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Autore: BebaTaylor    23/02/2012    2 recensioni
Dal Capitolo Tre
Solo allora si accorse della bara bianca, appoggiata su delle colonne di marmo, anche quelle bianche. La parte superiore era aperta. Lentamente Astrakan si avvicinò. Osservò il coperchio finemente decorato, fece il giro, aspettandosi di trovare la ragazza con il viso sciolto come quello delle altre persone. Chiuse gli occhi e prese un respiro profondo.
Quando li riaprì e guardò all'interno della bara si pentì di averlo fatto. Il cadavere non aveva il viso deforme come quello degli altri, ma il suo. Gli stessi capelli neri, lo stesso viso ovale dai lineamenti delicati, una tiara fra i capelli.Astrakan fissò il suo cadevere a lungo, incapace di fare qualsiasi cosa. Lo stesso vestito, lo stesso mazzo di fiori.
«È colpa mia! Io l'ho uccisa!» strillò ancora il ragazzo.
Astra si riscosse. Se stava guardando il suo cadavere, allora quello era il suo funerale, e quello che urlava era suo marito.
Genere: Mistero, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Prologue

Guardava fuori dalla finestra prestando poca attenzione al vecchio che stava parlando. Fuori nevicava, e i fiocchi candidi si posavano sui cumoli delle nevicate precedenti. La sala era riscaldata dal fuoco che scoppiettava nel grande camino che occupava, per quasi tutta la sua lunghezza, la parete ad est.
«Dovete trovare il Catalizzatore, altrimenti il nostro mondo andrà in rovina!» tuonò il vecchio.
La ragazza distolse lo sguardo dalla finestra, posandolo sull'uomo seduto su una poltrona in velluto rosso con un alto schienale.
«Joerydan, Astrakan, avete capito?» domandò l'uomo stringendo con forza il boccale contenente del vino rosso aromatizzato alla cannella.
«Sì, Saggio, abbiamo capito.» disse Joerydan.
«E allora perché il Catalizzatore non è dove dovrebbe stare, ossia qui?» chiese il Saggio.
«Perché noi siamo in due e la Terra è grande.» rispose Astrakan incrociando le braccia al petto. «Sono più di sei milioni di abitanti. Io e mio fratello da soli non possiamo controllarli tutti.» continuò la ragazza.
Il Saggio sospirò e fece un cenno con la mano destra. Un cameriere, rimasto fino a quel momento fermo in piedi in un angolo della sala si avvicinò. Il Saggio indicò il camino e il cameriere corse a buttare un altro pezzo di legno al suo interno.
«Sbaglio o avete circoscritto l'area in cui potrebbe trovarsi?»
Joerydan annuì.
«Si, ma...» esclamò Astrakan.
«Ma un corno!» l'interruppe il Saggio. «Avete due mesi di tempo. Partite domani.»
«Due mesi? Partiamo domani?» esclamò Astrakan alzandosi in piedi. «Ma è impossibile! New York è enorme, ha milioni di abitanti, in due mesi non ci riusciremo!» continuò ignorando lo sguardo minaccioso del Saggio.
«E non mi guardi così! Lei se ne sta qui e non fa nulla, mentre noi due giriamo per la Terra come trottole impazzite! E tutto per una negligenza di un'altra persona!» continuò Astrakan infuriata alzandosi in piedi e fissando il Saggio.
«Astrakan... è il vostro compito. E il mio è quello di controllare che voi lo eseguiate.» replicò il Saggio. «Ed ora ripeti perché dobbiamo trovare il Catalizzatore prima che sia troppo tardi.»
La ragazza sbuffò e si sedette. «Se non troviamo il Catalizzatore entro lo scadere dei venticinque anni, la nostra Regione andrà in rovina, trascinando con sé anche l'altra Regione. Sarà l'apocalisse, l'armageddon.» ripeté meccanicamente.
Il Saggio annuì. «Bene. Ora andate.» disse congedando i due con un gesto della mano destra.
I due fratelli si alzarono in piedi e uscirono dalla grande sala.
«È impazzito.» borbottò Astrakan mentre i due camminavano lungo i corridoi del palazzo.
«Ma ha ragione.» sospirò Joerydan fermandosi davanti ad una delle finestre.
«Lo so.» disse Astrakan. «Lo so.» ripeté guardando anche lei fuori dalla finestra. La neve aveva quasi raggiunto i due metri di altezza e la neve non accennava a smettere di cadere.
