Nick Autore: LazySoul
Titolo: The
wish to be seen
Rating: Verde
Genere: Romantico, Malinconico,
Fantasy
Note/Avvertimenti: Raccolta, Drabble
Pacchetto: Pervinca
Introduzione: Come ci si sentirebbe
ad essere un angelo custode, invisibile ed innamorata di un umano? Potrebbero i
sentimenti annullare tutte le regole, cancellare i problemi e distruggere le
differenze? O alla fine l’amore verrebbe sconfitto e i sogni infranti?
The
wish to be seen
Era
una cosa che a lui piaceva fare;
camminare nel boschetto vicino a casa sua, mentre le foglie cadevano a terra
sospinte dal vento.
Spesso
lo seguivo, altre volte lo lasciavo solo.
Dipendeva
dal giorno, ma soprattutto dal mio cuore singhiozzante, che spesso impazziva e
incominciava a battere come se stessi correndo da ore.
Rimasi
pochi istanti a fissarlo, incantata da quanto fosse bello nella sua semplicità.
Aveva
i capelli scuri, spettinati a causa del vento, la pelle chiara, le labbra sottili
e le guance arrossate per il freddo.
Sentii
il cuore battere all’impazzata, mentre pensavo che non poteva esistere un
ragazzo più bello.
Sembrava
un angelo...
***
Sentii
il respiro accelerare e i battiti del mio cuore fare male contro la mia cassa
toracica, mentre mi perdevo in quelle pozze color muschio.
Per
una volta, una soltanto, avrei voluto dirgli tutto quello che provavo, tutto
quello che sentivo quando lo proteggevo, tutto quello che si agitava dentro di
me quando incominciava a ridere...
Non
capitava spesso, ma quando succedeva era come sentire una pugnalata nel petto.
Mi illudevo. Mi illudevo che lui
sapesse che ero lì, che vegliavo su di lui.
Mi illudevo che lui potesse vedermi,
quando in realtà per lui non sarei
mai potuta essere altro che un angelo custode, invisibile e impalpabile.
Il
nulla.
***
«Noi
andiamo a cena fuori allora, mi raccomando non fare nulla di insensato mentre
non ci siamo... sei sicuro di non voler venire con noi?», chiese la donna,
mentre si sistemava il vestito color petrolio che aveva indossato per l’anniversario
di matrimonio, che intendeva festeggiare col marito quella sera, nel nuovo
ristorante di lusso in città.
Lui scosse la testa:
«Divertitevi anche per me.»
Rimasi
accanto a lui, immobile, ad osservare
i suoi genitori che se ne andavano.
Per
un istante provai il desiderio di leggere la sua mente, curiosa di sapere cosa
stava pensando, mentre osservava il tramonto che tingeva il cielo di rosa e
arancio attraverso la finestra.
***
«Spesso
mi sento osservato», sussurrò lui,
mentre mangiava il suo pranzo nella mensa della scuola, accanto all’amico.
«Ah,
si? In che senso scusa?», chiese il ragazzo, mentre trangugiava in modo poco
educato il suo panino.
«A
volte mi capita di svegliarmi nel cuore della notte, certo che qualcuno abbia
chiamato il mio nome, ma poi in camera non c’è nessuno», ammise, guardando il
suo pezzo di pizza ancora intatto.
«Magari
è solo un sogno.»
«No,
Stepp, non lo è. Anche se ultimamente anche i miei sogni sono strani...»
«Cosa
c’è? Non sogni più Megan Fox nuda?»
«No,
sogno sempre una ragazza con le ali che dice di amarmi...»
***
«Chi
c’è?», chiese lui guardandosi intorno,
con in mano la mazza da Baseball
che usava durante le partite.
Avevo
fatto rumore, non sapevo neppure com’era potuto accadere, di solito ero
trasparente, passavo attraverso i muri e quello che dicevo era come un lieve
soffio d’aria: inudibile. Ma mi aveva
sentito, aveva sentito il tonfo che aveva creato il mio corpo andando a
sbattere contro un mobiletto e adesso stava guardando proprio nella mia
direzione, con l’arma improvvisata tenuta in alto e gli occhi attenti a
percepire ogni minimo movimento.
Avevo
paura, ma allo stesso tempo non potevo impedirmi di provare lo sconvolgente
desiderio di esser vista da lui...
***
«Credo
che in casa mia ci sia un fantasma», mormorò lui all’orecchio di Stepp, durante la lezione di Filosofia.
