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Autore: AlexisLestrange    27/02/2012    5 recensioni
È nostra, lo sai?
È nostra. Mia e tua. E lo sarà per sempre.
Genere: Azione, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Dean Winchester, Nuovo personaggio, Sam Winchester
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Prima stagione
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Supernatural - Season ½'
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I primi, pallidi raggi dell'alba penetravano appena dalla finestra, gettando sul muro
una luce smorzata dalle tende bianche.

Nella stanza era il silenzio più assoluto, interrotto solo dal leggero respiro della
bambina che dormiva sul letto, e da quello, più pesante, di Dean, che sonnecchiava,
seduto sulla sedia.

Le assi di legno del pavimento scricchiolarono piano.

Il rumore era sottile, continuo: si udiva a malapena, ma si faceva sempre più forte;
Jane, avvolta nelle coperte, si agitò appena nel sonno.

Qualcosa di scuro parve emergere direttamente da terra, in un angolo. Gli scricchiolii
aumentavano, man mano che l'ombra diventava qualcosa di più definito.

Quella che ora assomigliava ad una figura sbilenca si alzò, e trascinò i suoi passi fino
alla bambina addormentata, che, come accortasi nel sonno del pericolo, rabbrividì.

La creatura si chinò su Jane, e il movimento la fece apparire ancora più deforme di
quanto già non fosse. Avvicinò il volto a pochi centimentri da quello della bimba, e non
appena il suo repiro affannoso le sfiorò la pelle, Jane spalancò gli occhi.

Sembrava troppo terrorizzata per muoversi, parlare, o fare qualsiasi altra cosa.

Rimase immobile, lo sguardo fisso verso il vuoto, mentre le labbra della figura si
muovevano lentamente, sussurrandole parole strascicate all'orecchio; erano talmente
vicine da poterla quasi toccare.

Jane rimase ferma ad ascoltare, ma dai suoi occhi si capiva che avrebbe solo voluto
alzarsi e fuggire: il suo sguardo azzurro si posò su Dean, addormentato, e in un
attimo un lampo di speranza le attraversò il viso.

«Dean…» sussurrò, piano.

La creatura chinata su di lei prese a parlarle ancora più forte, e ancora più veloce.


«Dean…» chiamò ancora Jane, disperata, ma lui non la udì.

Per un istante ci fu il silenzio; persino l’altra si era zittita. Dal piano di sotto, parvero
risuonare nuovi scricchiolii nel legno.

La creatura si avvicinò ancora di più alla bambina, e le sussurrò le ultime parole, più
forte, con una furia quasi disperata.

Jane strillò.

Il suo urlo acuto, prolungato, risvegliò immediatamente Dean: vide la bambina, la
creatura, e per un attimo non seppe cosa fare.

Prima che lui potesse decidersi, accaddero molte cose contemporaneamente: la
creatura si allontanò da Jane con un balzò all’indietro, la bambina si ritrasse nelle
coperte, inorridita, e dalle scale si udirono rumori di passi frettolosi.

«Jane!» fece Dean, scattando in piedi.

«Jane!»

Nello stesso istante, comparve sulla porta Sam, trefelato.

La creatura osservò prima uno, poi l’altro: per un istante, sembrò che ghignasse. Poi,
d’improvviso com’era arrivata, sembrò sprofondare nel pavimento di legno, e
scomparve dalla loro vista.

Dean si avvicinò subito alla bambina, che era pallida e sudata.

«Come stai, Jane?» le domandò, in ansia. La sentì tremare: quando lui la sfiorò per
accarezzarla, la bambina prima si ritrasse, come per evitare il suo tocco; poi, dopo un
attimo d’indecisione, ci ripensò, e si gettò tra le sue braccia.

Dean si ritrovò sorpreso ad abbracciarla, e fu una sensazione strana, l’avere quel
corpicino stretto al suo petto.

Sam si avvicinò, con un sorrisetto stampato sul volto, nonostante l’ansia e la paura di
pochi istanti prima.

«Non te la cavi male come babysitter, sai?» lo canzonò allegramente.

«Sta zitto, Sammy» lo rimproverò a mezza bocca il fratello, senza smettere di
accarezzare la bimba. Quando lei parve essersi calmata e alzò lo sguardo, le disse:
«Hai visto chi è arrivato, Jane? Sua Altezza il Principe».

La bambina gli sorrise debolmente. Era già qualcosa.

«Andiamo a fare colazione, dai» le propose ancora, incoraggiante, Dean, e la bambina
si alzò per seguirli fino alla cucina.

«Sua Altezza il Principe? Però…» commentò sottovoce Sam, senza smettere di
sorridere.

