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Autore: Carla Volturi    24/02/2012    5 recensioni
Lei, Lucilla insegnante di italiano trentanovenne, sposata con due figli; lui, Antonio, avvocato quarantenne divorziato. Tutto avviene a Vietri, città del sole, del mare e di un incontro: il loro!
ATTENZIONE: I PERSONAGGI DI QUESTO RACCONTO SONO PRESENTI NELLA MIA ULTIMA STORIA “LA STAGIONE DEL CUORE-PARTE SECONDA-”.
TUTTAVIA “SOLO PER AMORE” PUO’ ESSER LETTO INDIPENDENTEMENTE DAL RACCONTO APPENA CITATO, POICHE’ I PROTAGONISTI PRINCIPALI CAMBIANO, DUNQUE NON SI PUO’ PARLARE DI UN VERO E PROPRIO SEGUITO.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Image and video hosting by TinyPic Buon Venerdi a tutti!
Pubblico anche oggi un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 3- UN ADDIO, UN ARRIVO


Vuoi o non vuoi in un piccolo paese come Vietri accade che tutti conoscano te e viceversa. Può sembrare assurdo ma di ogni singola persona sei capace di tracciare l’albero genealogico, magari indicando bisnonni e trisavoli. Non so se vi è mai capitato di incontrare il cuore pulsante delle piccole cittadine, ovvero gli anziani del luogo: ricordagli il nome della zia della cugina della suocera della bisnonna della tua mamma e loro sapranno dirti chi sei!.  
Certo che un paese come Vietri è un’arma a doppio taglio: da giovane ti permette di conoscere tutti i coetanei del luogo, il che è senza ombra di dubbio un fattore positivo, voglio dire piu’ amici hai meglio è; ma allo stesso tempo, in determinate situazioni, può esser fonte di dolore. Pensate per un secondo a cosa significhi vivere in un piccolo centro senza tuo padre che è scappato via di casa: ti osservano peggio di un appestata, ti parlano alle spalle e giudicano a prescindere, non badando ai sentimenti della gente. In quei due anni soffri’ molto e la mia famiglia con me. Ricordo che un giorno d’inverno mio padre, stanco delle chiacchiere, si mise ad urlare sul lungomare, chiedendo ai suoi compaesani di curarsi dei loro scheletri nell’armadio, piuttosto che dei nostri. Da quell’istante nessuna voce piu’ circolò sul nostro conto.
I paesini di mare o campagna son belli ed accoglienti, ma diffidate da chi ci abita…ovviamente non da tutti. Pensate son piu’ di dieci anni che dimoro qui e ho stretto un magnifico rapporto d’amicizia con la mia vicina di casa Rossella. Siamo coetanee, entrambe trentanovenni, capelli rossi e sguardo molto dolce e materno. Non appena ci presentammo ci rendemmo conto che potevamo tranquillamente contare l’una sull’altra ed è stato cosi. I nostri primogeniti hanno la stessa età e per giunta hanno frequentato lo stesso asilo, la stessa scuola elementare ed ora la stessa scuola media. Rimembro tuttora quando erano piccoli: se ne davano di santa ragione Marta e Giuseppe, una volta mia figlia la dovetti portare da mio padre Carlo, poiché il suo amichetto le aveva procurato un taglio sul braccio. Nulla di rilevante, ma Marta, non appena tornammo a casa, se ne vendicò, dandogli un pugno in faccia. Sono sempre stati cosi, amici per la pelle e complici, soprattutto quando si tratta di mantenere un segreto importante, come eventuale nota a scuola.
Ed ora ti voglio, ora che Rossella, divorziata da cinque anni, deve trasferirsi per lavoro a Napoli. Ha fatto ogni cosa in suo possesso per evitare di separare il proprio figlio da Vietri e conoscenti, ma non c’è riuscita. Non sapete quante sere è venuta da me, piangendo e colpevolizzandosi. Rossella è una donna troppo buona, troppo spesso crede di essere la causa di ciò che avviene nella sua famiglia. Quando lasciò il marito stette malissimo: lui la tradiva con una collega di lavoro e nonostante questo dettaglio non trascurabile lei puntava il dito contro se stessa. Ripeteva sempre la stessa frase “Forse non gli ho dato troppo amore”…e no amica mia forse è tuo marito che non ama te e ancora non l’hai capito. Siamo sinceri uno si sposa con i migliori dei presupposti, ma se il sentimento finisce, finisce e non è colpa di nessuno.
