D’accordo, non ho
scusanti: come posso averne dopo quasi due mesi di ritardo?
Però una parolina
che mi giustifichi la devo scrivere: ho avuto un po’ di problemi in questo
periodo (con cui eviterò di ammorbarvi) che hanno rallentato parecchio la
stesura dei nuovi capitoli e, a dire la verità, non credo che i prossimi verranno postati con la stessa celerità dei primi 5…
Comunque, di una
cosa sono certa: ci sarà un prossimo capitolo e ci sarà una fine prima o poi, che pubblicherò su questo sito.
Passiamo a dei
velocissimi ringraziamenti:
shine_sun, _Flami_, izumi_, Shine_ e WrinkyRockbell
grazie infinite dei bellissimi commenti! Davvero sono commossa dalla vostra
fedeltà e dalle vostre belle parole, quindi spero proprio di non deludervi con
questo nuovo capitolo :D
7. The fall.
Aoko sentì improvvisamente il vuoto sotto le proprie
gambe: i piedi si agitavano nell’aria e un suo urlo lacerò il cielo. Stava
cadendo dall’ottantatreesimo piano di un grattacielo.
Una presa ferrea, tanto improvvisa quanto la sensazione
di vertigine appena avvertita, la serrò. Due braccia bianchissime la mantenevano, una sotto il collo, l’altra sotto le ginocchia.
Aoko chiuse d’istinto gli occhi che finora aveva tenuto
spalancati.
Kid l’aveva salvata. E quando la consapevolezza di ciò le
trapassò il cervello, delle grosse farfalle si agitarono nel suo stomaco, il
quale finora aveva sperimentato l’elettrizzante sensazione di vuoto.
- Cosa ci facevi in mezzo a tutti quei poliziotti,
Nakamori-chan?-
La solita voce suadente le soffiò nell’orecchio sinistro;
e il solito profumo familiare le pervase le narici. Non rispose.
Aoko riaprì gli occhi e si ritrovò accoccolata tra le
braccia bianche di Kid, che, quasi a volerla rassicurare maggiormente, bardò
più strette le sue gambe:- Non guardare giù.-
Aoko seguì il consiglio e continuò a fissare quel viso
così concentrato, così pericolosamente vicino, mascherato da un cilindro niveo
che copriva gli occhi del ladro gentiluomo.
Lo sguardo, anche se nascosto, era fissato lì, davanti a
loro, a controllare la situazione.
Aoko si accorse solo in quel momento dell’enorme
deltaplano candido, esattamente come il completo di Kid, che li sovrastava.
Volavano.
Prima che la curiosità potesse divorarla e potesse sporgersi per guardare il panorama sottostante, quel
profumo così familiare le penetrò di nuovo le narici. Aoko richiuse di scatto
gli occhi:- Kaito…-.
Un sussurro del subconscio.
Kid rallentò bruscamente e poco ci mancò che Aoko
scivolasse giù.
- Aaah!-
Kid la riafferrò prontamente, cercò con lo sguardo il
tetto più vicino e atterrò morbidamente su un terrazzo desolato di un
condominio, cosparso di stendi panni.
Aoko poggiò piano i piedi sulle mattonelle crema e slegò
le braccia che aveva istintivamente serrato intorno al colletto del ladro.
I due si squadrarono attentamente: chiunque avrebbe
ringraziato sinceramente un gesto tanto eroico e, una ragazza in particolare,
avrebbe cercato un qualunque approccio col mago del nuovo secolo. Ma Aoko no. Aoko lo esaminava, come un gatto domestico fa con
degli estranei. E Kid ricambiava il silenzio, e lo sguardo, interessato.
Faccia da Poker.
Un lento e malizioso sorriso si dipinse sul volto
oscurato del ladro:- Allora, Nakamori-chan… vedo che cominci già a chiamarmi
per nome.-
Aoko assottigliò leggermente gli occhi, poi si voltò di
scatto, dandogli le spalle.
