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Autore: Alexandra_ph    25/02/2012    1 recensioni
Scritta tra l'estate e l'inizio autunno 2004.
Più volte ho immaginato, rivedendo quella scena, che le parole che si sono scambiati fossero diverse.
Più volte ho desiderato che il copione fosse un altro, che lui le dicesse finalmente quello che tutti noi avremmo voluto sentirgli dire e che la storia prendesse un corso diverso. Almeno per non aver voglia di dire, da quel momento in poi, “che spreco!” ogni volta che li vediamo lanciarsi i loro sguardi di fuoco, ben sapendo che rimarranno solo sguardi.
L’ho immaginato talmente tante volte che, alla fine, ho deciso di scriverlo.
Da quella sera, sul battello in Australia…
Questa è un’altra storia. Forse quella che tutti noi abbiamo sempre sperato di vedere.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harmon 'Harm' Rabb, Sarah 'Mac' MacKenzie
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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L’appartamento è in uno stato pietoso. Un’assurda confusione di abiti e accessori…

Non ho mai avuto problemi a preparare una valigia, ma questa sera non ne ho proprio voglia. Guardo desolata tutto quel disordine e decido di continuare più tardi.

Mi avvicino al mio portatile, pronta ad accenderlo. Da quando ho letto l’ultima e-mail del mio innamorato senza nome, sono stata tentata di rispondere, ma mi sono sempre bloccata: cos’avrei potuto scrivere? Sei tu, Mic? Ridicolo. Sei tu, Harm? Più assurdo ancora.

E così non ho più risposto. Inoltre tutti gli avvenimenti recenti mi hanno distratta da queste lettere anonime. Chissà se starà aspettando una risposta, chiunque egli sia? Oppure se, in fondo in fondo, è felice che abbia messo fine a questo gioco?

Devo rispondergli un’ultima volta? No. A cosa servirebbe, del resto? Se fosse chi desidero io, non lo saprei mai. Non si lascerebbe sfuggire nulla, come ha fatto finora. Se invece fosse Mic… bè, lo rivedo fra un giorno e lo capirò, guardandolo negli occhi. Ma, a questo punto, non m’importa più granché. Ho fatto una scelta e non tornerò indietro. Mi aspettano una decina di giorni in Australia e in questi giorni cercherò di prendere una decisione in merito alla proposta di matrimonio che mi ha fatto: tornerò una donna ufficialmente fidanzata, oppure ancora single. Non ha senso continuare a rimandare la decisione, aspettando… Aspettando cosa? Che Harm cambi idea? Che mi confessi di aver scritto lui quelle lettere tanto appassionate? Diventerei vecchia, nel frattempo.

La chiacchierata tra me e me ha fatto effetto: ritorno in camera e mi metto di buona lena a terminare, o meglio ad iniziare, la valigia. Ritiro quello che non serve e piego ciò che ho deciso di portarmi dietro, per la maggioranza indumenti leggeri. Qualche golf, almeno due costumi…

Ho quasi terminato: mancano ancora alcuni accessori, un telo per la spiaggia, occhiali da sole… E poi rimane da sistemare tutto quello che ho sparso sul divano.

Ma, a quanto sembra, è un obiettivo difficile da raggiungere entro la fine della serata: qualcuno suona il campanello e devo interrompere di nuovo. Apro la porta e quando lo vedo sulla soglia decido immediatamente che quella valigia è tutta da rifare.

Ma proprio stasera doveva venire a casa mia?

 

 

**

 

“Ciao…”

“Ciao, Harm. Che ci fai qui?”

Diretta, come sempre. Ma perché, ogni volta, devi farmi domande alle quali mi è difficile rispondere? Che faccio a casa tua? Voglio impedirti di andare in Australia.

“Pensavo volessi sapere com’era andata l’udienza finale…”

“Ti avevo detto che non m’interessava.”

“No, tu hai detto che non ci saresti stata. E’ diverso.”

Mi guardi negli occhi un po’ diffidente, ma l’ombra di un sorriso ti spunta nello sguardo. Ti sorrido anch’io: so ancora leggere nei tuoi pensieri. Non volevi esserci, ma muori dalla voglia di sapere.

“Entra…” e così dicendo spalanchi la porta. Il primo passo è fatto. Ora dovrai riuscire a cacciarmi fuori, se vuoi partire. Mi guardo attorno e un sorriso mi sale alle labbra: c’è una tale confusione, in casa, che sembra sia passato un tornado! Ma sei sempre così incasinata, nel preparare una valigia?

“Problemi con le valigie?” ti chiedo sorridendo. Scusami l’ironia, ma è più forte di me.

“Mhmm… lascia stare. Dimmi piuttosto dell’udienza.”

