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Autore: Akemi_Kaires    22/02/2012    2 recensioni
La morte è avida, e questo Diego Armando lo sa bene.
Gli ha strappato di mano ogni cosa, a partire dalla vita. Ed è stata anche in grado di rendere San Valentino un giorno malinconico e carico di tristezza.
Sarà capace di rialzarsi e tornare a vivere, nonostante Mia non sia più con lui? O i rimorsi e le remore avranno la meglio?
Genere: Angst, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Godot
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Fandom: Phoenix Wright Ace Attorney

Fandom: Phoenix Wright Ace Attorney

Rating: Giallo

Personaggi/Pairing: Diego Armando (Godot), Mia Fey, Diego/Mia

Tipologia (+ numero di parole): One Shot (1521 parole)

Genere: Angst, Introspettivo, Triste

Avvertimenti: One shot, Missing Moments

Disclaimer: Personaggi, luoghi, nomi e tutto ciò che deriva dalla trama ufficiale da cui ho elaborato la seguente storia, non mi appartengono ma sono di proprietà di Shu Takumi (Capcom) che ne detiene/detengono tutti i diritti. Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro e, viceversa, gli elementi di mia invenzione, non esistenti in Phoenix Wright Ace Attorney, appartengono solo a me.

Credits: //

Note dell'Autore: Nessuna

Introduzione alla Fanfiction: La morte è avida, e questo Diego Armando lo sa bene. Gli ha strappato di mano ogni cosa, a partire dalla vita. Ed è stata anche in grado di rendere San Valentino un giorno malinconico e carico di tristezza. Sarà capace di rialzarsi e tornare a vivere, nonostante Mia non sia più con lui? O i rimorsi e le remore avranno la meglio?




Desiderio e Avidità

 

Desiderio è volere tutto.

Avidità è prendere tutto.

 

Un vento trasportatore di malinconia e tristezza spirava placido sul cimitero di New York, carezzando con estrema dolcezza le anime dei caduti in un ultimo attimo di conforto. Nubi plumbee e minacciose oscuravano il cielo, in procinto di sfogarsi in quello che poteva definirsi un pianto disperato.

L’aria che aleggiava in quel luogo era impregnata di ricordi ormai lontani, satura di fugaci frammenti di tempo e di futuri perduti. Quel posto era una specie di forziere, ove all’interno vi erano racchiusi passati gloriosi, speciali e unici nel loro genere. Tuttavia, nessuno possedeva la chiave in grado di aprirlo per riscoprire quei magnifici gioielli.

Tutte le persone che si recavano nel campo santo erano desiderose di poter ritrovare quei persi momenti gioiosi al fianco di persone care. Volevano semplicemente chiudere gli occhi, immaginando di trovarsi al fianco del proprio amato, afferrando nuovamente per mano ciò che era stato negato a tutti loro.

Rendere omaggio ai scomparsi era come ricordarli, e alimentare così la loro presenza, come se essa fosse fuoco vivo bramoso di ardere. Per alcuni, era come un aiuto per non scordare i propri errori, o per imprimere nella mente immagini e parole, oppure ancora per riallacciare promesse e giurare di non infrangerle.

Semplicemente, a volte si rifletteva e basta. Ci si soffermava a lungo per contemplare un’ultima volta il volto del defunto, magari lasciandosi sfuggire una lacrima di sfogo e dolore, giusto per degnarlo di un saluto e pronunciare un mesto Ti ricorderò per sempre.

Quel giorno, però, quella landa desolata era deserta. Essendo San Valentino, la gente preferiva di gran lunga gustare completamente quegli attimi di gioia in compagnia del proprio amore, invece di aggrapparsi a rimorsi o remore.

Diego Armando non poteva affatto biasimarli. Il compito di quei giovani non era quello di piangere la mancanza dei morti o crogiolarsi nel tormento, bensì quello di proseguire per la loro strada e avanzare verso un avvenire radioso.

L’avvocato abbozzò un sorriso insoddisfatto, osservando con tristezza la lapide che si presentava dinnanzi a sé. Quel quattordici Febbraio, a differenza di tutti gli altri, lo avrebbe trascorso in solitudine, nonostante fosse in compagnia della sua bella.

Nulla gli avrebbe impedito di passare quella giornata in intimità, assieme all’ultima traccia del passaggio del suo unico amore. Sarebbe rimasto lì, anche a costo di rimanere immobile sotto la pioggia gelida, pur di lasciarsi travolgere ancora da quei ricordi sfumati e dolci.

Dopotutto, avevano vissuto assieme ogni festa degli innamorati, senza neppure scordare di festeggiarne una. In quel momento era suo compito rispettare quella ricorrenza, compiere il rito, sebbene fosse stato abbandonato in quel mondo grigio e quasi spento.

Mia Fey era ormai lontana, questo lo doveva riconoscere, e non sarebbe più tornata da lui. Il giovane non avrebbe potuto sentire le sue labbra morbide imprimere sulle sue baci ricchi di passione e puro affetto, né gli era più permesso dirigere un processo in tribunale al suo fianco.

