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Autore: 1rebeccam    25/02/2012    22 recensioni
"Sarebbe tutto così semplice. Non ci vuole niente. Un secondo, un secondo soltanto per perdermi nei tuoi occhi e dirti che ti amo... Vorrei avere la forza di aprire la porta e stringerti tra le braccia, perché lo so che sei ancora qui. Ti sento, sento il tuo dolore e anche la tua rabbia."
Genere: Drammatico, Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Quasi tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nel futuro
Capitoli:
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Qualche ora prima...





La Resa Dei Conti

*
La Tela Del Ragno
 *
1° Capitolo



 

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I tamburi scandiscono il tempo, ma io non sento nulla, come fossi prigioniero dentro ad un’ampolla di vetro. Appoggiamo delicatamente la bara e ci allontaniamo, prendendo ognuno il proprio posto. Abbiamo portato un fardello troppo pesante fino a questo piccolo angolo di cimitero. In sei abbiamo fatto questa fatica sovrumana. Cinque poliziotti ed io. Lui mi ha dato l’onore di fare parte della famiglia dal primo giorno e fino all’ultimo mi ha trattato come tale. Si è fidato di me tanto da chiamarmi per proteggerla.
Continuo a perdermi nei sorrisi di un amico, nei ricordi verso un  uomo che è stato importante per me, nei pochi anni in cui ho avuto l’onore di conoscerlo. Un uomo che avrà la mia ammirazione sempre, anche dopo quello che abbiamo scoperto sul suo passato; se lei è stata capace di perdonarlo, chi sono io per giudicarlo? Ha dato la vita per quello in cui credeva, per colei che ha avuto a cuore come una figlia, forse per rimorso all’inizio, sicuramente per amore in seguito.
La osservo, mentre onora il suo capitano nell’elogio funebre, vorrei ascoltarla ma non riesco a fermare i miei ricordi. Vagano ancora all’interno del distretto, alle birre bevute all’Old Haunt dopo la chiusura di un caso, all’amore che lo legava alla sua famiglia, a come sia riuscito a comprendere i miei sentimenti per Kate, alla sua risposta quando gli ho chiesto di fermarla… ‘Per come la vedo io, l’unico che può farlo sei tu!’
Ma si è sbagliato, non ci sono riuscito. Non sono riuscito a farla indietreggiare davanti a Lockwood e così ci ha pensato il nostro capitano con un gesto estremo.
Guardo la bara, la moglie che riceve la bandiera ripiegata e si stringe alle sue figlie e riesco a pensare solo una cosa. Per anni da ragazzo e a volte anche adesso che sono un uomo, ho immaginato, fantasticato su come potesse essere mio padre. Ora so che mi sarebbe piaciuto somigliasse al capitano Roy Montgomery!
Le parole della donna a fianco a me risuonano nelle mie orecchie come un eco lontano e non riesco a smettere di pensare. Vorrei concentrarmi sul funerale, sul dolore della famiglia e dei colleghi, sul dolore lancinante e silenzioso di Beckett, ma non ce la faccio. Riesco solo a pensare egoisticamente, che quest’uomo mi mancherà, che quell’ufficio al dodicesimo resterà vuoto anche con qualcun altro seduto sulla sua sedia! 
Già… la sua sedia. 
Quella sarà sempre e solo la sua sedia!
Richard Castle è chiuso nella malinconica dolcezza dei suoi ricordi e non riesce ad immedesimarsi nelle parole che Beckett sta dedicando al suo capitano. Perso nei suoi pensieri, si guarda intorno e nota una luce. Un luccichio strano da vedere in mezzo alle lapidi bianche allineate davanti a lui e i suoi pensieri si spostano immediatamente dai ricordi ad un insensato sentimento di paura. Cos’è?
E’ un riflesso. Di cosa? Cosa riflette?
A un tratto smette di respirare, il suo cervello ha incanalato l’informazione sul riflesso e l’ha elaborata. Il risultato è solo uno. Ed è terribile.
Un mirino.
Attaccato ad un fucile di precisione.
Imbracciato da un cecchino.
