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Autore: ELE106    24/02/2012    14 recensioni
Una AU che è partita da sola per la tangente e se ne sta andando dove vuole lei, per cui non vorrei svelarvi troppe cose nell’intro. In breve: John Winchester e Mary Campbell, vivono da qualche tempo insieme nella grande casa di lui, a Lawrence (Kansas) e stanno per sposarsi. Lui è un meccanico, vedovo, con un figlio di 20 anni, Sam, che dopo i primi due anni di college, torna in città in pianta stabile per non si sa bene quale motivo. Lei è un’infermiera, single, con un un figlio di 24 anni, Dean, poliziotto, appena uscito da una relazione disastrosa e tornato da poco sotto il tetto dei genitori. I figli di John e Mary, dopo un inizio abbastanza privo di contatti o altro, finiscono con il diventare importantissimi l’uno per l’altro e per dare inizio ad un profondo rapporto di co-dipendenza e di forte amicizia, ma destinato a diventare di più. Inoltre Sam nasconde qualcosa e suo padre John sembra essere l’unico a sapere di che si tratta. Buona lettura!
Wincest...ma non incest! Don't like, don't read! ;D
Genere: Commedia, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Gabriel, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
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Autrice: ELE106
Titolo: Sono qui per te
Capitoli: 4/11
Fandom: Supernatural
Contesto: AU
Personaggi principali: Dean e Sam; Dean per questo capitolo.
Rating: giallo (anche Dean è un po’ sboccato … XD)
Genere: Commedia, Sentimentale, AU, Slash, per certi versi OOC, e chi più ne ha più ne metta!
Beta: thinias (la martire ;D)
Disclaimer: Dean e Sam non mi  appartengono; questa è un'opera di fantasia; non rispecchia i gusti  sessuali dei personaggi; non ha scopo di lucro ; ecc …
Note dell’autrice: eccoci di nuovo! Riprendiamo da dove ci aveva ‘brutalmente’ interrotti Dean nel capito precedente! Cos’avrà combinato Gabriel –l’agente matrimoniale … fallito-??? Lasciamo un po’ da parte l’introspezione e tuffiamoci nell’azione! ‘mmazza ho fatto pure la rima ^^ Buona lettura ;D
 
 



CAPITOLO 4.              
Dean: il conteso (seconda parte)
 



Avevo fatto uno sbaglio!
Cristo, a chi non capita mai un momento di distrazione?
 
Con Sam facevo dei progressi ed ero felice. Anche troppo …
Dio, non ero ancora arrivato al punto di potergli fare domande, men che meno domande importanti … ma spesso rispondeva a quelle due o tre cretinate che gli chiedevo.

“Com’è andata oggi?”

“Ti senti bene?”

“Ti va di andare a mangiare insieme?”

Le risposte erano quasi sempre monosillabi, seguiti dall’imbarazzo di entrambi.
Ma era un altro passo avanti.

Gabriel, come già detto, era spesso con noi e Sam sembrava accettare la sua presenza. 

Probabilmente mi ero rilassato troppo e, per tutta una serie di motivi che andrò tra poco a spiegare, è capitato che li lasciassi da soli …
Ma che cazzo … come accidenti facevo a sapere cos’aveva in testa quel deficiente di Gabe???
E perché diavolo questa cosa mi mandava in bestia oltre misura?!

Ok … cercherò di andare con ordine.

Saranno state le sei di una delle tante sere in cui io e Gabriel riportavamo a casa Sam dal campus, fermandoci magari da qualche parte prima, per fare due chiacchiere –ossia fare i cretini davanti a Sam-.
Forse il fatto che Gabe tenesse così tanto a venire sempre con noi, avrebbe dovuto insospettirmi.

Comunque, quella sera, all’improvviso, ricevetti una telefonata di lavoro sul cellulare.
Un collega mi chiese di sostituirlo per il turno di notte e non avevo modo di rifiutarmi.
Così mi feci lasciare al distretto ed affidai la macchina a Sam, chiedendogli di riaccompagnare a casa Gabriel. Cosa che, ci tengo a precisare, feci CONTRO la mia volontà! Il lavoro è lavoro …

Sam mi guardava come supplicandomi e solo dopo avrei capito che non voleva essere lasciato solo.

Non era per Gabriel.
Sarebbe stato lo stesso, anche se con lui ci fosse stato lo stesso John.

