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Autore: Hika86    25/02/2012    2 recensioni
[50/50 capitoli COMPLETA][0/5 capitoli extra IN CORSO] Un filo ci lega alla persona cui siamo destinati: non importa il tempo che dovrà passare o le distanze che ci separano. Ma se questa persona fosse proprio davanti a noi e non riuscissimo a riconoscerla? Se la considerassimo antipatica tanto da non degnarla neanche di uno sguardo? E se l'avessimo trovata e noi stessimo vacillando nei dubbi? E ancora, cosa dice che non l'abbiamo già persa?
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L'aveva scelto lei quel lavoro e le piaceva, ma ogni tanto si chiedeva chi glielo faceva fare di stare ad ascoltare le lamentele dei clienti d'oltreoceano che le chiedevano il perchè e il percome di certi atteggiamenti dei loro partner commerciali giapponesi. "Si, si, si... bla, bla, bla..." continuava a pensare facendosi girare la penna intorno al dito senza realmente ascoltare ciò che le veniva detto dall'altra parte del ricevitore "Quanto schifosamente si deve essere ricchi per potersi permettere di chiamare da Los Angeles a qui solo per lamentarsi? Con la crisi che c'è certa gente dovrebbe solo vergognarsi di spendere così i propri soldi invece di impiegarli più utilmente, senza contare che ho altro a cui pensare io!" sbuffò piano scribacchiando qualcosa sul foglio a quadretti del blocco sulla sua scrivania, qualcosa che non aveva nulla che vedere con quello che le stavano dicendo. Sbatacchiò nervosamente la punta della penna contro il foglio e infine prese un bel respiro «Ascolti, le passo chi si occupa dei reclami. Può aspettare un attimo in linea? Uno solo...» e senza lasciare tempo di replica schiacciò la tastiera del telefono e scaricò il problema sul collega di turno. Probabilmente nessun giapponese l'avrebbe mai fatto e sarebbe stato ripreso per un comportamento simile, ma se c'era un solo vantaggio nell'avere il sangue misto era che nemmeno nascendo e crescendo in quel paese era mai stata considerata del tutto una giapponese, quindi certe piccolezze le erano scusate e concesse come ad una qualsiasi straniera.
Accavallò le gambe e si chinò su alcuni documenti per dare una parvenza d'impegno, in realtà era da quella mattina che non riusciva a concentrarsi su nulla, niente e nessuno. Nessuno che non fosse Sho. La sera prima era stata avvisata da Ogura san che il giorno dopo, insieme a lui e a Kimura san, sarebbe venuto anche lui. Loro due passavano dal suo ufficio per definire alcune importanti decisioni per il lavoro da svolgere "in trasferta" -prima ad Osaka e poi nelle altre città- e Sho sarebbe venuto con loro. La sua presenza non era necessaria, così come non lo era quella di Erina dato che erano decisioni con parecchi soldi in ballo e nessuno dei due aveva l'autorizzazione di prenderle, ma lei era quella che lavorava sul campo e lui rappresentava il gruppo che poi avrebbe beneficiato di quel lavoro, quindi sarebbe stato comodo averli per una seconda riunione in cui illustrare la linea d'azione da intraprendere. Sho in realtà era ancora meno utile di Erina: per tutti i gruppi della Johnny's le decisioni venivano prese senza che venissero interpellati gli interessati, ma Matsumoto san era parte di una cerchia di artisti che avevano accesso diretto alle informazioni ed, eventualmente, a dire la propria in alcune questioni. Sho era il suo sostituto e a voler essere sinceri era più competente del compagno in campo economico, quindi poteva dare un ottimo contributo. Insomma, Ogura san gliel'aveva spiegata a quel modo, ma Erina aveva capito perfettamente che avevano cercato di fissare l'appuntamento con il suo capo in un giorno in cui lui fosse stato libero proprio per portarlo da lei. I suoi due colleghi più anziani della JE avevano intuito da tempo cosa provava per Sho e quella era la prima volta che si sbilanciavano tanto per favorire i suoi sentimenti. Lo avevano portato per darle una chance, ma non sapevano che aveva l'aveva già avuta e l'aveva anche ben sfruttata.
Con un sospiro si mise a fissare il portapenne sulla scrivania. Ripensò alle labbra morbide di Sho, a quelle braccia forti che l'avevano stretta, al suo respiro caldo quando le aveva confessato di provare qualcosa per lei. "Da sempre..." ripensò sospirando alle parole che le aveva detto "Non ho mai smesso... oh mamma... non ha mai smesso". Strinse le dita intorno alla povera penna che torturava da ore: ogni volta che le tornavano in mente quelle parole si sentiva tanto felice che probabilmente urlare versi inarticolati non avrebbe sfogato a sufficienza tutta la gioia che sembrava riempirle il cuore fino a scoppiare. Nemmeno pestare i piedi a terra e stritolare un cuscino tra le braccia l'aveva calmata i giorni precedenti. Ying una volta l'aveva beccata a rotolarsi sul futon in preda ad uno scoppio di risa. Non era servito. Era ancora tanto felice da sentire di non riuscire a contenere tutta quella felicità dentro di sè. Comunque non si sarebbe rotolata sul pavimento dell'ufficio.
«Erina san?» si sentì richiamare e si girò di scatto con un sorriso così ampio e stupido che la collega ebbe un attimo di esitazione prima di parlare «Aspettavi qualcuno?» domandò allora
«Credo di sì, Asano san» annuì cercando di darsi un contegno «Chi è?»