«Senti un po’, non potevi rimandare di un altro paio di giorni il tuo ritorno? Si stava
una meraviglia qui, senza di te» ribatté Dean, esasperato.

«Ho visto» replicò il fratello, inarcando le sopracciglia. «Non sei stato capace di tenerla
d’occhio una sola notte… A proposito, cerca di allontanare Jane per un attimo, il
Principe qui presente deve conferire con te».

Dean sbuffò, ma si voltò subito per chiedere alla bambina di cominciare a preparare la
tavola senza di loro.

Non ci volle molto perché Sam aggiornasse delle ultime novità il fratello.

«E così quella roba che ha aggredito Jane prima era il fantasma della sua defunta
sorella?» riassunse Dean, e quando il fratello annuì, continuò: «Beh, in questo caso
non sarà complicato toglierla di mezzo, no? Cerchiamo il corpo, e lo mettiamo a sale e
fuoco».

Sam scosse la testa. «Non credo sia così semplice, questa volta».

Dean sbuffò. Il fratello era sempre il solito guastafeste: peccato che la maggior parte
delle volte avesse anche ragione.

«Che cosa c’è, stavolta?»

«Non è un normale fantasma » cominciò Sam, lentamente. «Questa creatura non può
uscire di casa, perché vi è legata, e questo è normale: ma perché vietarlo anche a
Jane? La dottoressa ha detto che durante la gravidanza, parte del nutrimento
destinata una finiva nell’altra. E se nello stesso modo, la vita di una si sia riversata
nell’altra? Questo creerebbe un legame indissolubile tra le due gemelle: se una muore,
anche l’altra farà la stessa fine».

L’altro era semplicemente sconvolto. «Ne sei sicuro? Non ho mai sentito niente del
genere…» domandò, con la voce più roca del solito.

Sam annuì. «Ho sentito dei conoscenti della famiglia. Jane non è mai uscita di casa.
C’era qualcosa che glielo ha sempre impedito… scommetto che è stata la sorella.
Questo vuol dire che anche Jane è legata all’abitazione, e che uscendo…»

«…morirebbe» concluse per lui il fratello.

«O meglio, morirebbe la parte della creatura dentro di lei. Non so cosa succederebbe a
Jane» lo corresse Sam.

Dean alzò le spalle. Non è che la situazione cambiasse, poi, di molto…

«Alla fine, ha senso, no?» aggiunse il fratello, leggermente esitante, e Dean lo fulminò
con lo sguardo. «Voglio dire… altrimenti, perché lasciare in vita Jane? Ti ricordi le
parole di Redstone? La casa apparteneva alla primogenita. E la primogenita, in questo
caso, è l’altra».

«Quindi quella cosa fa tutto quello che può per riprendersi la villa, che considera di
sua proprietà?» fece Dean, sbalordito.

«Ma allo stesso tempo non può far fuori Jane, perché rischierebbe di venire distrutta a
sua volta» assentì Sam. «E poi… pensa all’incidente con cui sono morti i suoi genitori…
la casa gli è crollata addosso. Non può essere stata una coincidenza».

«No, assolutamente» convenne l’altro, sbalordito. «E anche la maniera con cui uccide
le sue vittime… le seppellisce vive».

«Proprio come i suoi genitori seppellirono lei» concluse Sam. «Sembra che riesca a
controllare la casa… come ho detto, sembra che questa creatura riesca a controllare la
villa, come fosse una cosa viva».

Per un attimo regnò il silenzio.

Dean si era accasciato su una sedia, e guardava fisso davanti a sé. Il fratello lo
osservava preoccupato, come aspettando una sua reazione che tardava ad arrivare.

«Dean… che cosa facciamo?» chiese infine Sam.

Il fratello alzò lo sguardo.

«Distruggiamo quella cosa» disse, e gli occhi gli brillarono per un istante di gioia
maligna. «Prima bruciamo il corpo. Poi penseremo alla casa. Dobbiamo tirare fuori
Jane da questo faccenda».

«E se fosse pericoloso per…»

«No!»

Il grido di Jane li fece sobbalzare entrambi. La bambina si era intrufolata nella loro
stessa stanza, e ora li guardava, furiosa.

«Pensavo di potermi fidare di voi! Pensavo che avreste…»

La bimba non riuscì ad andare avanti e deglutì, gli occhi lucidi che lampeggiavano di
rabbia.

«Jane, che cosa stai dicendo?» fece Dean, tra lo stupito e il confuso.

«Vi ho sentiti, tutti e due!» rispose con uno strillo lei, voltando lo sguardo da uno
all’altro. «Avete detto che le avreste fatto del male! Avete detto che ucciderete
Maryanne!»

La bambina si voltò e scappò via, correndo su per le scale di legno.

