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Autore: SfinJe    26/02/2012    1 recensioni
Il testo qui è una mia rielaborazione del brano: ‘’Il treno ha fischiato’’ di Luigi Pirandello. Il testo non e’ completamente copiato ma alcune espressioni non mi appartegono. Lo specifico perché con questo non voglio prendermi dei meriti che non merito.(scusate il gioco di parole) LEGGETEVI ‘’NOVELLE PER UN ANNO’’ DI LUIGI PIRANDELLO! xDD
I personaggi invece appartengono al cartone animato Regular Show (c)
Genere: Parodia | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
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I medici avevano detto che farneticava; come anche tutti i suoi compagni d’ufficio, dove tornavano in gruppetti dall’ospedale per andarlo a trovare. E tutti: medici, colleghi, amici…che si facevano grandi a darne l’annuncio con termini scientifici: - Encefalite -Febbre celebrale -Meninge -blah, blah, blah… Volevano sembrare tristi di fronte a questa situazione, ma in realtà erano tutti molto contenti. Si chiedevano: -ma morirà? -mah… -non sembra! -Cos’è che dice? -Sempre la stessa cosa…il treno! Il treno! -Povero Don! E a nessuno passava per la mente il fatto che le sue speciali condizioni in cui vive da vent’anni ormai! Il suo caso poteva essere naturalissimo! Il fatto che Don, la sera prima, si ribellò al suo capo Benson, e che poi, al rimprovero di lui, per poco non gli saltava addosso, perciò era ovvio che il capo lo consideri un pazzo ora. Già la mattina si era presentato con un’aria insolita, nuova. Arrivò con più di mezz’ora di ritardo. Sembrava che il suo viso si fosse allargato da quanto si presentò felice. Come se, finalmente, gli fossero caduti i paraocchi, così da ora ammirare lo spettacolo della vita. Tutto il giorno non fece nulla. La sera, Benson, entrando nel suo ufficio per controllare il lavoro della giornata, non trovò niente di fatto. -E come mai? Cosa hai fatto tutto il giorno? Don lo guardava sorridente, quasi con un’aria d’imprudenza, aprendo le mani. -Che significa?- esclamò Benson, prendendolo sulla spalla e scuotendolo. -Ohè! DON! -Il treno signore! -Il treno? Quale treno? -ha fischiato! -Ma che diavolo dici? -Stanotte, capo! Ha fischiato! L’ho sentito fischiare… -Il treno? -Sissignore! E se sapesse dove mi ha portato! In Siberia, oppure nelle foreste del Congo! Si fa in un attimo, Benson! Gli altri impiegati, alle grida del capo furioso, entrarono nella stanza e sentendo parlare così Don, giù risate da pazzi! Quella sera…con la forza lo trascinarono all’ospizio dei matti. Non avevo mai visto un uomo vivere come Don. Ero una sua vicina di casa e non solo io, ma tutte le persone di quel quartiere si domandavano come potesse resistere in quelle condizioni di vita: Aveva con sé 3 cieche, la moglie, la suocera, la sorella della suocera e i figli delle cieche che erano in tutto 7. Le donne strillavano dalla mattina alla sera per essere servite e i figli continuavano ad azzuffarsi tra di loro: Inseguimenti, mobili rovesciati, pianti, urla, piatti rotti… Come poteva Don il computerista mantenere queste persone? Era costretto a lavorare dalla mattina alla sera. Tornava alla sera stanco morto che doveva badare a loro. Andava allora a buttarsi su un divano a dormire…spesso senza aversi fatto una doccia e subito sprofondava nel sonno da cui ogni mattina si levava a stento, più intontito che mai. Ebbene, gente: a Don, in queste condizioni, era accaduto un fatto naturalissimo. Quando andai a trovarlo me lo raccontò lui, per filo e per segno ciò che gli era accaduto. Rideva dei medici, del fratello Rigby, dei colleghi che lo credevano pazzo. Due sere prima dell’accaduto, si gettò sul divano e prima di addormentarsi sentì questo fischio del treno, venire da lontano, nel profondo silenzio della notte. Quel fischio aveva portato via quella sua orribile oppressione. Salì sul treno aprendosi ad un mondo che mai gli era appartenuto. …Li fuori c’era il mondo
  
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