«Sono tre signori» rispose la donna, era più giovane di lei di un paio di anni ed era da poco arrivata nell'azienda. Dato che Erina era la più espansiva e simpatica tra tutti le affibbiavano sempre gli stagisti o i nuovi arrivati da svezzare. «Ah sì... sono loro allora. Non hai sentito stamattina il capo Himejima?» le chiese alzandosi in piedi «Ha detto che avremmo avuto ospiti importanti oggi»
«Sono arrivata in ritardo stamattina» si scusò con un inchino «Allora li porto qui» fece prima di uscire dall'ufficio. Effettivamente il capo, Himejima san, aveva avvisato dell'arrivo di Sho in ufficio solo quella mattina chiedendo, soprattutto alle donne, di astenersi da comportamenti indecorosi e dal fare video o foto: un errore qualsiasi e avrebbero perso il contratto con la Johnny's. Quando il terzetto entrò in ufficio quindi ci fu un comportamento normale, di fredda cortesia, anche se due o tre si concessero di sbirciare più a lungo nascoste dietro i computer. Erina non aveva una stanza tutta per sè, non era un pezzo grosso, ma lavorava in uno stanzone con un altra decina di persone, tutte della divisione internazionale dell'azienda e competenti in diverse lingue. Uscì dalla sua postazione vedendo arrivare Kimura san e Ogura san. «Erina san, quanto tempo» dissero questi inchinandosi a salutarla sorridenti
«Sì, è passato un po' di tempo. Sono felice di lavorare ancora con voi» rispose inchinandosi a sua volta. Solitamente non usavano tutta quella formalità tra loro, ma in quel posto, davanti ad altri, era meglio attenersi all'etichetta soprattutto con loro che erano i clienti e, in parte, i suoi superiori, anche se di un'altra azienda. «Non so se ti hanno avvisato, ma con noi oggi c'è anche Sho san» spiegarono con un sorrisino soddisfatto prima di spostarsi un po' per lasciare che vedesse il ragazzo che avevano finora coperto alla sua vista. Erina cercò di continuare a respirare: era la prima volta che lo vedeva dopo sera in cui si era dichiarati quindi era parecchio nervosa, in più tutte le volte che lo incontrava si rendeva conto di quanto dal vivo fosse ancora più bello che in foto o in televisione. Quel giorno indossava una camicia di jeans azzurro scuro, una semplice cravatta nera, intonata a pantaloni eleganti, cintura e scarpe anch'essi neri. Riusciva ad essere elegante, ma non rigido: la camicia era quasi casual, più stretta di una da completo e gli cadeva perfettamente, facendo intuire facilmente la forma dei pettorali e dei muscoli delle braccia. Lo avrebbe baciato nel preciso istante in cui le era comparso davanti, ma non poteva, quindi sorrise mostrandosi appena un poco emozionata «No, cioè.. sì. Stamattina ci ha avvisato il capo Himejima» spiegò cercando di respirare regolarmente e non diventare rossa all'istante «Sakurai san, è un piacere» disse chinando il capo
«Erina san. Finalmente siamo noi a vedere dove lavori tu» scherzò con un sorriso, indicando l'ufficio, volutamente mostrando meno formalità tra di loro, rispetto agli altri due colleghi. «Gli uffici sono tutti uguali, il mio è solo più affollato» spiegò scuotendo il capo
«Il nostro è molto meno interessante da quando sei tornata qui» fece Sho guardando gli altri due che assistevano quasi deliziati a quello scambio di battute «Sbaglio?» domandò per avere una risposta
«Oh tu dici?» chiese Kimura san
«Può darsi, sì. Hai avuto questa impressione?» fece l'altro divertito «Ah, ma noi dobbiamo andare dal tuo capo. Abbiamo appuntamento tra pochi minuti, possiamo affidarti Sho san?»
«Ehi voi! Non sono mica un bambino da scaricare alla babysitter» ribattè il ragazzo ridendo e puntando il dito verso i colleghi
«E io non sono una bambinaia» ridacchiò Erina «Va bene, mi farò aiutare in un paio di conti da terminare prima di fare la riunione tutti insieme. Ci metterete molto?» domandò
«Dipende da come vanno le trattative» dissero loro vaghi
«Va bene. Asano san, potresti accompagnare i signori dal capo?» disse affidando Ogura san e Kimura san alla sua stagista. Quella annuì e fece strada.
Quando i due si furono allontanati Erina si girò a raccogliere i documenti sulla scrivania per cercare di darsi qualche attimo di tregua e continuare a mantenere la calma. "Respira... respira profondamente. Nessuno deve intuire niente in questa stanza, assolutamente nessuno, quindi stai calma" si ripetè come fosse un mantra. «Cosa dovrei aiutarti a fare?» si sentì chiedere. Quando si girò Sho si era avvicinato entrando nello spazio della sua scrivania e sbirciava oltre la sua spalla. Era decisamente troppo vicino per il suo cuore. «Cosa guardi? Non è tutta roba tua» gli disse mettendogli una cartelletta contro il naso per coprirgli la visuale «Facciamo questi documenti. Non sono difficili, ma se siamo in due facciamo prima»
«Erina san» si senti interrompere. Una collega se ne stava in piedi davanti alla sua scrivania, con un sorrisino stampato in faccia e la guardava ogni tanto solo per non fare la figura dell'indiscreta e fissare Sho tutto il tempo. «Dimmi» fece per incitarla a parlare. Non era felice di avere qualcuno che si intromettesse: forse c'era un'ora scarsa prima che la riunione tra i capi finisse e lei sperava di passarla in una sala riunioni con Sho, ad occuparsi dei documenti, ma pur sempre da soli. «Volevo darti questi» fece quella dandole dei fogli a caso. Erina li guardò rapidamente e ci mise poco a capire che non erano per lei «Izuka san, credo che la persona più indicata per questo tipo di affari sia Tashiro, del reparto contabilità» spiegò riconsegnandole tutto
«Ah si? Oh, allora ho proprio sbagliato, scusami» si inchinò appena e sorrise raggiante a Sho che, cortesemente, chinò il capo verso di lei senza dire nulla. Con uno sbuffo Erina guardò la collega allontanarsi e girarsi ancora un paio di volte, quindi raccolse la documentazione dell'affare con la JE e fece per prenderlo tra le braccia. «Posso portarlo io» si offrì Sho
«Eh? Veramente non è il caso... sei un ospite» spiegò Erina, stavolta senza riuscire ad evitare il rossore, troppo felice per quel gesto di attenzione e gentilezza da parte sua. «Allora dammene tre quarti e tu portane un quarto così se cadi dovremo raccogliere meno fogli» la prese in giro con un sorriso bonario
«Ah-ah... molto spiritoso» rispose arricciando il labbro, ma facendo esattamente ciò che lui aveva detto «Seguimi, andiamo in una sala riunioni così avremo un tavolo libero e silenzio per finire il lavoro».
