COSA C’è OLTRE IL CIELO
11:30 di sera.
È tardi, i bambini sono a letto, i genitori guardano la tv in salotto, i
giovani sono in giro a far baldoria.
Ma
in un piccolo circolo avvolto dal buio si vede ancora una luce accesa. È la
luce della palestra. Potenti colpi riempiono il vuoto di questa notte di fine
estate.
Una
bella ragazza continua a colpire la palla, a batterla per farle superare la
rete messa a qualche metro di altezza.
Calde
gocce le cadono a fiocchi dagli occhi. Ha la vista
annebbiata, basta un attimo per vedere le sue mani rosse e gonfie
tremare. Per il dolore, per l’amarezza, per il rimpianto. Però
continua.
Continua
a colpire la palla, continua ad insistere, a perseverare.
Ma
ha la testa piena di pensieri, ogni colpo che sferra ne crea uno nuovo.
Domande
che la fanno arrabbiare, che la fanno rattristare.
Cede.
Si
butta a terra, distrutta.
Non
ce la fa. È stanca.
Più
di tre ore a fare lo stesso movimento, più di tre ore chiusa
in un solo tormentoso pensiero:
perché non posso essere felice?
Adesso
che si è finalmente fermata si può vedere la sua intera bellezza. Capelli dell’ebano, caldi occhi color cioccolato, labbra sottili e
leggermente umide, un corpo perfetto nella sua interezza.
Gli
occhi continuano a bagnarle il viso con le lacrime, le mani
continuano a tremare fortemente.
Adesso
non c’è più il suono della palla a nascondere il suono dei suoi singhiozzi, ma lei non se ne
cura.
È
sola.
Sa di essere sola,
accetta di essere sola.
Cosa
dovrebbe fare?
Andare
in ginocchio a pregare di non lasciarla sola?
No,
lei non è il tipo.
Lei
vorrebbe solo che il suo sogno si avverasse.
Vorrebbe
poter fare ciò che ama in un gruppo che ama.
Ma
non può.
Non
può giocare a pallavolo in un vero gruppo.
Tutta
colpa di lei.
Kikio.
La
capitana, l’indiscusso astro vincente della squadra.
Se
solo non sfottesse e non sgridasse sempre tutti…
Ma
questo è il meno. Se la tira. Se la
tira perché è ricca, la più popolare della scuola, e perché è corteggiata da un
corteo di ragazzi meravigliosi che lei usa per divertirsi. Perché è cosi ingiusta la vita? A lei ne basterebbe uno di tutti quei
ragazzi, e si accontenterebbe di 1/3 di tutto ciò che
ha Kikio!
Trill
trill!!
La
giovane sposta i suoi pensieri al cellulare che adesso ha iniziato a trillare.
Un messaggio. Strano... si alza stancamente e raggiunge la borsa.
Chi
è?
La
sua migliore amica?
Il
suo ragazzo?
Magari!
No…
è la mamma, ovviamente!
“Kagome
qui al lavoro abbiamo avuto un contrattempo. Non posso
passare a prenderti, torna a casa a piedi … non ti dispiace, vero? Torno
tardi stasera. Baci mamma.”
No che non le dispiace. Perché dovrebbe? Cosa dovrebbe darle fastidio nel fatto che lei deve
attraversare il parco di notte, sola e in divisa da pallavolo?
Si
avviò. Rincominciò a riflettere sulla sua situazione.
Kikio
la sfotteva, la sottometteva, non perdeva occasione di prenderla in giro.
Troppo
debole per rispondere, ma troppo forte per abbandonare
tutto.
Già,
quello sport che tanto amava, non lo avrebbe mai e poi mai abbandonato!
Perché?
Bè
perché…
Kagome
era arrivata nel cuore del parco, dove la mattina i bambini portano la gioia in
questo luogo ora tanto desolato. Senza accorgersene si ritrovò seduta
sull’altalena. I suoi leggeri movimenti facevano scricchiolare leggermente il
gioco oramai vecchio.
Gli
occhi stanchi si chiusero, per non far fuggire quello sbiadito ricordo che il
tempo le riportava…
Seduta sull’altalena una
piccola bambina rideva gioiosamente alle forti spinte
che il papà le dava.
<< di più! Più forte! Voglio andare fin sul sole!>> diceva la voce
cristallina della piccola.
<< ma
così ti scotterai Kagome!>> le rispondeva l’uomo di tutto rimando. La
bambina tacque qualche secondo per poi rispondere:
<< allora mandami sulla Luna!>> urlò la piccola creatura.