La sua mente si blocca, non riesce a pensare. Anzi proprio non riflette. Nella sua testa c’è solo lei… quel luccichio è diretto su Beckett.
-KATE!-
Grida gettandosi addosso a lei, mentre lo sparo risuona nell’aria, facendo sobbalzare tutti.
Potrebbe sentire le grida attorno, se oltre il pensiero, non si fosse bloccato anche l’udito o qualunque altro senso. Ha solo la consapevolezza di essere a terra, sopra il corpo della donna che ama e ha il terrore di sollevarsi e guardarla.
Oddio! Signore ti prego… fa che non sia vero! Ti prego…
Resta bloccato e istintivamente muove la mano a cercare quella di lei, sfiora le dita guantate di bianco.
Oddio… Kate…
Vorrebbe urlare, ma è solo il suo pensiero a gridare, finché le sue dita vengono attorcigliate in una stretta e un sussurro si insinua tra le sue parole non pronunciate.
-Castle!-
A quel sussurro, rafforza la stretta della mano e finalmente ha il coraggio di sollevarsi e guardarla.
I sensi ricominciano a funzionare lentamente. Ricomincia a sentire le parole concitate di qualcuno che si mette all’inseguimento di chi ha sparato, qualcun altro grida di chiamare aiuti e ambulanza.
Finalmente riesce a parlare.
-Beckett… Kate… stai… stai bene?-
Le mette la mano sul viso e lei accenna un si con la testa, gli occhi sbarrati, il viso spaventato.
-Tu?-  
-Bene… io… io credo… non lo so, sto riprendendo ora a respirare.-
-Fammi alzare.- 
Dice lei sempre piano, come se la voce non avesse la potenza di venire fuori.
-Nemmeno per sogno. Se quello è ancora appostato può riprovarci!-
Lei abbozza una specie di sorriso, mentre Esposito si appiattisce a terra accanto a loro.
-Ehi voi due, tutto bene?-
-Si, non siamo feriti. Lo avete individuato?-
-I colleghi lo stanno inseguendo. Però non muovetevi, stiamo controllando che non ci sia nessun altro appostato.-
-Gli altri stanno bene? Non si è fatto male nessuno? Mia figlia?-
Solo in quel momento ritorna definitivamente alla realtà e si rende conto che erano tutti lì per il funerale del capitano Montgomery e che chiunque potrebbe essersi fatto male. Spara le domande a raffica una dopo l’altra, senza aspettare la risposta, forse perché la teme.
Esposito gli mette una mano sulla spalla.
-Tranquillo, grazie al cielo nessuno è rimasto ferito. Alexis e tua madre stanno bene, guarda Beckett, anche tuo padre e Lanie, sono solo spaventati per voi. Restate ancora sdraiati finché non ve lo dico io.-
Si allontana sempre chino verso terra.
Castle si sposta di poco dal corpo di Beckett.
-Scusa, non mi sono reso conto di essere ancora addosso a te, ti ho fatto male?-
La guarda con dolcezza, ma i suoi occhi esprimono ancora terrore, paura per aver pensato anche solo un istante che fosse stata colpita.
Lei ricambia lo sguardo con la stessa dolcezza, mentre intorno a loro la folla va e viene concitata.
-Mi hai salvato la vita e mi chiedi se mi hai fatto male? Certo che sei strano Castle… e anche pazzo, non farlo mai più, tu non…-
Si blocca quando sente Esposito inveire contro gli agenti.
-Maledizione! Com’è possibile che vi sia sfuggito? Un uomo solo contro decine e decine di poliziotti!-
-Non l’hanno preso. E’ ancora in giro…-
Sospira Beckett e Castle sospira dopo di lei.
-…E ci riproverà!-
Appena in piedi, Castle si ritrova tra le braccia di Martha e Alexis che gli sono andate immediatamente incontro quando l’emergenza è rientrata.
- Papà, stai bene?! Ho avuto paura che vi avesse colpito.-
Si gira a guardare Beckett.
-Stai bene anche tu Kate?-
Le chiede mentre lei è tra le braccia di Jim.
-Stiamo bene tesoro, è tutto a posto. Ora vi porto a casa! Si rivolge a Beckett. Le accompagno e torno al distretto.-
-Non è necessario Castle, resta con loro. Noi rimarremo qui per i rilievi. Voglio affiancare la scientifica.-
-Nemmeno per idea. Starò a casa per un po’ finché si calmano, sono spaventate a morte… e anch’io, ma poi vi raggiungo al distretto.-
Risponde Castle, risoluto e serio.
 
