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Autore: Almy_    23/02/2012    0 recensioni
"La ragazza non sa quanto tempo è passato, non vuole sapere perché è come se un mostro le avesse strappato un pezzo di cuore, un'altra ferita che si aggiunge a quella di tanto tempo fa, ma non ancora cicatrizzata, non vuole ricordarsi il motivo per cui tutto sembra immerso in una nebbiolina fine e appiccicaticcia e a ogni passo che muove le sembra di sprofondare nel vuoto. Sa solo che ora ci sono quattro esseri che hanno bisogno di lei. Ora. Non può fermarsi ad aspettare il nulla, deve andare. Agire. Muoversi. Ora."
Genere: Generale, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Ciao a tutti! Volevo solo premettere che questa storia è nata da uno strano progetto della mia mente di scrivere passo per passo la giornata di varie persone non solo come un semplice susseguirsi di azioni ma in modo da racchiudere tutta la loro vita in meno di 24 ore. (ah e questa è anche la mia prima storia su EFP...!)
Buona lettura! :)


CAPITOLO I


Drr. Drr. Una scossa penetra nel sonno profondo e senza sogni di Vy. La ragazza apre un occhio poi l’altro: una nuova giornata è iniziata.
Ferma il marchingegno vibrante che segna le 6.00 di mattina, si alza svelta dal letto, districandosi con cautela dal groviglio di braccia che la intrappola, e infila i piedi nelle pantofole. Aprendo l’armadio silenziosamente, tira fuori un paio di jeans e una maglietta. Velocemente si veste alla luce dei raggi di un sole mattutino che penetra da sotto le tendine. Socchiudendo la porta del bagno collegato direttamente con la sua stanza si infila nello stretto passaggio ed entra nello stanzino. Ben attenta a non urtare nessuno degli oggetti che ingombrano la penombra, si lava la faccia, dissolvendo gli ultimi residui di sonno ancora appiccicati, soddisfa i suoi bisogni primari, premurandosi però di non tirare lo sciacquone, del quale il rumore potrebbe essere troppo forte, e si pettina i bei capelli lunghi e castani in una alta coda. Poi ripercorrendo i suoi movimenti all’indietro si ritrova nella sua camera da letto. Con passo svelto e leggero si dirige alla porta che conduce nel corridoio e, aperta nello stesso modo della precedente, sguscia via.
La casa è ancora immersa nel silenzio addormentato dei suoi occupanti. Vy non può fare a meno di pensare che questo è uno dei pochi momenti di solitudine che le riserverà la giornata e si sente allo stesso tempo strana e felice per questo piccolo istante di individualità.
Si dirige verso una porta vicino a quella della sua camera e aprendola rivela una piccola stanzina adibita a lavanderia. Con rapidi movimenti prepara una lavatrice pronta per essere accesa in seguito. Fatto ciò, Vy esce dalla stanza, scende le scale e si trova nella cucina collegata con un ampio arco al salotto-ingresso della casa.
Il salotto, nota con fastidio Vy, è invaso dai resti di una serata davanti alla tv di Ralph e forse di qualche suo viscido amico, ma se ne occuperà poi dopo.
Con gesti automatici la ragazza tira fuori dal cassetto della cucina quattro sottopiatti, poi ci appoggia le rispettive quattro tazze e i cucchiaini. La torta sotto la teca di vetro viene spostata al centro del tavolo, accompagnata da un evidente sguardo di disapprovazione di Vy, conscia del fatto che quel pomeriggio o al massimo l’indomani ne avrebbe dovuto fare un’altra. Prendendo una manciata di cereali se li ficca in bocca, mentre posa la scatola vicino alla torta. Fette biscottate e marmellata per Archie, pentolino preparato sul gas e i biberon vicino al cartone del latte già tirato fuori dal frigo.
Con un’ultima occhiata alla tavola apparecchiata, per accertarsi che non manchi nulla, Vy tira fuori dal frigorifero il suo actimel e lo beve d’un sorso.
