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Autore: keiko 93    30/09/2006    10 recensioni
un peso che Kagome non riesce più a sopportare: soffrire ma continuare a fare ciò che ti piace, o mollare tutto, soffrendo per la propria debolezza e per ciò che adesso non hai più? questo è ciò che fa rodere Kagome, che non sopporta più la sua maledetta situazione. ma, si sa, tutto può cambiare... e inaspettati incontri le capovolgeranno la vita in 24 ore!
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Inuyasha, Kagome, Sango
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
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11:30 di, sera

 

COSA C’è OLTRE IL CIELO

 

 

11:30 di sera.

È tardi, i bambini sono a letto, i genitori guardano la tv in salotto, i giovani sono in giro a far baldoria.

Ma in un piccolo circolo avvolto dal buio si vede ancora una luce accesa. È la luce della palestra. Potenti colpi riempiono il vuoto di questa notte di fine estate.

Una bella ragazza continua a colpire la palla, a batterla per farle superare la rete messa a qualche metro di altezza.

Calde gocce le cadono a fiocchi dagli occhi. Ha la vista annebbiata, basta un attimo per vedere le sue mani rosse e gonfie tremare. Per il dolore, per l’amarezza, per il rimpianto. Però continua.

Continua a colpire la palla, continua ad insistere, a perseverare.

Ma ha la testa piena di pensieri, ogni colpo che sferra ne crea uno nuovo.

Domande che la fanno arrabbiare, che la fanno rattristare.

Cede.

Si butta a terra, distrutta.

Non ce la fa. È stanca.

Più di tre ore a fare lo stesso movimento, più di tre ore chiusa in un solo tormentoso pensiero:

 

perché non posso essere felice?

 

Adesso che si è finalmente fermata si può vedere la sua intera bellezza. Capelli dell’ebano, caldi occhi color cioccolato, labbra sottili e leggermente umide, un corpo perfetto nella sua interezza.

Gli occhi continuano a bagnarle il viso con le lacrime, le mani continuano a tremare fortemente.

Adesso non c’è più il suono della palla a nascondere il suono dei suoi singhiozzi,  ma lei non se ne cura.

È sola.

Sa di essere sola,

accetta di essere sola.

 

Cosa dovrebbe fare?

 

Andare in ginocchio a pregare di non lasciarla sola?

 

No, lei non è il tipo.

Lei vorrebbe solo che il suo sogno si avverasse.

Vorrebbe poter fare ciò che ama in un gruppo che ama.

Ma non può.

Non può giocare a pallavolo in un vero gruppo.

Tutta colpa di lei.

Kikio.

La capitana, l’indiscusso astro vincente della squadra.

Se solo non sfottesse e non sgridasse sempre tutti…

Ma questo è il meno. Se la tira. Se la tira perché è ricca, la più popolare della scuola, e perché è corteggiata da un corteo di ragazzi meravigliosi che lei usa per divertirsi. Perché è cosi ingiusta la vita? A lei ne basterebbe uno di tutti quei ragazzi, e si accontenterebbe di 1/3 di tutto ciò che ha Kikio!

 

Trill trill!!

 

La giovane sposta i suoi pensieri al cellulare che adesso ha iniziato a trillare. Un messaggio. Strano... si alza stancamente e raggiunge la borsa.

 

Chi è?

 

La sua migliore amica?

 

Il suo ragazzo?

 

Magari!

 

No… è la mamma, ovviamente!

 

“Kagome qui al lavoro abbiamo avuto un contrattempo. Non posso passare a prenderti, torna a casa a piedi … non ti dispiace, vero? Torno tardi stasera. Baci mamma.”

 

No che non le dispiace. Perché dovrebbe? Cosa dovrebbe darle fastidio nel fatto che lei deve attraversare il parco di notte, sola e in divisa da pallavolo?

Si avviò. Rincominciò a riflettere sulla sua situazione.