Il cimitero pullula di poliziotti ovunque. Dopo circa due ore, la scientifica sta ancora controllando  ogni centimetro di terra e di erba, per poter trovare anche un minimo, ridicolo indizio che porti al killer.
-Beckett, non c’è nessuna traccia, niente impronte, niente bossoli, niente di niente, maledizione!-
Esposito mostra la sua rabbia mentre la mette al corrente, ma viene interrotto da Ryan.
-Abbiamo qualcosa di meglio.-
I colleghi si girano a guardarlo e lui continua.
-Tre degli agenti che gli sono corsi dietro per primi, lo hanno visto bene. Ha fatto l’errore di perdere tempo a raccogliere gli arnesi del mestiere per essere sicuro di non lasciare tracce. Conosciamo la sua faccia!-
Sventola un foglio tra le mani e Beckett glielo strappa guardandolo attentamente.
-Come hanno fatto l’identikit?-
-Separatamente. Hanno visto tutti lo stesso individuo… tranquilla ha proprio quella faccia.-
Le risponde Ryan soddisfatto.
-Diramatelo a tutti i distretti, a tutte le unità e anche alla televisione nazionale. Voglio che tutto il paese conosca la sua faccia.-
-Per i distretti e le pattuglie già fatto, ho fatto mettere anche posti di blocco ovunque e la foto tra qualche minuto si  troverà in tutti i motel e le bettole che ci sono in città e oltre, nelle stazioni e all’aeroporto. Ma devo dire la verità, la televisione non l’avevo messa in conto!-
Ryan si mostra un po’ stupito.
-E’ un killer a pagamento. L’anonimato è il suo pane quotidiano, ma se la sua faccia è bruciata, non solo non avrà dove nascondersi…-
-…Ma avrà finito anche di lavorare!-
-Bravo Ryan, presto torniamo al distretto.-
 