Non avrebbe più riso assieme a quella strana ragazza, né gli sarebbe stato concesso di schernire segretamente il loro capo, Marvin Grossberg. Le risa di quell’allegra giovane riecheggiavano vivide nella sua mente, assieme al ricordo di quanto fosse carina mentre arrossiva imbarazzata.

Di carezze e abbracci era rimasto solo un flebile calore, una traccia del suo lieve e delicato tocco, e della sua forza di volontà era rimasta solo la testimonianza di quegli imputati che aveva salvato.

L’avvocato sospirò con fare rassegnato, passandosi una mano nei suoi capelli bianchi.

La morte aveva giocato a dadi con le loro vite, vincendo innumerevoli volte, e aveva provato un gusto malsano nel vederli perire sotto la sua schiacciante vittoria. Per mezzo di Dahlia Hawthorne, braccio destro del demonio, era riuscita a strappargli brutalmente ogni cosa cara, vanificando ogni sogno e speranza, facendo ingiustamente crollare il castello del suo futuro.

Con un mero inganno e poche gocce di veleno, lo aveva privato di preziosi anni di vita, trascinandolo nel baratro buio e profondo del coma senza concedergli alcuna via di uscita. Lo aveva rinchiuso in una prigione inespugnabile, impedendogli di godere della tenue luce del sole e dell’ossigeno, incatenandolo nell’incoscienza perenne.

Grazie a gravi danni al suo sistema nervoso, non possedeva neppure occhi per osservare nitidamente il mondo che lo circondava. Era stato obbligato a doversi aggrappare ad una stupida macchina, l’ennesimo frutto della prodigiosa tecnologia, pur di poter ammirare il volto della sua amata.

Una volta sveglio, non gli era stato concesso neppure di osservare l’alba di quella nuova vita. Poteva guardare il mondo, senza però farne parte. Si era risvegliato in modo ingiusto e innaturale, come un cadavere in cui ancora risiedeva l’anima, ed era stato costretto a muovere un passo in quell’universo contro il suo volere.

Giunta alle sue orecchie la notizia della morte di Mia, scomparsa mentre lui ancora combatteva con il fato pur di poterla riabbracciare, tutti i suoi sforzi si erano rivelati vani e inutili. Aveva duellato strenuamente per nulla, era sia sopravvissuto a quella guerra sia uscito in parte sconfitto, e ad attenderlo in quel momento c’era la solitudine totale.

Per tutti quei giorni di tristezza, non aveva fatto altro che domandarsi per quale motivo si trovasse lì. Doveva trattarsi dell’ennesimo scherzo sporco del destino, accanitosi senza alcuna ragione contro di lui, e l’avvocato non era neppure in grado di controbattere o fuggire.

La morte era stata avida. Non solo si era divertita a prendersi la sua vita, la vista e la sua esistenza: non soddisfatta, gli aveva anche strappato di mano l’unica cosa cara al mondo.

Avidità è prendere tutto, e Diego Armando era stato privato di ogni gioia.

Aveva preso dal suo cuore l’amore, riducendolo poi in mille frammenti sotto la sua morsa gelida, e lasciandogli solamente ricordi sui quali versare lacrime amare. Lo aveva abbandonato con i rimorsi, con immensi dubbi e domande alle quali ancora faticava a trovare risposta.

Davvero i suoi sogni si sarebbero coronati, se quel giorno non avesse bevuto il caffè corrotto da Dahlia Hawthorne?

Se solo lui non fosse caduto in quel sonno senza sogni, forse sarebbe riuscito a salvarla. Magari l’avrebbe preservata da quel destino malvagio, riuscendo così a trascorrere assieme a lei il resto dei suoi giorni.

In quel momento, l’unica cosa che sapeva di avere tra le mani era un mare di frammenti del passato. Il suo compito era divenuto quello di ricordare e tramandare la sua storia, e solo così si sarebbe fatto perdonare da Mia per la sua mancanza nel momento del bisogno.

- Ricordi, gattina? – sussurrò mestamente, chinando il capo e nascondendo le mani nelle tasche della giacca. Alzò lo sguardo verso il cielo, sorridendo tristemente non appena notò i fiocchi di neve che volteggiavano al suo fianco come se stessero danzando. – Ricordi che cosa ti dicesti tanti anni fa?

Parlò come se lei fosse esattamente al suo fianco, viva e vegeta come mai lo era stata. Immaginò di poter osservare assieme a lei la neve posarsi placida sulla città, e di poter gustare una cioccolata calda in quella fredda giornata di Febbraio.

Quanto desiderava poter trascorrere con Mia quell’ultimo San Valentino, assaporare ancora momenti di immensa contentezza e dolcezza! L’ideale sarebbe stato poter chiudere gli occhi e, una volta riaperti, essere tornati indietro nel tempo e rimediare ai propri sciocchi errori.

Poter afferrare per mano l’amore e farne un grande tesoro: questo era il regalo migliore che San Valentino poteva donargli. Ma quei sogni sarebbero rimasti tali, perché nessuno sarebbe stato capace di tramutarli in realtà.