E mi resi conto –sempre in seguito- della dipendenza che Sam aveva sviluppato verso di me.
Ero davvero l’unico con cui si relazionava, anche se molto poco.
Non mi ero accorto - o forse si?- di aver creato una sorta di ‘passaggio’ per arrivare alla sua testa, che finoad allora era rimasta come separata, in un mondo tutto suo. Io riuscivo a comunicare con lui.
E lui mi … tollerava.
Ma in quel momento, l’unica cosa a cui pensavo era di attaccare il turno e che i due tornassero a casa sani e salvi.

Insomma, intorno alle otto di quella stessa sera, la centrale mi passò una chiamata sulla volante.
Era Gabriel che mi urlava nelle orecchie così forte da non farmi capire un accidenti di niente!

“Sta calmo!! Santo Dio …”

Gridai anche io in risposta, contagiato dall’isteria generale.

La mia collega -Jo Harvelle- si eclissò immediatamente, credo intuendo che eravamo una manica di matti, non mancando di sfottermi alla grande.

“Non imprecare, Dean…”

Una voce tranquilla, sbucò all’improvviso dal caos, riuscendo a trapassare gli ultrasuoni emessi da Gabriel.
Quando riconobbi che si trattava di Cass … pensai veramente che fosse successo qualcosa di grave.

“Ma che cazzo succede? Dov’è Sam?!”

Dai rumori che sentii in sottofondo, erano in viva voce e Gabriel continuava a sbraitare, come una scimmia impazzita.
Ero alquanto allarmato.

“E’ tutto a posto Dean, tranquillo. Gabe non voleva disturbarti … Ma dovresti davvero passare qui da casa dei nostri. Non riesco a tranquillizzarlo …”

Nonostante mantenesse la sua solita calma, riuscii comunque a percepire che era molto nervoso anche Cass.
Ricordo benissimo che appoggiai stancamente la schiena al sedile della volante e mi passai una mano sugli occhi per evitare di impazzire.

“Cass … dimmi immediatamente cos’è successo, altrimenti giuro che appena arrivo lì, vi arresto tutti e tre!!”

“Ti aspettiamo allora …”


Ero talmente incazzato che, se avessi potuto, avrei preso a schiaffoni Gabriel a prescindere.
Perché lo sapevo! Lo sapevo che aveva combinato qualche cazzata!
Solo non osavo immaginare quale.

La meravigliosamente comprensiva Jo –con la quale il sottoscritto ci ha provato spudoratamente per anni-, acconsentì immediatamente di coprirmi, al massimo per un’ora, sempre sfottendo. Maledetta ...
Così risalii sull’auto di pattuglia e schizzai a casa di Gabriel, ad una velocità assurda anche per un Poliziotto e a sirene spiegate (rimane un mistero, ancora oggi, come abbia fatto a non farmi licenziare, dopo quella sera), pronto a fare una strage.

Non feci che malmenare il volante e darmi dell’idiota, maledicendo Gabe e la sua stupida cotta per Sam,  non capendo fino in fondo perché la cosa mi preoccupasse così tanto e perché ero assolutamente sicuro che Sam andasse … protetto … da queste cose.
C’era come un presentimento. Qualcosa mi diceva che aveva delle difficoltà in quel senso. Ma non sono mai stato uno che fa di questi discorsi e non sarei mai stato capace di indagare su queste cose. Era troppo imbarazzante!!
 
Quando finalmente arrivai, la scena che mi si presentò davanti fu … indescrivibile.
Non fossi stato preoccupato da morire, mi sarei messo pericolosamente a ridere come un idiota.

Sam era seduto sul primo gradino dell’ingresso e mi ero accorto subito che sembrava respirare a fatica, mentre Castiel era in parte a lui, pur mantenendo una certa distanza, e gli parlava, ma a voce troppo bassa perché io potessi capire cosa gli diceva.

Quell’idiota di Gabe -che un attimo prima camminava di fonte a loro, avanti e indietro, con le mani nei capelli, lasciando quasi il solco sotto i suoi piedi- appena vista la volante inchiodare di fronte al vialetto di casa sua e il sottoscritto correre fuori come un disperato, allungò le braccia verso di me, col chiaro intento di farmi restare calmo.

Cosa che invece, automaticamente, mi mandò letteralmente in bestia.

“Si può sapere che cazzo hai fatto?”

Gli urlai, spintonandolo malamente all’indietro e guardandolo con chiari intenti omicidi.

“N-niente Dean…d-davvero…”

Rispose l’idiota.