Quando rientrano è già pomeriggio inoltrato e Beckett viene convocata nell’ufficio che era del capitano Montgomery.
-Da questo momento lei è rimossa da qualunque incarico sul campo detective Beckett, verrà trasferita in un posto sicuro e sarà sotto scorta 24 ore su 24, almeno finché questa storia non sarà finita; finché questo cecchino non sarà arrestato, lei resterà buona a casa.-
Il capitano Johnston, distaccato momentaneamente al comando della sezione omicidi al dodicesimo, in attesa della nomina del nuovo comandante, parla con voce autoritaria alla poliziotta seduta davanti a lui. Si sbraccia e gesticola nervoso, ma Beckett sembra non notare la sua presenza. E’ assorta in qualche pensiero angusto, con gli occhi persi nel vuoto, al di là della finestra alle spalle della scrivania che era del suo solo ed unico capo.
Rivive la scena di poco prima e l’unica cosa che le appare davanti agli occhi è Castle che si getta addosso a lei senza pensarci nemmeno un momento. Risente le urla di Lanie che chiama il suo nome, rivede il terrore negli occhi di Alexis, la preoccupazione di suo padre, il dolore di Evelyn e delle figlie e la professionalità di Esposito e Ryan nel gestire la situazione. E in tutto questo pandemonio, ognuno di loro poteva essere colpito. Ognuno di loro poteva morire.
Chiude gli occhi, Johnston sta ancora esponendo la sua teoria. Fa un sospiro e si alza in piedi, schiarendosi la voce per attirare l’attenzione del capitano, che continua a parlare con il viso rivolto alla finestra.
-Finalmente! Credevo che fosse un discorso a senso unico. Vuole dirmi qualcosa detective?-
-Niente posto sicuro, niente scorta signore. Non permetterò a questo tizio e a chi lo ha pagato di farmi vivere in una prigione. Non gli permetterò di stravolgere la mia vita, che per inciso, proseguirà come sempre.-
Il capitano è sbalordito, soprattutto dalla freddezza con cui Beckett gli parla.
-Che significa detective?-
-Significa che ho un mucchio di ferie arretrate e che ho deciso di prenderle adesso. Dopo quello che è successo al capitano Montgomery e anche l’attentato di stamattina, ho davvero bisogno di un periodo di riposo. Non ho ancora deciso se restare a casa o andare da qualche parte, lontano da New York per un po’, perciò niente scorta. Magari eclissandomi e sparendo dalla scena, si dimenticheranno di me.-
Si alza e si volta per andarsene, ma viene fermata.
-Beckett, sa benissimo che chiunque la vuole morta, non si dimenticherà di lei. E anche se prendessimo questo cecchino, se non arriviamo al mandante, ce ne sarà un altro che ci riproverà! Perciò detective, non mi costringa a sospenderla, sa che se le tolgo il distintivo, non potrà più lavorare a questo caso!-
-Con quale motivazione vorrebbe sospendermi, signore?-
Risponde lei con molta calma, senza voltarsi.
-Insubordinazione. Disobbedienza agli ordini. Non so come il vostro capo abbia potuto presentarsi all’hangar senza aspettare la squadra di supporto. Cosa gli è passato per la testa dannazione! Ha visto com’è finita per questa leggerezza? E’ rimasto ucciso! Ed è un miracolo che non siate morti tutti, compreso quello scrittore da strapazzo che gioca a fare il poliziotto!-
Beckett si volta a guardarlo. Avrebbe voluto urlare. Avrebbe voluto fargli entrare dentro ai timpani che Roy Montgomery si era sacrificato pur di non lasciarla tra le grinfie di Lockwood e del suo capo e che la sua squadra e lo scrittore da strapazzo avrebbero fatto la stessa cosa per lei… solo per lei. Ma avrebbe dovuto spiegare troppe cose su Roy e mai, mai lo avrebbe fatto.
Nessuno, all’infuori di questo gruppo ristretto, dovrà mai sapere come sono andate le cose. La versione ufficiale è che Roy Montgomery è morto da eroe. Glielo dobbiamo… tutti noi! 
Mai avrebbe macchiato la memoria del suo capitano.
Dopo la fuga di Lokcwood dal carcere, Montgomery aveva trovato delle tracce che riconducevano all’hangar. Ci ha avvertito, ma non ci ha aspettati. Arrivato sul posto si è trovato davanti il fuggitivo e i suoi scagnozzi. Li ha affrontati da solo e non è riuscito a salvarsi. Quando siamo arrivati come rinforzo, erano tutti morti, compreso il capitano.
Questa era stata la versione di Beckett, Esposito, Ryan e Castle, quando avevano fatto rapporto.
Così gli risponde col tono più calmo e freddo che riesce a provare dentro al cuore.
-Rinunciare alla scorta è un mio diritto signore, lei o chi per lei non può impormela in alcun modo. Se poi vuole sospendermi perché mi prendo le ferie… faccia lei.-
Stavolta esce dall’ufficio del capitano senza voltarsi, dritta e fiera… pronta a tutto!
-Beckett, ma ti sei completamente bevuta il cervello? Non puoi rifiutare la scorta.-
Esordisce Esposito, che assieme a Ryan ha assistito alla discussione fuori dalla porta.
-Certo che posso, risponde lei con lo stesso tono usato con Johnston, e quando dico niente scorta, intendo che nemmeno voi due dovete farvi trovare sotto casa mia, o vi rifaccio i connotati.-
-Il tizio dell’identikit non è in nessun data base, significa che finora ha colpito senza sbagliare e senza lasciare traccia. Niente nome, niente impronte, niente modus operandi. Abbiamo solo la sua faccia e non sarà facile trovarlo.-
Continua Esposito, chiudendo i pugni, segno che la rabbia si sta impossessando di lui per il comportamento spropositato della collega.
Ryan prende coraggio e si fa avanti.
-Sappiamo tutti e tre che non andrai da nessuna parte a riposare. Tu hai intenzione di continuare da sola. Non sono riusciti ad ucciderti, così ti metti un bersaglio dietro la schiena, perché pensi che così incastrerai il mandante.  Maledizione… lascia che ti dica che è un comportamento veramente stupido! Beckett lo guarda a denti stretti. Ryan si zittisce di colpo. Beh… questo è quello che penso e se ora vuoi picchiarmi fallo pure, non ritiro niente di quello che ho detto.-
Ma quando finisce di parlare lei non è arrabbiata, il suo viso non mostra alcuna emozione, né rabbia, né dispiacere, né dolore…
Prende dei fascicoli dal cassetto della sua scrivania e si dirige verso l’ascensore, senza nemmeno salutarli.
 