Risalendo lievemente le scale ritorna nella sua cameretta. Si dirige verso il suo letto, dove un fagottino di lenzuola dorme beato. Dolcemente gira il corpicino che svela il viso addormentato del suo fratellino Jamie. Con un bacio e una carezza riporta alla veglia il bimbo che la guarda assonnato. < Buon giorno Ja > gli sussurra sorridendo
. Jamie mugugna qualcosa, insonnolito, ma si alza dal letto della sorella e con lei si infila in bagno. Mentre Vy si lava i denti il bimbo sale sul suo predellino speciale per fare la pipì nel vasino dei grandi, che gli aveva regalato tempo fa la loro mamma. Con la bocca ingombra del dentifricio e dello spazzolino Vy ricorda al fratello la promessa del mattino precedente e di quello precedente ancora nella quale il bimbo aveva dichiarato che la notte avrebbe dormito nel suo lettino, ma ormai nemmeno lei ci mette molta convinzione e Jamie riesce a liquidare di nuovo la faccenda con un < stanotte sicuramente non succederà…. >.
Lasciando il fratello in bagno, Vy si avvicina alla culla dove Ed dorme felice. A malincuore, come tutte le mattine, lo tira su facendo più attenzione possibile a non farlo svegliare bruscamente e poi, una volta assicurato in braccio, inizia a sussurrargli teneramente per svegliarlo. Ed apre gli occhioni ancora impastati di sonno e si lascia cullare dalle braccia che lo sorreggono. Vy, tornata in bagno, inizia ad armeggiare con i pannolini e il fasciatoio dove appoggia il bebè. Cambiato il pannolino lo veste in una tutina a righe verdi e lo adagia sul suo letto, dove risprofonda nel sonno. Jamie nel frattempo inizia a vestirsi da solo con gli abiti che erano già stati prontamente preparati la sera prima sulla sua seggiolina. Mentre si riavvicina alla culla di Ed, Vy, con un’abile mossa, aiuta il fratellino perso nei buchi della maglietta, e gli scompiglia i capelli affettuosamente. Giunta alla culla di fianco a quella di Ed, la ragazza ripete il procedimento con Ian, il gemello del precedente, che però è decisamente più irascibile e quindi più portato a scoppiare in un bel pianto a dirotto nel mezzo del silenzio non ancora infranto della casa, con risultati disastrosi. Fortunatamente questa mattina Ian è più sonnolento che irascibile e si lascia trasportare dalla sorellastra prima in bagno e poi sul letto della stessa, dove, come da copione, dopo essere stato infagottato in una tutina simile a quella del fratello solo che azzurra, risprofonda nel sonno. Vy, a questo punto, presi Ed e Ian in braccio apre la porta che da sul corridoio e, seguita a ruota da Jamie, si cala giù per le scale. Giunti in cucina la ragazza fa sedere i bebè, ancora semiaddormentati, nel passeggino a due e inizia a scaldare il latte. Jamie intanto si è seduto al suo posto a tavola e guarda con occhi ansiosi la torta al centro del tavolo. Vy taglia una fetta al fratello, gli versa il latte nella tazza e versa il resto del pentolino nei due biberon. Con mosse studiate si avvicina alla carrozzina scrollando lentamente gli occupanti dal dormiveglia in cui erano sprofondati, allacciando ai loro colli i bavaglini e consegnando loro i biberon che ormai, dopo lunghi esercizi, riescono a bere da soli. < Fai attenzione e se succede qualcosa vieni di corsa a chiamarmi > l’avvertimento quotidiano di Vy a Jamie non serve: il bambino scruta già con occhi attenti e ben allenati i due fratellastri, mentre continua a mangiare < ok ok! > dice.
Vy risale nuovamente le scale e percepisce dei movimenti dalla stanza di Archie che finalmente si è svegliato. Senza badarci più di tanto rientra nella sua stanza, dove un’ultima occupante aspetta di essere risvegliata: Judith. Aprendo le tendine il sole illumina una bambina dai riccioli bruni profondamente addormentata. “Ora svegliamo la bestia” pensa teneramente la ragazza con un accenno di sorriso sulle labbra. Chinandosi sulla sua culla Vy sveglia la sorella con baci e carezze, quasi per impedirle di provare quella sorta di repulsione per il mattino che la caratterizza, ma, tanto per cambiare, la bimba si rigira e mugugna qualcosa nella sua lingua ancora a tratti incomprensibile. Vy allora la tira su e se la posiziona in braccio svegliandola del tutto con parole sussurrate nell’orecchio e movimenti abili del busto, portata anche lei sul fasciatoio riceve le stesse cure dei suoi fratellastri, sostituendo però il pannolino con delle mutandine, prima e poi viene vestita con pantaloni e una maglietta con disegnata sopra una ciliegia. Facendo sedere anche la sorellina sul suo letto, Vy prende i rispettivi maglioni, maglioncini e felpe dall’armadio: anche se sembra che il sole debba durare tutta la giornata, si sa, “marzo è pazzerello c’è il sole e prendi l’ombrello” e poi “meglio abundare quam deficere”. Sorridendo alla sua vena di citare proverbi la ragazza, presa la sorella, le rispettive cartelle e i vari maglioni, scende definitivamente giù dalle scale.