“Dean vieni qui, ti prego …”

Raggiungendoci velocemente, Castiel richiamò la mia attenzione, distogliendola dal pestare Gabriel.
Lo guardai confuso, in cerca di aiuto, di comprensione e sostegno, supplicandolo con gli occhi di spiegarmi.
Lui capì al volo.
Mi posò una mano sulla spalla, come faceva sempre per tranquillizzarmi e non smise mai di sostenere il mio sguardo.
Io e Castiel ci siamo sempre capiti così.
Spesso bastavano solo gli occhi … e le mani.
Stringendomi leggermente il tessuto della blusa d’ordinanza, iniziò a spiegarmi, docilmente, quello che era riuscito a capire, nella confusione.

Ma non sentii che poche parole.

Guardando oltre Castiel, dietro di lui, gli occhi imploranti di Sam erano agganciati ai miei, come magneti.

“Non ha fatto che chiederci di chiamare te … “

Disse Cass.
Lo scostai gentilmente, dicendogli che avremmo continuato dopo e mi avvicinai titubante a Sam, ancora seduto sui gradini.
Mi sentii un idiota.
Mi sentii in colpa.
Non avevo davvero idea di cosa gli avrei detto o di come fargli capire che era tutto a posto, qualsiasi cosa fosse successa.
E quando gli fui di fronte, allungai solo una mano per aiutarlo ad alzarsi, mentre ‘Caino e Abele’ ci osservavano, tesi come corde di violino.

Sam si rialzò, accettando il mio aiuto e quando gli diedi le spalle per affrontare di nuovo il discorso con Castiel e Gabriel –soprattutto con Gabriel- lo sentii stringere forte nella sua, quella stessa mano che aveva afferrato per mettersi in piedi.
Lo osservai di sottecchi, mentre si posizionava dietro di me e nascondeva timidamente il volto tra le mie scapole, appoggiandoci la fronte ed emettendo un sospiro, che mi sembrò di sollievo.

Non mi aveva mai nemmeno sfiorato, fino ad allora.

Mai.

Ma in quel momento, mi strinse la mano talmente forte da farmi male e mi si addossò praticamente alla schiena, come non avesse la volontà di stare dritto da solo.
Sentii il calore del suo corpo contro il mio, che tremava e si sosteneva a me.
Sul momento, non mi fermai più di un secondo a riflettere su un tale gesto, troppo furioso anche solo per ricambiare quella specie di buffo abbraccio, che credo avesse voluto darmi.

Guardai Cas e Gabe come volessi incenerirli e fu proprio quest’ultimo -il cazzone- a degnarsi di dare finalmente spiegazioni.

“Mi dispiace Sam …”

Disse, cercando il suo sguardo, dietro le mie spalle.

“Dean ho provato a baciarlo … lo sai che non volevo fare niente di male. Lui mi piace e mi era sembrato che … ma non potevo sapere che avrebbe reagito così!”

Alla parola ‘baciarlo’ credo di non aver capito molto altro.

Mi lanciai contro di lui, lasciando bruscamente il fianco di Sam e se non fosse stato per Castiel, che mi si parò davanti, gli avrei fatto davvero del male. Lo giuro.
Mi sarei giocato la carriera, la vita, il rispetto di me stesso, tutto, ma sragionavo completamente.
Con entrambe le mani sul mio petto, Castiel mi spinse indietro mentre, tra le urla, le scuse e vocaboli irripetibili, nel cortile della rispettabile abitazione di una docente di teologia cristiana e un diplomatico americano, si consumava la più assurda scena da soap-opera mai vista.

I vicini di casa ne spettegolarono per mesi … anni!

Finché una voce si levò sopra tutto e ci congelò sul posto, come ridicole statue di ghiaccio.

“BASTA!”

Sam gridò dietro di noi, probabilmente stanco di assistere a questo spettacolo vergognoso, con tre persone che sbraitavano, parlando di lui come se non fosse presente.
Dipinto sul suo viso uno sguardo indecifrabile, dove non c’era più traccia della confusione di prima.
Ci guardò serio e deciso, con i pugni serrati, rivolgendo a ciascuno di noi uno sguardo preoccupato.

“Gabriel … non hai fatto niente di male. Mi succede … mi è già successo, tu non c’entri nulla. Castiel … grazie, mi dispiace che per colpa mia ti abbiano coinvolto …”

Solo allora guardò me.

“Vorrei andare a casa, Dean…”

Mi disse infine, prima di incamminarsi, con passo incerto, verso la volante ed accomodarsi sul sedile del passeggero.
Castiel mi spinse gentilmente a raggiungerlo ed io gli obbedii, dopo esserci scambiati un ultimo sguardo d’intesa.

“Ne riparliamo, chiaro? Riportate a casa l’Impala!!”

Mi rivolsi al coglione che ancora si fissava i piedi.