Gli occhi di tutti non erano puntati su di lei, ma sul bellissimo giovane dietro di lei che la seguiva ubbidiente portando un plico di fogli e cartelle tra le braccia muscolose, però in un certo senso si sentiva osservata a sua volta. Attraversarono il corridoio tra le scrivanie ed uscirono dalla stanza per avviarsi verso la parte con le sale riunioni. Sapeva in quale andare, sapeva qual era quella libera tra quelle più lontane dal rumore del resto dell'ufficio e guardava la sua porta da lontano come un viaggiatore assetato osserva palme ed acqua in mezzo al deserto, ma era destinata ad incontrare un ultimo ostacolo prima di arrivare alla sua oasi. «Erina» venne chiamata nuovamente. Avrebbe sbuffato scocciata se quello che le stava davanti non fosse stato Fujimiya, il collega con cui molti supponevano lei stesse insieme, per quanto non ci fosse stato nulla di detto tra loro. «Koji kun» disse con un filo di voce: era l'ultima persona che avrebbe voluto incontrare in quel momento. "Oh fantastico! Proprio Mister Tempismo... sono due giorni che vorrei parlargli e mi capita proprio nel momento in cui invece non vorrei vederlo?" sorrise a stento «Dimmi tutto» fece cercando di sembrare normale. "Ormai conosco i sentimenti di Sho quindi è chiaro che devo chiarire con Koji, ma è solo il secondo giorno lavorativo e non essendo dello stesso dipartimento non ci vediamo così spesso. Inoltre mi servirebbe un'occasione per rimanere soli... ma poi, come posso respingere qualcuno che non si è mai dichiarato?" si scervellò perdendo tutte le parole che Fujimiya le aveva detto. «Erina, tutto bene?» domandò quello allungando una mano a toccarle il braccio
«Tutto bene, scusami è che sono un po' tesa» spiegò risistemandosi le cartelle tra le braccia, nonostante non ne avesse bisogno, ma solo per scoraggiarlo a continuare a toccarla. Quelli erano alcuni dei piccoli gesti che mesi prima le avevano fatto piacere, rendendole chiaro di interessargli, ma ormai non era più così. Ora erano totalmente fuori luogo solo che Fujimiya non poteva saperlo ed Erina si rendeva conto che evitare in quel modo il contatto con lui era innaturale e probabilmente lo feriva. «E' per il contratto a cui stai lavorando?» domandò questi alzando gli occhi su Sho, alle sue spalle
«Koji kun, questo è Sakurai Sho san, un membro del gruppo. E' qui come loro rappresentare. Sakurai san, lui è Fujimiya Koji kun, un collega» li presentò facendosi da parte «Dovremo sbrigare un paio di cose prima che il capo finisca con i suoi superiori quindi...» spiegò dopo che i due di furono presentati a vicenda. La situazione era orribilmente spiacevole e aveva solo voglia di svignarsela. L'uomo sorrise e annuì salutandoli entrambi «Ne riparliamo dopo allora, scusatemi» detto questo se ne andò.
Finalmente raggiunse la porta della sala e la aprì con un gomito per poi spingerla ed entrare. «Appoggiamo le cose sul tavolo e poi le sistemiamo» spiegò spostando lo sguardo sui documenti che Sho posò vicino ai suoi fermandosi al suo fianco
«Ho lasciato la porta aperta» disse lui, quasi volesse scappare. Erina lo seguì con gli occhi mentre si girava e si affrettava ad andare a chiudere. Silenziosamente decise di seguirlo per comparirgli alle spalle. «Allora ti ho s... aho!» fece per dire il ragazzo mentre si voltava rapidamente ed andavano uno addosso all'altra «Ma che... sei impazzita? Che fai?» domandò con gli occhi sgranati
«Io? Che fai tu? Ti sei girato di scatto!» replicò tenendosi la fronte, l'aveva sbattuta contro la sua spalla
«Tu non avresti dovuto essere alle mie spalle a due centimetri di distanza» le spiegò «Tutto bene?» chiese passandole una mano sulla fronte
«Si, si... ti stavo inseguendo per farti uno scherzo» mugugnò delusa «Cosa stavi dicendo?»
«Volevi cogliermi di sorpresa? Per fare cosa?» chiese con un sorrisino divertito. Dato che prenderlo alle spalle non le era riuscito decise quantomeno di provare a sorprenderlo. Il più rapidamente possibile, per non dargli modo di reagire, si aggrappò alla sua camicia e si alzò in punta di piedi arrivando a fatica a lasciargli un bacio a stampo sulle labbra. Ma durò ben poco e fu lieve perchè baciandolo a sorpresa non poteva contare sul fatto che le venisse incontro e lo slancio che si era data le aveva dato appena qualche secondo di tempo. «Sono... troppo bassa» farfugliò arrossendo fino alla radice dei capelli. "Non doveva andare cosììì... dovevo baciarlo a sorpresa e dopo un primo attimo di sorpresa avrebbe dovuto ricambiare appassionatamente in stile film di holliwood" pensò passandosi una mano sul collo, sentendosi il viso in fiamme. Decisamente non era andata come voleva lei, anzi, era risultata un po' patetica. Sho scoppiò a ridere qualche secondo dopo aver realizzato cos'era successo, il che non la fece stare meglio. «Troppo bassa... che buffa... troppo bassa» farfugliava di continuo tra le risate sconnesse «Oh mamma... è stato ahia!» esclamò quando Erina gli pestò un piede
«Non ridere così apertamente!» lo minacciò puntandogli un dito contro il petto «Mi sto vergognando per i fatti miei, non è affatto carino che tu rida così, sai?» quindi girò su se stessa decisa a non starsene lì a fissarlo mentre cercava di contenere il suo divertimento. Con uno sbuffo spostò un paio di fogli da sopra un plico e deglutì a fatica: si sentiva mortificata, fantasticava su quel momento dalla sera prima e non era così che se l'era immaginato. «Sai che è pericoloso?» domandò lui una volta recuperato il controllo di sè «Se fosse entrato qualcuno?»