Kikio la sfotteva, la sottometteva, non perdeva occasione di prenderla in giro.

Troppo debole per rispondere, ma troppo forte per abbandonare tutto.

Già, quello sport che tanto amava, non lo avrebbe mai e poi mai abbandonato!

Perché?

Bè perché…

Kagome era arrivata nel cuore del parco, dove la mattina i bambini portano la gioia in questo luogo ora tanto desolato. Senza accorgersene si ritrovò seduta sull’altalena. I suoi leggeri movimenti facevano scricchiolare leggermente il gioco oramai vecchio.

Gli occhi stanchi si chiusero, per non far fuggire quello sbiadito ricordo che il tempo le riportava…

 

Seduta sull’altalena una piccola bambina rideva gioiosamente alle forti spinte che il papà le dava.

<< di più! Più forte! Voglio andare fin sul sole!>> diceva la voce cristallina della piccola.

<< ma così ti scotterai Kagome!>> le rispondeva l’uomo di tutto rimando. La bambina tacque qualche secondo per poi rispondere:

<< allora mandami sulla Luna!>> urlò la piccola creatura.

<< a gli ordini!>> esclamò il padre, aumentando di poco la forza con cui la spingeva. Non andava molto forte, ma nella pura inconsapevolezza dell’infanzia, lei credeva di volare.

Quando si fermarono, erano tutti e due affannati, stanchi ma felici. Kagome, stesa sulla soffice erba, guardava il cielo.

<< papà, cosa c’è oltre il cielo?>> chiese ad un tratto.

<< oltre il cielo ci può essere qualunque cosa, piccola mia. I desideri, i ricordi, la felicità e la tristezza. Le voglie e le aspirazioni… anche le persone a noi care! Ma soprattutto, c’è il nostro futuro>> le rispose senza un attimo di esitazione. Lui sapeva cosa c’era oltre il cielo.

 E presto lo avrebbe scoperto anche quella bambina sempre sorridente.

<< davvero?>> domandò la figlia voltando leggermente il viso verso il padre, puntando i suoi occhi cioccolato verso il suo profilo fiero e dolce nel contrattempo.

<< si. Lo sai che lì ci puoi mettere tutto ciò che vuoi?>> esclamò lui, suscitando la curiosità della piccola Kagome.

<< e come si fa?>> chiese impaziente.

<< basta che lo ripeti dentro di te tante volte! Tante quanto è intenso il tuo desiderio!>> le sussurrò il padre come se fosse un segreto.

Kagome colse al volo il messaggio.

Ma cosa può desiderare una bambina alla sua età? Un cane? Un nuovo gioco? Una nuova amicizia? Le possibilità, i desideri erano infiniti, ma solo uno troneggiava, e si ripeteva milioni di volte dentro di lei con una forza e una passione indescrivibile:

 

“ voglio giocare per sempre a pallavolo!!

 

<< Kagome?>> la chiamò il padre vedendola cosi presa dai suoi pensieri. Un piccolo salto gli fece capire che era tornata alla realtà.

<< promettimi una cosa…>> iniziò il padre ora con una voce seria.

<< dimmi papà!>>

<< promettimi che non abbandonerai mai i tuoi sogni, che continuerai ad insistere finchè non si avvereranno!>> esclamò l’uomo, mentre una domanda gli tamburellava in testa:

lo sto dicendo per lei…

 

o per me?

 

Già, per chi lo stai dicendo?

 

Per tua figlia, ancora cosi giovane, il suo corpo ancora vivo e pronto a spalancarle le porte della felicità?

 

O per te, uomo infelice, stanco di inseguire i tuoi sogni?

 

Hai rinunciato a tutto.

 

Hai lasciato che i tuoi sogni volassero via con il vento d’autunno, hai permesso che il pungente freddo dell’inverno gelasse quelle membra che sapevano di campione.

