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Autore: Quainquie    22/02/2012    4 recensioni
Quando la vita della sovrana di Camelot viene minacciata, Arthur e Merlin devono affrontare una sfida che potrebbe spingerli a riconsiderare la natura stessa della loro missione e del loro rapporto. Curiosamente, l'aiuto più significativo per impedire ai due di smarrire la via giunge dalla persona più inaspettata: Sir Percival.
***
«L’Isola ha già udito le tue preghiere, Morgana. Se il fato lo vorrà, ci rincontreremo per divenire sorelle di spirito» Inaspettatamente il piglio della bionda Sacerdotessa s’era ingentilito. Con un movimento aggraziato, aveva posato le mani sulla chioma insudiciata di Morgana e le aveva ingiunto, dolcemente: «Abbi fede, Morgana».
Genere: Avventura, Drammatico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Altro Personaggio, Merlino | Coppie: Merlino/Artù
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
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Carissimi,

eccoci al secondo capitolo di questo mio strambo tentativo di scrivere una longfic.
Ringrazio moltissimo chi mi ha lasciato una recensione: sono stata stupita dall'interesse suscitato da una storia Percival-centrica (ma non temete, anche in questo capitolo ci sarà una consistente dose del buon Merlin, e ci sarà sempre). Tenterò di essere al livello della fiducia concessami dai gentilissimi recensori.
Ora basta con le chiacchiere!

Buona lettura!

Quainquie

 

 

Cap. I – The ropes have been unbound

Florence + the Machine, Howl

 

 

Libri spalancati e rotoli di pergamena disfatti giacevano riversi su ogni superficie fruibile dell'alloggio del medico di corte. Merlin se ne stava inginocchiato sul pavimento di pietra, nel centro della stanza avvolta nella luce violacea del crepuscolo, con l'unica compagnia di una lente, di un pennino e di un lungo pezzo di pergamena ricoperto di appunti.

Aveva passato tutta la sera, la notte e la mattina precedenti a rovistare febbrilmente in ogni volume di Gaius, fosse questo di medicina o di magia, poco importa quanto vecchio, ammuffito o improbabile. Ma nessuno dei manoscritti da lui consultati aveva offerto anche solo un centesimo del risultato sperato. Il giovane stregone aveva ispezionato con precisione maniacale anche i risvolti di copertina di ogni volume, alla disperata ricerca di una nota o di uno schizzo appuntati da un precedente proprietario. Nulla. Nulla che potesse anche solo lontanamente assomigliare a una descrizione degli effetti della maledizione che aveva colpito Gwen, figuriamoci a un rimedio.

Affranto, Merlin posò il volume che aveva appena terminato di sfogliare. Gli dolevano le ginocchia a causa della posizione scomoda in cui era stato per tutta la notte e gli occhi gli si erano annebbiati per lo sforzo di decifrare i caratteri minuscoli e gli scarabocchi a bordo pagina annotati dai copisti. Ma un po' di stanchezza e qualche graffio non rappresentavano di certo il tormento più pressante per il giovane mago. Ogni volta che si trovava a richiudere un volume o a riavvolgere alla bell'e meglio un rotolo di pergamena con dita tremanti dalla frustrazione rivedeva con l'occhio della mente l'espressione angosciata e nel contempo spietata di Arthur, e quell'immagine lo spingeva a prendere tra le mani un altro volume, un altro rotolo, a ricoprire metri di pergamena con appunti su qualsiasi cosa potesse essere, anche se in misura insignificante, efficace per curare Guinevere.