«Davi le spalle alla porta, prima di aprirla avrebbero dovuto piantartela nella schiena» rispose pacata "Te lo saresti meritato, insensibile che non sei altro"
«Quindi era tutto calcolato?»
«In parte sì. Beh, no... voglio dire che...» incespicò sulle sue stesse parole e alzò lo sguardo per osservare fuori dalla finestra «Sì, sì, era tutto calcolato» sbuffò infine. Sentì che le venivano tirati leggermente i capelli e una mano entrò nel suo campo visivo il tempo di prendere tra le dita una ciocca e tirarla indietro. «Ah si? Significa che hai pensato a questa cosa da stamattina?» domandò con una punta di curiosità nella voce, ma ad Erina parve anche di sentire della malizia in quella domanda. «Da ieri sera» specificò non riuscendo a mentirgli e continuando a dargli le spalle
«Come l'hai saputo?» chiese fermando qualsiasi gesto stesse facendo con i suoi capelli alle sue spalle
«Mi ha chiamato Ogura san» spiegò voltandosi lentamente. Era a poca distanza da lei e mentre si girava i ricci gli sfuggirono dalle dita. «Lui sa di noi?» fece allarmato
«E' un interrogatorio?» replicò a mezza voce, aggrottando le sopracciglia «Non sa niente. Lui e Kimura san, non so come, hanno intuito da tempo cosa provo, ma non sanno di quello che è successo domenica e non penso sappiano nulla dei tuoi sentimenti»
«Quei due... allora è per questo che hanno insistito perchè venissi? E mi hanno anche detto che ti avrei fatto una sorpresa» si lamentò facendo il broncio «Pensavo che non sapessi sarei venuto»
«Lo sapevo, per questo ho lasciato i capelli sciolti» ammise guardandolo negli occhi «No è che... stanotte ci h pensato su e ho fatto caso che molte delle volte in cui sei stato gentile con me non li avevo legati. Non è che sono una maniaca! Ma erano più le volte in cui ci arrabbiavamo per qualche fraintendimento, piuttosto che quelle in cui riuscivamo ad esprimere quello che provavamo e così quelle poche volte me le sono impresse nella testa nei minimi particolari. Ho fatto caso ai capelli perchè stavo ripensando se avevi mai fatto qualche apprezzamento particolare su qualche mio vestito per rimetterlo» cominciò a spiegarle agitata, sempre a mezza voce dato che continuavano ad essere vicinissimi e alzarla tanto era inutile «Mi è sembrato di capire che ti piacciono... così...»
«Sì, mi piacciono» sorrise dolcemente posandole le mani sui fianchi «E' stata la prima cosa che ho notato. Sono così strani per un giapponese. Ho sempre voluto toccarli»
«E dire che non li ho mai sopportati» riflettè Erina tenendosi con le mani sulle sue spalle «Così se entra qualcuno sarà difficile non essere scoperti» gli fece notare abbassando lo sguardo per qualche attimo sulle sue labbra
«Effettivamente» annuì piano, abbassando lentamente la testa verso di lei «Inoltre non abbiamo del lavoro da fare? Se arrivano e non c'è nulla di pronto che scusa abbiamo?»
«Non dobbiamo fare nessun lavoro» sorrise divertita stringendo le mani sul tessuto della camicia del ragazzo «Era solo una scusa per venire qui. Dato che sono l'unica che se ne occupa nessuno sa se le cose sono state fatte o meno, solo io. Ho finito tutto giorni fa». Quando lo vide sorridere sollevando un angolo della bocca si alzò in punta di piedi, ma Sho si fece indietro sfuggendole all'ultimo momento. «Ti fai carina apposta per me» cominciò ad elencare «Elabori un modo per rimanere da soli, menti ai tuoi colleghi e pensi a come baciarmi senza che nessuno ci veda... qualcosa mi dice che non mi annoierò» concluse soddisfatto, andandole finalmente incontro, ma toccò a lei piegare la schiena e farsi indietro. Sho la osservò stranito da quel gesto ed Erina gli sorrise soddisfatta «Se scegli una rossa ci sono sempre conseguenze» lo ammonì per poi allacciare le braccia dietro il suo collo. Le mani di Sho si strinsero sui suoi fianchi a sostenerla, stavolta anche lui le andò incontro e lei era fermamente intenzionata a continuare a baciarlo almeno finchè non fossero rimasti entrambi senza fiato.

Ci era rimasto malissimo. Era lui che sperava di farle una sorpresa, era lui che voleva chiederle come si era sentita a vederlo comparire nel suo ufficio senza preavviso. Invece Erina era già stata avvisata e non aveva avuto quel piacere. Tutto sommato però non poteva lamentarsi dato che, proprio in previsione di quell'incontro, la ragazza aveva acconciato i capelli di modo da lasciargli libero accesso ai boccoli. E certo non aveva niente da dire sul vestito scelto: una tailleur con gonna e giacca blu, in cui la seconda, chiusa da una fila doppia di bottoni, lasciava ampiamente scoperte le clavicole e il collo, senza però risultare volgare con una scollatura troppo profonda, che sarebbe stata fuori luogo sul lavoro. Aggiunse il blu ai colori che preferiva vederle addosso, insieme al verde del vestito con cui l'aveva vista la prima volta quel Luglio.
Rivederla, dopo essersi dichiarato, gli dava delle strane sensazioni. Non appena si erano salutati aveva sentito la voglia irrefrenabile di abbracciarla, di toccarla, come a voler rendere noto a tutti che quella donna era proprietà sua, cosa che invece non si doveva sapere. Quel sentimento era aumentato non appena era apparso Fujimiya in corridoio. La gelosia che lo rodeva dentro avrebbe dovuto trovar pace ora che sapeva che Erina era innamorata di lui: un collega che dava passaggi non poteva essere un problema, ma sentire che lei lo chiamava per nome e lui addirittura non usava nessun titolo con lei gli aveva fatto torcere le budella. Poi, quando finalmente erano rimasti soli, era caduto improvvisamente nel panico: non sapeva cosa dirle, nè come comportarsi. Per anni si era convinto che in quel lontano giorno di neve avesse perso qualsiasi chance con Erina, ma da un giorno all'altro aveva avuto l'assoluta certezza che quella ragazza lo guardava con i suoi stessi occhi, che l'uomo maturato da quella fredda e lontana lezione aveva infine attirato la sua lezione. Un bel cambiamento che sembrava confonderlo non poco. La gaffe di lei però lo aveva rilassato e così aveva ritrovato la naturalezza con cui le aveva parlato fino a pochi giorni prima, quando ancora pensava di doverla conquistare. Non poteva parlare per termini assoluti, ma in quel momento quella sembrava la donna perfetta: affrontava la vita in maniera seria e coscienziosa e questo nonostante avesse spesso un atteggiamento, al contrario, molto svagato e distratto riuscendo come per magia a far sentire a proprio agio qualsiasi persona fosse con lei.