<< a
gli ordini!>> esclamò il padre, aumentando di poco la forza con
cui la spingeva. Non andava molto forte, ma nella pura
inconsapevolezza dell’infanzia, lei credeva di volare.
Quando si fermarono, erano tutti e due affannati, stanchi ma felici. Kagome, stesa
sulla soffice erba, guardava il cielo.
<< papà, cosa c’è oltre
il cielo?>> chiese ad un tratto.
<< oltre il cielo ci
può essere qualunque cosa, piccola mia. I desideri, i
ricordi, la felicità e la tristezza. Le voglie e le aspirazioni… anche le
persone a noi care! Ma soprattutto, c’è il nostro futuro>> le rispose
senza un attimo di esitazione. Lui sapeva cosa c’era
oltre il cielo.
E presto lo avrebbe
scoperto anche quella bambina sempre sorridente.
<< davvero?>>
domandò la figlia voltando leggermente il viso verso il padre, puntando i suoi
occhi cioccolato verso il suo profilo fiero e dolce
nel contrattempo.
<< si. Lo sai che lì ci
puoi mettere tutto ciò che vuoi?>> esclamò lui,
suscitando la curiosità della piccola Kagome.
<< e come si
fa?>> chiese impaziente.
<< basta che lo ripeti
dentro di te tante volte! Tante quanto è intenso il
tuo desiderio!>> le sussurrò il padre come se fosse un segreto.
Kagome colse al volo il
messaggio.
Ma cosa può desiderare una bambina alla sua età? Un cane? Un nuovo
gioco? Una nuova amicizia? Le possibilità, i desideri erano infiniti, ma solo
uno troneggiava, e si ripeteva milioni di volte dentro di lei con una forza e
una passione indescrivibile:
“ voglio giocare per sempre a
pallavolo!!”
<< Kagome?>> la
chiamò il padre vedendola cosi presa dai suoi pensieri.
Un piccolo salto gli fece capire che era tornata alla realtà.
<< promettimi
una cosa…>> iniziò il padre ora con una voce seria.
<< dimmi papà!>>
<< promettimi che non
abbandonerai mai i tuoi sogni, che continuerai ad insistere finchè non si avvereranno!>>
esclamò l’uomo, mentre una domanda gli tamburellava in
testa:
lo sto dicendo per lei…
o per me?
Già, per chi lo stai dicendo?
Per tua figlia, ancora cosi
giovane, il suo corpo ancora vivo e
pronto a spalancarle le porte della felicità?
O per te, uomo infelice, stanco di inseguire i tuoi sogni?
Hai rinunciato a tutto.
Hai lasciato che i tuoi sogni
volassero via con il vento d’autunno, hai permesso che il pungente freddo
dell’inverno gelasse quelle membra che sapevano di campione.
Ed ora, conscio della tua decisione, sei rinchiuso nell’amaro
rimpianto che ti sta divorando da dentro.
Tua unica fuga, lei.
La tua dolce bambina che
spensierata, ancora addormentata nel grembo dell’infanzia, prende la vita cosi,
come le viene data.
Senza preoccupazioni, senza
sapere ciò che la aspetta.
<< lo giuro!>>
urla Kagome all’improvviso, distraendolo dai suoi pensieri.
Il padre sorrise, guardandola
correre verso il pallone vicino e iniziando a fare alcuni movimenti di
pallavolo.
“Hai tempo per cresce e capire molte cose. Per ora resta pure nella gioia
che l’infanzia ti da, bambina mia. Non voler essere ciò che non sei, perché sei unica solo grazie si hai tuoi pregi, ma
soprattutto grazie ai tuoi difetti!”
…
…
<<
cos’è, un ritorno all’infanzia?>> una voce strafottente
la distolse dai suoi pensieri.
Si
voltò veloce. Un ragazzo dai lunghi capelli argentei come la luna piena che ora
li osservava la guardava con i suoi occhi dell’oro puro.
<<
e se anche fosse? Problemi?!>>
chiese irritata a quel maledetto cretino che le aveva fatto sfuggire un ricordo
cosi importante.
<<
come siamo acidine! Non è che mi dia fastidio il fatto che tu voglia tornare
all’infanzia, ma non mi pare proprio il posto e l’ora dove farlo!!>> esclamò lui con tono di scherno. Kagome gli fece
la linguaccia e guardò l’orologio…
1:48
Accidenti!
Si era lasciata andare troppo ai pensieri e aveva perso il senso del tempo!
Di
disastri nella sua vita ne aveva già abbastanza!
