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Autore: isachan    24/02/2012    11 recensioni
Uno sguardo sulla vita di Sana e Akito, molto diversi da come li avevamo lasciati...
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Akito Hayama/Heric, Sana Kurata/Rossana Smith
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Beneeeee, rieccomi a voi dopo un po’ di tempo! Spero di esservi mancata, anche solo un po’. Vi dirò che a me è mancato molto scrivere, e che nei ritagli di tempo cerco di farlo ogni volta che ho l’ispirazione, il che, purtroppo, non capita poi così spesso! XD

Comunque, lasciando stare tutti i miei inutili deliri, vado a parlarvi di questa fic, che, differentemente dal mio ultimo lavoro, sarà lunga un solo capitolo.

Ebbene sì, stavolta non sarete costretti a sorbirvi un fic lunghissima come “Breathless”.

Questa storia è nata da un’idea improvvisa e d’improvviso è stata scritta, quindi mi perdonerete per tutte le imperfezioni che, di sicuro, potrete trovare! ^^

Ok, la smetto di parlare a vanvera come al solito e vi lascio alla lettura della mia storia.

Ovviamente, aspetto i vostri commenti e ringrazio in anticipo tutti coloro che si fermeranno a leggere il mio lavoro!

 

 

 

SOLO PER UN GIORNO

 

 

La strada sembrava un po’ più lunga ogni anno che passava. L’atmosfera intorno, però, era quella di sempre.

Cielo scuro, scurissimo, il più delle volte coperto da una fitta coltre di nuvole che si confondevano e quasi sparivano in tutto quel nero.

Sui marciapiedi, inutile dirlo, un enorme manto di neve. Bianchissima. Così bianca che quasi sembrava brillare, come se volesse combattere il colore scuro del cielo.

In mezzo, un milione di piccole luci intermittenti. Erano ovunque.. dietro le vetrine dei negozi chiusi, attorcigliate ai balconi delle case, persino sui fili dei lampioni.

Illuminavano ogni cosa, come se la loro presenza potesse rendere un po’ più felice chiunque si trovasse a guardarle.

D’altronde, erala Vigilia di Natale. Un giorno nel quale tutti, ma proprio tutti, dovrebbero essere felici.

Felici, certo.

Felice lo era anche lei, oh sì che lo era.

Ma non come tutte le altre persone. Per lei, quello era sempre stato un giorno diverso dagli altri.

In quel giorno non si poteva essere felici e basta. Quel giorno richiamava altri stati d’animo, altri sentimenti. Alcuni anche positivi.. altri, bè.. altri non erano facili da capire nemmeno per lei.

Comunque non ricordava il giorno preciso nel quale si era messa in testa quell’idea, prendere la macchina e attraversare come una stupida tutta la città, tra le strade deserte di gente e piene di luci.

Tutta la gente, la gente normale, a quell’ora della sera era seduta intorno ad un tavolo, circondata dalle persone più care, aspettando allegra il Natale.

Lei invece preferiva passare la sera della Vigilia in macchina, guidando piano per potersi godere il paesaggio innevato.

Eppure non era una persona sola. Aveva una bellissima casa, una di quelle che sognano tutti, con una cucina moderna, un enorme salotto e un camino per riscaldare quell’ambiente già così accogliente.

Aveva tante persone che la amavano e che sarebbero state felici di dividere quella serata speciale con lei.

Sua madre, per esempio, che abitava poche case distante dalla sua, nella enorme villa dove aveva passato la sua infanzia felice.

O il suo manager, che solo un manager non lo era mai stato, perché a legarli c’era l’amore che lega un fratello maggiore alla sua sorellina.

Ah, poi, ovviamente c’era anche suo marito Jonh, che era un marito perfetto.

Bellissimo e dolce. Un uomo comprensivo, che assecondava ogni suo sbalzo d’umore e che ogni volta che la guardava la faceva sentire la donna più bella e desiderabile del mondo.

L’aveva conosciuto in un pomeriggio d’agosto, mentre passeggiava serena sul lungomare per portare a spasso il suo cane.