Per riprendere fiato staccò le labbra dalle sue e le diede un bacio sulla fronte, passandole le mani dietro la schiena per abbracciarla e stringerla a sè. Ascoltò il frusciare dei vestiti, inspirò il profumo dello shampoo che doveva aver usato la sera prima e si concesse qualche secondo ad occhi chiusi per sentire quel corpo stretto tra le sue braccia. «Sakurai san?» la sentì pigolare contro il suo petto
«Non voglio che mi chiami "Sakurai san"» borbottò arricciando le labbra in una smorfia, gli era tornato in mente Fujimiya. "Se Takomiya viene chiamato per nome allora anche io voglio essere chiamato per nome. I polipi appiccicosi non dovrebbero più avere diritto di chiamarla in nessun modo... perchè ho vinto io. Anzi, ho sempre vinto io: l'ho vista per primo" rimuginò tra sè sciogliendo l'abbraccio, consapevole di aver rischiato anche troppo per quel giorno: nessuna porta avrebbe permesso loro di spiegare il perchè di quell'abbraccio se qualcuno fosse entrato in quel momento. «E come dovrei chiamarti? "Sho kun"?» chiese lei imbarazzandosi
«Non fare l'innocente, non mi hai mai chiamato così parlando del gruppo? Masaki lo chiami "Aiba chan" come tutte le fan» le disse sollevando le sopracciglia, accusatorio
«Non volevo dire questo... ma... appunto, tutte le fan ti chiamano "Sho kun". Io non sono "tutte le fan". No?» domandò tornando a sbirciare il suo viso dal basso
«Ma non so... fammi pensare» fece picchiettandosi l'indice sul mento
«"Fammi pensare"? Cosa vuoi pensare? Ehi!» esclamò picchiandolo sull'avambraccio
«Le domande stupide meritano risposte stupide» le spiegò con un sorriso saccente «Come vorresti chiamarmi?» domandò allora. Ormai aveva capito che una delle cose che più lo divertiva era torturarla: quando entrambi sapevano perfettamente la risposta e dirla ad alta voce sarebbe stato scomodo era divertente costringerla a parlare e vederla veramente imbarazzata, come nemmeno nelle sue peggiori figuracce si mostrava. «Shocchi?» domandò Erina arrossendo dopo qualche minuto di conflitto interno
«Shocchi?» domandò sconcertato
«Shopyon, Shobō?» continuò ad elencare
«Aspetta, aspetta... cosa stai dicendo?» fece stranito «Credevo che avresti detto dei banali "tesoro", "honey"... non queste cose!»
«"honey"? Ma come ti viene in mente?» chiese con una smorfia «No, direi più Sho tama. Anzi no, no... che ne dici di Sho chama?» si mise a ridere
«Stai rovinando tutto il romanticismo» storse il naso
«Va bene, scusa. Allora che ne dici di "shōhōshi"» propose infine cercando di rimanere seria. Lui la guardò incredulo «Mi stai suggerendo di farmi monaco o hai intenzione di chiamarmi "mia dolce microspora"*?» domandò infine. Fu la fine, Erina prese a ridere tanto da non riuscire più a reggersi in piedi. Il ragazzo sorrise e si decise a sedersi al tavolo.
Sistemarono i fogli chiacchierando del lavoro e degli amici, cosa che non avevano fatto domenica essendo troppo presi, giustamente, dai loro sentimenti. Dopo un'ora e mezza vennero infine raggiunti da Ogura san e Kimura san. Sho conobbe anche il capo di Erina, Himejima Kumiko, una donnona dalle spalle e i fianchi larghi, la voce ferma e i modi di fare sicuri. Sorrideva raramente, ma non era una dai modi di fare severi, era solo molto seria e dignitosa. Erina gli aveva spiegato che Himejima aveva fondato e portato avanti da sola quella società. Ormai si era ingigantita e non era più una cosa solo sua, ma aveva dei soci, però si dedicava a quell'attività proprio come ad un figlio. E Sho era pronto a scommettere che lo sguardo con cui questa guardava Erina era lo stesso con cui osservava tutti i suoi dipendenti: quello di una madre orgogliosa. Era ancora lei a fare i colloqui finali e ad avere l'ultima parola per le assunzioni. Ed era anche chiaro che il rapporto che la legava ai suoi dipendenti era diverso da quello solito, rigido ed ossequioso: il rispetto che esigeva le si portasse era profondo, dato che comunque era il capo, ma era ben disposta verso i lavoratori, li ascoltava, lasciava che si mettessero in gioco dicendo la propria senza che la sua autorità li intimorisse. Era chiaro come il sole che c'erano elementi stranieri, importati dall'estero, in quella disposizione, ma forse era normale una simile elasticità in una società che doveva fare da ponte e mediatrice tra aziende di culture diverse.
«Bene, allora non resta che definire gli ultimi dettagli» concluse infine Himejima «Erina san, ti spiace andare a chiedere quei documenti di cui parlavamo prima?»
