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Autore: N3trosis    25/02/2012    3 recensioni
Il vecchio taxi si mette in moto rombando e scalcagnando, mentre il telaio vibra e le placche rinforzate che ne costituiscono il corpo hanno un sussulto. Finalmente, il veicolo giallo rigato di nero sui fianchi si muove, lasciando dietro di se una scia densa e maleodorante. Maledetti scarichi difettosi, penso, maledicendomi nuovamente per aver saltato l'ultima revisione.
Guido per quel tanto che basta per rilassarmi e dimenticarmi la giornata passata, allungando il tragitto usando le vie secondarie e non la superstrada sopraelevata. Mi piace godermi la freschezza della notte, ed è anche per questo che faccio il turno notturno.
Genere: Azione | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie dall' Agglomerato'
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Il sonno scorre veloce, quasi privo di sogni.

Quasi, perché un sogno alla fine lo faccio sempre. Sogno spesso di un mondo grigio, dove nuvole nere hanno oscurato il cielo e il sole, dove le stelle sono un mito da film di serie B.

Sogno di persone squallide, dai lavori più spauriti, uno più squallido dell'altro.

Il cacciatore d'organi, lo spacciatore, il molestatore...l'avvocato, l'agente delle imposte, il dirigente

Quello che più mi fa paura è il dirigente, pieno di guardie private vestiti con camicie di seta e cravatta. Mi sveglio di colpo, mentre il suono della radiosveglia lacera il silenzio stuprandomi le orecchie.

“Buongiorno, Agglomerato Nord! Partiamo subito con il bollettino di guerra: dopo i disordini a Bombay City...”

Zittisco l'apparecchio con una manata.

Ma quale buongiorno...

In bagno mi accoglie una figura maschile, sui quaranta. Rasato, tarchiato, gli occhi scuri e qualche cicatrice qua e la. Sulla spalla un complesso tatuaggio maori, fatto in gioventù più per ignoranza che per altro. Gli manca un dente, un incisivo, e ha due borse grosse quanto un elefante sotto gli occhi.

Lo maledico, e l'immagine nello specchio che sto osservando fa lo stesso.

Mi lavo i denti, sputando sangue quando le setole passano sulla gengiva ancora aperta, mi do una sciacquata alla faccia e, vedendo che il risultato non migliora, mi decido a buttarmi sotto la doccia.

Poi mi vesto con le prime cose che trovo nell'armadio a muro, per poi scaraventarmi in strada, ignorando nuovamente -e volutamente- il lampeggiare isterico della segreteria telefonica. Oggi non ho voglia di sentirmi dire da i “i nostri tossici preferiti” quanto hanno bisogno di me.

Deb mi accoglie con un sorriso olografico rassicurante.

Lo ignoro e, bestemmiando, metto in moto il taxi, scarrozzando via dal parcheggio all'aperto.

“Ehy musone! Hai pestato una merda scendendo dal letto sta mattina?” mi apostrofa subito l'IA, mettendo il muso. E' ovviamente una simulazione, almeno credo, quindi non me la prendo troppo.

“Dai Deb, lasciami in pace. Ho un buco in bocca e mi fa male, cazzo.”

Per poco non tiro sotto un pedone, decido di darmi una calmata. Almeno per oggi, mi dico, voglio essere professionale. Solo per un giorno.

Oggi, qualsiasi cosa accada, mi farò piacere questo dannato lavoro, e bacerò il terreno che attraverso rendendo grazie per la possibilità di poter lavorare.

Respiro profondo e regolo l'acceleratore del trabicolo, decidendo se è il caso di fermarmi anche a bere un caffè alla tavola calda. Non è il caso di affrontare la giornata a stomaco vuoto, e in fondo non ho ricevuto nessuna chiam...

Il volto di Deb si illumina e diventa viola, così come il pannello in vetroresina che copre il monitor interattivo del veicolo. Un computer innestato nel veicolo... anche un vecchio modello come questo può permetterselo. Comunque: messaggio in arrivo.

“Dai Deb... mettiamoci al lavoro.” commento, imprecando fra me e me.

Ma Deb non sorride, ne mi punzecchia.

“Al... è l'agenzia. E' il canale dell'agenzia, non una chiamata da una cabina.”