Ed ora il trasloco a Napoli: ha paura che Giuseppe l’accusi di essere il motivo di questo ulteriore sconvolgimento. Le ho detto che il ragazzo diverrà grande e che prima o poi capirà…capirà che tutto ciò che è stato fatto è unicamente per amore. Solo per amore!.
Mi sdraio sul divano sul terrazzo di casa mia. Vestito bianco e capelli legati. Labbra morbide e rosse. Piedi nudi. Sole tondo e bello, niente caldo afoso a Giugno. Un leggero vento rinfresca la mia pelle. Ed immancabile limonata tra le mani: non c’è giorno in cui non bevo la mia bevanda preferita. Sono sola, come sempre d’altronde. Adriano negli ultimi tre anni è preso dai suoi successi lavorativi: ha ottenuto la cattedra come insegnante di storia al liceo classico di Napoli e nel periodo estivo si dedica alle summer school in giro per la Campania. Questa volta è di turno a Napoli. Ma io mi chiedo e già mi scuso per i francesismi che utilizzerò: ma dopo aver avuto le vacanze a scuola, chi cazzo va a ste dannate summer school per il mese di Giugno e Luglio? E aggiungo: ma a cosa può servire un corso del genere? cioè un ragazzino tra i 13/16 anni non preferisce stare in allegria con i propri amici? Boh…mistero della vita!.
I miei figli ad esempio di questi tempi amano andare in “colonia”. Non so se esiste quest’istituzione da voi, dunque ve ne parlo. Essendo io una lavoratrice, sono iscritta ad un sindacato, il quale ogni estate organizza dei viaggi di due mesi per i figli dei suoi associati. Questa, in poche parole, è la colonia. Marta e Luca, oggi 13 e 8 anni, impazziscono solo ad udire il termine appena citato. Lì incontrano amici, compagni di scuola e conoscenti vari. Quest’anno sono in Toscana…li ho sentiti cinque minuti fa e come di consueto urlavano, presi dall’euforia. Li invidio da morire: si divertono e non hanno alcun pensiero, diversamente da me che penso unicamente a loro e a quel che rimane del mio matrimonio.
Sento pronunciare il mio nome. Mi volto e vedo Rossella, abbigliata con maglia rosa e gonna scura. Mi alzo, andandole incontro. Ci salutiamo. L’invito a sedersi sul sofà. Accetta e iniziamo ad interloquire. La rassicuro, le faccio comprendere che la decisione di andare a Napoli non è per niente male, anzi è la giusta occasione della sua vita: cosi avrà la possibilità di cambiare un po’ aria, di affrontare una nuova vita, con suo figlio. E poi diamine esiste l’auto…andrò di certo a trovarla con quei mattacchioni dei miei bambini, ormai cresciuti.
Apre la borsa. Fruga dentro, caccia l’impossibile: portafogli, fazzoletti, sigarette, addirittura un rotolo di nastro adesivo. Finalmente trova ciò che cerca: un mazzo di chiavi.
Me le porge: “Tieni”.
La guardo perplessa: “E che ci faccio?”.
Tossisce: “Potresti darle al nuovo proprietario? Si chiama Pecci”.
Annuisco: “Ok non ti preoccupare, ma avvisalo che ho io la chiave”.
Mi sorride: “Va bene”. Guarda l’orologio al polso: “Devo andare, che il treno mi parte tra dieci minuti”.
Ci alziamo. L’abbraccio piu’ forte che posso, con la promessa che mi recherò da lei non appena potrò. La sua partenza mi dà tanta tristezza: mi mancheranno le nostre chiacchierate, io sul terrazzo e lei che si affaccia dalla scalinata, che conduce alla sua porta. Ma la vita è cosi: ti dà e ti toglie qualcosa, senza avvisarti. Eppure una vera amicizia dura per sempre e sconfigge la lontananza.
L’osservo andar via, visibilmente commossa. Piu’ scende gli scalini piu’ scompare. Mi riaccomodo: nel corso della mia vita, nel corso dei miei trentanove anni, ho visto solo persone allontanarsi da me. Ce ne fosse stata mai una che avesse detto “Ciao sono qui per te!”.
  
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