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Autore: Karcy    12/04/2004    9 recensioni
Molti anni dopo la fine di Dragon Ball GT, Vegeta fa una passeggiata al cimitero...
Genere: Dark, Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tradotto da Elisa per Erika's Fanfiction Page

Non è più giovane ormai.

I suoi capelli hanno iniziato a cadere. Non sono grigi, quindi nessuno potrebbe dire che non è più giovane. Ma è così. Non è più forte come lo era molto tempo prima. In quei giorni in cui era nel pieno rigoglio delle forze; sia lui che il mondo erano all’apice. Era stato indomabile e allo stesso tempo ottusamente concentrato su uno scopo preciso.

Il mondo non aveva più bisogno di lui adesso, né di lui, né dei suoi simili. In passato, molte volte, il mondo si era trovato in pericolo, e molte volte era stato proprio lui a rappresentare questo pericolo. Sorrise. Il suo classico sorrisetto compiaciuto. Strano come qualcuno che aveva significato così tanto per lui aveva dato a se stesso la colpa di tutte le cose che avevano fatto tremare il mondo, e poi gli era scivolato tra le dita, era andato via da lui, per i guai che aveva causato.

Il mondo non aveva più bisogno di guerrieri. A prescindere dal modo in cui la guardava e da come essa veniva ignorata da quelli intorno a lei per essere confusionaria e sognatrice, alla fine aveva avuto ragione.

Camminò tra le foglie, e qui e là, qualche ramoscello si spezzò sotto i suoi passi sicuri ed elegantemente solenni. I passi di un principe. Alcuni nuvoloni neri, accompagnati dal rimbombare dei tuoni, si stavano avvicinando.

Passò accanto alla prima lapide.

Chichi. Son Chichi.

Non aveva mai incontrato una donna tanto irritante in vita sua. Era la più debole di tutti loro, il suo ki non aveva mai superato il limite di 100 e dato che non si era allenata per molto tempo, non sarebbe potuta essere di nessun aiuto contro gli avversari con cui loro avevano combattuto. Era scansata e ignorata come una piccola sciocca strega.

Eppure aveva molto spesso vinto. Era riuscita a controllare Kakaroth, era riuscita a controllare Gohan, e nessuna importanza avevano i tentativi di ribellione da parte loro, alla fine vinceva lei. Gohan era uno studioso, Goten uno studente universitario, e per quanto riguarda Kakaroth… lui non aveva mai mostrato pubblicamente il suo affetto per lei, ma il fatto che ritornasse sempre da lei, era una prova sufficiente dell’influenza che la donna aveva sui guerrieri della famiglia Son. Aveva vinto di nuovo, anche nella morte. Aveva dimostrato di avere ragione. Lui era inutile in questo nuovo mondo.

La seconda lapide. Questa stava sopra una tomba vuota.

Son Goku. Kakaroth.

Nessun uomo era stato così importante per lui come questo guerriero di infimo livello, forse il migliore che avesse mai incontrato. E nessuno sarebbe mai più stato così importante. Aveva giurato a se stesso che avrebbe eliminato chiunque si fosse azzardato a uccidere o anche solo a nuocere a Kakaroth. Solo lui doveva ucciderlo, solo lui doveva distruggerlo, solo lui doveva umiliarlo.

Nessuno avrebbe dovuto intralciarlo. Si era allenato senza sosta, instancabilmente, arrivando fino ad una penosa sofferenza per riuscire a diventare super saiyan, solo così avrebbe potuto mantenersi al suo livello.

Ma non c’era mai riuscito.

Kakaroth era sempre, sempre un passo davanti a lui.

Odiava Kakaroth. L’odio che provava per lui era maggiore di quello che provava per i saiyan perdenti come Nappa e Radish. Perdenti. Ne era disgustato. Lo odiava più di quanto odiasse Freezer, per colpa del quale, per la prima volta nella sua vita, erano scese lacrime dai suoi occhi. Non lacrime di tristezza, ma di rabbia, dolore e frustrazione.

Prima di incontrare Kakaroth, non aveva mai conosciuto la frustrazione. Era sicuro di se stesso. Era il principe, e sarebbe legittimamente diventato il re dei saiyan. Era in assoluto il migliore che fosse mai esistito. Kakaroth era per lui un duro risveglio. Kakaroth aveva distrutto la sua illusione di invulnerabilità mettendolo di fronte alla dura realtà: era il principe di niente e di nessuno, era un perdente.

Kakaroth era sempre stato realista, mentre lui no. Odiava Kakaroth perché Kakaroth…

Su di lui iniziò a cadere una lieve pioggerellina che in breve si sarebbe tramutata in un violento acquazzone. Sapeva che presto sarebbe dovuto tornare indietro, ma non se la sentiva di andarsene ancora.

…perché aveva significato moltissimo per lui.

Era stato Kakaroth che, attraverso il suo affetto per la famiglia e gli amici, l’aveva spinto ad amare gli altri. Ed era stato sempre Kakaroth a capirlo fino in fondo, a non usare mai la sua debolezza contro di lui e a trattarlo come un amico… e qualcosa di più. Kakaroth l’aveva amato, non un amore fisico, ma un semplice e puro amore fraterno.

E lui aveva giurato a se stesso che avrebbe eliminato chiunque si fosse azzardato ad uccidere Kakaroth. Kakaroth era l’unica cosa che lo legava ancora ad un vecchio mondo che se n’era ormai andato, era l’unico che potesse capire quella sua strana sentimentalità. In poche parole, anche lui aveva amato Kakaroth.