Impallidisco.

Forse non avrei dovuto ignorare la segreteria telefonica, ieri notte.

Metto la freccia e svolto in un parcheggio, dove mi arresto. Meglio non guidare mentre si è al telefono... sopratutto se è il capo a chiamarti.

Prima di rispondere ragiono. Cosa potrebbe essere?

Escludo che possano avermi eletto dipendente dell'anno.

Se andava bene avevano scoperto che non avevo rinnovato la revisione del veicolo, e mi attendeva una enorme lavata di capo.

Se mi andava male …

Il pannello diventa rosso acceso. Mi avevano bloccato il motore, quel veicolo non si sarebbe più mosso fino a che non lo avessero deciso loro.

Sfioro il pannello e l'intero parabrezza si colora aprendo una video-chiamata.

E' proprio lui, il direttore della Transport Orizon. Un maledettissimo muso giallo dagli occhiali spessi e i denti sporgenti, come si vedono solo nei cartoni animati razzisti. Prima ancora di parlare sventola davanti all'obbiettivo -e quindi davanti a me- una bustina trasparente.

“Sai cos'è questo, Mike-san?”

Dio, quanto odio quella voce. Mi prudono le mani, ma resisto all'impulso di chiudere la chiamata e mandarlo a fare in culo. Invece, aguzzo la vista, finché l'immagine sgranata della bustina non mi è chiara.

Cazzo.

“Un... dente?”

Il mio incisivo.

Quel figlio di puttana non si era accontentato di avermi prosciugato il chip di credito, mi aveva anche denunciato. E si era premurato, evidentemente, di riconsegnare la mia otturazione al mio datore di lavoro.

“Non un dente, Mike-san... il suo dente! E' arrivata una comunicazione dall'agenzia della sicurezza del distretto dodici, che dice molto chiaramente che lei è stato preso in custodia per accertamenti e poi rilasciato per mancanza di prove. Ho parlato con l'agente che lo ha preso in custodia, una persona dall'impeccabile gusto e raffinatezza.”

Il figlio di puttana con la camicia di seta... anche leccaculo, ora.

“... per vendita di sostanze illegali! Il fatto che non vi sia nessuna prova concreta non la scagiona dai sospettati, e per il buon nome dell'agenzia...”

...e il buon direttore va avanti. All'inizio tento di balbettare una scusa, una motivazione, un insulto. Poi lo lascio parlare, ormai ho capito dove vuole arrivare.

“...pertanto la invitiamo a lasciare il veicolo di nostra proprietà e ogni nostro bene che le è stato concesso perchè lei potesse svolgere il suo lavoro. Sappia che se il mezzo verrà ritrovato vandalizzato verrà addebitato tutto sul suo conto. Buona giornata Mike-san. E venga a riprendersi il suo dente.”

Licenziato. Licenza revocata, contratto stracciato, veicolo ritirato.

Mi lascio andare mollemente sul sedile di guida, esasperato. Poi mi metto a ridere, fissando la lucetta rossa sul parabrezza che mi impedisce di guidare.

“...Al?”

la vocetta titubante di Deb mi riporta alla realtà. E' un espressione preoccupata quella sul suo volto, e se non sapessi che è artificiale, direi che è davvero dispiaciuta per me.

“Non c'è più nessun Al, tesoro... ora sono solo Mike.” commento piatto, aprendo la portiera per scende da quel pezzo di vita che per tanto mi ha sostentato.

La portiera si rifiuta di aprirsi.

Non gli bastava avermi tolto il lavoro? Ora sarei dovuto restare dentro quel taxi, imprigionato?

“Fanculo, Al. Non mi va di passare ad un altro guidatore.”

Mi volto a fissare l'ologramma, ma questo non è più materializzato al posto del passeggero.

Poi lo schermo del terminale emette un “bip” avuto, e il parabrezza torna trasparente. Il motore si riaccende, invitante.

“Muoviti vecchio rottame, è tempo di risistemarti un po.” mormora la voce di Deb, che fuoriesce ora dagli altoparlanti della radio.

Poi il taxi si muove di colpo, io picchio la testa sullo sterzo e tutto di fa maledettamente buio.

  
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