«Certamente» annuì la rossa, fece un inchino ed uscì. Bastò che la porta si richiudesse perchè la donna li guardasse uno per uno, seriamente «Non ve l'ho chiesto prima perchè speravo di farlo anche in presenza di Sakurai san, dato che è qui. Volevo sapere come vi siete trovati con Sheridan Erina» asserì. Ogura san e Kimura san si guardarono, spiazzati dalla domanda. Sho avrebbe risposto senza tentennare, ma non trovava corretto che fosse lui il primo a parlare: il capo non poteva saperlo, certo, ma dato che loro due stavano insieme ormai il suo giudizio non poteva essere considerato imparziale. «Bene. Scusi, è che la domanda ci coglie impreparati» rispose infine Ogura san «Dato che non abbiamo nulla di cui lamentarci non ci aspettavamo una simile richiesta. Le posso assicurare che ha lavorato bene, con me e Kimura san ha formato un ottimo team e abbiamo lavorato al meglio, se poi ci son stati problemi è solo per colpa di chi lavora negli uffici al di sotto di noi: un tour non viene gestito da sole tre persone, ma essendo noi due i coordinatori abbiamo trovato l'aiuto di Sheridan Erina molto utile»
«Sono d'accordo, non abbiamo nessuna lamentela da fare» annuì Kimura san
«Capisco» annuì la donna per poi spostare gli occhi su Sho «E lei, Sakurai san, cosa ne dice? Siete entrambi molto giovani, le è sembrata una lavoratrice seria?»
«Sì, è seria sicuramente» annuì "Anche se non fa stare seri noi con le figuracce che fa" «Si impegna molto in quello che fa ed è dettagliata» aggiunse "Salvo poi dimenticarsi tutto, ma se ha i documenti con sè non è grave. Il problema è quando dimentica anche quelli" «Ogni tanto ha avuto a che fare con il gruppo e nessuno si è lamentato» concluse con un sorriso
«Ah, ha incontrato il gruppo?» domandò questa appoggiando la schiena alla sedia con un sospiro «E si è comportata bene?»
«Sì» confermò Sho
«Posso chiederle come mai queste domande?» fece Kimura san
«Perdonatemi, sì che può chiedere. Vedete, sapevo che Erina san è appassionata del gruppo e quando ho annunciato il lavoro ho trovato strano che non si fosse offerta volontaria come invece altri avevano fatto: la maggior parte delle persone che si erano fatte avanti erano delle entusiaste dipendenti, indubbiamente brave e magari più portate per questo tipo di lavoro rispetto a lei, ma mi ha dato da pensare che non si facesse avanti. Lo davo per scontato... il fatto che fosse rimasta in silenzio mi ha incuriosito, così ho deliberatamente deciso di affidare a lei il tutto, anche se il suo campo di lavoro solitamente è un altro. Mi preoccupava sia la sua preparazione sia le sue eventuali reazioni sul lavoro»
«Vuole dire che si preoccupava potesse comportarsi da fan impazzita e non lavorare seriamente?» domandò ancora Kimura san
«Sì, anche. Insomma temevo che la sua passione per il gruppo la distraesse, non per forza che facesse la ragazzina in delirio» spiegò muovendo la mano in aria «La mia era pura curiosità... diciamo una capriccio: volevo vedere come si sarebbe comportata. In realtà supponevo che non avrebbe fatto niente di stravagante e quindi, data la sua passione, mi sembrava bello darle questa opportunità unica. Insomma non vorrei che vi preoccupaste: per quanto fossi intrigata da quest'idea non avrei affidato a lei il caso se non fossi stata sicura quasi al cento per cento che non avrebbe avuto colpi di testa da donna in preda agli ormoni. Se capite cose intendo...» concluse con un sorriso appena accennato. Capivano cosa intendeva, ma tutti e tre erano un po' perplessi. «Non si è comportata così infatti. La sua sicurezza era giustificata» rispose Ogura san
«Da cosa era data?» domandò Sho facendosi avanti sul tavolo: perchè Himejima era certa che la sua dipendente non si sarebbe squagliata tra le sue braccia? Cosa che invece era successa. «Veramente non credo di doverne parlare, se lei non ha detto nulla, ma...» titubò la donna. Sho fissò i suoi occhioni color cioccolato in quelli scuri della donna, dandole tutta la sua attenzione, con lo sguardo serio e interessato: non si spiegava come fosse possibile, ma certe occhiate con le fan funzionavano e magari avrebbero fatto presa anche sul capo di Erina. «Oh beh... mettiamola così: conosco i miei dipendenti. Li seleziono scrupolosamente e mi occupo di loro perchè si lavora meglio in un ambiente in cui ci si trova a proprio agio. Non significa che mi faccia i fatti di chi lavora qui dentro, ma solo che li osservo e cerco di capire se ci sono attriti o problemi. Così era giunta alle mie orecchie la notizia che Erina san, prima di assentarsi per lavorare con voi, era in buoni rapporti con uno dei nostri dipendenti. Quando ho cominciato a pensare di affidare a lei questo lavoro ho cercato di saperne di più e mi sono rassicurata: ero molto più tranquilla a mandare una un po' più inesperta ma ad un passo dal matrimonio, piuttosto che una giovane competente che rischiava di compromettere il progetto per via di atti sconsiderati»
«Oh... oh. E' questo che intendeva? No, non deve preoccuparsi. E' una lavoratrice seria» rispose Kimura san dopo aver guardato il collega per un secondo
«Anche con il gruppo è andato tutto bene, vero Sho san?» domandò l'altro con un mezzo sorriso. Lui si limitò ad annuire «Uhn» e non aggiunse altro perchè Erina entrò in quel momento. Distolse subito gli occhi dalla sua figura e, nonostante avesse passato tutto il tempo della riunione a sforzarsi a farlo, in quel momento non gli costò niente farlo. Si alzò in piedi lentamente e guardò i due colleghi «Vado un secondo in bagno» disse a mezza voce
«Sì, tanto abbiamo quasi finito» annuirono quelli. Ricevuta quella risposta attraversò la stanza cercando di comportarsi normalmente ed uscì. Chiudendosi la porta alle spalle guardò lungo il corridoio e fermò un uomo in giacca e cravatta che gli stava passando davanti. «Scusi, la toilette?»
«Da quella parte, infondo a destra» rispose questi poi con un mezzo inchino continuò per la sua strada.
