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Autore: blueElle    24/02/2012    2 recensioni
"Vedo il desiderio di un riscatto, in te, per errori non tuoi però."
Deanna sapeva benissimo in che casata sarebbe voluta finire, lo sapeva benissimo, ma non ebbe il coraggio di parlare. E sapeva, nonostante fece finta di nulla, nel profondo, che il cappello parlante aveva ragione su di lei, pienamente.
La storia di una ragazza come tante, una strega qualunque, alle prese con cose più grandi di lei, tra fantasmi del passato e persone che fino a quel momento aveva solo avuto il coraggio di immaginare.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dudley Dursley, Harry Potter, James Sirius Potter, Nuovo personaggio, Rose Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nuova generazione
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Questa è la prima longfic che decido di pubblicare, non chiedetemi cosa mi sia passato per la testa quando ho iniziato a scriverla, ma ormai mi ci sono affezzionata, e spero vivamente di continuarla. Commenti e critiche sono sempre bene accetti, ovviamente.
 

∞ ∞ ∞ ∞ ∞ ∞ ∞


Era immobile, troppo occupata a guardare la pioggia che scendeva silenziosa, in quel maestoso spettacolo di luci e ombre. Si stava bagnando, completamente fracida come i suoi vestiti e il suo baule, che per fortuna era impermeabile. Non aveva la minima idea di cosa avrebbe fatto una volta entrata, a chi si sarebbe rivolta per avere uno straccio d’informazione su quel posto. Certo, aveva letto ogni libro possibile, ma ora che era lì, davanti a quello che per anni aveva solo immaginato, non aveva la minima idea di cosa fare. Le sembrava di esserci già stata, attraverso le storie che suo padre le raccontava da bambina per farla addormentare, ma ora era reale, così reale che quasi si sentiva in soggezione. Entrare nel castello, non entrare, era secondario in quel momento. Stringeva una lettera tra le mani, ma ormai era zuppa d’acqua anche quella. Nonostante le avessero detto di presentarla al suo arrivo, era certa che non le sarebbe servita: la stavano aspettando, ne era certa. La bacchetta era infilata nella tasca posteriore destra dei suoi jeans, logori all’altezza del ginocchio e le scarpe da ginnastica erano ricoperte di fango, nemmeno si riconosceva il viola acceso che le caratterizzava e unico motivo per cui le aveva comprate. Deanna era ferma, come un fantoccio, in mezzo al viale principale che collegava Hogwarts a Hogsmeade.
Lei non era arrivata lì partendo dal binario nove e tre quarti, però. Ed era in ritardo con l’inizio dell’anno scolastico: di un giorno, per la precisione. Le grandi porte della scuola erano aperte, ma nonostante questo le trovava tutt’altro che ospitali, a dirla tutta. Stava per fare dietro front, si sarebbe inventata una scusa qualunque con suo padre e non sarebbe più uscita di casa per tutta la vita, se fosse stato necessario, quando dei passi raggiunsero il suo attento udito.
- Se volevi farti una doccia, potevi spogliarti almeno. -
Deanna si girò di scatto. Poco dietro di lei un ragazzo alto e moro la guardava perplesso, probabilmente domandandosi cosa ci stesse facendo lì impalata come uno stoccafisso. Lei si strinse nelle spalle.
- Potrei dire la stessa cosa di te. -
Replicò indicando i suoi vestiti bagnati e il fango che gli copriva anche le caviglie. Il ragazzo abbozzò un sorriso e la raggiunse in due passi veloci. Poi si fermò a guardarla, in silenzio, per qualche istante, come se si stesse facendo mille domande.
- Non ti ho mai vista prima. Di che casata sei? -
Chiese lui guardandola perplesso. Hogwarts era grande, e vi erano numerosi studenti, ma di certo bene o male i visi erano sempre gli stessi, almeno quelli degli anni più alti. Insomma, dopo cinque o sei anni, anche se preferiresti evitarlo, conosci tutti, volente o nolente. E lei di certo non dimostrava undici anni, l’avrebbe più definita una sua coetanea.