La speranza di Merlin di trovare una soluzione tra quei tomi sciupati e mangiucchiati dai topi stava lentamente scemando. Avrebbe voluto recarsi alla radura per chiedere l'aiuto del Grande Drago, ma lasciare la cittadella si sarebbe rivelato arduo. Non che Merlin non avesse eluso la sorveglianza delle guardie altre volte, con evidente pericolo; ma stavolta era diverso. Non solo Arthur aveva raddoppiato i turni di ronda e le pattuglie di guardia ai territori nel tentativo di trovare Morgana, rendendo di conseguenza doppiamente più difficile sgattaiolare fuori dalle mura, ma aveva anche imposto un coprifuoco al calar del sole. Inoltre, pensò tra sé Merlin con sconforto, Gwen non era in pericolo di vita, non nel senso comune del termine. Era chiaro che Morgana non aveva voluto ucciderla, ma imprigionarla in una condizione in bilico tra la vita e l'oblio: la morte di una persona amata può segnare, ma in sua memoria coloro che restano possono andare avanti a vivere. Ma la situazione precaria ed incerta in cui Gwen era piombata avrebbe logorato Arthur giorno dopo giorno, mese dopo mese e, considerò Merlin con orrore, anno dopo anno, facendolo oscillare continuamente tra fugaci momenti di speranza e lunghi periodi di disperazione. No, Gwen non sarebbe morta dall'oggi al domani, Morgana stessa lo aveva impedito con il suo incantesimo. Merlin aveva due possibilità: poteva rischiare di farsi intercettare dalle truppe di guardia e dover mentire, o prendersi la notte per continuare le sue ricerche e architettare con Gaius, quando fosse rientrato con eventuali notizie o idee che potessero spiegare la situazione dell'inferma, una scusa plausibile per lasciare le mura all'alba, una volta terminato il coprifuoco, e trovare un tratto di bosco riparato tra le colline per convocare Kilgharrah. Avrebbe proprio agito così, decise, impugnando un altro volume e scostandone la copertina polverosa.

 

Il giovane mago si svegliò di soprassalto quando percepì un movimento alla sua sinistra. Accidenti, fu il primo pensiero che gli riuscì di articolare sollevando la testa dalle pagine maleodoranti sulle quali si era addormentato, il collo indolenzito dalla posizione innaturale. La boccetta di inchiostro che aveva usato per prendere appunti si era rovesciata sul pavimento davanti a lui, come la vistosa macchia e la sgradevole sensazione di umido che gli lambivano il ginocchio testimoniavano.

«Gaius...» mormorò ancora confuso e intontito dal sonno. «Cosa...?»

Ma quando la nebbia che gli impediva di distinguere i contorni degli oggetti che lo circondavano cominciò lentamente a dissolversi, Merlin capì di essersi sbagliato. Gaius non poteva essere così alto e così massiccio. Il giovane mago si stropicciò gli occhi con energia, tutto un fermento nel tentativo di identificare l'intruso. Poi si rilassò. Era soltanto Percival.

Ci mise qualche altro secondo a realizzare la portata della sua intuizione: Percival?

Con un balzo Merlin si tirò in piedi, di nuovo un fascio di nervi, alla vista di Percival che aveva raccolto uno dei rotoli di pergamena su cui il mago aveva preso degli appunti. E ora lo stava leggendo. Merlin se ne rimase lì impalato: Percival sapeva leggere? Non se l'era mai chiesto, ma dall'espressione concentrata era evidente che l'imponente cavaliere fosse perfettamente in grado di farlo. Ma la consapevolezza di questo fatto, anziché rallegrare il giovane mago, lo gettò improvvisamente nell'ansia: Percival stava leggendo i suoi appunti. Appunti che Merlin aveva copiato soprattutto da testi di magia messi all'indice dalle leggi del regno.

Quando il cavaliere alzò lo sguardo, la sua espressione non mostrava segni di stupore o incredulità, ma piuttosto di pacata rassegnazione.

«Ci sono notizie di Gwen? Gaius mi ha mandato a chiamare? Arthur...?» azzardò Merlin, ammucchiando tutti i libri e le pergamene che era riuscito ad afferrare sullo scrittoio di Gaius, in un disperato tentativo di portare i testi incriminati lontano dall'attenzione del nerboruto cavaliere.