Il bagno aveva due toilette e un lavandino così, invece di chiudersi in una delle cabine ad osservare la tazza, decise di sciacquarsi la faccia. Aprì l'acqua calda e passò una mano sotto il getto per sentire la temperatura, poi si bagnò il viso quando la sentì tiepida e alzò lo sguardo a guardare la propria immagine gocciolante riflessa nello specchio. Osservò quella faccia stranita e le goccioline che gli cadevano dal naso e dal mento, dopodichè scoppiò a ridere. Non era una risata divertita, era isterica, ma l'aveva preso così violentemente che si piegò sul lavandino e si trovò costretto ad allargarsi il nodo della cravatta sentendosi quasi strozzato. Non era arrabbiato, non ancora, in quel momento sentiva sulla lingua il sapore amaro della mortificazione. "Me ne avevano parlato, ma non mi era mai successo. Avevo paura che mi accadesse magari, ma comunque non mi son mai guardato in giro: cercare una ragazza non è la cosa più facile del mondo e poi avevo sempre altro per la testa" scosse il capo facendo cadere le ultime gocce dal mento "Proprio per questo non pensavo potesse mai accadermi e invece... tradito. Tradito è la parola corretta? Forse preso in giro. A tanti è capitato che le donne li avvicinassero solo attirate dal loro aspetto, solo per togliersi lo sfizio di essere state con uno famoso per poi tornare alla loro solita vita. Mi ero veramente convinto che a me non sarebbe capitato? Che lei fosse diversa?". Fece girare il rotolo degli asciugamani di carta e vi passò le mani. Pian piano aveva smesso di ridere, adesso il suo riflesso gli ridava un'immagine di sè tanto insipida da non riuscire a decifrarla lui stesso. "Pensavo potesse essere diverso solo perchè la conoscevo precedentemente. E' così, sì. Mi sono ingannato e ci sono cascato come un imbecille" abbassò gli occhi continuando a non avvertire rabbia, ma solo una devastante e bruciante mortificazione nel cuore. Si era dato una chance, a voler usare paroloni si può dire che si era dato una "chance per amare", cosa che generalmente non lo interessava perchè era troppo preso dal lavoro, ma per tutti quei mesi ci aveva messo tutto se stesso, anzi, ci si era quasi perso in quel sentimento! Talmente tanto che anche gli altri si erano accorti del suo cambiamento. Lei invece l'aveva preso in giro. "Alla fine avevo ragione. Facevo bene ad essere geloso di quell'uomo. Cribbio!" si passò una mano sugli occhi e strinse le palpebre tra il pollice e l'indice sentendosi improvvisamente il viso in fiamme. "Sposata. E' quasi sposata... sono... sono un fesso! Mi ha veramente... veramente... veramente... preso in giro" concluse riaprendo gli occhi. Aveva avuto la vaga e lontana impressione di avere delle lacrime in arrivo, ma forse era riuscito ad evitare anche solo che si affacciassero. Lo Sho che vedeva nello specchio era ancora lo stesso di quando aveva chiuso gli occhi. Non era un miglioramento, ma nemmeno un cambiamento in peggio.
Quando uscì dal bagno, Ogura san e Kimura san stavano salutando il capo Himejima, affiancata da quella che doveva essere la sua segretaria e da Erina che non sapeva bene a chi inchinarsi lavorando per entrambe le parti. Mentre li raggiungeva stavano scherzando proprio per quello. «Oh Sho san eccoti. Stiamo andando» disse Ogura san, squadrandolo attentamente. "Cosa avranno pensato? Sospettavano fosse innamorata di me quindi nessuno di loro sapeva di questa storia" ragionò con tristezza "Ha preso in giro tutti quanti. E alla fine ha ottenuto esattamente quello che voleva". «Scusate l'attesa. E' stato un piacere conoscerla» disse poi verso la capo ufficio «Erina san» salutò solamente inchinandosi formalmente verso di lei, una freddezza professionale che non si era concesso qualche ora prima, quando si erano incontrati. Quando la guardò gli sembrò di avere davanti una perfetta sconosciuta "Parli con quell'uomo con la stessa voce che sento io? GLi sorridi nello stesso modo? Anche con lui sei sbadata oppure era parte della farsa anche quello? Magari l'hai fatto per sembrare più carina ai miei occhi... no, quello dev'essere vero. Una più calcolatrice non avrebbe fatto trapelare la verità proprio quando aveva appena raggiunto il suo obiettivo, e non si sarebbe fatta venire a prendere da lui. Quindi è scema sul serio" concluse non riuscendo ad impedire ad un sorriso amaro di piegargli leggermente le labbra. Si avviarono lungo il corridoio e salutarono la segretaria dell'ingresso. Si misero in attesa dell'ascensore, in silenzio. Sho si risistemò la cravatta notando nel riflesso delle porte che ancora non si era ricomposto da quando era tornato dal bagno. Aveva un aspetto orribile: era pallido come un cencio e alcuni capelli bagnati gli erano rimasti appiccicati alla fronte e alle guance, oltre al fatto che parte delle palpebre era ancora rossa. Aveva premuto troppo forte con le dita e non se n'era nemmeno reso conto. In quello stesso riflesso, poco dopo, comparve il rosso caratteristico dei capelli di Erina ed infatti la sentì chiamare alle sue spalle «Scusate»
«Erina san. Abbiamo dimenticato qualcosa?» domandarono i colleghi
«No, volevo solo parlare un secondo con Sakurai san se non siete di fretta» spiegò cortese mentre arrivava l'ascensore e le porte si aprivano facendo scomparire il riflesso
