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Autore: Zomi    24/02/2012    7 recensioni
Osservava il mare piatto e calmo davanti a lei. Il blu scuro e profondo delle acque la calmava, aiutandola a riflettere e a ragionare. La luce della mezza luna, poi, rischiarava le sue idee, permettendole di sopprimere quel demone furioso che le ordinava di andare in palestra e ucciderlo a suon di pugni. Si strinse maggiormente le gambe al torace, seduta scomposta sul divanetto a prua, davanti al timone.
-Stupido demente…- singhiozzò, asciugandosi qualche piccola lacrima che le rigava il volto...
Genere: Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Perché, a volte, le maniere forti sono l’unica soluzione…

Zomi
 

 
 
                                                       UNA VITA PREZIOSA

 
 
Osservava il mare piatto e calmo davanti a lei. Il blu scuro e profondo delle acque la calmava, aiutandola a riflettere e a ragionare. La luce della mezza luna, poi, rischiarava le sue idee, permettendole di sopprimere quel demone furioso che le ordinava di andare in palestra e ucciderlo a suon di pugni. Si strinse maggiormente le gambe al torace, seduta scomposta sul divanetto a prua, davanti al timone.
-Stupido demente…- singhiozzò, asciugandosi qualche piccola lacrima che le rigava il volto. Con stizza e rabbia aprì il palmo della sua candida mano e la passò con odio su quelle lacrime che stupide cadevano dai suoi begli occhi color cioccolato per lui.
-Imbecille…- pianse ancora, infossando il viso tra le ginocchia piagate al petto e il seno prosperoso.
-Stupido ominide rincretinito…- i suoi rossi capelli sussultavano con lei, tremando sulla sua schiena incurvata in avanti e nascondendone il volto rigato dal pianto e furioso per la rabbia.
-Sei un coglione Zoro…- quasi urlò, Nami, con la sua voce rotta dal pianto e acuta per i singhiozzi. Si strinse maggiormente le gambe al petto, cercando di attutire il suono del suo pianto e sforzandosi di non mischiare a tutte quelle lacrime anche il suo odio più furioso contro il compagno. Singhiozzando, tornò con la mente a quella mattina, alla colazione e a quella sua stupidissima affermazione…
 
…stavano tutti facendo colazione. Seduti intorno alla tavola, i suoi compagni si abbuffavano senza ritegno, ingurgitando senza tanti problemi tutto ciò che avevano a tiro di commestibile e non. Il povero Sanji sfrecciava dal tavolo sempre desertico di cibo, ai fornelli, dove spadellava senza sosta per saziare l’appetito senza fine dei compagni.
-Altro latte Sanji…- canticchiò Brook, alzando in aria una brocca vuota.
-E altra cola, prego…- si era aggiunto Franky, rubando dal piatto di Usop una brioche.
-Ehi, era mia… Altre paste Sanji, che qui spariscono come neve al sole…-
-HO FAME!!!!!!!!!!!!!!!!!!!!- aveva urlato con la bocca piena Rufy, sputacchiando qua e là briciole e resti mangiucchiati di quella, che fino a pochi attimi prima, doveva essere stata una fetta di torta.
Sanji si era voltato verso la tavolata fumante di rabbia, stringendo nelle mani due affilati coltelli.
-SMETTETELA DI DAR ORDINI, O SFAMERO’ SOLO LE MIE DEE E VOI VI LASCERO’ MARCIRE DI FAME PER TUTTO IL RESTO DEL GIORNO!!!!- aveva minacciato, ammutolendo i pirati.
Immusoniti e imbronciati, avevano ripreso a mangiare quello che c’era in tavola, aspettando l’arrivo di nuove pietanze. Robin e Nami, ridacchiavano di quel spettacolino ridicolo che si ripeteva ormai ogni mattina, aspettandosi, prima o poi, un omicidio di massa della ciurma ad opera del cuoco.
-Ecco qui la vostra colazione, mie amate crostatine…- aveva cinguettato Sanji, servendo le ragazze del tè caldo e delle fette di torta alla crema.