-Non l’avete ancora trovato?-
Più che una domanda sembra il ringhio di un cane rabbioso, tanto rabbioso, che i due uomini davanti a lui, restano a testa bassa e senza proferire parola.
Il cane rabbioso continua.
-Siete degli inetti, meritereste che vi tirassi il collo con le mie mani…-
-Adesso basta!-
La voce calda e calma dell’uomo che lo interrompe, arriva da dietro le sue spalle.
Il pomeriggio volge ormai al termine e la stanza, adibita a studio, è avvolta dalla penombra. Nessuno durante quella discussione si è preso la briga di accendere la luce.
Il fumo del suo sigaro avvolge gran parte dell’angolo in cui l’uomo si trova, sprofondato nel comodo e grande divano di pelle nera.
-Voi due fuori!-
A quelle parole pronunciate con la stessa calma, segue la fuga dei due uomini silenziosi e con la testa bassa.
-Perché li hai mandati via? Non avevo ancora finito con loro. Si meritano una punizione.-
-E che vorresti fare di grazia, amico mio? Picchiarli? Rinchiuderli? Ucciderli?-
Si alza dalla sua comoda postazione sul divano e si dirige alla grande scrivania, portando con sé la scia di fumo del sigaro acceso. Accende la lampada che  illumina un piccolo triangolo sul grande tavolo, lasciando in penombra i loro volti. Con molta lentezza spegne il sigaro.
-Mio caro Lucas, vivi con me praticamente da sempre e ti occupi degli affari della mia famiglia da anni. Da anni ti occupi di eliminare ogni grana, ogni problema e lo hai sempre fatto con onore e dedizione, prima per mio padre e dopo per me. Diciannove anni fa, però, tu e il vecchio avete commesso un grosso errore. Un errore che io vi avevo fatto notare. Ma mio padre, da quel testardo che era, fece di testa sua, lasciando in vita Roy Montgomery. Io l’ho detto fin dall’inizio che doveva essere eliminato, che sarebbe stata una piaga per noi. Non aveva il carattere di Raglan e McCallister. Lui era pulito dentro e quella storia lo ha tenuto buono solo per paura e vergogna, ma per il suo innato senso di giustizia non l’ha mai mandata giù. Poi qualche anno fa ho ribadito a tutti e due che Roy stava diventando ancora più pericoloso, da quando aveva preso sotto la sua ala protettrice la figlia della donna che voleva rovinarci. Ma anche allora il vecchio non ha voluto darmi ascolto. Nonostante la pensione e l’età, non ha mai smesso di dare ordini.
‘Che vuoi che faccia una ragazzina insignificante, nessuno è mai arrivato a noi, figuriamoci una mosca in mezzo ad una ragnatela gigante…’
A mio padre sono sempre piaciute le similitudini.-
Si alza e con molta lentezza si dirige all’angolo bar. Calma e tranquillità lo hanno distinto fin da giovane, cosa che Lucas ha sempre invidiato e temuto. Versa due dita di scotch pregiato in due bicchieri di cristallo e ne offre uno all’amico, che nel prenderlo resta incollato ai suoi occhi di ghiaccio. Guarda il liquido ambrato dentro al suo bicchiere, lo fa ruotare leggermente e solo dopo ne beve un sorso, gustando al massimo il calore intenso che sente nel mandarlo giù. Torna a sedersi, accavalla le gambe e poggia il bicchiere sulla scrivania.
-Ora io ti dico che la mosca si è nutrita di tutto il veleno possibile e ha cominciato a bucare la ragnatela. Peccato che mio padre sia morto, mi sarebbe piaciuto vedere la sua faccia in quest’occasione. Quella ragazzina insignificante è quasi arrivata a noi. Lockwood si è fatto ammazzare pensando che sarebbe riuscito ad arrivare a lei attraverso Roy. Primo tentativo fallito. Ci hai riprovato tu Lucas, stamattina, con un altro dei nostri uomini più fidati e lui che fa? Non solo manca il bersaglio, ma si fa anche vedere in faccia e sparisce dalla circolazione. E ora siamo costretti a trovarlo prima della polizia, perché messo alle strette potrebbe vuotare il sacco per salvarsi da noi. E tu… con chi te la prendi? Con quei due poveri morti di fame!-
Lui ride divertito, guardando Lucas che ha ancora il bicchiere intatto in mano, ma ci mette un secondo a trasformare l’espressione divertita in ghigno sprezzante.
-Scegliamo i migliori, mi hai detto tempo fa, perciò di cosa ti lamenti? Il miglior cecchino dopo Lockwood ha fallito ed è scappato. Non è tornato all’ovile, perché sa che con noi non si deve sbagliare. Noi non diamo seconde occasioni, sa che se lo prendiamo la sua vita non varrà niente.-
-Cosa credi dovrei fare allora?-
Chiede Lucas abbassando lo sguardo. Dopo una vita intera vissuta insieme, non è ancora riuscito a liberarsi del timore che i suoi occhi gli trasmettono fino a dentro le viscere.
-Come fai ad essere così calmo? Quell’uomo è pericoloso!-
-E la colpa di chi è, Lucas? IO dovrei uccidere te!-
La voce suadente di poco prima comincia a diventare dura.