Per tutta risposta, Percival gli tese la pergamena con un gesto di insospettabile eleganza per un uomo delle sue dimensioni.

Merlin fu assalito dal panico quando vide che sulla superficie liscia del rotolo pergamenaceo si trovavano non lettere sinuose ma simboli, abbozzati in forme geometriche e rozze, che non potevano essere altro che un modo d'espressione della magia. L'inchiostro vivido e brillante testimoniava quanto l'esecuzione dei tratti fosse recente, mentre gli appunti alfabetici posti a lato delle trascrizioni identificavano Merlin come il loro artefice. In ogni modo a Percival sarebbe bastato scorgere l'espressione colpevole e sconvolta del ragazzo per indovinare chi fosse stato l'autore della pergamena.

«Io...» cominciò Merlin in un sussurro.

«Hai trovato qualcosa di utile per guarire Guinevere?»

La bocca di Merlin si spalancò talmente da spingere Percival a ridacchiare nonostante la tensione. Poi l'uomo ripeté con voce pacata: «Hai trovato qualcosa di utile per guarire la regina?»

«Non...?»

«Merlin, credevo fossi io quello a parlare per monosillabi».

Cercando di controllare la voce il moro rispose sconsolato: «Non ho trovato nulla».

«Dove hai imparato a leggere la lingua dei Druidi? Te l'ha insegnato Gaius?»

Merlin esitò: non poteva coinvolgere Gaius. Con rassegnazione disse soltanto: «No. Per favore...! Io... ho fatto tutto da me. Da solo. Ho imparato tutto da solo».

L'altro disse semplicemente: «Quindi pratichi la magia». Non era una domanda.

«Io non pratico la magia. Intendo, non è una cosa che ho scelto di fare. L'ho sempre saputo fare» lo corresse Merlin.

Stranamente quella rivelazione non pianificata e capitata nel momento meno opportuno non provocò in Merlin quella sensazione di vuoto che si era aspettato, né suscitò la reazione di sgomento e incredulità tanto temuta dal giovane mago. Percival si limitava ad osservarlo con curiosità, come se si aspettasse che da un momento all'altro Merlin desse fuoco a tutte le pergamene a dimostrazione del fatto che era un mago.

«Non voglio che tu abbia paura di me» disse allora Merlin, per poi rendersi conto di quanto fosse ridicola quella preghiera alle orecchie di qualcuno che, ignaro del tema della discussione, si fosse trovato ad origliare. Un ragazzino smilzo e tutto nervi che tentava di convincere della propria innocuità un omone ben piantato a cui arrivava a malapena a solleticare il mento e che, notoriamente, non indossava né maglia di metallo né piastre protettive sulle braccia, giusto per ricordare ai suoi nemici che la possibilità di infliggergli una ferita era praticamente inesistente.

«Non ne ho, in effetti» Percival aggirò lo scrittoio di Gaius e prese a ispezionare i rotoli e i volumi ammucchiati da Merlin sul pianale.

«E tu come conosci la lingua dei Druidi?»

«Mio padre ha aiutato alcune colonie druide a stabilirsi nelle nostre terre dopo la Grande Purga» rispose placidamente il cavaliere, senza alzare lo sguardo dalle carte. «Io e i miei fratelli avevamo amici tra i giovani Druidi. Ci insegnavano qualche simbolo curativo ogni tanto».

«Quindi tu non credi che la magia sia malvagia?»

Percival si volse finalmente verso Merlin, ergendosi in tutta la sua altezza: «Merlin, anche se lo avessi creduto, ora avrei la prova che non è vero» Abbozzò uno dei suoi rari sorrisi. «Ma comunque no, non l'ho mai creduto» Quando vide che Merlin stava recuperando fiato per porgli un altro quesito lo anticipò: «No, non lo dirò ad Arthur. Non lo dirò a nessuno. Puoi fidarti. Poi non è che io sia proprio famoso per essere espansivo».