Dopo aver riaccompagnato a casa Sam, sarei dovuto tornare subito in servizio, prima di ficcare me e il mio collega in un mare di guai.
Sapevo che non avrei avuto tempo per tornare sull’argomento quella stessa sera, ma Gabriel mi doveva delle spiegazioni e le avrei pretese il prima possibile.
 
Durante il lunghissimo viaggio verso casa nostra, né io, né Sam spiccicammo parola e l’aria stessa era tesa come filo spinato.
Mi accorsi, osservando le sue mani poggiate sulle ginocchia, che tremava ancora e che fissava fuori dal finestrino, col fiato corto.

Una volta parcheggiato di fronte all’ingresso, mentre ero già pronto a ripartire, Sam si voltò a guardarmi.

“Ti manca Ben?”

Mi chiese, scrutandomi, come ansioso di una mia risposta.
Che davvero non avrei mai potuto dargli, perché ero completamente rincoglionito dall’assurdità di quella domanda.
Come accidenti faceva a chiedermi una cosa del genere?
Chi cazzo poteva avergli …?

“Gabriel mi ha detto che mi vedi come un ‘sostituto’… e so anche che è stato John a chiederti di interessarti a me …”

Ok …
Primo: avrei ammazzato Gabriel Novack! Su questo non si discuteva!
Secondo: porca vacca!! Sam non parlava mai, ma quando lo faceva … mieteva vittime peggio della Vecchia Falce!!

Mi sentii un vero schifo e non riuscii ad aprire bocca.
E quegli occhi … maledizione!!
Sembrava deluso.
Sembrava disperato.
Sembrava volesse chiedermi qualcosa e non ci riuscisse.

Non feci in tempo a rispondergli, grazie a Dio, perché Jo mi chiamò imbestialita, minacciando di spedirmi dritto dal capitano Mills se non avessi materializzato il mio culo da lei –sue esatte parole-, in quel preciso istante.
Salvato dalla Mills … quella era tremenda!!

Mi scusai con Sam e gli promisi che ne avremmo riparlato.
Lui distolse dai miei quei suoi occhi da cucciolo ferito ed abbandonato e scese dall’auto, ancora non molto stabile sulle proprie gambe.

Cristo, era un fottutissimo casino! Tutta la fatica fatta fin’ora per conquistarmi un pezzetto di fiducia, finita dritta nel cesso in due secondi netti.
E Gabe –cazzo- mi avrebbe aiutato a venirne fuori!
 
 
Rimuginai durante il maledetto turno di notte e focalizzai la mia attenzione sui motivi che potevano aver causato in Sam una reazione così … eccessiva.
Insomma, sul serio: era normale terrorizzarsi in quel modo per un deficiente che cerca di baciarti?

Anche se Sam non era gay …

Cristo, non sapevo neanche se era gay!!! Era follia credere di essere in qualche modo legato a lui??! Che ne sapevo io di lui?? Ero un idiota!
Ma più ci pensavo e più mi convincevo che c’era qualcosa di grosso sotto.
Non potevo chiederlo direttamente a Sam … come facevo?!
Era già tanto riuscire a riprendere l’argomento ‘perdonami! Io ci tengo davvero a te, non solo perché me l’ha chiesto tuo padre … ah, a proposito: per caso sei gay?’ senza sembrare un perfetto idiota o –peggio- un maniaco sessuale!

Decisi che avrei parlato con John, perché volevo vederci chiaro, ma mi sarei tenuto pronto ad un suo più che probabile rifiuto ad affrontare l’argomento.
Avevo i miei contatti e i miei metodi.

N° 1: il rettore Singer poteva aiutarmi a sapere qualcosa sul periodo che Sam aveva passato a Stanford.
Bobby Singer e John Winchester avevano servito insieme in Vietnam ed erano rimasti molto amici. Era di famiglia per i Winchester ed io e mia madre, ormai ne facevamo parte.

N° 2: ero un poliziotto, cazzo, avrei sfruttato i soldi dei contribuenti per fare qualche indagine personale.
N° 3: avevo bisogno di Castiel! Gesù, dovevo sfogarmi con lui!
 
 






Continua …
 

 





Nda: questi due capitoli invece li dedico con affetto, passione e gratitudine alla mia beta di fiducia, thinias, che ama Dean quanto lo amo io, se non di più. Sempre con la speranza, di aver mantenuto abbastanza fedeli, tutte quelle caratteristiche che ci fanno adorare così tanto questo splendido e complicatissimo personaggio. Martedì il prossimo capitolo, con un POV a sorpresa che finalmente ci chiarirà molti punti oscuri. Grazie a tutti ^^ Siete in tanti e mi piacerebbe sapere cosa  ne pensate fin qui ;D
   
 
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