Ad aspettarla in cucina trova una figura in più di quando l’aveva lasciata. Archi è seduto al tavolo e addenta le fette biscottate spalmate di marmellata. Vy lo saluta con un < buongiorno > e riceve, come al solito un sobbalzo spaventato, un colpo di tosse per il cibo andato di traverso , una girata di testa spaventata e infine un < ’giorno > dalle profondità della gola strafogata. Oramai Vy è così abituata a muoversi senza far rumore in giro per la casa che le è diventato automatico ed è difficile sentirla arrivare. Un immancabile sorrisetto per la scenetta appare sulla faccia di Jamie che, finita la colazione si è spostato proprio davanti al passeggino per tenere sotto controllo i “discoli” con maggiore attenzione.
Depositata Judith sul suo seggiolone accostato al tavolo, legato anche al suo collo un bavaglino e piazzato l’ennesimo pentolino di latte sul fuoco, Vy inizia a sparecchiare i resti della colazione di Jamie e consegna alla sorellina scalciante dal suo podio un pezzetto di torta per placare i suoi urletti. Jamie intanto presi i biberon vuoti dalla bocca dei gemelli li deposita trionfante nel lavandino e inizia a fare conversazione con la sorella sul seggiolone con versi di dubbia provenienza, ma che riscuotono versi di altrettanta natura dalla bocca della piccola impiastricciata di torta. Pronto il latte Vy lo versa nella tazza della sorella e si dedica alla ripulitura dalla colazione dei gemelli adagiati nel passeggino che incominciano a diventare irrequieti.
Finita la conversazione di buongiorno con Judith, Jamie risale su per lavarsi i denti e per tirare la cordicina del water che segna indiscutibilmente il risveglio della casa.
Archie, dopo aver infilato i piatti della sua colazione nel lavandino, torna nella sua stanza con un < a dopo > avvolto nell’ ombra di vestiti neri, che sembra non abbandonarlo mai. I bambini ora sono diventati i padroni assoluti dei rumori della casa e guaiscono, squittiscono e agitano manine e piedini. Impossibile non sentire i suoni simili a ruggiti che Ralph emette dalla sua camera di sopra, ancora lungi però dallo svegliarsi, ma comunque turbato dal rumore che invade i suoi padiglioni, mentre Vy sparecchia anche i piatti della sorella e la adagia per terra in modo che possa girare a piacimento.
Con un rapido sguardo all’orologio, che segna le 7.5, Vy si rende conto di essere lievemente in ritardo e inizia a far indossare i maglioncini ai gemelli e chiamata la sorella le infila la sua felpina preferita. Nel frattempo Jamie è riapparso dalla cima della scala e viene a sua volta rivestito da una felpa ed un’ultima felpa va a posarsi proprio sulle spalle di Vy. Questa procedura viene ripetuta con i cappotti appesi all’ingresso ed infine tutte le cartelle vengono consegnate ai rispettivi proprietari. Così bardati i cinque escono dalla porta di casa. Ed e Ian nel passeggino, Judith che saltella cantando, Jamie che tranquillo procede attaccato con una manina al passeggino e Vy che dirige tutta la ciurma. Un venticello li investe subito, così come i colori della primavera in arrivo.