E finalmente Merlin sorrise. Non era uno dei suoi smaglianti e contagiosi sorrisi a tutta bocca, certo, però esprimeva un senso di sollievo che il ragazzo aveva temuto di non poter più provare.

«Altri lo sanno?»

Merlin, che non si sarebbe mai aspettato tanta loquacità dal cavaliere, preso alla sprovvista vacillò qualche secondo prima di rispondere: «Gaius. E Lancelot».

Una smorfia quasi impercettibile attraversò il volto di Percival al nome di Lancelot, tanto impercettibile che Merlin credette d'averla immaginata.

Il cavaliere chiese semplicemente, senza esternare di nuovo le proprie emozioni: «Come posso aiutarti a trovare un modo per guarire Guinevere?»

«Ancora non lo so» rispose Merlin con sincerità, facendo un gesto esasperato con le braccia, indicando la confusione di pergamene e inchiostro che lo circondava. «Non ho trovato nulla che potesse essere anche solo lontanamente utile o abbastanza potente. Nessuna formula, nessun oggetto dalle proprietà curative, nessun decotto» Il momento di sfogo fu subito sostituito di nuovo dall'apprensione: «Ti ha mandato Gaius con delle novità? O Arthur?»

«La situazione della regina è sempre la stessa» rispose mestamente il cavaliere. «Mi ha mandato Gaius, per controllare che stessi bene».

«Oh» Merlin si lasciò sfuggire un mormorio di delusione alla notizia che Arthur non aveva chiesto di lui. Certo che no, si ritrovò a pensare, non c'è spazio per l'inutile zucca vuota. Si pentì subito di aver anche soltanto formulato un tale pensiero, quando gli sovvenne il motivo per cui il sovrano l'aveva aggredito a quel modo. Gwen. Gwen. Doveva aiutare quel per aiutare Arthur! Ma come?

«Non è arrabbiato con te per davvero» La voce comprensiva di Percival interruppe il forsennato flusso di pensieri del giovane mago.

«Come?»

«Gwaine ha detto di portarti con noi al Rising Sun stasera» Quella frase, così diversa da quella che Merlin credeva d'aver udito pochi istanti prima, scaturì dalle labbra di Percival. «Voleva venire a prelevarti di persona, ma ho pensato che forse avresti voluto rimanere qui invece che essere portato in giro come un sacco di segale, per cui mi sono offerto di passare al posto suo».

Merlin annuì, grato. In un qualche bizzarro modo sentì di aver sempre sottovaluto Percival. Che ora è il primo dopo Gaius a conoscere il tuo segreto, rammentò a se stesso, non senza un certo stupore.

«Io raggiungo Gwaine e gli altri alla taverna» annunciò Percival dopo qualche secondo di silenzio sospeso, durante il quale entrambi avevano contemplato gli ultimi e lattescenti raggi crepuscolari sbiadire e far posto all'oscurità quasi completa. Il cavaliere si avviò verso l'uscio: «E se dovessi aver bisogno del mio aiuto, sai dove trovarmi».

Una volta che l'imponente sagoma fu svanita oltre la soglia, Merlin prese lentamente a raccogliere e risistemare tomi, richiudere boccette d'inchiostro e riavvolgere pergamene, per poi riporle sugli scaffali. Nonostante tutto, pensò, c'è ancora speranza. Per Gwen. Per Arthur. Per la magia.

E per me.

 

 

Mi scuso profondamente se la descrizione di Percival e del suo atteggiamento dovesse suonare poco adatta al personaggio. Si rifà in modo particolare al Percival che io ho immaginato nella mia precedente one-shot.

Come sempre, critiche, annotazioni e pareri sotto forma anche di brevissime recensioni sono benaccetti! E come sempre, mi scuso vivamente per qualsiasi errore in cui vi troviate ad incappare.

Essendo una novellina della scrittura in generale, le vostre impressioni mi aiutano davvero a migliorare. Quindi: senza pietà!

A presto!

Quainquie

  
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