L’appartamento è
in uno stato pietoso.
Un’assurda confusione di abiti e accessori…
Non ho mai avuto
problemi a preparare
una valigia, ma questa sera non ne ho proprio voglia. Guardo desolata
tutto
quel disordine e decido di continuare più tardi.
Mi avvicino al
mio portatile, pronta ad
accenderlo. Da quando ho letto l’ultima e-mail del mio innamorato senza
nome,
sono stata tentata di rispondere, ma mi sono sempre bloccata: cos’avrei
potuto
scrivere? Sei tu, Mic? Ridicolo. Sei tu, Harm? Più assurdo ancora.
E così non ho
più risposto. Inoltre
tutti gli avvenimenti recenti mi hanno distratta da queste lettere
anonime.
Chissà se starà aspettando una risposta, chiunque egli sia? Oppure se,
in fondo
in fondo, è felice che abbia messo fine a questo gioco?
Devo
rispondergli un’ultima volta? No.
A cosa servirebbe, del resto? Se fosse chi desidero io, non lo saprei
mai. Non
si lascerebbe sfuggire nulla, come ha fatto finora. Se invece fosse
Mic… bè, lo
rivedo fra un giorno e lo capirò, guardandolo negli occhi. Ma, a questo
punto,
non m’importa più granché. Ho fatto una scelta e non tornerò indietro.
Mi
aspettano una decina di giorni in Australia e in questi giorni cercherò
di
prendere una decisione in merito alla proposta di matrimonio che mi ha
fatto:
tornerò una donna ufficialmente fidanzata, oppure ancora single. Non ha
senso
continuare a rimandare la decisione, aspettando… Aspettando cosa? Che
Harm
cambi idea? Che mi confessi di aver scritto lui quelle lettere tanto
appassionate? Diventerei vecchia, nel frattempo.
La chiacchierata
tra me e me ha fatto
effetto: ritorno in camera e mi metto di buona lena a terminare, o
meglio ad
iniziare, la valigia. Ritiro quello che non serve e piego ciò che ho
deciso di
portarmi dietro, per la maggioranza indumenti leggeri. Qualche golf,
almeno due
costumi…
Ho quasi
terminato: mancano ancora
alcuni accessori, un telo per la spiaggia, occhiali da sole… E poi
rimane da
sistemare tutto quello che ho sparso sul divano.
Ma, a quanto
sembra, è un obiettivo
difficile da raggiungere entro la fine della serata: qualcuno suona il
campanello e devo interrompere di nuovo. Apro la porta e quando lo vedo
sulla
soglia decido immediatamente che quella valigia è tutta da rifare.
Ma proprio
stasera doveva venire a casa
mia?
**
“Ciao…”
“Ciao, Harm. Che
ci fai qui?”
Diretta, come
sempre. Ma perché, ogni
volta, devi farmi domande alle quali mi è difficile rispondere? Che
faccio a
casa tua? Voglio impedirti di andare in Australia.
“Pensavo volessi
sapere com’era andata
l’udienza finale…”
“Ti avevo detto
che non m’interessava.”
“No, tu hai
detto che non ci saresti
stata. E’ diverso.”
Mi guardi negli
occhi un po’
diffidente, ma l’ombra di un sorriso ti spunta nello sguardo. Ti
sorrido
anch’io: so ancora leggere nei tuoi pensieri. Non volevi esserci, ma
muori dalla
voglia di sapere.
“Entra…” e così
dicendo spalanchi la
porta. Il primo passo è fatto. Ora dovrai riuscire a cacciarmi fuori,
se vuoi
partire. Mi guardo attorno e un sorriso mi sale alle labbra: c’è una
tale
confusione, in casa, che sembra sia passato un tornado! Ma sei sempre
così
incasinata, nel preparare una valigia?
“Problemi con le
valigie?” ti chiedo
sorridendo. Scusami l’ironia, ma è più forte di me.
“Mhmm… lascia
stare. Dimmi piuttosto
dell’udienza.”
Sposto una pila
d’indumenti per far
spazio e mi siedo sul divano. Fai altrettanto con un altro mucchio, o
almeno ci
provi: non sai dove appoggiarli e ti guardi attorno, perplessa. Ti
scosto la
sedia del tavolo sul quale sei solita lavorare ai tuoi fossili e tu,
bofonchiando un “Oh, al diavolo…”, posi tutto quanto e poi mi raggiungi
sul
divano.
Ti osservo
affascinato, ammirando il
tuo fisico avvolto da una tuta nera, mentre ti muovi un po’ nervosa.