-Grazie cuoco… sempre premuroso vedo…- aveva iniziato a bere elegantemente l’archeologa, sorridendo al biondo compagno.
-Per te questo e altro, mia cara Robin…- era tornato al piano cottura quello, con gli occhi cuori forme e inviando baci mielosi in direzione della mora.
La navigatrice rise divertita e spostò lo sguardo, dal sorriso bonario della sorellona, al posto vuoto che le era di fronte. Zoro non c’era quella mattina. Si morse un labbro.
-Zoro dov’è?- chiese ai compagni, fissando la sedia vuota dello scorbutico spadaccino.
-Ummpgrn… bvjiop…Chopperarg…-
-Ma mangia con la bocca chiusa Rufy…- aveva cercato di proteggersi dallo sputacchiare del capitano, Franky, alzando le braccia come barriera.
-Zoro è in infermeria da Chopper…- tradusse Brook, bevendo con gusto una tazza di caffé -… dopo tante insistenze da parte del dottore, l’amico si è deciso a fargli controllare la ferita sotto la cicatrice dell’occhio sinistro…-
-Ah…- annuì pensierosa Nami, distogliendo lo sguardo dal canterino e posandolo ancora sulla sedia vuota. Era dalla loro partenza dall’Isola degli Uomini Pesce, che Chopper chiedeva continuamente al samurai di fargli controllare quella cicatrice, per verificare che il taglio che l’aveva provocata non avesse causato danni ulteriori al di sotto del bulbo, e che qualche microbo o virus stesse depositando i suoi bacili, in attesa di maturare e infettare anche i tessuti attorno alla ferita. La rossa, alle preoccupazioni del dottore, aveva rabbrividito di terrore. A prima vista, quella cicatrice sul volto e la cecità che aveva comportato, non sembravano disturbare Zoro, e se a lui non dava fastidio, aveva pensato sollevata Nami, nemmeno a lei doveva darne. Lui era e restava comunque il solito Zoro. Il testardo, orgoglioso, buzzurro, maleducato e silenzioso spadaccino del quale si era innamorata. Era sempre lui, cicatrice in più, cicatrice in meno. Quella stupida ferita non lo aveva cambiato per niente. Il sapere però che essa poteva essere pericolosa per la sua salute, l’aveva messa in allarme, iniziando anch’essa a tampinare lo spadaccino affinché si facesse visitare dal loro compagno medico. Alla fine, tra le insistenze della navigatrice e del dottore, Zoro aveva ceduto.
Sovra pensiero, iniziò ad arrotolarsi una ciocca di capelli intorno alle dita, mantenendo sempre fisso e perso lo sguardo sulla sedia del verde.
-Non mangi sorellina…?- chiese Robin, notando che la navigatrice aveva attenzione solo per quel sedile vuoto.
-Aspetto…- rispose vaga lei, continuando ad arricciarsi la ciocca ribelle preferita dello spadaccino, in attesa dell’arrivo di Chopper e di Zoro, e ansiosa del sapere se quel orrido sfregio era innocuo o meno per la salute del suo amato.
-Aspetto…- aveva ripetuto, più a se stessa che all’archeologa, convinta più che mai che quell’azione l’avrebbe sempre accompagnata nel suo rapporto con lo spadaccino: aspettare che lui si aprisse con lei; aspettare che lui ammettesse di essersi perso, prima di chiederle aiuto; aspettare che lui finisse i suoi allenamenti, prima di andare a dormire tranquillamente; aspettare un suo incantevole e raro sorriso per iniziare bene la giornata; aspettare che lui si accorgesse del suo amore e che le desse una qualsiasi forma di risposta …
Aspettare.
Era quello il verbo magico.
Con un sussulto, tremò sulla sedia, vedendo entrare in cucina Chopper, e dietro di lui Zoro, lo sguardo serio e il suo solito ghigno sghembo sul viso.
-Allora?- chiese Rufy, in attesa come gli altri di sapere il responso della visita. Nami ringraziò mentalmente il capitano per la sua domanda. Se l’avesse espressa lei, di certo lo spadaccino l’avrebbe presa in giro, iniziando un delle loro solite beghe mattutine.