Gli alberi, secchi e scarni, hanno iniziato a tirare fuori i loro germogli verdi e l’erbetta fa capolino dalla terra gelata dal precedente inverno. Anche nel giardino della loro casa si possono notare dei cambiamenti, nonostante sia invaso dalle erbacce, dalle piante selvatiche e dai resti congelati e avvizziti delle piantine: un fiorellino rosa spunta dalla sterpaglia accompagnato da puntini bianchi sparsi. L’aria tersa del mattino corrobora la mente di Vy, che si sente piena di energie… o quasi, ma comunque le permette di schiarire i pensieri ancora un pochino ingarbugliati dal sonno e sembra che faccia lo stesso effetto anche ai bambini dato che iniziano a parlare contemporaneamente. Dopo essersi assicurata che siano tutti ben coperti dal freddo mattutino, Vy inizia a spingere la carrozzina per la strada, dirigendosi verso la fermata dell’autobus. Fortunatamente la fermata è poco distante e, una volta arrivati, si fermano ad aspettare. Judith, come al solito si lamenta del fatto che non vuole andare a scuola perché i bambini sono antipatici e non la fanno mai giocare con i loro giochi, lei non ha giochi così belli e quindi è per questo che loro la trovano antipatica, Vy come al solito assicura alla bambina che non è il fatto che lei non abbia giochi belli che fa pensare ai bambini che lei sia antipatica ma il fatto che lei prende i giochi a tutti senza chiedere il permesso. Questa tesi viene supportata anche da Jamie che ricorda di tutte le volte che la sorellina gli ha rubato il gioco che stava usando lui in quel momento quando c’è n’erano molti altri a disposizione.
Mentre sono persi in questi discorsi, infarciti di squilli da parte dei neonati, desiderosi anch’essi di dire la loro, arriva l’autobus. Con un po’ di fatica Vy riesce a far passare il passeggino nello stretto buco della porta e dopo poco tutti si ritrovano sani e salvi a bordo. I discorsi dei bambini riprendono.
Come al solito Vy non può fare a meno di guardarsi intorno, a causa di tutti gli sguardi che le si sono puntati addosso. Tra i soliti passeggeri del tram, che ormai sono abituati a vedere la ragazza mattutina con uno stuolo di bambini al seguito, ci sono quelli che, per un motivo o per un altro, non l’hanno mai vista. Sorridendo internamente Vy immagina le loro povere testoline che si affaticano a trovare una spiegazione soddisfacente alla scenetta che si è presentata loro davanti: una baby-sitter in cerca di cospicui guadagni ? una ragazza madre che ha esagerato con gli sbagli ? o innumerevoli altre fantasie che il cervello umano produce di continuo sui fatti degli altri.
Dopo alcuni minuti arriva la fermata alla quale devono scendere. Con altrettanti sbuffi e sforzi dell’entrata Vy riesce a far scendere il passeggino con il gentile aiuto di un signore che, per quel giorno, ha eseguito la sua opera di bene quotidiana.
Spingendo il passeggino, che nel frattempo si è appesantito della figura di Judith che, stanca di camminare si è attaccata dietro, Vy cammina sul marciapiede quasi vuoto prestando attenzione ai discorsi dei bambini… è sempre così, non puoi mai distrarti quando sei con loro, potrebbero in qualsiasi momento avere bisogno di qualcosa, anche solo di una conferma ad un banale fatto che stanno raccontando, e tu devi essere sempre pronta a darglielo. Queste cose sono parte dell’insegnamento di sua madre, ma sono anche frutto di una ormai notevole esperienza sul campo… sbattendo lievemente gli occhi Vy si rende conto di essersi distratta proprio nel pensare di non distrarsi e si dedica nuovamente all’ascolto e alla partecipazione del discorso.
Dopo dieci minuti giungono alla scuola materna di Judith. Quello è il suo primo anno di scuola materna e all’inizio era stato un po’ difficile per Judith… stare tanto lontana da casa, passare il tempo con persone estranee e soprattutto, come già citato prima, non poter usare i giochi degli altri senza ricevere adeguati rimbrottamenti dalle maestre, insomma sopportare le sue lagne non era stato facile, tanto più che ora Vy era sola… comunque la bambina si stava abituando.
In ginocchio dentro l’istituto, all’altezza di Judith, Vy tenta di salutare la sorellina per consegnarla nelle braccia della sua maestra e, seppur dopo svariati contorcimenti e piagnistei, baci e abbracci, quasi come se la bimba non dovesse vederla più per un mese, riesce a consegnarla alla donna che le guarda sorridendo, rimanendo in piedi a salutarla con Jamie mentre si allontana nel lungo corridoio diretta verso la sua classe con il faccino rivolto all’indietro. Sparita Judith dietro un angolo, Vy si dirige verso il reparto dell’asilo nido che si trova nello stesso edificio. Lì affida i gemelli alle cure delle donne che si occuperanno di loro. Negli occhi di Ed e Ian passa un’ombra, come se volessero mettersi a piangere rendendosi conto che Vy li avrebbe lasciati per del tempo, ma con un sorriso la ragazza rassicura i bei bambini e allo stesso tempo indica loro i giochi sparsi sul pavimento che aspettano solo che delle manine e dei dentini ci affondino dentro, superando così anche l’ultimo scoglio nella testa dei gemelli che rivolgono la loro piena attenzione ai cubi colorati. “Incredibile come mi si sono affezionati in così poco tempo” pensa Vy felice e un po’ orgogliosa, mentre si allontana con Jamie nella mano, il pesante passeggino finalmente lasciato in custodia dell’asilo.