Gli era passata davanti distratta, sfiorandogli per sbaglio le dita di una mano. A quel contatto lui si era fermato, le aveva sorriso e le aveva sussurrato un timido “scusa”. Lei l’aveva guardato negli occhi, in quei profondissimi occhioni blu, e si era sentita avvampare. Nel notare il suo evidente imbarazzo, lui si era presentato e aveva iniziato una normalissima conversazione. Da quel pomeriggio, Jonh, non era più uscito dalla sua vita.

Sì, la grande Sana Kurata si era sposata e il 25 marzo avrebbe festeggiato il suo settimo anniversario.

E questo non era tutto. Già, perché solo pochi giorni dopo, suo figlio Matt avrebbe compiuto 6 anni.

Sana Kurata era una moglie ed una madre.

Sana Kurata aveva una vita bella e piena di soddisfazioni, una vita che chiunque le avrebbe invidiato.

Eppure, la sera della Vigilia di Natale, non era con suo marito e con suo figlio, ma si trovava seduta nella sua macchina scura per percorrere la stessa strada che percorreva da un bel po’ di anni, sempre in quello stesso, identico giorno di festa.

Era una cosa un bel po’ ridicola e se si fermava un attimo a pensarci, si rendeva conto che nessuna persona con un minimo di buonsenso avrebbe fatto quello che faceva lei.

No, una persona con un minimo di buonsenso avrebbe passato la Vigilia di Natale al caldo delle sua casa accogliente, seduta intorno ad una tavola imbandita con i cibi più disparati,a sorridere furbescamente a suo marito mentre lo ascoltava dire al loro amatissimo figlioletto che quella stessa notte sarebbe arrivato Babbo Natale per portargli i regali che lui, con tanta dovizia, aveva richiesto.

Ma lei non era mai stata una persona dotata di buonsenso.. dunque perché avrebbe dovuto iniziare ad esserlo proprio in quel momento?

Ogni Vigilia di Natale, esattamente da otto Vigilie di Natale, Sana saliva sulla sua macchina scura e attraversava tutta la città, soltanto per potergli dire “Buon Natale”.

E suo marito, come sempre, capiva.

 

                                                                       ***

 

Akito abitava esattamente dall’altra parte della città.

Aveva una bella casa tutto dipinta di un pallidissimo celeste cielo, con un piccolo giardino e anche un albero di pesco. Lei l’aveva sempre visto spoglio, intristito da tutto quel freddo, ma aveva sempre covato il desiderio di vederlo in primavera, quando i rami erano ricoperti di fiori e di foglie verdi e luminose.

Lei ed Akito non si incontravano mai, anche se abitavano nella stessa città. In tutti quegli anni, non c’era stata una sola occasione nella quale si fossero visti anche da lontano.

Mai. Quasi come se evitassero accuratamente di frequentare gli stessi posti, di parlare con le stesse persone.

Da quanto ne sapeva, l’unica persona con la quale lui aveva mantenuto rapporti era Tsuyoshi, che però si era trasferito in Europa dopo la fine del suo matrimonio con Aya.

Lei invece praticamente non sentiva quasi nessuno dei suoi vecchi amici, li aveva persi quando aveva perso Akito.

Di loro aveva solo qualche sporadica notizia, sapeva solo ciò che Fuka le raccontava nello loro rare, rarissime telefonate.

L’ultima volta che l’aveva sentita, quasi due anni prima, le aveva detto che si sarebbe trasferita in un’altra città per lavoro e che Aya e Tsuyoshi si erano lasciati perché lei si era innamorata di un altro uomo.

“Impossibile” aveva pensato in un primo momento.

Aya con un uomo diverso da Tsuyoshi era qualcosa alla quale non aveva mai minimamente pensato.

Erano una coppia storica, un punto di riferimento, qualcosa che non sarebbe mai dovuta cambiare.

“Oh, andiamo Sana”, si era detta poi, quando lo stupore iniziale era passato.

“.. dicevi lo stesso di te e Akito, e guarda come siete finiti..”

Già. La verità era arrivata in fretta, dura e tagliente come una lama.

Il suo mondo, quello nel quale aveva vissuto anni meravigliosi, quello nel quale aveva amato come non credeva fosse possibile amare, non esisteva più. Si era dissolto, il giorno in cui lei ed Akito si erano detti addio.

La loro storia era finita come finiscono quasi tutte le storie. Uno dei due, ad un certo punto, aveva iniziato ad amare l’altro un po’ di meno ogni giorno che passava.

E quell’”uno”, ovviamente, non era stata lei.