Sposto una pila d’indumenti per far spazio e mi siedo sul divano. Fai altrettanto con un altro mucchio, o almeno ci provi: non sai dove appoggiarli e ti guardi attorno, perplessa. Ti scosto la sedia del tavolo sul quale sei solita lavorare ai tuoi fossili e tu, bofonchiando un “Oh, al diavolo…”, posi tutto quanto e poi mi raggiungi sul divano.

Ti osservo affascinato, ammirando il tuo fisico avvolto da una tuta nera, mentre ti muovi un po’ nervosa. Devo averti colta in un momento critico. O il momento è diventato critico quando sono arrivato io? Difficile a dirsi…

Sollevi le gambe per raccoglierle sotto di te e, nel farlo, scopro che indossi un buffo paio di calzettoni rigati, enormi per i tuoi piedi.

“E quelli?” ti chiedo sorridendo. Sei buffa e tenera al tempo stesso e muoio dal desiderio di baciarti e di sfilarti quegli strani calzettoni…

“Lascia perdere. Ricordi di gioventù. Racconta…”

E così passiamo la successiva mezz’ora a parlare del caso e dell’udienza finale: sono riuscito a far accettare all’imputato un patteggiamento con una pena detentiva di tre anni. Almeno sono sicuro che pagherà. L’ho minacciato con il massimo della pena. Certo, non avevo grandi possibilità di vincere non potendo usare il fattore ubriachezza, poiché legato al fascicolo B, neppure portando le prove che avevi trovato. Ma sono stato convincente, dannatamente convincente: sono riuscito a spaventarlo, ma soprattutto sono stato abile ad agire sul suo senso di colpa per non aver rifiutato di sostituire il collega, sapendo d’aver bevuto. Alla fine Bud, onesto come sempre, l’ha convinto ad accettare il patteggiamento. Dovevi vedere la Singer: era verde dalla rabbia! E io gongolavo di soddisfazione.

“Credi davvero che sia stata lei?”

“Sì, ne sono convinto, anche se, quando l’ho convocata nel mio ufficio per parlarle, ha ovviamente negato.”

“Cosa le hai detto?”

“Nulla di preciso. Le ho solo detto che, se avessi scoperto chi aveva lasciato il fascicolo B nella tua auto, avrei distrutto la carriera di quella persona con le mie stesse mani.”

“E lei?”

“Ha negato, ovviamente. Anzi, si è sentita offesa dalle mie insinuazioni. Poi mi ha fatto uno sproloquio sulle sue ambizioni… Sai che vuole essere la prima donna a capo del Jag?”

“L’avevo immaginato…”

“Non ci riuscirà.”

“Sembri sicuro di questo, come mai?”

“Potresti essere tu la prima donna a capo del Jag.”.

“Non dopo questa storia…”

“L’ammiraglio non dubita di te: è stato costretto dal rapporto del capitano Delario a sollevarti dal caso”.

“Non ne sarei così sicura.”.

“E’ per questo motivo che te ne vai in Australia? Per via dell’ammiraglio?”

“Anche, ma non solo.”

So che stai per farmi del male, molto male, con quello che mi dirai, ma non so trattenermi.

“Per Brumby? Hai deciso di accettare la sua proposta di matrimonio?”

Ti prego: dimmi di no!

“Non ho deciso ancora nulla. Prenderò una decisione laggiù”.

Motivo in più, allora, per non farti andare.

“Cosa ti farà decidere, in Australia? Brumby? O il fatto che scorderai per pochi giorni la tua vita qui e tutti i problemi?

Ti sei innervosita alla mia domanda: ti alzi e ti avvicini alla finestra, per guardare fuori, anche se è buio.

“Spero di capire una cosa…”

“Che cosa? Se lo ami?”

“Anche. E dell’altro…”

“Non sapevo ci fosse dell’altro…” mi sono alzato anch’io e mi avvicino lentamente. “Di che si tratta, non vuoi dirmelo?”

Fissi per un attimo ancora il buio oltre i vetri e poi ti volti verso di me con un’espressione che mi blocca esattamente dove mi trovo: non capisco, i tuoi occhi sembrano volermi leggere nell’animo e non promettono nulla di buono.

 

 

**

 

Mi nasconde qualcosa. Quando sfugge il mio sguardo è sempre così: sta tentando di nascondere qualcosa.

“Ho ricevuto delle e-mail anonime”.

“Minacce?”

“No, d’altro genere.”

“Oscene?”

“Non direi… appassionate e intriganti, piuttosto.” Adesso sembra più interessato.

“E non sai chi te le ha mandate…”

“No, credo di saperlo.”

“Me lo dirai?”