«L’hai
visto?», chiese l’amico, sinceramente interessato all’argomento; tutto pur di
non ascoltare la spiegazione del professore.
«Certo
che no, è un fantasma. Però so che c’è.»
«Una
volta un mio amico era convinto che ci fosse uno spirito maligno in casa sua,
così ha costruito alcune trappole. Sfortunatamente non ha preso nulla, tranne
un topolino e...»
«Signor
Dengly, vuole condividere ciò che sta dicendo con il resto della classe?»,
chiese il professore, zittendo i due amici, prima di tornare a spiegare il
compito che avrebbe assegnato loro per il fine settimana.
***
Era
da qualche istante che continuava a guardarsi intorno con aria sospetta, mentre
io non la smettevo di zigzagare tra le piante che sua madre amava mettere per i
corridoi di casa.
Era
faticoso dover fare sempre attenzione a dove mettevo i piedi, da quando non ero
più in grado di passare attraverso i muri.
Lo
fissai per pochi istanti, ero certa che lui
sapesse che io ero lì, vicino a lui.
L’unica
cosa che potevo fare era continuare a vegliare su di lui, sperando che non venisse mai a conoscenza del mio segreto.
***
Mi
lanciò contro, senza che io me ne rendessi conto, un pacchetto di farina
bianca.
Sentii
la sostanza tra i capelli, sulle spalle e in parte sul viso, mentre non potevo
impedirmi di urlare per la sorpresa e di nascondermi dietro il divano,
anch’esso in parte imbiancato.
«O
mio Dio», lo sentii sussurrare, mentre
si avvicinava esitante a dove mi trovavo io.
Cercai
di pulirmi con gesti frenetici, ma non feci in tempo.
Me
lo ritrovai di fronte, con ancora in mano il pacchetto vuoto di farina e con in
volto una smorfia di pura sorpresa.
«E
tu chi diavolo sei?», chiese lui,
prima di svenire ai miei piedi.
***
«Fammi
capire bene. Tu sei il mio angelo custode, sei invisibile perché non sei umana,
ma sei fatta di materia spirituale e
devi proteggermi da qualsiasi cosa possa farmi del male, ma allo stesso tempo
non puoi modificare e riferirmi ciò che il destino ha in serbo per me... ho
dimenticato qualcosa? Ah, sì. Puoi leggermi nel pensiero, mi spii mentre dormo,
guardi i miei sogni e – la parte migliore in assoluto – mi segui anche quando
sono in bagno!», urlò lui con
la voce alterata dal fastidio.
«Non
esattamente», sussurrai.
«Cos’ho
sbagliato?»
«Non
ti ho mai spiato mentre eri in bagno», ammisi, arrossendo però al pensiero.
***
«Potresti
suggerirmi durante la verifica!», esclamò lui,
facendomi sorridere al pensiero.
«Mi
dispiace, ma non posso», gli sussurrai all’orecchio, mentre si incamminava
verso scuola e io gli andavo silenziosamente dietro.
«Ah,
peccato... sai non ho ancora ben capito il motivo per cui non posso vederti, mi
sembri confusa anche tu al riguardo...»
«Beh,
se anche lo sapessi non potrei dirtelo. Tu non dovresti sapere nemmeno che
esisto!»
Arrivati
a pochi metri da scuola lui si
bloccò: «Sarai sempre accanto a me?», chiese, giocherellando con la cerniera
della giacca.
«Certo
che si.»
«Bene,
ma non seguirmi in bagno.»
***
«Ti
fidi di me?», chiesi, timorosa che lui
mi rispondesse negativamente.
«Beh,
credo che dovrei... insomma, sei il mio angelo custode, ma io in effetti non ti
conosco e potresti anche avermi mentito...», rispose, chiudendo gli occhi per
qualche istante prima di dire: «E v-va bene. Mi fido.»
Io
sorrisi, prima di prendergli una mano.
«Visto?
Non è successo niente», mormorai, dimostrandogli che non avevo la pelle acida o
altre sciocchezze simili di cui lui aveva paura.
«Sicura?»,
disse con un filo di voce, mentre sentivo le sue dita sfiorarmi con dolcezza il
dorso della mano: «Io non ne sarei così certo...»
***
«Ti
da fastidio?», chiese, mentre mi passava un braccio intorno alla vita e mi
avvicinava ancora di più a lui.