Poi
un lampo le attraversò il cervello…
“… torno tardi stasera. Baci
mamma”
Rilassò
tutti i muscoli che aveva teso, lasciandosi andare completamente, fino ad
essere obbligata ad aggrapparsi alle catene per non scivolare.
<<
ehi? Sei ancora tra noi?>> domandò il ragazzo sventolandole la mano
davanti al viso. Kagome si voltò visibilmente irritata.
<<
senti, ma hai qualche problema con me?>>
<<
sinceramente? Possibile!>> rispose strafottente.
<<
e perché scusa?>> proseguì, continuando a
guardare quel profilo cosi strafottente.
<<
perché? Bè per quella>> disse indicando la
divisa da pallavolo.
<<
odio tutte le giocatrici di quella stramaledettissima palestra! Tutte che se la
tirano e si credono le migliori! Fhè! Tutte oche e tu non sei
da meno!>> finì tutto di un fiato.
<<
IO NON SONO DA MENO???? Cosa vorresti dire, che ho la
faccia da cretina come quelle!?>> urlò, poi, con
voce irritata <
Era
evidente che stava per piangere. Ne aveva
bisogno, era troppo che opprimeva quelle lacrime.
Iniziò
a piovere, come se il cielo rispondesse a ciò che voleva, come se le nuvole volessero aiutarla a liberarsi di tutto quel dolore che le
rinchiudeva il cuore in una morsa di dolore e paura, solitudine e tristezza. Ed
ecco che le lacrime che tanto aveva desiderato uscissero,
iniziarono lente ad aprirle il cuore. Ma non le
bastava. Non le bastava più. Aveva bisogno di qualcos’altro, ma cosa? Un amico.
Ecco ciò di cui aveva bisogno. Iniziò senza pensarci a
sfogare la sua rabbia alla persona che aveva più vicino in quel momento.
Lui.
Il ragazzo strafottente, antipatico e sarcastico dai capelli
della luna più bella e gli occhi del miele più buono.
Il perché soffriva, le ansie, le paure, i desideri rovinati, la
voglia di mollare, la flebile voce che le diceva di andare avanti.
Mai
le parole ebbero più senso di quella notte a parlare con uno sconosciuto di ciò
che le opprimeva il cuore.
Mai
due mondi cosi lontani si intrecciarono in un unico,
semplice, attimo di vera amicizia.
Quando finì, i fiumi che le trascinavano lontano il dolore iniziarono a
prosciugarsi, mentre gli occhi del cioccolato spenti da troppo, ritrovavano la
gioia che l’infanzia le aveva strappato.
Intanto
il giovane era sorpreso. Mai nessuno in tutti i suoi 17 anni si era sfogata così
con lui, senza preoccuparsi di ciò che lui rappresentava, senza timore di ciò
da cui lui era nato.
Kagome
si voltò verso di lui, con un viso che raccoglieva per sé i mille sentimenti:
il timore, la speranza, la paura, la tristezza, la gioia, la felicità e la vergogna.
<<
ti sarò sembrata pazza… con tutti i miei stupidi problemi…
scusa…>> disse in un sussurro.
<<
scusa? Scusa di cosa? Tu sei la prima persona che mi parla senza paura, che
apre il suo cuore cosi ad un bastardo!>> rispose
lui. Lei lo guardò interrogativa, per poi notare le dolcissime orecchie da cane
che spuntavano timide dai morbidi capelli.
<<
AHHH!!!>> inuyasha sobbalzò. Si era accorta che
lui non era umano e stava scappando? Bè, infondo non era
la prima!
Ma
uno strano calduccio alle orecchie gli fece capire che non era cosi…
<<
CHE AMORI!!! LE VOGLIO, LE VOGLIO ANCHE IO!!!>>
esclamò la ragazza con una voce infantile, quel tono di una piccola bambina che
vuole un giocattolo.
<<
ma… ehi!!>> disse cercando di allontanarsi dalla
ragazza che gli stava accarezzando le orecchie. Eppure
non voleva staccarsi da quel soave tocco. Kagome tornò a sedersi sull’altalena,
lasciando quei pochi secondi di vergogna ad entrambi, per poi non resistere, e
scoppiare in una risata cosi soave, casta e pura, da far sorridere anche i
sassi.
Quel sorriso che mancava da troppo su quel viso cosi bello,
quel
sorriso che sembra tanto una nota musicale, cosi speciale da rendere uniche le
sinfonie.
Kagome
si alzò.
“ è tardi! mamma sarà arrabbiata
nera!!”
<<
Ehi! Ragazzina dove vai?!>> chiese il giovane
hanyou riprendendo il suo tono strafottente.