-Tutto ok…- aveva sorriso il dottore, prendendo posto a tavola e afferrando una fetta di torta appena sfornata da Sanji, -…l’occhio purtroppo è completamente cieco, ma la ferita non si espande al di sotto del tessuto oculare. Non vi è alcuna traccia di infiammazioni o lacerazioni preoccupanti. Per fortuna è stata curata in tempo, anche se, se fosse stata curata meglio, l’occhio sarebbe salvo…-
La navigatrice ascoltò senza respirare le parole del medico, per poi osservare di sfuggita il verde.
“Per fortuna è stata curata in tempo”…
“Per fortuna è stata curata in tempo”…
Per fortuna è stata curata in tempo…
E se non lo fosse stata?
Rabbrividì di paura, sollevando dalla tavola la sua tazza di tè ormai freddo, e iniziando a berla con brevi sorsi, fingendosi calma e tranquilla.
-È solo un occhio…- aveva minimizzato Zoro, sedendosi a tavola e servendosi da mangiare -…ho sempre l’altro…-
-Si certo…- aveva risposto Chopper, sorridendo al cuoco che gli aveva portato una tazza di latte -…non credo che avrai problemi: con le tue abilità sei in grado di sostituire la ridotta capacità visiva con gli altri sensi. Quello che mi preoccupa, è l’ipotesi in cui tu non fossi stato curato bene. Non solo avresti perso l’occhio, ma avresti anche potuto morire…-
Nami tossicchiò, strangolata dal tè che aveva in gola.
Avrebbe anche potuto morire…
Eccola la temuta risposta alla sua domanda.
-Ma non è successo… il fratello sta bene ed è qui con noi…- aveva concluso Franky, cercando di cancellare il triste e pesante silenzio che si era formato dopo le parole del piccolo dottore.
-Già… Per fortuna è stata curata in tempo, no?- aveva ridacchiato tremante Usop.
-Ma si… mangiamo sereni, che Zoro non si fa mica ammazzare da una cosuccia così…- aveva ripreso ad abbuffarsi senza più pensieri Rufy, riportando l’allegria e la serenità tra la ciurma. Per fortuna che c’era lui. Zoro ghignò, posando il capo sul palmo della mano destra e osservando i compagni mangiare spensierati.
-Già… e poi non sarebbe stata una grande perdita…- ridacchiò a mezza voce.
Nami si era alzata in pieni con uno scatto portentoso e iracondo. La sedia era caduta a terra con un tonfo gelido e secco, cancellando le risate degli amici e i suoni festosi della colazione.
-C-come, scusa? Ri-ripeti…- ansimò, stringendo nel pugno delle sue mani la tovaglia a fiori che copriva la tavola. Gli occhi erano fissi sulla sua tazza di tè rovesciata sul ripiano, e il cui contenuto colava da esso fino a terra. La chioma rossa, le copriva il volto, oscurandone l’espressione atona e incredula. Zoro girò il suo sguardo sulla compagna, osservandola in quella posa statica e carica di rabbia. Sbuffò.
-Che vuoi mocciosa?-
-Ripeti quello che hai appena detto…- ordinò la rossa, chiudendo ancor di più la presa attorno alla tovaglia. Lo spadaccino corrucciò la sua espressione.
-Ho solo detto, che la mia morte non sarebbe stata una così grande perdita per la ciurma…- disse svogliato, infastidito da quella reazione esagerata della navigatrice. Un profondo silenzio s’impadronì della cucina. Tutti i membri della famiglia fissarono sconvolti il loro compagno spadaccino, increduli per quella sua affermazione.
-S-stai scherzando, vero?- chiese titubante Brook.
Il verde volse il suo sguardo allo scheletro e, ghignando, scosse la testa in segno negativo: -Per niente…- aggiunse.
La mano di Nami si mosse con volontà propria, liberando la presa attorno alla tovaglia della tavola e aprendosi violentemente, per poi schiantarsi senza freni contro la guancia destra dello spadaccino. Lo schiaffo, rumoroso e improvviso, fece sussultare sul posto tutti i Mugiwara, che restarono fermi e immobili davanti a quello spettacolo.
