It’s too cold outside
for angels to fly…
 
 
Rabbrividii, mentre osservavo il mio respiro condensarsi nell’aria di una Londra troppo fredda.
Troppo fredda per questi shorts, per queste calze a rete e per questa maglia praticamente inesistente.
Dio solo sa quanto vorrei affondare nella mia trapunta in questo momento, chiudere gli occhi e dormire.
E svegliarmi in un altro posto, dall’altra parte del mondo magari, in un’altra casa. E trovare qualcuno ad aspettarmi in cucina con una cioccolata calda e dei pancakes appena sfornati.
Che odore hanno i pancakes appena sfornati?
Che odore ha una vera casa?
Scossi la testa, cacciando quei pensieri inutili e senza senso.
Smettila di immaginarti stronzate Delilah, e vedi di lavorare.
Mi sistemai meglio sotto al lampione, che illuminava debolmente l’autostrada scura, e un suono ormai troppo familiare invase le mie orecchie.
Ruote sull’asfalto bagnato, una frenata veloce e degli abbaglianti mi colpirono in pieno viso.
Chiusi gli occhi, sperando che quella macchina sparisse nel buio. Ma un clacson vivace portò fine alle mie speranze, e camminando sui miei tacchi vertiginosi mi avvicinai all’auto.
Ne passò un’altra, proprio accanto a me. Alzai un attimo lo sguardo, incrociando gli occhi del guidatore dal finestrino semi aperto.
Erano verdi. Erano due occhi verdi compassionevoli sul viso di un ragazzo della mia età, o più grande.
Fu questione di secondi e la macchina sfrecciò via, lasciandomi sola con un altro cliente.
Quella fu la prima volta che vidi il ragazzo con gli occhi verdi.
 
Quando la tua vita sembra un incubo, una puntata di CSI venuta male, un Pretty Woman senza Richard Gere anche un paio di occhi sinceri possono aiutarti a superare l’ennesima nottata uguale alle altre.
Incontravo gli occhi di quel ragazzo ogni sera. Ogni sera passava in macchina davanti al mio marciapiede, ed ogni sera per circa cinque secondi mi sentivo bene.
Quando mi sembrava di aver toccato il fondo, quando sentivo più freddo del solito, quando il mascara rigava il mio viso per ore..Era in quei momenti che pensavo al ragazzo con gli occhi verdi.
Pensavo che forse il mondo non faceva così schifo. Pensavo che forse qualcosa per cui valesse davvero la pena fosse rimasto.
Riconobbi il paraurti della panda blu, e potei sentire dei brividi attraversarmi la schiena, e il cuore battere.
Non sentivo quasi mai il mio cuore battere. Era come se non ci fosse, eccetto nei momenti in cui vedevo i suoi occhi.
La sua testa era già voltata verso la mia direzione, e i nostri sguardi si incrociarono di nuovo. Trattenni involontariamente il respiro, imprimendo a fuoco nella mia mente ogni particolare del suo viso.
Non volevo, non dovevo perdermi niente. Era come se scattassi delle istantanee, che mi sarei potuta godere quando sarei stata sola.
Anche quella sera la macchina mi sorpassò, e quella che la seguì e si fermò accanto a me era tutto un altro tipo di auto.
Ma non importava. Quei cinque secondi mi avevano salvata, di nuovo.
 
Era il 18 novembre. Lo ricordo bene quel giorno, lo ricordo che se non fosse passato un minuto da quel momento, come se lo stessi ancora vivendo.
Era il 18 novembre, e la 665 road sembrava più silenziosa del solita. Avevo il sospetto che quella sera sarei tornata a casa a mani vuote, e avrei dovuto subire l’ennesima sfuriata del padrone di casa. Una delle tante.
Era il 18 novembre, e sapevo che anche quella sera non sarebbe tornato. Erano tre settimane che non si faceva vedere, la sua panda blu non aveva più percorso la strada davanti al mio marciapiede ed io ero sprofondata di nuovo nel baratro, e il precipizio sembrava sempre più vicino.
Feci un respiro profondo, chiudendo gli occhi. Chiudendo gli occhi potevo far finta di non vedere la macchina che si stava avvicinando, di cui non riconoscevo il profilo a causa degli abbaglianti troppi accesi.
L’auto frenò, ma continuai a tenere gli occhi chiusi. Magari se ne sarebbe andato.
Quella sera mi sentivo peggio del solito, molto peggio.
Quando sentii la portiera sbattere mi riscossi, spaventata. Sbattei le palpebre, dato che gli abbaglianti erano ancora accesi, e cercai di mettere a fuoco la figura che si avvicinava.
Mi mancò il respiro, mentre davanti a me si fermava il ragazzo con gli occhi verdi. Era alto, molto più di me sebbene avessi i tacchi. Alcuni ricci castani cadevano sbarazzini sulla sua fronte, coprendo parzialmente gli occhi.
Ci fissammo per qualche attimo, in silenzio. Per un secondo sentii il sangue gelarmi nelle vene, e mi passò per la testa che fosse qui per essere servito.
Poi lui fece una cosa che non scorderò mai. Fece una cosa che nessuno faceva da anni, fece una cosa di cui avevo quasi scordato il valore, una cosa per cui avevo pianto intere notti.
Si avvicinò velocemente, e mi strinse in un forte abbraccio, tanto forte che dondolai sul posto per qualche attimo.
Sentivo battere il suo cuore, mentre ero stretta tra le sue braccia, e scoppiai a piangere.
Singhiozzai quando lo sentii accarezzarmi delicatamente i capelli, come nessuno faceva da anni.
Rimanemmo abbracciati per quelle che mi sembrarono vite intere, ed è dal diciotto novembre duemiladodici che non sento più freddo, e il baratro sotto di me è lontano anniluce.
Si chiamava Harry, Harry Edward Styles.
Ma per me sarebbe sempre rimasto il ragazzo con gli occhi verdi che mi salvò la vita innumerevoli volte, senza neanche saperlo.
Grazie.
 
 
 
Ispirata a quella meraviglia di canzone che è A-Team, di Ed Sheeran.
Spero vi sia piaciuta, un bacio xx