- Appena lo saprò, te lo verrò a dire. -
Rispose lei con velata ironia, per poi voltarsi a guardare il castello, di nuovo. Aveva trascinato il suo baule nel fango dalla locanda nella quale era arrivata via Metropolvere, “I tre manici di scopa”, e non era stato piacevole, trascinarsi sotto la pioggia e in mezzo al fango un baule di cinquanta chili. E tutto perché le era stato vietato di usare la magia anche una volta che fosse arrivata lì: prima avrebbe dovuto incontrare il preside della scuola, e poi, in secondo luogo, sarebbe stata di nuovo un’alunna di qualcosa, non una randagia come si sentiva in quel momento.
- Sei nuova? -
Chiese il ragazzo, decisamente sorpreso. Era più che altro una domanda retorica, quella, dato che immaginava la risposta affermativa. Le volte che Hogwarts aveva permesso a studenti di età superiore agli undici anni di iniziare a frequentare le lezioni, si erano contate sulle dita di una mano, anzi, forse ne bastava mezza. Probabilmente erano secoli che non succedeva una cosa simile. Lei si strinse nelle spalle, e si limitò ad annuire. Rimasero per qualche istante in silenzio, probabilmente pensando a qualcosa di nettamente diverso. Alla fine fu il ragazzo a parlare.
- Conviene che entriamo, o la tua prima sera a Hogwarts la passerai in infermeria. -
Ribadì, mentre si avviava infilandosi le mani in tasca, incuriosito da ciò che aveva appena saputo, non potendo fare a meno di chiedersi perché il preside lasciava che una studentessa, evidentemente non undicenne, iniziasse a frequentare Hogwarts da uno degli ultimi anni. Deanna, in tutta risposta, probabilmente concordando con ciò che il ragazzo aveva appena detto, si abbassò pronta per spingere il suo baule per l’ultimo tratto di terreno fangoso, prima di entrare nel castello. Non fece in tempo a iniziare, che lui la fissò scettico.
- Mai sentito parlare della magia? Non dirmi che sei anche babbana! -
Esclamò mentre con un colpo di bacchetta, probabilmente estratta da una tasca dei pantaloni, fece levitare senza problemi il pesante baule. Lei lo guardò, scettica.
- Non mi è permesso usare la magia fino a che non sarò stata ricevuta dal vostro preside. -
Mugugnò altrettanto scettica mentre lo raggiungeva, seguita dal suo baule che ora la sovrastava in altezza. Lui, ancora più sorpreso, l’aspettò, e una volta raggiunto si avviarono insieme verso l’entrata del castello. La guardò ancora una volta, stranito e sospettoso.
- Io sono James Potter, comunque. Piacere, sconosciuta che non può usare la magia. -
Esordì ironico, con un mezzo sorriso. Lei si immobilizzò di colpo, come se qualcosa stonasse in quella frase, come se qualcosa l’avesse colpita, o le avesse riportato alla mente chissà cosa. Ma prima che il ragazzo se ne potesse accorgere, scacciò quell’espressione basita dal suo volto e sorrise a sua volta.
- Io sono Deanna. -
Si limitò a dire, forse omettendo di proposito il suo cognome, forse perché ancora non era pronta a dirlo, o forse solo perché non lo riteneva necessario.