<<
a casa, mia mamma sarà arrabbiata nera! Però se corro…>> Kagome non finì la frase. Se la madre
non fosse ancora rientrata, forse la ramanzina si
poteva sviare!
<<
se corri…?>> la incalzò lui.
<<
bè, se corro forse posso corrompere mio fratello a tapparsi la bocca!>> disse e iniziando ad allontanarsi con passo veloce.
Ma ecco una mano, forte e decisa, che le blocca il braccio.
Ed
ecco che Kagome si volta a scoprire ciò che fino a poco prima le era stato
nascosto dietro a un muro costruito sul dolore e
l’inconsapevolezza.
Due
mondi cosi distanti, due ragioni cosi diverse di
esistere.
Lui,
nato nel mondo del proibito, rifiutato da tutto ciò che lo circonda, ha vissuto
disprezzato ed odiato, forse amato solo dalla donna che lo ha generato.
Lei,
partorita in un regno di amore e sentimento, allevata
da persone che la amano, sempre allegra e sorridente.
Il
cioccolato e il miele si fondono in un unico, dolce, gusto.
Legati
da un filo invisibile.
Agganciati
da quelle leggere e lontane, note in sottofondo.
<<
ti accompagno io. Ho la moto>> disse lui con
voce dolce, continuando a tenere i suoi occhi puntati su quelli di lei.
<<
o-ok…>> rispose Kagome.
Perché
con lui sei cosi felice?
Dov’è
finita la pallavolo?
E
i tuoi problemi?
E
la tua solitudine?
E
quella voglia che avevi di scomparire da questa Terra?
Svaniti.
Cacciati
via da una nuova forza che non hai mai avuto.
Se
ti concentri potresti ancora sentire le loro lontane voci che ti tormentano,
che provano a rinchiuderti di nuovo in un mondo di cupa tristezza.
Ma a
te, adesso non ti importa, non li senti, concentrata
come sei a vivere fino in fondo questo nuovo, leggero sentimento, che ti
trascina fino ai vertici della pazzia.
Cos’è?
Tu
non lo conosci, vero Kagome?
Già,
il tempo di cercar di capire cosa potrebbe essere, ed eccovi già a sfrecciare lungo
le buie strade di Tokyo.
<<
ECCOLA!>> urla Kagome per superare il suono delle macchine.
Già.
Eccola
la tua calda e accogliente casa.
Eccolo
quel tempio schintoista dove hai mosso i primi passi.
Eccolo
il luogo dove, da quando sei nata, hai sempre sentito di essere
felice e protetta.
Il tuo
rifugio dove il tempo e lo spazio si annientano, componendosi in un luogo che
non ha forma e colore. È cosi che vedi la tua casa. È
così che sei orgogliosa di vederla.
Kagome
scende lentamente dalla moto e con uno sguardo fugace nota che le luci sono
spente.
“Bene,
mamma non è a casa!”
<<
grazie>> sussurra lei leggermente.
<<
Fhè!>> riceve di tutta risposta. Kagome inizia a ridere. Prima piano, per
poi scoppiare in una fragorosa risata. Mai nessuno era riuscito a renderla cosi felice, da quando la sua infanzia era finita.
Dal
canto suo, lui non sapeva proprio cosa fare.
Prenderla
per matta o ridere con lei?
<<
bè, allora ciao!>> esclamò la giovane girandosi e iniziando a salire le
scale. Un pensiero la obbliga però a girarsi.
<<
scusa…>> inizia lei.
<<
uhm?>>
<<
solo una cosa voglio sapere: come ti chiami?>>
domanda lei incerta.
<<
Inuyasha!>> esclama deciso. Kagome sorride.
<<
inuyasha… bel nome!>> ride.
<<
tu invece….>> inizia lui.
<<
kagome!>>
<<
Kagome… come ti senti adesso?>> chiede lui. La ragazza è esterrefatta.
<<
c-come?>> sussulta. Una domanda del genere non se l’aspettava proprio.
<<
sei ancora rinchiusa nella tua solitudine?>> esclama lui con un lieve
sorriso.
Kagome
non sa proprio cosa dire. O forse si…?
<<
No. Spaventata com’ero dal rimanere sola, mi sono
convinta di esserlo diventata davvero. Il dolore e la paura mi
impedivano di vedere la realtà. No, non sono sola: ci sei tu con
me!>> esclama sorridendo.
Un
attimo.
Un
decimo di secondo.
Un
bacio.
Un
bacio casto e puro come te, Kagome.