 

Ed ora, conscio della tua decisione, sei rinchiuso nell’amaro rimpianto che ti sta divorando da dentro.

 

 Tua unica fuga, lei.

 

La tua dolce bambina che spensierata, ancora addormentata nel grembo dell’infanzia, prende la vita cosi, come le viene data.

 

Senza preoccupazioni, senza sapere ciò che la aspetta.

 

<< lo giuro!>> urla Kagome all’improvviso, distraendolo dai suoi pensieri.

 

Il padre sorrise, guardandola correre verso il pallone vicino e iniziando a fare alcuni movimenti di pallavolo.

 

“Hai tempo per cresce e capire molte cose. Per ora resta pure nella gioia che l’infanzia ti da, bambina mia. Non voler essere ciò che non sei, perché sei unica solo grazie si hai tuoi pregi, ma soprattutto grazie ai tuoi difetti!”

 

 

 

<< cos’è, un ritorno all’infanzia?>> una voce strafottente la distolse dai suoi pensieri.

Si voltò veloce. Un ragazzo dai lunghi capelli argentei come la luna piena che ora li osservava la guardava con i suoi occhi dell’oro puro.

<< e se anche fosse? Problemi?!>> chiese irritata a quel maledetto cretino che le aveva fatto sfuggire un ricordo cosi importante.

<< come siamo acidine! Non è che mi dia fastidio il fatto che tu voglia tornare all’infanzia, ma non mi pare proprio il posto e l’ora dove farlo!!>> esclamò lui con tono di scherno. Kagome gli fece la linguaccia e guardò l’orologio…

 

1:48

 

Accidenti! Si era lasciata andare troppo ai pensieri e aveva perso il senso del tempo!

 

Di disastri nella sua vita ne aveva già abbastanza!

 

Poi un lampo le attraversò il cervello…

 

“… torno tardi stasera. Baci mamma”

 

Rilassò tutti i muscoli che aveva teso, lasciandosi andare completamente, fino ad essere obbligata ad aggrapparsi alle catene per non scivolare.

<< ehi? Sei ancora tra noi?>> domandò il ragazzo sventolandole la mano davanti al viso. Kagome si voltò visibilmente irritata.

<< senti, ma hai qualche problema con me?>>

<< sinceramente? Possibile!>> rispose strafottente.

<< e perché scusa?>> proseguì, continuando a guardare quel profilo cosi strafottente.

<< perché? Bè per quella>> disse indicando la divisa da pallavolo.

<< odio tutte le giocatrici di quella stramaledettissima palestra! Tutte che se la tirano e si credono le migliori! Fhè! Tutte oche e tu non sei da meno!>> finì tutto di un fiato.

<< IO NON SONO DA MENO???? Cosa vorresti dire, che ho la faccia da cretina come quelle!?>> urlò, poi, con voce irritata <È per questo che non posso essere accettata. Non mi vesto alla moda e non sono corteggiata da 300 ragazzi, ma soprattutto non servo Kikio…. Quindi sono alla stregua dei vermi che loro calpestano!>>

Era evidente che stava per piangere. Ne aveva bisogno, era troppo che opprimeva quelle lacrime.

Iniziò a piovere, come se il cielo rispondesse a ciò che voleva, come se le nuvole volessero aiutarla a liberarsi di tutto quel dolore che le rinchiudeva il cuore in una morsa di dolore e paura, solitudine e tristezza. Ed ecco che le lacrime che tanto aveva desiderato uscissero, iniziarono lente ad aprirle il cuore. Ma non le bastava. Non le bastava più. Aveva bisogno di qualcos’altro, ma cosa? Un amico. Ecco ciò di cui aveva bisogno. Iniziò senza pensarci a sfogare la sua rabbia alla persona che aveva più vicino in quel momento.

Lui.

Il ragazzo strafottente, antipatico e sarcastico dai capelli della luna più bella e gli occhi del miele più buono.

