La luce dei fari abbaglianti dell’auto che ci veniva contro. Una botta violenta. L’ultima cosa che vidi fu il volto impaurito di mia madre. Poi il buio. Tutto svanito in un solo momento, tutto quanto. Perché il destino mi ha fatto questo, perché? Non posso credere di essere rimasta sola, io Rachel e nessun’altro più. Mi svegliai pensando di aver fatto un incubo, accanto a me c’era lei; la mia migliore amica che mi guardava con le lacrime agli occhi.
A: S-sono angeli ora Rachel, ti cureranno da lassù.
All’inizio non capì, ma poi mi accorsi di essere in ospedale e non a casa mia. Di colpo intesi le sue parole, sono morti: mamma, papà e mio fratello Alex, sono morti. Tutti. Gli occhi diventarono lucidi e le lacrime rigarono il mio viso come la cascata di un fiume in piena. Non pensavo di poter sopportare tutto quel dolore che mi trafiggeva il petto, Alice mi strinse forte in un abbraccio. Fuori dalla mia stanza una donna attendeva di entrare; immaginai chi potesse essere, l’assistente sociale (?) . Appena la vidi pensai ‘No. Non voglio vivere un’altra famiglia. Non posso io ho … ah già, AVEVO la mia’. La donna entrò.
X: Ciao Rachel, so che è un momento difficile per te questo ma io sono qui perché sei minorenne ed io sono R: Un’assistente sociale.
AS: Si, mi dovrò prendere cura di te per trovarti una famiglia con cui stare.
A: Ma non potete portala via da me!
Iniziarono a discutere fino a che non giunsero a una conclusione.
AS: L’unico modo per non portarla via è quello di..
4 anni dopo …
A: Ehi! Ti devi alzare vuoi fare tardi a scuola?!
R: Da cinque minuti ti prego!
A: L’hai detto anche mezz’ora fa. Ora muovi il culo.
R: Devi sempre rompere!
Così mi alzai e mi vestì. Ma non avevo voglia di andare a scuola; soprattutto con il fatto che sono quattro anni che vivo con la mia migliore amica e questo significa solo che oggi, è quel giorno dove ho perso qualcuno di molto importante per me. Ma non ci devo pensare, ora ho la mia nuova vita, qui a Londra con Alice … Nuovi amici, nuova scuola qui potrò ricominciare tutto da capo dopo tanto tempo, forse non avevo ancora dimenticato.
Pronta, andai di sotto feci colazione e insieme ad Ali mi sono avviata verso la scuola. Da fuori era tutta così strana: non ero abituata a così tanta gente fuori dallo stesso edificio, per non parlare della sua immensità. La campanella suonò e come un grande ammasso di caproni in gregge gli studenti entrarono dal portone spargendosi di qua e di là, mentre io e Ali cercavamo l’ufficio della preside per avere tutte le informazioni e gli orari. Quando la trovammo, ci disse tutto quello che dovevamo sapere; noi due non eravamo insieme in classe, così dovemmo separarci.