Come
te, come le tue parole, le tue risate, i tuoi sorrisi,
la tua voglia di vivere che opprimevi dentro il cuore.
Labbra congiunte in un segreto non ancora svelato, ma conosciuto
da tempo immemore.
Quel
turbine di emozioni che provavi mentre stavi con lui,
era solo un anticipo di ciò che avresti provatati poi.
E
mentre il tempo scorre, e mentre tu rincominci a vivere, questo silenzioso
ricordo rimarrà per sempre intrecciato tra i rami del Goshinboku.
L’albero
che tanto ami, ricorderà con te, per sempre, ciò che non dimenticherai mai.
“muoviti,
muoviti, muoviti!!! Maledizione Kagome, non ci riesci
proprio ad arrivare in orario a scuola??”
Una
giovane ragazza stava correndo veloce verso l’edificio scolastico, in ritardo
come non era mai stata.
Difficile
però mangiare la colazione, controllare di aver portato tutto ed intanto
guardare dove si va!!!
Infatti Kagome non fa in tempo a formulare questo pensiero che si
ritrova gambe all’aria per aver urtato qualcosa, o meglio, qualcuno!
<<
sc-scusa, colpa mia!>> esclama l’estraneo.
<<
no, è colpa mia sono in un ritardo pazzesco e non guardavo
dove andavo!>> Kagome raccolse alla meglio ciò che le era caduto e con un
saluto si dileguò. Ma non si era accorta che un foglio
le era caduto, raccolto velocemente dallo sconosciuto.
<
<<
mi scus… eh?>> sentì Kagome.
<<
cosa? Ancora tu?? Ma allora è un vizio!>> esclamò sarcastica lei.
<<
eh, eh!>> rise nervosa la persona, piegata a controllare le condizioni di
Kagome << stai bene?>> domanda.
<<
si, niente di rotto!>> risponde la giovane con un sorriso.
<<
bè, visto che siamo destinate a scontrarci… io sono Kagome!>>
<<
piacere, Sango!>> esclama l’altra. Poi, mostra il foglio che le era caduto quella mattina <
Kagome
rimase di sasso: ecco dov’era finito!
<<
grazie! È tutto il giorno che lo cerco!!>> dice
saltandole praticamente in braccio.
<<
Ka-Kagome? Mi stai
soffocando!>> le urlò Sango con voce strozzata. La ragazza sciolse
subito l’abbraccio.
<<
ops… sorry!>> esclamò. Da quanto non si divertiva cosi con qualcuno!
<<
senti, è molto lontana questa palestra?>> chiese
Sango all’improvviso.
<<
no… perché?>> rispose Kagome perplessa.
<<
perché mi piacerebbe molto rincominciare a giocare a
pallavolo!>> urlò quasi la ragazza.
<<
oops! Sono in super ritardo alla lezione di biologia! Io sono in 3c, vieni a
ricreazione da me, ok?>> le domandò Sango
già
lontana.
In
quel corridoio oramai vuoto, Kagome, ancora seduta per terra, si accorgeva di come la vita le fosse cambiata in una sola
notte.
Ed
ecco Kikio,
ed
ecco il dolore,
ed
ecco la solitudine,
ed
ecco la paura,
ed
ecco la malinconia,
ed
ecco i giorni passati ad allenarsi
tornare, e non ferirla più.
Ed ora che i suoni dei passi leggeri di una ragazza che
ha ritrovato la vita, si allontanano sempre più, in cielo spunta una nuvola
dalla forma strana, contorta: la forma della felicità.
°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°
Allora? Cosa
ne pensate della mia nuova creazione? La trama rispecchia un po’ ciò che
succede a me. Gioco a pallavolo, ma con le mie compagne non
mi trovo affatto bene. Quindi la cosa l’ho rigirata
a Kaggy! Purtroppo non ho ancora avuto la possibilità
di incontrare un Inuyasha, ma, a differenza di Kagome in questa ficcy, ho la fortuna di avere un’amica fantastica che mi
permette di sfogarmi ogni volta che ne ho bisogno: la mia migliore amica. Quindi questa fanfic la dedico a lei e al tempo che passa
con me,
per tutti gli abbracci e le parole dolci che mi da, ma
soprattutto per non chiedermi di smettere ciò che amo anche se mi ritrovo
giorni interi a piangere. Grazie per tutto ciò che mi dai, o semplicemente:
grazie per essermi amica ed esserci sempre quando ho bisogno!!
Ti voglio bene, Yaga! Bacioni, Keiko!
p.s. commentate,
commentate, che voglio bene anche a voi!