“Penso che siano di Mic.”

“Cosa te lo fa credere?”

Arriva il bello... vediamo come se la cava ora.

“Mi racconta della nostra serata sul battello a Sidney, oltre al resto. E’ l’unico con cui sono stata su un battello a Sidney.”

“Sbagli. Ci sei stata anche con me…”

Crede davvero che possa averlo dimenticato?

“Oh, lo so. Ma non sei tu certamente.”

“Cosa te lo fa escludere?”

Ecco il suo temperamento da vincente che spunta fuori! Sapevo che avrei dovuto agire su quello, se volevo tentare di capire: non ammetterà mai d’averle scritte lui, neppure se l’avesse fatto davvero. Ma l’idea che non mi sia passato per la mente che possa essere stato lui lo infastidisce.

Uomini! Sempre in competizione tra loro, anche quando non servirebbe. Come fa a non capire che avrei solo voglia di baciarlo e trascinarlo a letto, se solo fossi sicura…

“Quello che ci siamo detti allora. Se ben ricordi, hai rifiutato quello che ti proponevo…”

“Non ho rifiutato.”

“Sicuro? Io ricordo il contrario.”

“Ho detto che non potevo ancora superare i miei blocchi. E’ diverso.”

“Tu credi?”

“Sì, Sarah, è diverso. Molto diverso.”

Sarah… l’uso del mio nome mi lascia senza fiato per un istante. Perché deve sempre sconvolgermi tanto quando mi chiama per nome? Ha un modo così dolce e intenso di pronunciarlo… Ogni volta è come se mi sfiorasse la pelle con le sue labbra… Oh, ma che vado a pensare?

Si è avvicinato, annullando il poco spazio che ci separava, ed ora mi è di fronte, vicinissimo.

Sento l’aria mancarmi improvvisamente… E’ tutto come quella sera, in Australia: mi guarda  con quel suo sguardo intenso, che mi scava dentro e io non riesco più nemmeno a deglutire.

“Cosa intendevi, allora?” la mia voce è strozzata, quasi rauca.

“Credevo mi aspettassi…” la sua è un sussurro, così vicino da farmi rabbrividire.

I suoi occhi non mi lasciano e io mi sento perduta.

 


**

 

 

E’ tardi, ormai: tu vuoi Brumby. Ma quando mi guardi come stai facendo ora, faccio fatica a ricordarmene. Anzi, lo dimentico proprio: ricordo solo quello che ti ho scritto in quelle lettere anonime e le tue risposte intriganti. E, così facendo, sprofondo nella magia di quei pensieri e non so più trattenermi. Sei così bella… sei così vicina…

Abbasso leggermente il capo e rubo alle tue labbra un bacio dolcissimo, quasi irreale. Sei morbida e dolce… irresistibile. Ma anche irraggiungibile, ormai. Non ti abbraccio nemmeno: se lo facessi, sarebbe la fine. E se mi respingessi, sarebbe ancora peggio. Mi allontano quasi subito dalla tua bocca, per riprendere immediatamente il controllo della situazione.

Me ne devo andare…

“Salutami Brumby” ti dico e senza darti il tempo di replicare mi volto, recupero il berretto dell’uniforme dal divano e raggiungo la porta, mentre sei ancora immobile, accanto alla finestra.

Sto per aprire la porta, quando la tua mano e la tua voce mi fermano:

“Resta…”

Mi volto a guardarti: come hai fatto a raggiungermi in una frazione di secondo, senza che me ne sia accorto?

“Resta… ti prego, resta…” la tua voce è dolcissima e ansiosa al tempo stesso.

Mi chiudo alle spalle l’uscio di casa tua lentamente, quasi senza rendermene conto, mentre mi abbracci e avvicini le mie labbra alle tue.

Oh, Sarah…

Ti stringo all’improvviso, impaziente d’averti tra le braccia. Tu gemi, non so se per la mia forza o per il piacere d’essere abbracciata e quel suono mi fa impazzire.  Ti sfioro la bocca con le labbra, per prolungare il più a lungo possibile il piacere dell’attesa, finché non so più resistere e ti schiudo le labbra con prepotenza, approfondendo il bacio.

Tu rispondi immediatamente e questo mi eccita ancora di più… sento le tue mani che mi sfiorano la nuca, facendomi rabbrividire. Lascio scorrere le mie dita tra i tuoi capelli, accarezzandoti con dolcezza il collo; poi abbandono per un attimo la tua bocca per assecondare con le labbra le mie carezze.

Credo che ti piaccia molto quello che ti sto facendo, perché ti sento sospirare languida mentre inarchi la schiena e ti abbandoni al piacere dei miei baci.

  
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