Ma Kakaroth era sempre stato crudele nei confronti delle persone che più amava. Molto spesso infatti, con la piena conoscenza di quanto significasse per lui, Kakaroth gli era scivolato tra le dita. La sua morte, la prima volta, nello scontro con Cell. La seconda, quando si era unito alle sfere del drago… per amore di quelle sfere di pietra, aveva lasciato la sua famiglia, gli amici... e soprattutto aveva lasciato lui. Solo. Spaventato.

Nessuno era mai riuscito a capirlo come Kakaroth. In qualche modo, Kakaroth sapeva che l’avrebbe fatto, che sarebbe sopravvissuto in quella spaventosa landa desolata, e che avrebbe trovato uno scopo e una ragione di vita, sebbene il suo spirito si fosse infranto.

Camminò oltre, e si imbatté in una lapide ricca ed elegante, e allo stesso tempo semplice.

La terza lapide.

Bulma Briefs.

Una terrestre. Una donna terrestre.

Non avrebbe mai capito cosa l’avesse spinto a legarsi a lei, anche nella sua morte. Non era altro che una debole donnicciola… ma lui lo sapeva bene. Bulma non era mai stata debole. Era sempre stata forte. In fondo, non era stato proprio suo figlio Trunks venuto dal futuro a raccontargli di lei e della forza con cui si portava il peso del mondo sulle spalle, quel mondo in cui lui era stato ucciso dai cyborg?

Lei lo aveva capito.

Bulma. Una seccante, eccentrica, saccente piccola strega. Ad eccezione di Kakaroth, era stata l’unica persona con cui era riuscito ad identificarsi. Ma non era solo questo, lei era identica a lui: altrettanto egoista e altrettanto orgogliosa.

Era il suo scopo e la sua ragione di vita. In un mondo fatto di spaventosi incubi, di strane visioni e, cosa più importante, terribilmente reale, lei era stata l’unica cosa che aveva potuto tenersi stretto. Era stata lì per lui, anche se non lo aveva mai dato a vedere, dopo che Kakaroth se n’era andato.

Lui la amava. Non glielo aveva mai detto, eppure queste erano le uniche parole che lei aveva aspettato per lungo tempo di sentirsi dire. Pensò di dirglielo, un giorno. Ma non lo fece mai. La amava. Le cose stavano semplicemente così.

Ma ormai se n’era andata, per sempre. Tutto ciò per cui lui aveva vissuto, era morto.

Si inginocchiò sul terreno bagnato. La pioggerellina si era ormai tramutata in un forte acquazzone. Ma si. Lasciamo pure che piova, tanto ormai nessuno avrebbe potuto notare la differenza tra la pioggia e le lacrime.

Andato. Tutto ciò per cui lui aveva vissuto se n’era andato, andato. Quale poteva essere adesso una ragione di vita? Come poteva continuare a vivere in un mondo che non aveva obbiettivi o scopi da raggiungere? Un mondo che aveva il potere di distruggere, se solo avesse voluto, ma non poteva farlo, e il mondo, molto lentamente, come un veleno, lo stava uccidendo. Il mondo non aveva più bisogno di guerrieri. Tutto ciò per cui lui aveva vissuto in quel mondo, era morto.

Perché? Perché se n’erano dovute andare? Perché ogni sua singola ragione di vita aveva dovuto scivolargli tra le dita?

“Papà…”

Si voltò e vide Bra in piedi di fronte a lui.

“Immaginavo di trovarti qui papà” disse con un sorriso. Con i suoi luminosi capelli color lavanda e gli occhi blu, era il ritratto di sua madre. Tranne che per lo sguardo corrucciato, in quello somigliava a lui. Molte volte Trunks l’aveva accusato di preferire Bra, ed era così. Trunks era il risultato di una notte, Bra era figlia dell’amore. Inoltre, Bra assomigliava moltissimo a Bulma… e a cinquanta anni, mostrava la stessa eleganza e la stessa bellezza che aveva Bulma alla sua età.

Non è più giovane ormai. Ha vissuto a lungo, e quando Kakaroth e Bulma l’hanno lasciato molti molti anni fa, molto tempo fa, egli ha perso tutte le sue ragioni di vita. Tutte tranne una.

“Allora, papà, vieni con me?” gli porse l’ombrello invitandolo a ripararsi dalla pioggia, “o vieni più tardi?”

Si alzò. “Andiamo Bra.”

Nota: ho avuto l’ispirazione per scrivere questa fic ascoltando la canzone “Kiss from a rose” da cui il titolo. Mi rendo conto anche, che questo non è proprio lo stile tipico di DBZ. Niente violenza né azione, ma solo un melodramma. Scusatemi se ciò non sarà di vostro gusto!

E' giusto per chiarire un paio di cose… alcune persone hanno detto che Goku la prima volta è morto nello scontro con Radish; è vero. Ma quando in questa storia io ho detto “la prima volta”, mi riferivo alla morte di Goku che colpisce Vegeta, appunto durante lo scontro con Cell. Sarebbe impossibile infatti per Vegeta, rimanere colpito da un’eventuale morte di Goku accaduta prima della sua venuta, dato che non c’era ancora. Perché ho detto che Vegeta è rimasto colpito da questo particolare avvenimento? Bè, dopo quell’incidente, lui dice “Non combatterò mai più…” (o qualcosa del genere!) quindi deve essergli successo qualcosa. Penso che solo Toriyama sappia cosa intendesse Vegeta con quel “Non combatterò mai più…” –se si tratta del suo ego distrutto magari, o qualcosa di simile- ma io l’ho inteso come se Vegeta avesse sentito di aver perso l’oggetto principale delle sue ossessioni.

Katharin A.R. Chung
http://redrival.com/karc
  
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