Desiderio è volere tutto, e Diego Armando desiderava una ragione per vivere.

Muovere passi in quel mondo sconosciuto e vuoto era inutile. Non vi era nessuno ad attendere il ritorno di Diego Armando. Essere alla stregua di un cadavere senza identità non aveva alcun senso, e lui desiderava solamente una ragione per continuare a percorrere quella triste strada.

Senza la sua ragazza, quella “gattina” coraggiosa che sfoderava sempre gli artigli affilati, quel quattordici Febbraio non aveva alcun senso. Anzi, nulla più possedeva alcun significato.

- Un avvocato può piangere… - sussurrò l’uomo, inspirando profondamente l’aria gelida e pizzicante, trattenendo a stento lacrime in procinto di sgorgare a fiotti dai suoi “occhi”. - …solo quando è tutto finito.

Nonostante la sua vita fosse rovinata irrimediabilmente, e l’amore fosse svanito brutalmente per colpa dell’avida morte, un motivo per rimanere per un po’ in quella landa desolata c’era.

Non poteva permettersi di piangere, perché la sua storia non era giunta al termine. Qualcuno lo stava ancora aspettando, e aveva bisogno di lui. Attendeva con trepidazione che lui arrivasse e narrasse la sua esperienza.

Doveva farlo per Mia, per mantenere vivo il suo ricordo. Lo dovevano ascoltare, e ricordare assieme a lui il bel sorriso della giovane avvocatessa. La sua missione doveva essere svolta, e non poteva abbandonare quel posto prima di averlo fatto.

C’era un’ultima cosa che doveva fare, prima di poter ricongiungersi con la sua amata.

- Ci vedremo presto, gattina.

Questa volta, Godot si sarebbe presentato a chi lo attendeva. E solo allora avrebbe abbandonato definitivamente il palcoscenico, lasciando il teatro in mano a chi lo aveva pazientemente aspettato e ascoltato.

 

 

 

Sebbene adori questi fantastici personaggi, questa è la prima volta che scrivo qualcosa riguardo la loro coppia. A parer mio, loro hanno tanto da comunicare. Hanno vissuto esperienze tragiche, eppure si sono sempre rialzati e hanno trovato il coraggio di proseguire per la loro strada.

La storia è ambientata dopo il risveglio di Diego Armando, dovuto all’avvelenamento da parte di Dahlia Hawthorne. Ho provato ad immaginare la sua reazione al sapere che la sua bella Mia era morta mentre lui si trovava in coma. Qui “Godot” non esiste ancora, però viene accennato nelle ultime frasi. Ho voluto anticipare ciò che accade dopo, ossia il piano per proteggere Maya e vendicarsi di quella strega che le aveva portato via tutto.

Ancora sento a credere di aver ottenuto il terzo posto! Sono davvero soddisfatta, e mi auguro che questa storia sia stata di vostro gradimento.

Ed ora, via alle recensioni! Accetto anche consigli e critiche: sono sempre utili!

Qui sotto inserirò il mio risultato.

 

TERZA CLASSIFICATA

Desiderio e Avidità, di Akemi_Kaires

 

Punteggio: 9.375

GRAMMATICA E SINTASSI: 9.5

CAPACITA' ESPRESSIVA: 9

RISPETTO PARAMETRI E TRACCIA: 10

ORIGINALITA' E CREATIVITA': 9

 

Non conoscevo nemmeno questo fandom, però penso che tu abbia fatto un ottimo lavoro e ancora una volta ciò che ho ritenuto giusto premiare è stata la cura riposta nella descrizione delle scene e nell'introspezione del personaggio. Il San Valentino da te descritto è triste e malinconico al punto giusto, pur non lasciando il protagonista totalmente abbandonato a se stesso: ha ancora un compito da portare a termine e ciò che gli dà la forza per andare avanti è il ricordo dell'amata assassinata da Dhalia Hawthorne. Mi è piaciuta particolarmente la scena iniziale e la riflessione sui cimiteri e sul perché le persone facciano visita alla tomba dei cari defunti: è un'immagine allo stesso tempo triste e romantica, che fa leva sull'aura di desolazione e speranza che avvolge in genere i cimiteri, soprattutto quelli all'americana che sono molto caratteristici e ben si prestano come ambientazione per i racconti.

Ho apprezzato anche l'introspezione del protagonista, Diego Armando, pur non conoscendone affatto il carattere, però mi è piaciuto il modo in cui hai sviluppato la linea dei suoi pensieri. Bella anche la contrapposizione tra desiderio e avidità attorno alla quale gira tutto il tema della fanfiction.

Lo stile, come già detto, è molto curato ed elegante, e non sono presenti errori grammaticali gravi, ma ho da farti due correzioni: è meglio dire "tra i suoi capelli bianchi" che "nei suoi capelli bianchi" e, inoltre, in italiano, i nomi dei mesi vanno con l'iniziale in minuscolo, mentre tu hai scritto Febbraio.

  
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