-Nami…- mormorò Robin, portandosi una mano davanti la bocca.
Zoro grugnì, indirizzando il suo sguardo irritato e nero verso la navigatrice che gli era vicino in piedi. Ansimava, come se quel gesto le fosse costato uno sforzo immondo.
Respirava a fatica e teneva lo sguardo incatenato al pavimento di legno, tremando per la rabbia. Sgraziato, Zoro, smosse un poco la mascella, passandosi poi la mano sulla guancia rossa per il colpo. La pelle bronzea scottava e palpitava, dolorante. Con gesto lento, anche Zoro si mise in piedi nella cucina, ponendosi davanti all’esile e magra figura della compagna.
-Che cavolo hai oggi, mocciosa?- chiese, ringhiando.
-Non mi rivolgere parola…- rispose spenta lei, mantenendo lo sguardo fisso al pavimento e tornando a stringere le mani a pugno, -Non voglio che stupida gente come te, che non ha capito quanto sia grande e bello il dono della vita, mi parli…-
Alzò di scatto i suoi occhi nocciola, rivelandoli umidi per le lacrime che tratteneva. Deglutì e, mordendosi un labbro per la rabbia, gridò a gran voce: -NON RIVOLGERMI LA PAROLA MAI PIU’, INTESI? TU, DA OGGI IN POI, PER ME NON SARAI MAI PIU’ UN MIO NAKAM, NON SARAI PIU’ NESSUNO. IO NON VOLGIO AVERE PIU’ NIENTE A CHE FARE CON UN IDIOTA COME TE…-
Le sue urla fecero tremare lo spadaccino, perforandolo fino in profondità e facendogli sanguinare il cuore da dentro. Spalancando gli occhi e aprendo la bocca senza sapere che dire, rimase lì, a fissare quell’esile ragazza che gli urlava contro e che gli intimava di non parlarle più. Cercò di balbettare qualcosa, ma la navigatrice non lo degnò di uno sguardo. Gli voltò le spalle e uscì dalla cucina sbattendo la porta, lasciando tutti i compagni senza fiato e parole…
 
Per tutto il resto della giornata, Nami, si era rinchiusa nel suo studio, digiunando a pranzo e a cena, negandosi a chiunque venisse a bussare alla sua porta e cercando di trattenere le urla di rabbia e dolore che la trafiggevano da dentro. Inutili erano stati tutti i tentativi di farla uscire dallo studio di Robin, parlandole attraverso la porta e dicendole che di certo lo spadaccino scherzava, e che tutto ciò che aveva detto era solo una presa in giro. Nami, per tutto il pomeriggio e gran parte della sera, era rimasta chiusa nel suo studio, inveendo sommessamente contro il verde, cerando di concentrarsi nelle sue cartine e di trattenere le lacrime. Una volta che tutti si erano ritirati nelle loro stanze per dormire, aveva deciso di uscire all’aperto, per tentare di calmarsi e riflettere su quella stupidissima frase. Notando la luce ancora accesa della palestra, nonostante l’ora tarda, si era diretta decisa e inflessibile verso prua, nella zona opposta in cui si trovava lo spadaccino, evitando quindi ogni possibile incontro con lui. Si era seduta sul divanetto davanti il timone e lì, sola e senza i mormorii continui della sorellona a farle di sottofondo, era scoppiata in un pianto doloroso e di odio.
Come? Come poteva quell’idiota dire una scemenza del genere? Come poteva la sua morte non essere una grande perdita per la ciurma? Come poteva essere così imbecille da considerarsi non importante per tutti loro? Come osava anche solo pensare di poter morire senza rendere qualcun infelice?
A lei, a lei non pensava? Come credeva che avrebbe potuto sopravvivere lei, senza la sua protettiva e carismatica figura? Come? Come? Come?