Il perché soffriva, le ansie, le paure, i desideri rovinati, la voglia di mollare, la flebile voce che le diceva di andare avanti.

Mai le parole ebbero più senso di quella notte a parlare con uno sconosciuto di ciò che le opprimeva il cuore.

Mai due mondi cosi lontani si intrecciarono in un unico, semplice, attimo di vera amicizia.

Quando finì, i fiumi che le trascinavano lontano il dolore iniziarono a prosciugarsi, mentre gli occhi del cioccolato spenti da troppo, ritrovavano la gioia che l’infanzia le aveva strappato.

Intanto il giovane era sorpreso. Mai nessuno in tutti i suoi 17 anni si era sfogata così con lui, senza preoccuparsi di ciò che lui rappresentava, senza timore di ciò da cui lui era nato.

Kagome si voltò verso di lui, con un viso che raccoglieva per sé i mille sentimenti: il timore, la speranza, la paura, la tristezza, la gioia,  la felicità e la vergogna.

<< ti sarò sembrata pazza… con tutti i miei stupidi problemi… scusa…>> disse in un sussurro.

<< scusa? Scusa di cosa? Tu sei la prima persona che mi parla senza paura, che apre il suo cuore cosi ad un bastardo!>> rispose lui. Lei lo guardò interrogativa, per poi notare le dolcissime orecchie da cane che spuntavano timide dai morbidi capelli.

<< AHHH!!!>> inuyasha sobbalzò. Si era accorta che lui non era umano e stava scappando? Bè, infondo non era la prima!

Ma uno strano calduccio alle orecchie gli fece capire che non era cosi…

<< CHE AMORI!!! LE VOGLIO, LE VOGLIO ANCHE IO!!!>> esclamò la ragazza con una voce infantile, quel tono di una piccola bambina che vuole un giocattolo.

<< ma… ehi!!>> disse cercando di allontanarsi dalla ragazza che gli stava accarezzando le orecchie. Eppure non voleva staccarsi da quel soave tocco. Kagome tornò a sedersi sull’altalena, lasciando quei pochi secondi di vergogna ad entrambi, per poi non resistere, e scoppiare in una risata cosi soave, casta e pura, da far sorridere anche i sassi.

Quel sorriso che mancava da troppo su quel viso cosi bello,

quel sorriso che sembra tanto una nota musicale, cosi speciale da rendere uniche le sinfonie.

Kagome si alzò.

 

è tardi! mamma sarà arrabbiata nera!!”

 

<< Ehi! Ragazzina dove vai?!>> chiese il giovane hanyou riprendendo il suo tono strafottente.

<< a casa, mia mamma sarà arrabbiata nera! Però se corro…>> Kagome non finì la frase. Se la madre non fosse ancora rientrata, forse la ramanzina si poteva sviare!

<< se corri…?>> la incalzò lui.

<< bè, se corro forse posso corrompere mio fratello a tapparsi la bocca!>> disse e iniziando ad allontanarsi con passo veloce.

Ma ecco una mano, forte e decisa, che le blocca il braccio.

Ed ecco che Kagome si volta a scoprire ciò che fino a poco prima le era stato nascosto dietro a un muro costruito sul dolore e l’inconsapevolezza.

 

Due mondi cosi distanti, due ragioni cosi diverse di esistere.

 

Lui, nato nel mondo del proibito, rifiutato da tutto ciò che lo circonda, ha vissuto disprezzato ed odiato, forse amato solo dalla donna che lo ha generato.

 

Lei, partorita in un regno di amore e sentimento, allevata da persone che la amano, sempre allegra e sorridente.

 

Il cioccolato e il miele si fondono in un unico, dolce, gusto.

 

Legati da un filo invisibile.

 

Agganciati da quelle leggere e lontane, note in sottofondo.

 

<< ti accompagno io. Ho la moto>> disse lui con voce dolce, continuando a tenere i suoi occhi puntati su quelli di lei.