«No»,
ammisi con un filo di voce, sentendomi totalmente bene; nel posto giusto, al momento giusto.
Sentii
la sua mano stringersi intorno all’abito che indossavo.
«È
un vestito?», chiese a pochi centimetri dal mio orecchio.
«Si.»
«Se
te lo togliessi ti vedrei nuda?»
«Non
credo», risposi, arrossendo.
«Che
cos’è che ti rende invisibile?»
«Non
lo so.»
«Non
te l’anno detto?», domandò.
«No,
non l’ho mai chiesto», ammisi, affondando il viso contro il suo petto.
«E
perché?»
«Perché
prima d’ora non ho mai provato il desiderio di esser vista da qualcuno...»
***
«Se
ti baciassi cosa accadrebbe?», chiese lui, sfiorandomi una guancia,
in modo dolce e terribilmente intimo.
Io
sussultai a quelle parole, allontanandomi di un passo: «Perché lo vuoi sapere?»
«Non
c’è un motivo preciso, mi è venuto in mente e...», si bloccò un istante prima
di continuare: «Non vuoi dirmelo?»
«Non
credo che accadrebbe nulla di speciale»,
dissi, confusa dal modo in cui mi sentivo quando ero accanto a lui: totalmente innamorata, protetta e
perduta allo stesso tempo.
Lui aprì la bocca per
dire qualcosa, quando sua madre entrò nella stanza per spolverare,
interrompendo fortunatamente – o sfortunatamente – il discorso.
***
«Sei
davvero tu?», chiese Francesco fissandomi dalla testa ai piedi.
«Certo!
Da quant’è che non ci vediamo?», domandai, fissando l’angelo custode che si
trovava di fronte a me.
«Mi
ricordo che l’ultima volta i nostri protetti si sono innamorati tra di loro, è
stato bello lavorare insieme», disse, sorridendomi.
«Ne
è passato di tempo», mormorai.
«Già,
mi sei mancata.»
A
quelle parole arrossi, ricordando il modo il cui mi aveva baciato quando ci
eravamo dovuti salutare l’ultima volta.
«Come
va?», chiesi cercando di cambiare discorso.
«Bene,
direi. Adesso ho una nuova protetta che si è appena trasferita qui. Sarà bello
vederti tutti i giorni...»
***
«Dove
sei?», sussurrò muovendo la testa in modo da poter avere una migliore visuale
della stanza.
«Sono
qui accanto a te», risposi con un filo di voce, quasi speranzosa che non mi
sentisse.
«Non
ti vedo», ammise lui corrugando
la fronte e stringendo le labbra in una piccola smorfia di disappunto.
«Questo
è perché sono invisibile, ovviamente», mormorai, afferrando una sua mano tra le
mie.
Lo
sentii sussultare e voltare la testa di scatto verso di me, mentre le sue dita
mi stringevano con forza.
«Non
svanire», disse con un tono disperato: «Non potrei sopportarlo.»
Il
mio cuore perse un colpo, mentre sul mio viso compariva un sorriso a lui invisibile.
***
«Stavo
pensando che non sempre hai ragione tu», disse, sorridendo.
«Ah,
no?», chiesi, chiedendomi dove volesse arrivare.
«No.»
«Fammi
un esemp...», iniziai, ma venni interrotta dal suo dito che si appoggiò sulla
mia bocca.
Mi
chiesi come facesse a sapere sempre dove fossi, prima che le sua labbra sottili
e morbide sostituissero la sua mano.
Il
mio cuore aumentò istantaneamente i battiti e il respiro mi si fece affannoso.
Sentii
il suo sapore di menta in bocca, mentre mi mordicchiava delicatamente le labbra
prima di leccarmele.
Interruppe
il contatto solo per un istante in modo da poter dire: «Visto? Questo dimostra
che ti sbagliavi. Baciarti è speciale...»
***
«Dimmi
che è uno scherzo», sussurrò, guardandomi con uno sguardo sconvolto.
«Non
sono affari tuoi Francesco! Vattene», dissi.
«Hai
rivelato la nostra esistenza ad un umano, gli parli, gli riveli i nostri
segreti, gli permetti di toccarti e lo baci anche! Non saranno direttamente affari
miei, ma non puoi farlo, è vietato! Cosa pensi che accadrebbe se il Grande
Consiglio lo sapesse?!»