 

∞ ∞ ∞ ∞ ∞


Visto da dentro, era esattamente come si poteva immaginarlo. Quel castello non aveva solo qualcosa di magico, lo era, in tutto e per tutto. E lei si sentiva non solo minuscola, rispetto a esso, ma anche fuori posto. Iniziava a rimpiangere il fatto di aver accettato la proposta mossa dal padre di completare gli studi a Hogwarts, ma non avrebbe mai immaginato di sentirsi così, una volta da sola al suo interno. Certo, l’eccitazione di essere finalmente arrivata lì era superiore a ogni altra sensazione, ma avrebbe preferito essere parte di quella magia, piuttosto che osservarla dall’esterno, come una turista in visita. Appoggiata con tutto il peso del suo esile corpo al muro proprio di fianco a quella che doveva essere l’entrata della presidenza – ma che in realtà altro non era che un gargoil – si chiedeva se tutto quello fosse davvero giusto. E per il momento la sua certa risposta era un chiaro e secco no. Improvvisamente i suoi pensieri furono scacciati via dall’arrivo di una donna, sulla quarantina, con indosso un lungo vestito verde dalle tinte floreali, i cui tacchi provocavano uno strano rumore ripetitivo sul pavimento del castello. Questa si fermò davanti alla ragazza, con aria sorridente.
- Tu devi essere Deanna, ti stavamo aspettando. Puoi lasciare qui il tuo baule, Levory, il guardiano, se ne occuperà. -
Deanna non rispose, limitandosi a staccarsi dal muro faticosamente, quasi fosse parte portante di esso, per seguire la donna, che intanto si era fermata davanti alla porta. La sentì pronunciare una parola quale “Ghoul” ma non ne fu del tutto certa. Improvvisamente l’imponente Gargoil iniziò a scivolare verso destra, lasciando dietro di sé un’apertura nel muro. La donna si fece da parte e guardò la ragazza.
- Ti sta aspettando. A proposito, io sono la professoressa Spinnet, Capocasa dei Grifondoro. Spero ti unirai a noi. -
Aggiunse con un sorriso, prima di girarsi e allontanarsi con il ticchettio con cui era arrivata poco prima. Deanna rimase ancora in silenzio. Non era una persona timida o schiva, semplicemente non sapeva cosa dirle, dato che le sue non erano domande ma semplici e pure constatazioni. Rimasta sola davanti all’ingresso, vi entrò trattenendo il fiato, e dopo essere salita per una scala a chioccola – anzi, la scala era salita per lei, materializzandosi dal pavimento e portandola fino al piano superiore – si trovò davanti a un possente portone di legno antico. Rimase immobile per diversi istanti, appoggiando una mano sul legno indecisa se bussare o voltarsi e sparire nella nebbia che avvolgeva il lago nero. In quel momento la trovava un’opzione molto rassicurante, certo meglio della prima. Non ebbe però il tempo di prendere alcuna decisione poiché la porta, senza che lei muovesse un muscolo, si aprì.
- Un trucco che ho imparato dai miei predecessori, non preoccupartene. -
Una voce maschile ovattata arrivava dall’interno della stanza, e Dea, ancora sulla soglia, mosse qualche passo avanti. Si trovò in una stanza semicircolare, in cui le pareti erano occupati da scaffali e librerie ricolmi di libri e strani oggetti, mentre il pavimento era invaso da tappetti e altre cianfrusaglie. Il suo sguardo venne catturato prima dai quadri appesi sui muri, che, secondo ciò che aveva letto, rappresentavano tutti i rispettivi presidi di Hogwarts. Molti erano assenti, altri dormivano. Cercò il volto dell’unico che avesse mai voluto incontrare, ma non lo trovò.
- Non lasciarti influenzare da loro: ho appositamente chiesto di non essere disturbato durante il nostro colloquio. -
Solo quando parlò nuovamente, Deanna si accorse della figura seduta dietro una possente scrivania. Era un uomo di mezz’età, aveva sentito dire che fosse il mago più giovane che avesse mai ricoperto quella carica prima d’ora. Capelli scuri, barba rasata, un sorriso accogliente, e un mantello marrone che lo copriva quasi completamente: non era così che si aspettava il preside di quella grande scuola.