Ripresero a camminare in silenzio e in pochi secondi raggiunsero il piano terra. Entrarono in una stanza guardaroba. «Speriamo di trovarlo.» mormorò Astrakan infilandosi la pesante tuta imbottita.
Joerydan rimase in silenzio, mentre si infilava i dopo sci neri; rimase in silenzio mentre sua sorella borbottava a bassa voce. Alzò il viso dal pavimento osservò sua sorella che indossava un cappello di lana, calcandolo per bene sulla fronte.
«Perché mi guardi?» chiese lei voltandosi verso di lui, la voce attutita dalla sciarpa viola che le copriva la bocca.
Joerydan sorrise e piegò la testa di lato. «Sei buffa.» rispose afferrando la pesante giacca e indossandola.
«Sarai belle te.» replicò lei. Infilò le scarpe che aveva usato dentro il palazzo in una zainetto. «Sei pronto?» domandò.
Joerydan si alzò in piedi, indossò il cappello e fece un cenno affermativo alla sorella. Passarono in un'altra stanza, e poi in un'altra ancora. In ogni camera la temperatura si abbassava leggermente, per non creare eccessivi sbalzi di temperatura. Poco dopo erano all'aperto.
Alcuni gatti delle nevi spalavano, quasi senza sosta, la neve lungo le strade. I due fratelli si diressero lentamente fino alla fermata dello speciale bus dalle ruote cingolate.
Dietro di loro una grande cartina era appesa su un sostegno di metallo e indicava le varie zone della regione, Winter. in un piccolo angolo era disegnato il loro piccolo mondo, diviso in due regioni: la loro e Summer, separate da una parte, quella sud, dall'oceano, e dalle altre da alcune catene montuose.
Il bus arrivò, fermandosi davanti ai due ragazzi, le porte si aprirono e loro salirono. L'autista partì lentamente, mentre Joerydan e Astrakan presero posto nel fondo del mezzo.
«Astra, sei pronta a tuffarti nella Grande Mela?» domandò Joerydan.
La ragazza sbuffò e fece una smorfia prima di voltarsi verso il fratello. «Non troppo.» rispose. «E tu?»
«Sì, e ovvio che sono pronto, anzi sono prontissimo!» esclamò Joerydan posando la mano destra sul torace.
Astrakan socchiuse gli occhi, azzurri con delle sfumature azzurro scuro, quasi blu e si voltò verso il fratello, «Non mi sembri troppo convinto.» disse.
Joerydan alzò le spalle e sospirò. «Infatti non lo sono.» mormorò.
Sua sorella sorrise e scosse la testa. pensò che suo fratello era sempre il solito.
Erano gemelli, e avevano compiuto da poco i vent'anni. Entrambi avevano gli occhi azzurri, anche se quelli di Joerydan erano più chiari, attraversati da sfumature di un azzurro più scuro. I capelli di lei erano lunghi e neri, mentre quelli del ragazzo corti e biondi.
In una decina di minuti erano a casa. Il maggiordomo aprì loro la porta. «Bentornati Ambasciatori.» disse facendo una piccola riverenza.
I due ragazzi entrarono, superarono l'ingresso e s'infilarono nella prima stanza a destra che trovarono. Si tolsero gli abiti pesanti per poi andare nel salotto.
«Stiamo già preparando i vostri bagagli. Partirete domani mattina alle sette.» esclamò il maggiordomo.
«Va bene.» disse Joerydan.
Astrakan prese un fascicolo dalla libreria e si sedette sul divano accanto al fratello.
Guardò che il maggiordomo non fosse lì con loro e aprì il fascicolo.
«Se avesse saputo di questo ci avrebbe mandato immediatamente.» osservò Joerydan, mentre Astrakan sistemava sul tavolino accanto a loro quattro foto. Tre ragazzi e una ragazza.
«Tanto il problema è sempre lo stesso.» disse lei osservando le foto. «Trovarli, raccontargli tutta la storia, convincerli a venire qui. E, soprattutto, convincere il Catalizzatore a rimanere.» continuò.
«Eh, già.» sospirò Joerydan. «Abbiamo due mesi di tempo, dobbiamo farcela o sarà la nostra fine.»

Salve! Sì, lo so. Ho altre due long in ballo, ma questa storia gira nella mia testolina da più di una settimana e non mi dava pace. È la prima volta che mi cimento in questo genere.
Le recensioni sono sempre gradite.
Grazie per aver letto il capitolo!
I credit per la foto vanno a me, dato che l'ho scattata io nel Parco delle Groane :)
   
 
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