«Non
lo devi dire a nessuno», esclamai, cercando di fargli capire che era un ordine,
ma in quell’istante ero pronta a scongiurarlo se necessario.
«Tu
non capisci! Più ti lascerai coinvolgere da lui, più i tuoi poteri si
indeboliranno!»
«Non
m’importa. Ora ti prego, vattene.»
***
«Ti
va di dormire con me?», chiese in un sussurrò, mentre teneva stretta la mia
mano tra le sue dita.
Arrossii
all’istante chiedendomi cosa intendesse con quelle parole.
Molto
probabilmente capì cosa stavo pensando perché aggiunse: «Non voglio... insomma,
non in quel senso... solo dormire, nient’altro.»
«Va
bene», acconsentii, dandogli un fugace bacio sulla guancia: «Solo dormire.»
Ci
coricammo uno accanto all’altro e ci abbracciammo stretti.
Avevo
uno strano presentimento, come se sapessi che quella sarebbe stata l’ultima
volta solo io e lui insieme e questo
pensiero mi faceva mancare il respiro.
«Buona
notte», sussurrò contro i mie capelli.
«Buona
notte.»
***
Lo
fissai dormire alcuni istanti, prima che si svegliasse.
Sorrisi
alla sua smorfia infastidita quando si rese conto che era mattina e che era ora
di alzarsi.
«Sei
la persona più pigra che io abbia mai conosciuto», sussurrai, dandogli un bacio
a pochi centimetri dalle labbra morbide.
Lui ridacchiò,
ricambiando il bacio, rotolandomi addosso e schiacciandomi contro il materasso.
«E
tu sei la ragazza più...», iniziò a dire, prima di aprire gli occhi e guardarmi
con uno sguardo sconvolto dritto negli occhi.
Io
alzai un sopracciglio: «Cosa c’è?»
«I-io...»,
balbettò, mentre continuava a fissarmi.
«Cosa...
?», iniziai, ma la sua voce mi interruppe: «Io ti vedo...»
***
Sentii la sua mano accarezzare la mia guancia
accaldata per l’emozione.
«Hai
gli occhi azzurri», mormorò, prima di sfiorare una ciocca dei miei capelli: «Sei
bionda e...»
S’interruppe
un istante, baciandomi la fronte: «Sei l’angelo più bello che io abbia mia
visto.»
«Ne
hai visti tanti in vita tua?», chiesi, imbarazzata da tutti quei complimenti.
Lui sorrise: «È un
segreto, non posso dirtelo.»
Risi
delle sue parole, mentre sentivo una stretta al cuore.
Volevo
dirglielo.
Volevo
dirgli ciò che provavo quando ero accanto a lui,
quando parlavamo, quando...
«Io...»,
iniziai in un sussurro, prima di sentire qualcosa tirarmi all’indietro e uno
strappo lacerare il silenzio.
***
Quando
riaprii gli occhi mi ritrovai in una stanza bianca e davanti a me c’era il
Grande Consiglio, che mi fissava con occhi indagatori.
«Signorina,
c’è stato detto che lei non ha rispettato parte delle nostre sacre leggi. Dato
che la fonte è accettabile e che ci sono prove, vorrei sapere cosa vuole dire a
sua discolpa», disse l’angelo più anziano, muovendo distrattamente le ali
argentate.
Ero disorientata
e mi sembrava che tutto intorno a me stesse girando; erano gli effetti
collaterali del viaggio spazio-temporale, lo sapevo, ma stavo male lo stesso.
Avrei
voluto dire qualcosa, qualsiasi cosa, quando mi resi conto che Francesco mi
stava fissando, sorridendo...
***
Gli
cancellarono la memoria su quello che era successo, su quello che gli avevo
rivelato e su quello che aveva significato per lui conoscermi.
Fui
assegnata ad un’altra umana e lui venne destinato ad un altro angelo
custode.
Da
quel giorno non potei più avvicinarmi a lui
e, di conseguenza, a poco a poco mi sentii morire dentro.
Spesso
mi capitava di camminare da sola per i boschi, mentre il vento faceva scivolare
a terra le foglie, persa nei miei pensieri e nei miei rimorsi.
Il
più grande di tutti: non avergli mai detto: «Ti amo.»
The end
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Un saluto a tutti coloro che leggeranno e commenteranno questa storia, spero che vi sia piaciuta e che abbiate voglia di lasciarmi una breve recensione!:)
Un enorme abbraccio!
LazySoul