-Se Montgomery fosse morto diciannove anni fa, ora non dovremmo preoccuparci di quella donna. Ma dobbiamo farlo. E dobbiamo farlo al più presto, perché dopo il secondo attentato, niente la fermerà! O credi di averla spaventata? Beve un altro sorso di scotch, gustandolo come il precedente. Ringraziando il cielo, siamo riusciti a intercettare il plico che Roy ha spedito prima di essere ucciso. Con quei documenti ci avrebbe distrutto. Tutta la piramide sarebbe crollata. Ma questo sempre grazie a me, sempre grazie alla mia lungimiranza, non certo per la tua competenza… o quella di mio padre!-
Qualcuno lo interrompe bussando e aprendo la porta simultaneamente.
-Signore, ha chiesto di essere avvertito immediatamente. L’hanno trovato, cosa vuole che facciamo?-
-Lo ammazzerò con le mie mani…-
Esordisce Lucas, ma viene interrotto bruscamente.
-TU FARAI COSA?-
Ora Lui è davvero arrabbiato, tanto che sul viso di Lucas si dipinge la stessa espressione dei due usciti poco prima dalla stanza.
-Tu non farai niente, niente che non deciderò IO! Fallo portare al magazzino e aspettate mie disposizioni e… Lucas, niente droga o tranquillanti, trattatelo bene. Se gli torcete un solo capello o lo ferite in qualche modo, ti taglio la gola personalmente. Ora vattene, devo pensare.-
Si volta verso l’uomo che indugia ancora alle sue spalle e solo con lo sguardo lo incenerisce. Lucas fa un cenno di assenso col capo, posa il bicchiere intatto sulla scrivania e si chiude la porta alle spalle, mentre Lui lo liquida velocemente accompagnandosi con un gesto stizzito della mano.
Rimasto solo nel suo studio, fissa la sua sagoma nella penombra della finestra. Il buio fuori la fa sembrare uno specchio, riflette le figure, ma non le rende reali. Pensa che è ancora un bell’uomo, nonostante i suoi 64 anni. Fisico asciutto, capelli ancora intatti, tranne che per il fatto che si sono ingrigiti. Gli danno un tono in più di eleganza. I suoi lineamenti sono ancora distesi e i suoi occhi grigi, freddi e gelidi come il ghiaccio. La sua è sempre stata una famiglia in vista, ritenuta onesta e degna di rispetto, benestante, ma non eccessivamente ricca. Però per raggiungere i propri obiettivi bisogna essere ricchi, infinitamente ricchi e per questo bisogna sporcarsi le mani, altrimenti resti sempre una nullità! Suo padre aveva cominciato col mettersi in società con personaggi importanti nella malavita organizzata, la posizione che occupava gli consentiva di fare grossi favori e di conseguenza di poterne ricevere altrettanti.  Poi diciannove anni prima, il colpo di fortuna… l’omicidio di Bobby Armen. Da tempo qualcuno si prendeva la briga di rapire alcuni esponenti importanti della mafia locale per richiedere un riscatto senza lasciare traccia. Ma la morte accidentale di Armen aveva rovinato tutto e Lui e suo padre avevano preso la palla al balzo, chiudendo tutti e due gli occhi in cambio dei riscatti. Quel denaro e quel ricatto erano stati una vittoria per il vecchio e il grande inizio per Lui. Soldi che sono aumentati nel corso degli anni, grazie ad amicizie ed alleanze con qualsiasi genere di persone. Adesso, con la posizione che ricopre e il denaro sparso in ogni banca del paese, può tutto, su tutto e su tutti. Ha potere decisionale di vita o di morte o di distruzione. E così deve essere fino alla fine dei suoi giorni. Il futuro non lo interessa, non si è mai sposato e di conseguenza non ha un erede. Quello che ha e quello che ancora deve ottenere è solo per se stesso, per goderne appieno adesso.
E questo qualcosa si chiama Potere.
Avere potere sulla vita delle persone rende invincibili. Potere unito a denaro rende immortali agli occhi degli altri, per la gente comune, per i posteri. Ha preso tutto quello che ha voluto, eliminando ogni ostacolo per lasciare solo la  grandezza del suo nome e del bene che tutti credono abbia fatto alla città. Poco importa  come lo ha ottenuto. Il fine giustifica i mezzi, specialmente quando il fine giustifica il suo potere. Non sono stati Johanna Beckett e i suoi insignificanti colleghi a fermarlo 13 anni prima, non sono stati l’improvvisa presa di coscienza di Raglan o l’arresto di McCallister a mettergli i bastoni tra le ruote, non è stato Roy Montgomery a riuscirci qualche anno dopo e non sarà una mocciosa qualunque con il distintivo a farlo adesso.
Si accomoda sulla poltrona di pelle, accende un altro sigaro e aspira un paio di boccate del suo costosissimo Havana. Apre un fascicolo con la copertina rossa, che spicca come una grossa chiazza di sangue sul vetro nero e lucido della scrivania. Il viso serio di una donna gli appare sopra altri fogli. Ci tamburella sopra le dita.
Sorride, prende il sigaro tra l’indice e il pollice e appoggia la parte accesa sopra la fronte della donna ritratta sulla foto e con estrema lentezza lo ruota, fino a che si forma un foro con i contorni ardenti e bruciacchiati.
-Sei una donna invisibile, inesistente Katherine… come tua madre! Per quanti buchi puoi farle, la ragnatela è troppo resistente per rompersi. Stavolta il ragno ti inghiottirà.-


