligava a prendere in mano le redini del loro amore per salvarlo da un naufragio inutile e senza senso.

« Elena, so che non potrai mai perdonarmi per quello che ho fatto quand'ero con Klaus. Io stesso mi alzavo ogni giorno e non riuscivo a guardarmi allo specchio, tutt'ora provo disgusto per me stesso. Credi sia facile per me, credi sia facile vederti e non potermi avvicinare perchè so che ti farei del male?  » 

« Non ti sei fatto molti problemi a far del male a quell'uomo. Stefan era il padre di qualcuno, il marito di qualcuno, ho visto la moglie piangere al telegiornale e ho sentito lo sceriffo mentire spudoratamente sul motivo della morte, anche se forse non mentiva quando diceva che è stato un animale ad ucciderlo. E' questo che vuoi essere: un animale? Bel lavoro, continua così Stefan. »

La notizia era apparsa sulle stazioni televisive locali al telegiornale delle 17.00: morto Andrew McCall, 47 anni, ucciso da un animale. Subito Alaric aveva incrociato lo sguardo di Elena, i loro occhi parlavano di cose non dette. Eppure non commentarono e quella notizia funesta calò sul loro incontro come un velo di malinconia, perchè loro sapevano la verità per cui animale è sinonimo di vampiri.
Elena sospirò, scuotendo il capo e riconducendo la propria attenzione su Stefan. 
Lui era il suo tarlo, la sua costante bandiera bianca. Le faceva cadere ogni briciolo di speranza, ogni sentimento, ogni possibilità.
Era giunta fin lì con una verità nel cuore ed ora se ne andava con una possibilità di nulla tra le dita. Si soffermò a guardarlo per un breve attimo, con la vana e sciocca speranza che i suoi occhi potessero smentire ciò di cui lei lo aveva appena accusato, ma quei suoi occhi erano lastre d'acciaio contro cui lei continuava ad andare a sbattere senza coscienza. 
Bam, un altro schianto, un altro dolore. 
Con gli occhi pieni di lacrime e il cuor vuoto d'amore, mosse i passi lenti verso la strada che l'avrebbe riportata a casa, al sicuro. Era sola, ancora, e tutte le parole mancate le si riversarono contro, come altre ondate di dolore e dal fondo non riemerse.
Gli occhi di Stefan seguirono quella minuta figura andar via, quel piccolo e fragile essere che aveva la forza di distruggerlo con ogni respiro, con ogni sguardo. Quando il buio divenne troppo fitto persino per i suoi sensi, le iridi del più piccolo dei Salvatore si sollevarono, posandosi sull'unica finestra illuminata della casa.
Dietro la tenda, due occhi cerulei erano appena visibili, ma c'erano ed erano pieni di vergogna.
I loro sguardi si incrociarono per un secondo, le loro anime si divisero su due strade diverse. 





Note dell'autrice: 

Ecco il secondo capitolo! Ho avuto un po' di difficoltà a scriverlo, perchè sono una fan sfegatata della coppia Elena/ Damon, però, come autrice ho dovuto capitolare davanti al carattere dei personaggi. Credo che, infondo, sia più giusto quello che è accaduto, anche se avrei preferito che finalmente Elena confessasse a Damon la sua '' illuminazione ''. 

Gli occhi dietro la tenda di cui si parla nella parte finale del capitolo sono quelli di Damon, ovviamente, che ha ascoltato tutta la conversazione.

Ad ogni modo, spero che vi sia piaciuto e mi piacerebbe sapere cosa ne pensiate, anche se non avete nulla di bello da dire, ditemelo comunque, le critiche son sempre ben accette. :)
Cercherò di postare il capitolo successivo al più presto.
Silvia.

  
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