«Mary… chi?» chiese Dean, ancora scioccato dalla situazione.

«È il nome che i genitori volevano dare alla sorella» spiegò Sam, lentamente. «Ma non
capisco perché Jane se la sia presa così tanto…»

Prima che potesse finire di parlare, Dean era già corso dalla bambina, inseguendola
lungo le scale fino alla camera da letto dove lei si era rintanata.

La trovò in un angolo della stanza, abbracciata alle proprie ginocchia come il giorno
prima: questa volta, però, teneva la testa alta, e negli occhi azzurri c’era uno sguardo
fiero e orgoglioso che per un attimo lo lasciò interdetto.

Si avvicinò, e, inginocchiato davanti a lei, cominciò a parlare.

«Jane, non capisco» fece, nel tono più gentile che gli uscì in quel momento. «Io
pensavo che tu non volessi stare con tua sorella. Credevo che lei ti spaventasse… che
non volessi più averla intorno, no?»

La bimba non parlava, limitandosi a guardarlo con fare altezzoso.

«Jane, il motivo per cui Sam e io abbiamo parlato di… cacciare via Maryanne, è perché
pensavamo che lei ti disturbasse e che ti facesse paura. Se tu non vuoi, noi non la
toccheremo nemmeno con un dito. Ma dopotutto, ti avevo promesso di proteggerti,
no?» Dean cercò di sorridere.

Lo sguardo fermo di Jane vacillò un poco. «Tu u-uccideresti qualcuno solo per
proteggermi?» domandò, sbalordita.

«Certo» confermò lui. «Non lascerei mai che qualcosa ti faccia del male. E poi, Jane,
non posso uccidere Maryanne, e sai perché? Perché lei è già morta. Lei non esiste
davvero, è solo… un fantasma».

«Lo sapevo che non era normale» sussurrò la bambina, persa nei suoi pensieri. «Però,
è mia sorella, e a una sorella o a un fratello bisogna volere bene lo stesso, no? Anche
se non c’è più. Perché anche la mia mamma e il mio papà non ci sono più, ma di loro
non c’è neppure il fantasma. E allora, non è meglio stare con una sorella fantasma,
che rimanere da sola? In fondo, è l’unica famiglia che mi è rimasta. Meglio di niente,
no?».

Per un attimo Dean credette di non essere in grado di rispondere.

Pensò a lui, e a che cosa avrebbe fatto nella situazione di Jane: poi, però, si accorse
che lui in quella situazione c’era già. Almeno un pò.

Si schiarì la voce.

«No, Jane» ribatté piano, guardandola dritto negli occhi azzurri. «Non è meglio. Io lo
so che è triste, ma se la tua mamma e il tuo papà non ci sono più, niente potrà farli
tornare indietro. Niente. E, Jane… Maryanne non è veramente tua sorella. Lei non ti
vuole bene. Non sarà mai la tua famiglia, perché non vuole esserlo».

Si accorse che Jane aveva gli occhi lucidi, e questo non poté certo aiutarlo a
continuare. Allungò una mano e le accarezzò una ciocca di capelli biondi.

«Sai, Jane, anch’io ho perso la mia mamma, tanti anni fa. E adesso anche il mio papà
se n’è andato» Dean si costrinse ad andare avanti senza che la voce tremasse. «Io
capisco che è difficile pensare di essere soli, perché io, se non ci fosse Sam…»

Si maledisse per aver cominciato un discorso tanto complicato, e decise di andare
avanti per un’altra strada.

«Però non è con Maryanne che ti sentirai meno sola. Lei ti vuole accanto a sé solo
perché ne ha bisogno per continuare ad esistere. Se tu te ne vai, lei scomparirà. Per
quello non ha mai voluto che tu uscissi di casa, lo sai?»

Una lacrima scese lungo la guancia bianca di Jane, ma non fu seguita da nessun’altra.

Dei passi lungo le scale preannunciarono l’arrivo di Sam, che rimase sulla soglia, come
se non volesse interrompere nulla.

Dean si alzò in piedi. «Sta a te scegliere. Se vuoi che ti aiutiamo, noi cacceremo via
Maryanne da questa casa. Se invece preferisci che ce ne andiamo, noi spariremo di
qua e nessuno ti verrà mai più a disturbare, promesso».

La bambina lo guardò a lungo. Il suo sguardo si spostò da lui a Sam, alle pareti di
legno della casa, e alla fine si inchiodò sul pavimento.

Poi rialzò la testa, e negli occhi limpidi lampeggiava una muta richiesta di aiuto.

«Portatela via di qui» sussurrò, e il suono delle sue parole riecheggiò nella stanza
spoglia.
   
 
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