Continua...




Angolo di Rebecca:

Il prologo era piccolino, così ho pensato bene di aggiornare già con il 1° capitolo,
sperando di avervi fatto piacere.
Per il prologo non ho voluto appositamente aggiungere niente, era solo per presentare la storia,
ma adesso permettetemi di soffermarmi un momentino soltanto.

Come avete visto, inizio da una quarta serie tutta mia, dove l'attentato al cimitero si conclude senza feriti e con... l'inizio di altro...
E' obbligatorio per me ringraziare Valeria (Vulpix), che mi ha supportata e soprattutto, sopportata nelle mie paranoie su questa storia e forse,
senza il suo aiuto e una sua buona parola a quest'ora non sarei arrivata alla sua "quasi fine".
Anche ilvideo che avete visto è stata opera sua, cioè io l'ho montato e realizzato, ma senza di lei,
me lo sarei guardata da sola, perchè You tube, proprio non ne voleva sapere di caricarlo... ma lei è stata più furba...
Brava e Grazie :)
https://www.youtube.com/watch?v=2s-KuhQpmgc&context=C4af9256ADvjVQa1PpcFMPU4o_DzxS01_5u0m0KC6301Qx0LLPxRo=
Che altro dire? Solo abbiate pazienza, se continuerete a seguirmi e...
Buona lettura, sperando che i miei Castle e Beckett, rispecchino la realtà e possiate amarli come li amo io in questa storia.

<3
  
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