Una volta usciti dall’edificio Vy e Jamie iniziano a dirigersi verso la scuola di quest’ultimo. Anche Jamie ha iniziato la scuola elementare quello stesso anno e subito gli è piaciuto il modo in cui si impiegava il tempo lì e sarebbe stato davvero entusiasta di andarci ogni giorno se non fosse stato per il fatto che così doveva lasciare sua sorella Vy.
< Ma oggi potremmo saltare la scuola > inizia Jamie con quel suo vocino tutto convinto < oggi potremmo andare al parco giochi e poi andare a prendere un gelato solo noi due > aggiunge sottolineando le ultime due parole. Vy sorride di quelle elucubrazioni, sa che non è che Jamie odi i suoi fratellastri e la sua sorellina è solo che preferirebbe averla tutta per sé, non sempre impegnata a fare qualcosa per qualcun altro, anche se di tempo gliene dedica a bizzeffe! Si ricorda che anche lei da piccola pretendeva di avere la sua mamma tutta per sé… < Jamie dai, lo sai che non possiamo. E poi la scuola ti piace così tanto! Che direbbero le tue maestre e i tuoi compagni sapendo che li hai abbandonati per andare al parco giochi? > < si, hai ragione ma il gelato… >ribatte ardentemente il bambino, rendendosi conto che anche questa volta la partita è persa contro sua sorella < ma ora è mattina Ja! Non si mangia il gelato alle otto di mattina! >esclama Vy < uff ok ok magari domani…. > azzarda ancora < no Ja lo sai benissimo che domani sarà la stessa cosa… e poi se non vai più a scuola come farai a mostrarmi tutte le belle cose che impari? > < ah… hai ragione > dice alla fine Jamie convinto da quell’ultimo ragionamento spiazzante… niente gli piaceva di più che mostrare alla sorella i suoi nuovi apprendimenti. Dopo questo breve scambio di battute i due sono già arrivati alla scuola elementare e con un abbraccio e un < fai il bravo mi raccomando > Vy saluta il fratellino che entra nel portone dell’edificio.
Vy, ora sola, procede a passo più spedito verso la propria di scuola, questa volta, che però si trova un po’ più lontano. Tutte le mattine, appena separata dai bambini, le rimane uno strascico di pensieri ed emozioni legati a loro, che la accompagna per un pezzetto di strada. Le loro parole, i loro movimenti, i loro odori, le loro necessità, che ancora la tormentano un po’, e i loro sorrisi. Piano piano, però, tra i suoi pensieri si fa strada l’interrogazione odierna, spazzando quasi all’istante tutti i pensieri precedenti. Vy guarda l’orologio sperando di essere in tempo di arrivare a scuola e ripassare ancora un po’, ma come al solito il tempo è calcolato al millimetro e le rimane giusto quello per arrivare in classe senza ritardi.
Intorno a lei la strada si fa più frequentata: ragazzi che come lei vanno a scuola, mamme che accompagnano i bambini, adulti che in giacca e cravatta si recano al lavoro e corridori mattinieri. Mentre la mente di Vy è impegnata a ripassare quello che sa sull’epoca del Rinascimento, il sole inizia a riscaldare le aiuole ricolme di primule colorate, le verdi foglioline che fanno capolino dai rami degli alberi e i turbinii del vento che ancora soffia portando con sé tutto quello che gli capita a tiro e alzando le gonne delle ragazze. Persa nell’epoca rinascimentale, Vy si accorge a malapena di essere all’ingresso della sua scuola dove gli ultimi ritardatari si affrettano ad entrare. Varca il portone e dopo un corto corridoio riesce ad entrare in classe proprio al suono dell’ultima campanella.