- Posso tornare da sola da qui…- mormorò, accennando alle
scale di metallo che conducevano al portone del palazzo.
- Ne dubito… è l’una di notte e questo è uno dei
quartieri più malfamati di Tokyo.-
- Sono in presenza di un ladro
di fama mondiale e tu mi parli di “quartiere malfamato”?-
- Inoltre…- continuò Kid, come se non avesse sentito il
commento sarcastico:-… so dove abiti e per tuo padre sarebbe meglio trovarti a
casa.- completò saggiamente.
- Anche Kuroba-san sarà preoccupata, no?-
- Sì, beh… cosa?!-
Il silenzio che seguì fece sorprendentemente perdere a
Kaito la sua infrangibile faccia da Poker.
Aoko impallidì, mentre le sue labbra sottili si tingevano
di un magnetico rosso sangue. Kid s’immobilizzò, gli occhi ancora sgranati e un
leggero affanno, e una gelida folata di vento agitò il lungo mantello bianco di
lui e i lunghi capelli corvini di lei.
Silenzio.
Aoko, che si era girata per guardarlo, si volse di nuovo
e si avviò alle scale, lo sguardo perso nel vuoto.
- Penso proprio sia meglio che
io torni da sola.-
E sparì.
Aoko camminava sul ciglio del marciapiede con lo sguardo
perso nel vuoto, quando sentì la forte sirena della polizia raggiungerla.
- AOKO! COSA DIAMINE CI FAI IN GIRO A QUEST’ORA?! –
L’urlo arrabbiato del padre le arrivò ovattato, quasi
lontano. Si voltò verso la volante che aveva accostato per vedere un ispettore
Nakamori avanzare a grandi falcate verso di lei e poi fermarsi improvvisamente
a pochi centimetri.
Lo vide crollare ai suoi piedi, mentre le imprigionava il
busto tra le braccia e faceva scendere il tono di voce a un sussurro:- Mi… mi
hai fatto prendere un infarto…-
Prima ancora di sentire le gambe molli, Aoko era già
caduta a peso morto sulla schiena curva del padre, scoppiando in un pianto
convulso.
Il risveglio il mattino seguente fu quanto di più
orribile Aoko avesse mai sperimentato: gli occhi gonfi di pianto e un mal di
testa incessante, uniti a sprazzi di memoria in cui si vedeva sul letto, alle
due di notte a inventarsi una bella storiella, stratificata di bugie da
rifilare al padre.
Ma, d'altronde, che altro poteva
fare? Che altro, se non buttare tutto sull’incidente, sull’”io volevo portarti la cena, come sempre, ma poi… sono arrivati
tutti quegli agenti!”.
L’ispettore Nakamori le sorrise in sala da pranzo,
indicandole con lo sguardo la colazione che le aveva diligentemente preparato:
quando i suoi uomini gli avevano riferito di come sua figlia fosse
“accidentalmente caduta dall’ottantatreesimo piano” e di come “Kid l’avesse
salvata, portandola via col suo deltaplano bianco”, il pover’uomo aveva rivisto
tutto la sua vita scorrergli davanti come in un film.
E allora, quella mattina, aveva deciso di mangiare almeno
la colazione a casa e assicurarsi che sua figlia avesse la forza di andare a
scuola o, in caso contrario, di rimanere a casa con lei l’intero giorno.
Dopo che ebbero fatto colazione, Aoko sospirò e sorrise
al tempo stesso:- Non preoccuparti, otousan. Ci vado a scuola, è un modo per
distrarsi, no?- disse serenamente.
E in quel momento Ginzo Nakamori vide nel sorriso della
sua piccola Aoko-chan, la matura e splendida donna che era diventata.
Si ritrovò a sorridere e ad annuire con il capo:-
Sicura?- si accertò per l’ennesima volta.
- Sì.-