<< o-ok…>> rispose Kagome.

 

Perché con lui sei cosi felice?

 

Dov’è finita la pallavolo?

 

E i tuoi problemi?

 

E la tua solitudine?

 

E quella voglia che avevi di scomparire da questa Terra?

 

Svaniti.

 

Cacciati via da una nuova forza che non hai mai avuto.

 

Se ti concentri potresti ancora sentire le loro lontane voci che ti tormentano, che provano a rinchiuderti di nuovo in un mondo di cupa tristezza.

Ma a te, adesso non ti importa, non li senti, concentrata come sei a vivere fino in fondo questo nuovo, leggero sentimento, che ti trascina fino ai vertici della pazzia.

 

Cos’è?

 

Tu non lo conosci, vero Kagome?

 

Già, il tempo di cercar di capire cosa potrebbe essere, ed eccovi già a sfrecciare lungo le buie strade di Tokyo.

<< ECCOLA!>> urla Kagome per superare il suono delle macchine.

Già.

Eccola la tua calda e accogliente casa.

Eccolo quel tempio schintoista dove hai mosso i primi passi.

Eccolo il luogo dove, da quando sei nata, hai sempre sentito di essere felice e protetta.

 

Il tuo rifugio dove il tempo e lo spazio si annientano, componendosi in un luogo che non ha forma e colore. È cosi che vedi la tua casa. È così che sei orgogliosa di vederla.

 

Kagome scende lentamente dalla moto e con uno sguardo fugace nota che le luci sono spente.

 

“Bene, mamma non è a casa!”

 

<< grazie>> sussurra lei leggermente.

<< Fhè!>> riceve di tutta risposta. Kagome inizia a ridere. Prima piano, per poi scoppiare in una fragorosa risata. Mai nessuno era riuscito a renderla cosi felice, da quando la sua infanzia era finita.

Dal canto suo, lui non sapeva proprio cosa fare.

Prenderla per matta o ridere con lei?

<< bè, allora ciao!>> esclamò la giovane girandosi e iniziando a salire le scale. Un pensiero la obbliga però a girarsi.

<< scusa…>> inizia lei.

<< uhm?>>

<< solo una cosa voglio sapere: come ti chiami?>> domanda lei incerta.

<< Inuyasha!>> esclama deciso. Kagome sorride.

<< inuyasha… bel nome!>> ride.

<< tu invece….>> inizia lui.

<< kagome!>>

<< Kagome… come ti senti adesso?>> chiede lui. La ragazza è esterrefatta.

<< c-come?>> sussulta. Una domanda del genere non se l’aspettava proprio.

<< sei ancora rinchiusa nella tua solitudine?>> esclama lui con un lieve sorriso.

Kagome non sa proprio cosa dire. O forse si…?

<< No. Spaventata com’ero dal rimanere sola, mi sono convinta di esserlo diventata davvero. Il dolore e la paura mi impedivano di vedere la realtà. No, non sono sola: ci sei tu con me!>> esclama sorridendo.

Un attimo.

Un decimo di secondo.

Un bacio.

Un bacio casto e puro come te, Kagome.

Come te, come le tue parole, le tue risate, i tuoi sorrisi, la tua voglia di vivere che opprimevi dentro il cuore.

Labbra congiunte in un segreto non ancora svelato, ma conosciuto da tempo immemore.

Quel turbine di emozioni che provavi mentre stavi con lui, era solo un anticipo di ciò che avresti provatati poi.

E mentre il tempo scorre, e mentre tu rincominci a vivere, questo silenzioso ricordo rimarrà per sempre intrecciato tra i rami del Goshinboku.

L’albero che tanto ami, ricorderà con te, per sempre, ciò che non dimenticherai mai.

 

 

 

“muoviti, muoviti, muoviti!!! Maledizione Kagome, non ci riesci proprio ad arrivare in orario a scuola??”