-Sei un imbecille rincoglionito, Roronoa… uno spadaccino di merda, ecco quello che sei…- singhiozzava rannicchiata sul piccolo divano, cercando di smettere di piangere ma senza riuscirci -Uno stupido spadaccino egoista… capace di dar fiato alla bocca solo per dire cazzate… se proprio vuoi morire, fallo senza tante scene… tanto, l’hai detto tu, che qui, non mancherai a nessuno… e allora, io, io che piango a fare qui, eh?-
-Non lo so… per questo sono venuto a domandartelo…-
La navigatrice alzò piano il volto dalle ginocchia e, spostandosi qualche ciuffo di capelli dalla visuale, guardò avvicinarsi a lei Zoro. Infossò gli occhi, mordendosi un labbro.
Ringhiò inviperita.
Lo spadaccino si fermò a qualche passo da lei. La stava cercando da un pezzo, da quando aveva finito i suoi esercizi ed era andato nel suo studio, pronto a sfondare la porta pur di ragionare con lei. Aveva trovato la stanza vuota. L’aveva cercata in cucina, allora, credendo di trovarla affamata in cerca di cibo, poi nella sua cabina, anch’essa deserta. Arrivato nel suo agrumeto, sperando di trovarla lì, aveva gettato un’occhiata al castello di prua, vedendovi rannicchiata nel divanetto una piccola figura dalla chioma rossa e ribelle. Si era precipitato da lei, pensando che si fosse sentita male per aver digiunato per tutto il giorno, trovandola invece piegata su se stessa a piangere e ingiuriare contro di lui.
Si grattò il capo, imbarazzato, sorridendole appena. Nami però non voleva affatto parlare con lui e, rabbiosa, si incamminò verso la scalinata che collegava il castello al ponte della nave. Oltrepassò la figura sudata e a petto nudo del compagno, voltandosi dall’altra parte per non guardarlo, e con passi veloci iniziò a scendere gli scalini.
-Hai intenzione di ignorarmi per tutto il resto della vita, o solo fino a quando non ti sarà passato l’attacco d'ira, eh?- ringhiò verso di lei Zoro, offeso dal suo capriccioso comportamento. La rossa si fermò a metà della scalinata e si voltò verso di lui. Aveva le gote arrossate per il pianto, gli occhi umidi ma furenti di rabbia puntati su di lui e le mani chiuse a pugno.
-Se vuoi, dammi pure un altro schiaffo… tanto non cambierà niente, né ciò che ho detto, né ciò che penso…- affermò serio il samurai, avvicinandosi a lei percorrendo la scalinata. Nami, reprimendo un singhiozzo, percorse gli ultimi due scalini che li dividevano, scagliandosi poi con pugni e ceffoni sul torace nudo del ragazzo.
-Idiota, idiota, idiota…- ripeteva, mente continuava a picchiarlo e a piangere. Zoro incassava i colpi, indolori sul suo corpo, ma letali per la sua anima. Sentirla così arrabbiata e furiosa con lui lo faceva morire. Avrebbe sempre voluto vederla sorridere, felice e spensierata, e non così rosa dal dolore. L’abbracciò per le spalle, avvicinandosela al petto e stringendola forte, mentre i suoi colpi cessavano e il suo pianto aumentava doloroso.
-Perché?- la sentì mormorare –Perché pensi una così terribile cosa? Perché?-
-Perché è la verità…- sussurrò il verde, accarezzandole il capo ramato e appoggiandoci sopra il suo.
-Durante questi due anni di divisione ho avuto tempo di riflettere. Per tutta la mia vita ho ucciso e ferito gente innocente e non, senza un motivo valido, ma solo per poter migliorare e diventare il migliore. Poi è arrivato Rufy, che mi ha dimostrato che si può essere il migliore senza recar danno a nessuno, ma allenandosi ad abbattere i propri limiti da soli… È stato come riemergere dal buio e trovarsi davanti l’accecante sole . Mi sono reso conto di essere un assassino, un boia e di non meritare di vivere. Per tutta la mia esistenza non ho fatto altro che uccidere, senza mai dare troppo peso alla tristezza e al dolore che producevo…- sospirò dolorosamente -La mia morte non sarebbe una grande perdita perchè mille altre vite sarebbero salvate dalla mia stupidità…-
Nami alzò il capo dal suo torace, dove fino a quel momento lo aveva abbandonato ascoltandolo. Lo fissava con i suoi occhi color cioccolato, bagnati e grandi. Alzò una mano dal petto su cui si era addossata, e la portò fino sul volto dello spadaccino, accarezzandone i contorni dell’ovale e fermarsi poi sulla cicatrice dell’occhio. Zoro le sorrise, beandosi di quel suo tocco leggero e morbido. Forse lo aveva perdonato, forse ora riusciva a capirlo meglio…
La guardava negli occhi, annegando in quel mare di dolce cioccolato, di cui si era perdutamente innamorato tempo addietro. Nami, con un profondo sospiro, l’alzò di nuovo nell’aria la mano, per poi scagliarla feroce contro quel volto che tanto amava.