La classe è affollata di ragazzi e ragazze anche di altre sezioni che, all’udire l’ultima campana, si precipitano nelle proprie classi, travolgendo letteralmente Vy nella sua entrata.
Dopo che anche l’ultimo infiltrato è sparito, alle spalle della ragazza si profila l’immagine dell’insegnante di lettere e lei si affretta verso il proprio banco, posto in seconda fila a destra della cattedra. Con un rapido saluto al suo compagno di banco Mike si siede e tira immediatamente fuori il libro mentre si toglie la giacca.
Vy odia arrivare impreparata a scuola, ma il pomeriggio precedente proprio non è riuscita a studiare quelle ultime quattro pagine piene di date e nomi e ora la tensione si fa strada come un serpente affamato dentro di lei. Con il naso sul libro si rende conto dell’entrata del prof solo dal comune buongiorno dei suoi compagni, al quale partecipa alzando per qualche attimo il viso e si rituffa a capofitto nel libro solo quando è sicura che ormai l’attenzione dell’uomo è rivolta alla compilazione del registro. “accidenti, proprio alla prima ora doveva essere… mi sarebbe bastato solo un altro poco…” Vy pensa freneticamente… ormai l’ansia pervade ogni muscolo del suo corpo e l’unica cosa che il suo cervello riesce a pensare, abbandonato anche il libro, è la cantilena “non me non me non menonmenonme…..” il prof apre il registro “non me non me ti prego non ME…” < mmh allora oggi dovevamo interrogare sul Rinascimento, vero ragazzi? > un brivido percorre la classe, < sì > sussurrati in giro. Ora l’ansia pervade tutti, chi lo dimostra di più, chi di meno, concentrandosi in un turbinio di menti che crea un vortice mortale per il futuro effettivo interrogato, il quale sicuramente cadrà in un pallone profondo e gli ci vorrà uno serio sforzo di volontà per sottrarvisi. < vediamo…oggi… > prosegue il prof quasi con gusto, a vedere la classe fremere sotto il suo potere < … Stone!> Vy sospira di sollievo, e il suo sospiro si aggiunge agli altri ventiquattro su venticinque. Un grossissimo peso si solleva in un attimo dal suo stomaco, il serpente si ritira. La povera ragazza, il cui cuore ha fatto una tripla capriola mortale all’udir pronunciare il suo nome, si avvicina tremante alla cattedra, quasi fosse un agnellino da sacrificare, e da quel momento parte lo scroscio di domande da parte del prof. Vy, ora molto più tranquilla si dedica interamente all’ascolto dell’interrogazione. Sa bene che di tempo per studiare ne ha molto poco e quindi cerca sempre di ascoltare tutto ciò che si spiega in classe così che almeno qualche cosa le rimanga in testa. L’interrogazione, come supposto, va maluccio, ma comunque meglio delle aspettative dell’interrogata che dopo aver ricevuto il suo “sei al pelo” se ne ritorna al posto con un sospiro di sollievo.
La lezione continua e il prof va avanti a spiegare. Non una sola parola sfugge alle orecchie di Vy e alla sua penna che si muove velocemente sulla carta prendendo appunti. Mike e molti altri nella classe iniziano le loro occupazioni quotidiane, come lanciarsi penne e pezzi di gomma di nascosto al prof o di guardare il vuoto completamente persi nei recessi reconditi della loro mente.
La campanella segna la fine dell’ora e il rumore di un gran strascicare di sedie percorre l’aula. In molti si alzano per chiacchierare, ma Vy rimane seduta e incomincia a fare i noiosissimi compiti appena assegnati dal professore per portarsi avanti. Prima non era mai stato così. Prima Vy faceva parte della categoria di quelli che appena si presentava un momento libero chiacchieravano a più non posso, di quelli che prima o poi sprofondavano nel vuoto durante i lunghi e noiosi monologhi dei professori, di quelli che consideravano le interrogazioni inutili ripetizioni di ciò che avevano studiato per tutto il pomeriggio precedente.