- Io sono il preside Paciock. E tu sei Deanna, ma preferisci essere chiamata Dea, stando a quello che mi ha detto tuo padre. -
Continuò lui, mentre con un cenno della mano, le fece gesto di avvicinarsi e di prendere posto nella poltrona verde oliva situata proprio davanti a lui. Lei, ora sorridendo appena, mosse qualche passo avanti fino a raggiungere la meta, e sprofondò letteralmente tra il morbido velluto verdastro.
- Molto piacere Signore. -
Replicò con un cenno del capo. Lui sorrise a quell’appellativo, come se non fosse appropriato.
- Chiamami semplicemente professor Paciock, dato che dalla prossima settimana ti insegnerò Erbologia. -
Lei annuì, lasciando sfuggire un sorriso di scuse. Poi estrasse la lettera dalla tasca dei pantaloni, completamente bagnata, e l’appoggiò sulla scrivania.
- Questa è la lettera della signorina Dupon, mi è stato detto di presentarla al mio arrivo qui. Può asciugarla, l’avrei fatto, ma non mi è ancora concesso usare la magia. -
Esordì cercando di stirare, ovviamente invano, la lettera che trasudava acqua piovana. Il preside sorrise.
-  Che bisogno c’è di una lettera, quando ti ho qui davanti a me? A questa penserò dopo. -
Asserì prendendo la lettera e appoggiandola sopra un cumulo di libri, senza nemmeno curarsi di asciugarla. Deanna non replicò altro: trovava piuttosto accogliente, quella figura, calmo e pacato ma più amichevole di come si descriverebbe il preside di un’accademia di magia. Forse questo fatto era dettato dalla giovane età, che gli permetteva di essere più vicino ai suoi studenti.
- Ti aspettavamo per ieri sera, Dea, immagino tu abbia avuto problemi durante il viaggio. Come sai, l’anno scolastico è ufficialmente iniziato alle sette di ieri sera, durante la cerimonia dello smistamento per i ragazzi del primo anno. -
Annuì di nuovo, lo sapeva bene. E forse il suo ritardo era stato diligentemente calcolato per evitare di prendere posto a quella cerimonia: l’idea di essere smistata davanti a una corpo studentesco del tutto sconosciuto non la metteva molto a suo agio. Il preside finse di non accorgersi del suo sorriso di scuse.
- Prima di passare alle faccende tecniche, vorrei farti qualche raccomandazione. Come penso tu sappia, il fatto che tu sia qui, oggi, con noi, è un avvenimento più che raro: di solito non permettiamo l’inserimento di studenti durante il corso dell’anno, ma vista la tua situazione, io e il Ministero abbiamo deciso di fare un’eccezione. Immagino ti rincresca molto aver abbandonato Beauxbatons proprio all’inizio del sesto anno di corso, la signorina Dupon era molto rammaricata della tua partenza, ma saprai meglio di me che era necessario. -
Sentendo nominare quella che per cinque lunghi anni era stata casa sua, una morsa di nostalgia le bloccò lo stomaco. Era stata una nobile Sfinge per cinque lunghi anni, e nonostante fosse stata strappata da quella realtà così cara e carica di ricordi, sentiva ancora di appartenervi.
- Sono certo che ti troverai bene qui, Dea. Vorrei solo farti una precisazione: non è il caso di raccontare in giro il motivo della tua venuta a Hogwarts. La gente parla, qui come in tutto il mondo magico, e per il tuo bene ti raccomando il silenzio. -
Lei lo guardò in silenzio.
- Signore.. ehm, scusi, professor Paciock, non avevo intenzione di raccontare le mie vicende personali a tutta la scuola. Sono sempre stata una persona piuttosto riservata. -
Replicò stringendosi nelle spalle, sperando di non essere stata indiscreta. Lui annuì, sorridendo, convinto che ciò che la ragazza diceva, fosse la verità.