-Questa…- urlò prendendolo per il collo e strattonandolo sulle scale -…è la più grossa quantità di stronzate cha abbia mai sentito!!!! Tu avresti ucciso senza motivo? Idiota!!!! Hai dovuto farlo per sopravvivere, cretino, altrimenti saresti morto di fame o ammazzato da chissà chi… la tua vita non è stata solo morte e distruzione, ci sono stai momenti belli e felici: non dirmi che da quando hai incontrato Rufy, non hai mai ringraziato il cielo di vivere perché ti riempio di pugni…-
Continuava a strozzarlo, facendo prendere al volto del samurai una tonalità violacea.
-Se la tua morte salverebbe la vita a mille persone, immagina quante ne morirebbero per la tua assenza: io per prima!!!! Cazzo, a me non pensi, imbecille dalla testa verde…-
-Na-nami… non… non res-respiro…- stringeva i polsi alla rossa Zoro, cercando di liberarsi dalla sua presa e di poter riprendere fiato.
-Ho aspettato due anni, dico, due anni, per poterti rivedere, impegnandomi a diventare una navigatrice migliore e più abile per guidare te, e il resto degli imbecilli che mi circonda, in questo casino di mare, mentre tu in questi stupidi mesi non hai fatto altro che pensare a ste cazzate?!? Coglione di un Morimo di merda, io ti ammazzo…- lo stava strangolando così forte che il viso dello spadaccino era ormai blu.
-Sei un cretino!!!! Se tu morissi, io non vivrei più, morirei con te, imbecille!!!! Non azzardarti mai più a dire una fesseria del genere, intesi?!?- lo liberò dalla presa alla gola, solo per avere le mani libere e mollargli un poderoso pugno sul cranio.
Riprese fiato, Nami, cercando di far tornare stabile il respiro dopo quello sfogo urlato a pieni polmoni, mentre Zoro si alzava dagli scalini, massaggiandosi la gola arrossata e tossicchiando.
-Mocc-mocciosa violenta…- mugugnò, respirando a fatica.
-Me ne fotto…- gli tirò la lingua, incrociando le braccia al petto e fissandolo sedersi su uno scalino. Con un sorrisetto affabile gli si sedette accanto, prendendogli una delle sue callose e grandi mani tra le sue, esili e diafane.
-Ti ordino di non dire mi più una stupidaggine del genere- sussurrò dolcemente allo spadaccino, che la fissava incredulo per quell’improvviso tono di voce calmo e tenero -… perché è del tutto priva di fondamento… la tua vita è preziosa, importante, non solo per te ma anche per tutti noi… me per prima…- arrossì, iniziando ad accarezzargli le lunghe dita muscolose.
-Ma, Nami io ho…-
-Non importa quanta gente tu abbia ucciso, quello è il passato… anch’io prima di incontrare Rufy ho sbagliato quasi sempre, ma ora, oggi, grazie a lui, non lo faccio più… semmai ti tornerà in mente che la tua morte non sia una grande perdita, ripensa a ciò che ti dirò ora…- prese un profondo respiro, stringendo saldamente la mano del verde nelle sue -… io ti amo. Ti amo. E se tu non ci sarai nel mio domani, io non avrò alcun motivo per continuare ad andare avanti. La tua vita è preziosa per me, perché mi aiuta a vivere bene la mia… non m’importa quante persone tu abbia ucciso o ferito, non m’importa sapere quante ne proteggerai e difenderai da oggi in poi, me compresa, m’importa saperti sempre accanto a me, desideroso di vivere…-
Si alzò dagli scalini, abbandonando la mano del verde e incamminandosi verso sotto coperta, rossa in volto. Zoro era rimasto allibito dalle sue profonde parole e dalla sua dichiarazione.