I movimenti dei suoi compagni avvisano, ancora una volta, l’arrivo della prof a Vy che è costretta ad abbandonare gli esercizi che stava facendo per salutare cortesemente la donna. Inizia un’altra lezione. Chimica. Vy rincomincia nuovamente ad ascoltare questa volta una lezione un po’ più noiosa sui legami tra le molecole. Ogni tanto la sua attenzione viene sviata da pensieri che minano la sua concentrazione, ma con un abituale sforzo di volontà, si costringe ad ascoltare e a cercare di memorizzare ciò che la prof dice. Dopo la spiegazione iniziano a correggere gli esercizi e la prof ne assegna di nuovi poi, appena prima del suono della seconda ora iniziano con scienze. “Due ore di fila sono veramente troppo” pensa inevitabilmente Vy verso la fine della terza ora, con la testa che fuma. Finalmente l’agognato suono della campanella sancisce l’inizio dell’intervallo. Questa volta anche Vy si alza con gli altri per godersi un po’ di meritato riposo, ma si dirige verso il bagno e non verso l’immancabile gruppettino compagni che chiacchierano che si è prontamente formato. Arrivata in bagno beve dal rubinetto e si ferma un attimo a guardare fuori dalla finestra lasciando spaziare la mente.
Gruppetti di studenti si muovono per il cortile. Tutti sembrano ridere e scherzare. Viene rubato l’immancabile cappellino, altre risate e corse. Tra i capannelli di gente Vy scorge Archie. È in piedi in un angolo del cortile, nero e solo. Con un guizzo degli occhi verdi, misteriosamente, si accorge di lei alla finestra e accenna un saluto con la mano, che viene subito ricambiato dalla ragazza.
“Che strano tipo” pensa Vy “Suo padre deve averlo rovinato completamente”. Vy, infatti, si è accorta molto bene del trattamento speciale che Ralph riserva al figlio. Secondo lui un uomo, per essere tale, deve fare attività virili come pugilato, rugby, sparare con il fucile e quant’altro, ma Archie proprio non è portato per questo tipo di cose. Gli piace di più leggere o ascoltare musica classica, cose che Ralph ha brutalmente catalogato come “cose da femminucce” impedendo al figlio di farle. Archie, d’altra parte, avendo un carattere completamente remissivo e docile ed essendo, in effetti, un po’ codardo, si è sottomesso al volere del padre, utilizzando come sola forma di protesta quella di non usare più vestiti colorati e di chiudersi in sé stesso come un riccio, finendo coll’assumere un’espressione che ben si intona con il suo colore ormai preferito. Però Archie, aveva mantenuto una certa gentilezza nello sguardo e nei modi che il comportamento del padre non era riuscito a cancellare. In realtà Vy non l’aveva mai conosciuto prima, quando era più piccolo e doveva avere una sua indipendenza, o quando, più banalmente, non si vestiva di nero e non si strascicava in giro con quella luce sofferente negli occhi. Certo c’erano delle fotografie nelle quali un bambino felice e colorato sorrideva al fotografo, ma erano ormai sbiadite nel tempo e ora questo ragazzo più grande di lei di un solo anno sembrava avere meno autonomia di pensiero di Jamie.
“Chissà se succederà la stessa cosa a Ed e Ian…” Vy non può fare a meno di pensare. Poi scostatasi dalla finestra, ritorna con rassegnazione in classe per finire i compiti di storia nell’ultima parte dell’intervallo.
Entrando, scorge occhiate fuggevoli verso di lei da parte di un gruppetto in un angolo, dal quale si staccano Haylie e Penny, sue grandi amiche un tempo, ora un po’ meno. La raggiungono quando si è seduta al suo banco e sta aprendo il libro di storia, < ciao Vy, come va? > inizia Penny < ci stavamo chiedendo se avevi voglia di venire alla mia festa sabato prossimo alle 9… > < mi dispiace, ma proprio non posso… > è l’inevitabile risposta di Vy < beh si… capiamo… non ti preoccupare… > aggiunge Haylie malinconicamente < allora sarà per la prossima volta… mi raccomando! >. lo sguardo di Vy corre involontariamente all’orologio per vedere quanto tempo rimane dell’intervallo per finire i compiti e questo gesto viene notato dalle ragazze che si congedano dicendo < vabbè ora ti lasciamo ai tuoi doveri, ma se ti viene voglia di uscire o anche di chiacchierare solamente chiama pure non ti fare scrupoli > < grazie. Grazie, veramente. Me ne ricorderò > Vy risponde con un sorriso e le guarda allontanarsi pensando alla tenerezza delle sue più care amiche di un tempo che, nonostante tutto, si sforzano ancora per mantenere la sua amicizia.