Devo
averti colta in un momento critico. O il momento è diventato critico
quando
sono arrivato io? Difficile a dirsi…
Sollevi le gambe
per raccoglierle sotto
di te e, nel farlo, scopro che indossi un buffo paio di calzettoni
rigati,
enormi per i tuoi piedi.
“E quelli?” ti
chiedo sorridendo. Sei
buffa e tenera al tempo stesso e muoio dal desiderio di baciarti e di
sfilarti
quegli strani calzettoni…
“Lascia perdere.
Ricordi di gioventù.
Racconta…”
E così passiamo
la successiva mezz’ora
a parlare del caso e dell’udienza finale: sono riuscito a far accettare
all’imputato un patteggiamento con una pena detentiva di tre anni.
Almeno sono
sicuro che pagherà. L’ho minacciato con il massimo della pena. Certo,
non avevo
grandi possibilità di vincere non potendo usare il fattore ubriachezza,
poiché
legato al fascicolo B, neppure portando le prove che avevi trovato. Ma
sono
stato convincente, dannatamente convincente: sono riuscito a
spaventarlo, ma
soprattutto sono stato abile ad agire sul suo senso di colpa per non
aver
rifiutato di sostituire il collega, sapendo d’aver bevuto. Alla fine
Bud,
onesto come sempre, l’ha convinto ad accettare il patteggiamento.
Dovevi vedere
la Singer: era verde dalla rabbia! E io gongolavo di soddisfazione.
“Credi davvero
che sia stata lei?”
“Sì, ne sono
convinto, anche se, quando
l’ho convocata nel mio ufficio per parlarle, ha ovviamente negato.”
“Cosa le hai
detto?”
“Nulla di
preciso. Le ho solo detto
che, se avessi scoperto chi aveva lasciato il fascicolo B nella tua
auto, avrei
distrutto la carriera di quella persona con le mie stesse mani.”
“E lei?”
“Ha negato,
ovviamente. Anzi, si è sentita
offesa dalle mie insinuazioni. Poi mi ha fatto uno sproloquio sulle sue
ambizioni… Sai che vuole essere la prima donna a capo del Jag?”
“L’avevo
immaginato…”
“Non ci
riuscirà.”
“Sembri sicuro
di questo, come mai?”
“Potresti essere
tu la prima donna a
capo del Jag.”.
“Non dopo questa
storia…”
“L’ammiraglio
non dubita di te: è stato
costretto dal rapporto del capitano Delario a sollevarti dal caso”.
“Non ne sarei
così sicura.”.
“E’ per questo
motivo che te ne vai in
Australia? Per via dell’ammiraglio?”
“Anche, ma non
solo.”
So che stai per
farmi del male, molto
male, con quello che mi dirai, ma non so trattenermi.
“Per Brumby? Hai
deciso di accettare la
sua proposta di matrimonio?”
Ti prego: dimmi
di no!
“Non ho deciso
ancora nulla. Prenderò
una decisione laggiù”.
Motivo in più,
allora, per non farti
andare.
“Cosa ti farà
decidere, in Australia?
Brumby? O il fatto che scorderai per pochi giorni la tua vita qui e
tutti i
problemi?
Ti sei
innervosita alla mia domanda: ti
alzi e ti avvicini alla finestra, per guardare fuori, anche se è buio.
“Spero di capire
una cosa…”
“Che cosa? Se lo
ami?”
“Anche. E
dell’altro…”
“Non sapevo ci
fosse dell’altro…” mi
sono alzato anch’io e mi avvicino lentamente. “Di che si tratta, non
vuoi
dirmelo?”
Fissi per un
attimo ancora il buio
oltre i vetri e poi ti volti verso di me con un’espressione che mi
blocca
esattamente dove mi trovo: non capisco, i tuoi occhi sembrano volermi
leggere
nell’animo e non promettono nulla di buono.
**
Mi nasconde
qualcosa. Quando sfugge il
mio sguardo è sempre così: sta tentando di nascondere qualcosa.
“Ho ricevuto
delle e-mail anonime”.
“Minacce?”
“No, d’altro
genere.”
“Oscene?”
“Non direi…
appassionate e intriganti,
piuttosto.” Adesso sembra più interessato.
“E non sai chi
te le ha mandate…”
“No, credo di
saperlo.”
“Me lo dirai?”
“Penso che siano
di Mic.”
“Cosa te lo fa
credere?”
Arriva il
bello... vediamo come se la
cava ora.
“Mi racconta
della nostra serata sul
battello a Sidney, oltre al resto. E’ l’unico con cui sono stata su un
battello
a Sidney.”