-No, aspetta…- la richiamò, correndole dietro e afferrandole un polso per fermarla nel mezzo del ponte erboso. La navigatrice si girò verso di lui, ancora in attesa, pronta ad aspettarlo in eterno se fosse stato necessario, pur di averlo. I grandi occhi neri dello spadaccino la fissavano increduli. Piano, alzò una sua grande mano bronzea sul viso delicato e candido di lei, accarezzandone i contorni e sorridendole felice.
-An-anch’io ti amo mocciosa… e ciò, ciò che hai detto è vero…- balbettò continuando ad accarezzarla dolcemente -…sono un egoista a pensare che la mia morte non renderebbe tristi te e gli altri, ma in questi due lunghi anni, la solitudine mi ha assalito e, tutto il tempo per pensare che ho avuto a disposizione, l’ho sfruttato solo per vedere la parte negativa della mia vita, il passato, che come hai detto tu è stato uno sbaglio dietro l’altro, prima dell’arrivo di Rufy… hai ragione: se fino a ieri ho ucciso per sopravvivere, oggi impugno le mie katane per difendere e salvare la vita, non più per toglierla… la mia vita è preziosa e importante… soprattutto da quando ho incontrato te… scusami se sono stato così cieco e stupido…-
La navigatrice scrollò la testa, abbracciando per la vita lo spadaccino e appoggiando il capo ramato sui suoi addominali, in segno di perdono.
-Non dire mai più un’assurdità del genere… promettilo, fallo per me…-
Zoro annuì: -Te lo prometto, mocciosa mia…-
Le alzò delicato il volto, avvicinandolo al suo, per poterla baciare come da sempre aspettava. Un semplice bacio, una promessa di fedeltà e amore eterno, espressa senza malizia, ma solamente dimostrando il loro affetto con delicatezza e calore.
-Domani mattina dovrai chiedere scusa anche a tutti gli altri…- mormorò Nami, mentre Zoro la prendeva in braccio e iniziava ad avvicinarsi alla zona notte -… e dovrai anche dirgli di noi due…-
-Che? E perché io?- sbottò il samurai.
-Oh bhè, è la punizione per essere stato tanto cretino da pensare a una cazzata di quel calibro…- spiegò seraficamente la rossa, arricciando le labbra in un sorriso saccente.
-Per fortuna che mi ami, altrimenti crederei che ti piace vedermi patire…- ghignò lui.
-Nah… prendila come una forma di affetto…- lo baciò sul collo, mentre con un calcio Zoro apriva la porta della propria cabina -… e poi ricordati sempre, quando quel stupido pensiero ti tornerà in mente, che la tua vita è importante, per me soprattutto perché mi è essenziale per andare avanti… perché ti amo…-
Delicato, lo spadaccino la depose sul suo letto, sdraiandosi accanto e baciandola sul collo, scendendo poi lungo l’abbondante scollatura della maglia che indossava.
-Credo che un pensiero del genere non mi sfiorerà più nemmeno l’anticamera del cervello d’ora in poi…- biascicò, sfilandosi i pantaloni.
-Meglio… perché la tua vita è preziosa, amor mio…- passò un mano candida tra i suoi corti capelli verdi -… mi è essenziale per vivere e continuare ad amarti. Zoro, la tua vita è preziosa ed è la cosa più cara che tu possa avere, oltre al mio cuore…-
Lo spadaccino sorrise sereno, dimenticando per sempre quell’orrido pensiero che gli era nato nella mente, durante quella lunga separazione dalla sua famiglia. La sua vita era preziosa, ora più che mai, da quando era legata a doppio senso con quella della sua mocciosa. 

   
 
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