 

Una giovane ragazza stava correndo veloce verso l’edificio scolastico, in ritardo come non era mai stata.

Difficile però mangiare la colazione, controllare di aver portato tutto ed intanto guardare dove si va!!!

Infatti Kagome non fa in tempo a formulare questo pensiero che si ritrova gambe all’aria per aver urtato qualcosa, o meglio, qualcuno!

<< sc-scusa, colpa mia!>> esclama l’estraneo.

<< no, è colpa mia sono in un ritardo pazzesco e non guardavo dove andavo!>> Kagome raccolse alla meglio ciò che le era caduto e con un saluto si dileguò. Ma non si era accorta che un foglio le era caduto, raccolto velocemente dallo sconosciuto.

 

 

<!!!!!! Per un pelo!>> sospirava Kagome voltando l’angolo. Ed ecco che una cosa le vola addosso, facendola cadere… per la seconda volta!

<< mi scus… eh?>> sentì Kagome.

<< cosa? Ancora tu?? Ma allora è un vizio!>> esclamò sarcastica lei.

<< eh, eh!>> rise nervosa la persona, piegata a controllare le condizioni di Kagome << stai bene?>> domanda.

<< si, niente di rotto!>> risponde la giovane con un sorriso.

<< bè, visto che siamo destinate a scontrarci… io sono Kagome!>>

<< piacere, Sango!>> esclama l’altra. Poi, mostra il foglio che le era caduto quella mattina <>

Kagome rimase di sasso: ecco dov’era finito!

<< grazie! È tutto il giorno che lo cerco!!>> dice saltandole praticamente in braccio.

<< Ka-Kagome? Mi stai soffocando!>> le urlò Sango con voce strozzata. La ragazza sciolse subito l’abbraccio.

<< ops… sorry!>> esclamò. Da quanto non si divertiva cosi con qualcuno!

<< senti, è molto lontana questa palestra?>> chiese Sango all’improvviso.

<< no… perché?>> rispose Kagome perplessa.

<< perché mi piacerebbe molto rincominciare a giocare a pallavolo!>> urlò quasi la ragazza.

<< oops! Sono in super ritardo alla lezione di biologia! Io sono in 3c, vieni a ricreazione da me, ok?>> le domandò Sango

già lontana.

In quel corridoio oramai vuoto, Kagome, ancora seduta per terra, si accorgeva di come la vita le fosse cambiata in una sola notte.

Ed ecco Kikio,

 

ed ecco il dolore,

 

ed ecco la solitudine,

 

ed ecco la paura,

 

ed ecco la malinconia,

 

ed ecco i giorni passati ad allenarsi

 

tornare, e non ferirla più.

 

Ed ora che i suoni dei passi leggeri di una ragazza che ha ritrovato la vita, si allontanano sempre più, in cielo spunta una nuvola dalla forma strana, contorta: la forma della felicità.

 

°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°§°

 

 

Allora? Cosa ne pensate della mia nuova creazione? La trama rispecchia un po’ ciò che succede a me. Gioco a pallavolo, ma con le mie compagne non mi trovo affatto bene. Quindi la cosa l’ho rigirata a Kaggy! Purtroppo non ho ancora avuto la possibilità di incontrare un Inuyasha, ma, a differenza di Kagome in questa ficcy, ho la fortuna di avere un’amica fantastica che mi permette di sfogarmi ogni volta che ne ho bisogno: la mia migliore amica. Quindi questa fanfic la dedico a lei e al tempo che passa con me,

per tutti gli abbracci e le parole dolci che mi da, ma soprattutto per non chiedermi di smettere ciò che amo anche se mi ritrovo giorni interi a piangere. Grazie per tutto ciò che mi dai, o semplicemente: grazie per essermi amica ed esserci sempre quando ho bisogno!! Ti voglio bene, Yaga! Bacioni, Keiko!

 

p.s. commentate, commentate, che voglio bene anche a voi!

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  
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