Se ripensava a quel periodo ancora si sentiva morire. L’aveva visto allontanarsi piano e aveva visto l’amore spegnersi nei suoi occhi dorati, senza che lei potesse fare, o dire, qualcosa per evitare di farlo andare via.

Quando, in un giorno d’autunno, lui l’aveva guardata e, quasi con le lacrime agli occhi, le aveva detto “Sana, credo di non amarti più”, lei quasi non si era stupita. Lo conosceva fin troppo bene per non riuscire a leggere dentro di lui ogni più piccolo pensiero.

“Lo so”, si era limitata a rispondergli, cercando invano di trattenere le lacrime.

Aveva assistito impotente, mentre lui scivolava via dalla sua vita, portandosi dietro un mare di bellissimi ricordi ed un enorme pezzo di lei.

Se ci pensava, ancora non riusciva a credere alla facilità con la quale Akito aveva smesso di amarla. Per quanto si sforzasse, per quanto cercasse di capire quello che poteva essere successo nel cuore del suo vecchio amore, proprio non riusciva a comprenderlo.

Perché sì, insomma, non è possibile che ami una persona per anni e anni, che dividi con lei praticamente ogni emozione, bella o brutta, che un essere umano possa provare, che fai con lei progetti sul futuro, che inizi a pensare al nome che vorresti dare ai vostri figli, e ad un certo punto, in un giorno qualsiasi, semplicemente smetti di amarla.

Era questo quello che le faceva male. Il fatto che, ancora oggi, per lei era inconcepibile come si potesse “smettere di amare”. Se si ama qualcuno lo si ama per tutta la vita, aveva sempre pensato, ingenua come solo sei sapeva essere.

No, non era più innamorata di Akito Hayama.

Non avrebbe saputo descrivere ciò che provava per lui, a distanza di così tanto tempo. Di certo, però, non era più amore.

Era arrivata a questa conclusione quando nel suo cuore era nato il desiderio di sposare Jonh. In una notte d’inverno, l’aveva guardato dormirle accanto e non aveva più sentito nel petto quella sgradevole sensazione. Non erano più sorti quei pensieri e quelle domande che, invece, l’avevano tormentata fino ad un attimo prima. Niente più “Chissà dov’è ora Akito”  o“.. chissà se ogni tanto gli manco..” o“.. comunque non amerò mai nessuno come ho amato lui…”.

In quella notte d’inverno, aveva capito per la prima volta che sarebbe stata capace di amare ancora. Forse, proprio come aveva amato Akito.

Forse, anche di più.

Si, amava Jonh con tutta se stessa. Non l’avrebbe mai tradito, mai. Neppure per Akito.

E allora verrebbe spontaneo chiedersi come mai, ogni Vigilia di Natale, lei si mettesse in macchina per andare proprio a casa del suo primo amore.

Oh, no. Non era di certo come si poteva pensare.

Non era un incontro tra due amanti. Lei non entrava in casa di Akito,.. lei, con Akito, non ci parlava neppure. Solo             qualche anno prima l’aveva visto di sfuggita da dietro i vetri della finestra… era stato proprio in quell’occasione che aveva scoperto che anche lui aveva avuto un figlio. Anzi, una bambina, una bellissima bambina bionda. Si, perché l’unica volta che in quegli anni aveva visto Akito, lui le era apparso esattamente come quello che era diventato, nella cruda, semplice verità.

Un padre. E un marito.

Sua moglie non l’aveva mai vista, ma Fuka, in una delle loro rare telefonate, si era premurata nel dirle che Akito si era sposato con una ragazza bellissima, una certa Kaname.

Di lei, però, sapeva solo il nome.

Per fortuna non aveva mai avuto l’onore di incontrarla.

Eppure, con una piccola parte di lei, ancora oggi, non poteva fare a meno di invidiarla.

 

                                                                       ***

 

Arrivò di fronte casa di Akito pochi minuti prima di mezzanotte. Portandosi una mano sul cuore, insolitamente frenetico, scese dalla macchina e avanzò di qualche passo, per trovarsi ancora più vicino alla bella abitazione.

Si nascose dietro il tronco di un albero, proprio come faceva ogni anno, da ben otto anni. Dall’anno nel quale aveva scoperto che Akito si era sposato.

Curiosa, la vita.