«Oh, no abbiamo tempo. Allora noi scendiamo per primi, va bene?» chiesero guardandolo. Lui annuì leggermente e rimase a fissarli mentre entravano nell'ascensore e facevano richiudere le porte. Ancora una volta vide il suo riflesso e ancora una volta non gli trasmise alcuna emozione. Era forse troppo incredulo per riuscire ad esprimere rabbia o tristezza? "Avrà saputo che siamo venuti a conoscenza della verità? No, probabilmente no. Quindi dev'essere qui solo per andare avanti con la sua farsa. Qual è il fine ultimo? Fare sesso? Solitamente è quello no? Chi mi ha raccontato queste cose è stato scaricato dopo aver concesso proprio l'ultimo pezzo di se stesso. Sarebbe proprio l'ultimo vero?" si chiese girandosi infine verso di lei "Perchè qui non parliamo di un rapporto occasionale: io le ho fatto la corte per mesi, ci siamo comportati esattamente come due innamorati... quindi concedere il proprio corpo in questi casi è affidarsi totalmente a qualcuno. Hai aspettato che non avessi più via di scampo, che non ci fosse più modo di tornare indietro". «Che c'è?» chiese vedendo che lei non diceva nulla e il pianerottolo era caduto nel silenzio
«"che c'è"? E me lo chiedi? Non so nemmeno quando ti rivedo! Non dico di salutarmi come vorrei che facessi, ma almeno dimmi quando sei libero o se ci sentiamo per vedere quando possiamo vederci» spiegò incredula incrociando le braccia con un sorriso spazientito. Sho la squadrò: ai suoi occhi era bella tanto quanto lo era poche ore fa, perchè era innamorato di lei da anni e non bastavano pochi minuti a convincerlo che quella che aveva davanti era una vipera, falsa e profittatrice. Ancora non si sentiva arrabbiato, ma in quel momento cominciava a sentire voglia di darle una sberla, forse se avesse aspettato ancora un po' gli sarebbe venuta voglia di menarla. «Perchè?» domandò invece, mettendo preventivamente le mani in tasca
«Mh? "perchè" cosa?» domandò lei guardandolo confusa
«Credo mi dia fastidio questo tuo atteggiamento ora, quindi piantala» spiegò con un sospiro «Involontariamente il suo capo ci ha raccontato tutto quindi il gioco finisce qui, Erina san. E' proprio il caso di dire che non ci rivedremo»
«Credo di non capire» fece aggrottando le sopracciglia «Cosa avrebbe raccontato Himejima san»
«Fujimiya Koji» tagliò corto: non aveva nemmeno voglia di sprecare fiato e chiaramente non ce fu bisogno perchè non appena sentì quel nome la ragazza sbiancò. «Prossimi alle nozze eh? Chi se lo aspettava?» sorrise amaramente e pigiò il pulsante per chiamare l'ascensore
«Ascolta Sho, im...»
«Sakurai san» la corresse subito «Per te sono "sakurai san"»
«Te l'avrei detto. Non è così semplice come sembra: prima che venissi a lavorare da voi non era una situazione molto chiara e non pensavo che tutto sarebbe cambiato così» cerco di spiegarsi
«Guarda, lascia stare» le interruppe alzando una mano e allungandola verso di lei «Non mi va nemmeno di stare ad ascoltare sai?» spiegò svogliato «Sono improvvisamente stanco e non ho voglia di ascoltare nessuna delle cose che vuoi dirmi. Penso di essere stufo... anzi... non ho nemmeno voglia di dirti che sono stufo!» esclamò spalancando gli occhi «Quindi tagliamo corto e che sia l'ultima volta, intesi? Ascoltami bene: non voglio più vederti, non voglio più parlarti e non voglio nemmeno sentirti. Non chiederò di mandare qualcun altro dal tuo studio perchè ormai sai come lavorare e svolgi bene i tuoi compiti: cambiare ora per un mio capriccio sarebbe egoistico e creerebbe problemi sia a Kimura san che ad Ogura san, per non parlare degli eventuali problemi di organizzazione dello staff e le ripercussioni sul gruppo» spiegava quasi senza prendere fiato «Perciò continua pure, ma io non ho più intenzione di venire in ufficio da noi a lavorare. Semplicemente... per favore, fatti vedere il meno possibile per i prossimi mesi e finito il tour sparisci dalla mia vita» concluse mentre si aprivano le porte. Entrò in ascensore mestamente. «Sakurai san» lo richiamò lei facendo un passo in avanti. Il tacco contro il pavimento sembrò fare un suono fortissimo che gli riempì le orecchie: aveva paura di farla avvicinare, ma la parte di lui che era ancora innamorata aveva paura ad andarsene. Domò i suoi sentimenti e appoggiò la schiena alla parete di fondo dell'ascensore. «Mi dispiace... mi dispiace... so di aver sbagliato, ma mi dispiace» farfugliò la ragazza senza più muoversi per raggiungerlo. Lei non si era sforzata di ingoiare le lacrime, anzi, stava già piangendo in mezzo al pianerottolo. «Ah si?» domandò Sho deglutendo a fatica mentre premeva per il piano terra «Beh, io non ci credo» fece prima che le porte si chiudessero. Il metallo a specchio dell'abitacolo gli diede ancora una volta il suo riflesso: non ne era certo perchè la luce era soffusa, ma gli sembrava di vedere delle lacrime in quegli occhi scuri che lo osservavano luccicanti.

*Houshi è il titolo dei monaci buddhisti, ma se si pronuncia il nome di sho senza pausa prima del titolo risulta "shouhoushi" ossia "microspora"


Ma cosa posso mai dire?
Non mi diverte che i miei personaggi passino simili episodi o non sarei qui a piangere tra me e me dopo aver riletto il capitolo per sicurezza.
E' un casino... è veramente un casino, mi sono angosciata io stessa nonostante sappia già la fine di sta storia... è veramente un casino. Quell'imbecille di Erina... Tomomi l'aveva pure avvisata che non andava bene comportarsi a quel modo, ma è anche vero che... chi se la sente di condannare completamente il suo atteggiamento? Io no, ma non me la sento nemmeno di dire a Sho che non ha fatto bene ad incazzarsi. E' vero che ha frainteso, ma questa cosa è stata decisamente un fulmine a cel sereno per lui che era così amorevolmente allegro e spensierato. L'uomo che ha fatto la conquista della sua vita se potesse si stringerebbe la mano da solo e si darebbe pacche sulle spalle "bravo, ce l'hai fatta, "sei un ganzo" e mentre fa così... ZACK...
E' stato troppo.
Scusa Sho... ç_ç anche io piango sul pianerottolo, scusami...

P.S. però il titolo di questo capitolo l'ho pensato davvero figo XD "specchio specchio delle mie brame, chi è il più stupido del reame?" *_*

  
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