Non è che lei non voglia passare del tempo con loro, anzi, è solo che lei non ha materialmente più tempo a disposizione in una giornata. Come le piacerebbe ritornare alle occupazioni di prima, quando loro tre erano un ridente tornado inarrestabile e indivisibile… o almeno così pensavano perché ora tutti quei begli aggettivi erano stati spazzati via dalla inevitabilità del suo nuovo modo di vivere. Qualche cosa dell’antica amicizia era rimasto e Vy si sentiva gonfiare il cuore per questo… no non avrebbe fatto andare tutto in rovina, avrebbe anche potuto chiamarle qualche volta… si ma per dir loro che cosa? Che Judith stava imparando a fare a meno dei pannolini? Che i gemelli avevano detto le loro prime parole? Che era meglio caricare la lavatrice con poco detersivo per non inquinare troppo l’ambiente? O che aveva trovato un togli polvere perfetto per i ripiani in legno? No. Nulla di tutto questo avrebbe potuto interessare Haylie o Penny. E lei d’altronde non si sarebbe più interessata dei vestiti, dei ragazzi, dei trucchi e dei pettegolezzi che le due amiche avrebbero potuto raccontarle. Un’immagine fulminea di come sarebbe stata la festa la colpisce all’improvviso: luci psichedeliche, musica a palla, persone scatenate che ballano in pista, lei e le sue amiche che ridono per una qualche sciocchezza… ma viene subito repressa, disintegrata, e, con un sospiro, Vy ritorna ai compiti di storia.
La campanella della fine dell’intervallo la coglie mentre finisce l’ultima tediosa domanda e, mentre i suoi compagni riaffluiscono nella classe, si prepara per la lezione successiva, matematica. Come al solito il fiume di parole, e in questo caso, di numeri che escono dalla bocca della prof trova un pronto rifugio nella testa di Vy, che si spreme le meningi per dare un senso a quel terribile problema scritto sulla lavagna. Driiin. Campanella, fine.
“Meno male” pensa Vy “Se fosse andata oltre con quelle spiegazioni avrei finito per dimenticare anche quanto fa 2+2…”. Mettendo però gli occhi sui compiti che le erano appena stati assegnati, tutte le informazioni raccolte nella sua testa iniziano a venir fuori e Vy si accorge che non è affatto difficile eseguire quella montagna di esercizi, solamente, come al solito, un po’ noioso. Mentre Vy sfrutta anche quel cambio d’ora per iniziare a risolvere i problemi, entra in classe il prof di lettere. Tutta presa da un complicato calcolo Vy a malapena alza lo sguardo per salutare quello che è il suo professore preferito. Subito l’uomo inizia la prima delle due ore che avrebbero passato insieme chiedendo a caso la relazione che avevano dovuto fare sull’ultimo libro assegnato loro. Quel compito era costato una fatica inaudita a Vy. Innanzitutto leggere il libro, un’occupazione impensabile con quattro bambini a cui badare, e poi scrivere quel lungo tema che le aveva portato via le poche e preziose ore in cui poteva studiare in tre giorni. Ma era impensabile non svolgere un compito di lettere: il prof era particolarmente severo in questi casi.
Anche a Vy tocca leggere il suo e, alla fine, viene ricompensata con un < Brava! > e un’occhiata piuttosto significativa di approvazione che l’uomo da quel lontano giorno non aveva mancato di rivolgerle. Quando la campanella segna la fine dell’ora, il professore ritira i temi non ascoltati e si dedica alla spiegazione di una poesia di Shakespeare per tutta l’ora seguente, senza alcuna compassione per i poveri studenti che annaspano nell’aria alla ricerca di una qualche cosa che li sottragga a quella tortura e si agitano sulle sedie diventate scomodissime. Anche Vy fatica per mantenere la concentrazione, con cinque ore di scuola alle spalle anche la sua determinazione vacilla. Il pensiero che quella è l’ultima ora, però, la rinvigorisce e richiede un’ ultimo sforzo al suo povero cervello.
Finalmente l’attesissimo suono si propaga per la scuola, tutti si alzano velocemente, gli zaini già pronti da tempo, e si spintonano per uscire. Vy, dopo aver raccolto le sue cose, si avvia insieme alla folla verso l’uscita e, una volta riuscita a liberarsi della massa di corpi che la spintonavano di qua e di là, la ragazza si avvia verso casa.
  
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