Quando aveva saputo di Akito e Kaname si era sentita morire. E solo un anno dopo aveva sposato il suo Jonh.

Eppure non aveva mai rinunciato a quel suo sciocco rituale. A quella stupida tradizione della Vigilia di Natale.

Quello, per lei, sarebbe stato sempre il giorno di Sana e Akito. Anche se Sana e Akito non esistevano più da un bel po’.

Tornare di fronte casa del suo vecchio amore in quella fredda notte, le dava un insolito senso di tranquillità. Una sensazione di pace, uno strano senso di appartenenza, come se in quel giorno non esistesse nient’altro se non la loro antica promessa.

“Promettimi che anche il prossimo anno festeggeremo il giorno di metà compleanno, Hayama!”

“Si, Kurata, te lo prometto”

Ingenue parole di due bambini innamorati.

A quell’età è facile credere che tutto andrà come previsto. Che le persone che ci vogliono bene non ci lasceranno mai. Che le promesse che facciamo e che ci vengono fatte verranno mantenute.

A quell’età tutto sembra per sempre.

Poi si cresce, e a molte cose non puoi crederci più.

Ma a quella promessa, lei non voleva rinunciare. Era l’unica cosa che le rimaneva, l’unico ponte che ancora la teneva legata a lui.

Già, perché lei ancora aveva bisogno di quella convinzione, di credere che le persone non se ne vanno mai davvero dalle nostre vite se non vogliamo lasciarle andare.

Lei non era più innamorata di Akito da molto tempo, ma non voleva dimenticarlo.

Perché dimenticare lui, era come dimenticare un po’ di sé stessa. La Sana che era stata, la ragazzina che aveva contribuito a fare di lei la donna che era.

Era per questo che si trovava lì, anche quella Vigilia di Natale e che se ne stava accucciata dietro il tronco di un albero, per aspettare la mezzanotte e sussurrare “Buon Natale, Akito”, nell’assurda convinzione che lui, in qualche modo, dal caldo della sua casa, seduto a tavola con sua moglie e la sua bambina, potesse sentirla.

Assurdo, appunto. Perché anche quell’anno la mezzanotte era arrivata e Akito non si era neppure affacciato dalla finestra.

“Non fare la sciocca, Sana. Lui non ha la minima idea che tu sia qui.”

Si disse, scuotendo la testa e sfiorando con una mano una parte del tronco, con l’intento di andare via da lì e di tornare a casa sua.

Ma nell’istante in cui le sue dita sfiorarono quella superficie ruvida, qualcosa attirò la sua attenzione.

Attaccato sul retro del tronco, accuratamente legato perché il vento di dicembre non potesse farlo volare via, c’era un piccolo foglietto di carta sul quale erano scritte poche parole.

In un istante, quasi le si fermò il cuore nel riconoscerne la calligrafia.

 

“Buon Natale anche a te, Kurata. Comunque, sei sempre bellissima.”

 

Capì che Akito sapeva, che Akito aveva sempre saputo. Che allora neppure lui l’aveva dimenticata.

Si sentì di nuovo bambina, nel notare quel “Kurata” scritto a mano su quel foglio bianco, ricordando che, un tempo, era proprio così che lui la chiamava.

E, come un tempo, si sentì sua.

E, in quell’attimo, per un attimo, lo amò ancora.

Lo amò del solo amore con cui era possibile amare Akito Hayama.

Di un amore irripetibile.

E indimenticabile.

“Sei sempre bellissimo anche tu, Hayama”

Sussurrò, mentre sulle sue labbra nasceva uno dei suoi vecchi sorrisi.

Si sentì felice nel capire che ci sarebbe stato sempre qualcosa a tenerli legati, che ci sarebbero sempre stati Sana e Akito, da qualche parte. Anche se solo per un giorno all’anno.

Guardò il suo orologio e notò che la mezzanotte era già passata da un po’.

La Vigilia di Natale era finita.

E lei poteva anche tornare a casa.

 

 

                                                                                                          *** FINE***

 

 

 

Note dell’autrice: Ok, eccoci qua. Bene, che dirvi? Questa “follia” è stata partorita nel giro di due giorni, quindi non mi soddisfa pienamente. Comunque, aspetto di sentire i vostri commenti!

Alla prossima! ^^

 

   
 
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