- Allora penso che ci rimanga solo stabilire quale casata ti accoglierà per questi due anni, non credi? -
Un brivido la percosse. Conosceva ogni cosa sulle casate di Hogwarts, forse più di quanto lo stesso Paciock pensasse. Il preside con un veloce colpo di bacchetta, fece levitare un vecchio cappello adagiato sopra uno scaffale, fino a condurlo delicatamente sul capo biondo cenere della ragazza. Lei rabbrividì. Solo dopo svariati istanti, questo iniziò a muoversi.
- Pensavo che il mio compito fosse finito, per quest’anno, ma cosa abbiamo qui? Mai prima d’ora ne avevo avuta l’occasione: una Sfinge, si sente fuori posto qui. Forse ti sbagli, giovane strega, forse questo è il tuo posto più di quanto tu non creda. -
Dea si sistemò sulla sedia, e questo sembrò fermare il cappello per qualche istante.
- Una mente brillante non c’è che dire, brilli di acuta intelligenza, piccola Sfinge. Ma sento altro in te, coraggio forse? Vedo il desiderio di un riscatto, in te, per errori non tuoi però. -
Deanna sapeva benissimo in che casata sarebbe voluta finire, lo sapeva benissimo, ma non ebbe il coraggio di parlare. E sapeva, nonostante fece finta di nulla, nel profondo, che il cappello parlante aveva ragione su di lei, pienamente.
- Sei sicura, piccola Sfinge? Ti sentiresti a tuo agio, tra i maestosi corvi. Ma forse sei destinata ad altro, non è vero? Si penso di aver trovato una soluzione: Grifondoro sarai. Piccola Sfinge, ora sarai una Grifondoro. -
Paciock aveva ascoltato rapito le parole del cappello, e quando esso finì di parlare, sembrò essere pienamente soddisfatto della scelta. Con un gesto della sua bacchetta, il cappello parlante tornò al suo posto, tra i vecchi ripiani impolverati, lasciando la ragazza a riflettere su quella scelta. Lo sapeva, in fondo, l’aveva sempre saputo, o comunque lo aveva sempre sperato: una Grifondoro, suo padre ne sarebbe stato orgoglioso.
- La signorina Spinnet aveva ragione allora. Proprio ieri sera, mi diceva che quest’anno la sua casata ancora non era completa. -
Dea lo scrutò in silenzio. La Spinnet aveva auspicato al suo arrivo in quella casata anche con lei, poco prima, effettivamente.
- Ti troverai bene tra i Grifondoro, lo dico per esperienza. -
Aggiunse facendole l’occhiolino. Dea sorrise di rimando, ancora in parte incredula della scelta del cappello.
- Ne sono convinta anche io. -
Rispose infine, rilassando finalmente le spalle.
- Inoltre tutti i Potter sono a Grifondoro: bravi ragazzi, ma questo penso che tu già lo sappia. -
Dea rimase in parte spiazzata da quelle parole, aveva davvero pensato che il preside non fosse informato della sua situazione famigliare? Che sciocca.
- Non mi resta che augurarti un buon soggiorno qui tra noi, signorina Dursley. -

 

∞ ∞ ∞ ∞ ∞ ∞ ∞

Note dell'autrice:
♣ Ho sempre immaginato che, dopo il pensionamento della McGranitt, il posto di preside fosse preso da Neville, come preside più giovane nella storia di Hogwarts, è sempre stata una mia ferrea convinzione. E lui ha deciso di usare le parole di creature magiche come parola magica per l'entrata nella sua stanza, convinto che ormai Silente avesse usato tutti i dolci del mondo magico e non.
♣ Mi sono sempre chiesta come sarebbe stato il rapporto tra la magia e un Dudley adulto e maturo, cambiato rispetto a com'era da ragazzo, in particolare con una figlia strega: questo è stato un ottimo modo per capirlo. 
♣ Dal secondo capitolo entreranno in scena molti altri personaggi, ovviamente, e penso anche di inserire a breve qualche flash-back.

  
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