“Sbagli. Ci sei
stata anche con me…”
Crede davvero
che possa averlo
dimenticato?
“Oh, lo so. Ma
non sei tu certamente.”
“Cosa te lo fa
escludere?”
Ecco il suo
temperamento da vincente
che spunta fuori! Sapevo che avrei dovuto agire su quello, se volevo
tentare di
capire: non ammetterà mai d’averle scritte lui, neppure se l’avesse
fatto
davvero. Ma l’idea che non mi sia passato per la mente che possa essere
stato
lui lo infastidisce.
Uomini! Sempre
in competizione tra
loro, anche quando non servirebbe. Come fa a non capire che avrei solo
voglia
di baciarlo e trascinarlo a letto, se solo fossi sicura…
“Quello che ci
siamo detti allora. Se
ben ricordi, hai rifiutato quello che ti proponevo…”
“Non ho
rifiutato.”
“Sicuro? Io
ricordo il contrario.”
“Ho detto che
non potevo ancora superare i miei
blocchi. E’
diverso.”
“Tu credi?”
“Sì, Sarah, è
diverso. Molto diverso.”
Sarah… l’uso del
mio nome mi lascia
senza fiato per un istante. Perché deve sempre sconvolgermi tanto
quando mi
chiama per nome? Ha un modo così dolce e intenso di pronunciarlo… Ogni
volta è
come se mi sfiorasse la pelle con le sue labbra… Oh, ma che vado a
pensare?
Si è avvicinato,
annullando il poco
spazio che ci separava, ed ora mi è di fronte, vicinissimo.
Sento l’aria
mancarmi improvvisamente…
E’ tutto come quella sera, in Australia: mi guarda
con quel suo sguardo intenso, che mi scava
dentro e io non riesco più nemmeno a deglutire.
“Cosa intendevi,
allora?” la mia voce è
strozzata, quasi rauca.
“Credevo mi
aspettassi…” la sua è un
sussurro, così vicino da farmi rabbrividire.
I suoi occhi non
mi lasciano e io mi
sento perduta.
**
E’ tardi, ormai:
tu vuoi Brumby. Ma
quando mi guardi come stai facendo ora, faccio fatica a ricordarmene.
Anzi, lo
dimentico proprio: ricordo solo quello che ti ho scritto in quelle
lettere
anonime e le tue risposte intriganti. E, così facendo, sprofondo nella
magia di
quei pensieri e non so più trattenermi. Sei così bella… sei così vicina…
Abbasso
leggermente il capo e rubo alle
tue labbra un bacio dolcissimo, quasi irreale. Sei morbida e dolce…
irresistibile. Ma anche irraggiungibile, ormai. Non ti abbraccio
nemmeno: se lo
facessi, sarebbe la fine. E se mi respingessi, sarebbe ancora peggio.
Mi
allontano quasi subito dalla tua bocca, per riprendere immediatamente
il
controllo della situazione.
Me ne devo
andare…
“Salutami
Brumby” ti dico e senza darti
il tempo di replicare mi volto, recupero il berretto dell’uniforme dal
divano e
raggiungo la porta, mentre sei ancora immobile, accanto alla finestra.
Sto per aprire
la porta, quando la tua
mano e la tua voce mi fermano:
“Resta…”
Mi volto a
guardarti: come hai fatto a
raggiungermi in una frazione di secondo, senza che me ne sia accorto?
“Resta… ti
prego, resta…” la tua voce è
dolcissima e ansiosa al tempo stesso.
Mi chiudo alle
spalle l’uscio di casa
tua lentamente, quasi senza rendermene conto, mentre mi abbracci e
avvicini le mie
labbra alle tue.
Oh, Sarah…
Ti stringo
all’improvviso, impaziente
d’averti tra le braccia. Tu gemi, non so se per la mia forza o per il
piacere
d’essere abbracciata e quel suono mi fa impazzire.
Ti sfioro la bocca con le labbra, per
prolungare il più a lungo possibile il piacere dell’attesa, finché non
so più
resistere e ti schiudo le labbra con prepotenza, approfondendo il bacio.
Tu rispondi
immediatamente e questo mi
eccita ancora di più… sento le tue mani che mi sfiorano la nuca,
facendomi
rabbrividire. Lascio scorrere le mie dita tra i tuoi capelli,
accarezzandoti
con dolcezza il collo; poi abbandono per un attimo la tua bocca per
assecondare
con le labbra le mie carezze.
Credo che ti
piaccia molto quello che
ti sto facendo, perché ti sento sospirare languida mentre inarchi la
schiena e
ti abbandoni al piacere dei miei baci.