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Autore: MadLucy    27/02/2012    6 recensioni
Diciotto anni dopo,dopo Maka,Kid,Black*Star e gli altri,ci troviamo qui. A Death City.
Dove un tempo tutto è iniziato,e ricomincerà di nuovo.
Chi occuperà i banchi della Shibusen? Chi saranno i protagonisti di questa storia? Ma loro,ovviamente.
I figli dei nostri eroi.
La nuova generazione di Soul Eater non passerà meno guai dei loro predecessori; dovrà vedersela con manie di protagonismo,nevrosi da simmetria,lividi da enciclopedia e attacchi di panico,senza contare i loro genitori...
Ma la follia minaccia di nuovo il mondo,più forte che mai...a causa di chi? Lo scoprirete solo leggendo!
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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La Stanza degli Specchi. Il liquido nero sgorga sul pavimento e le pantegane non sono la nostra priorità?





Theodore si volta, sospirando.
-E come hai intenzione di dimostrarm-
S'interrompe, stupito. Parlava al vuoto freddo e spaventoso dell'immenso salone, perchè Ran non è più lì.
Si guarda intorno, inutilmente. Le strane, abbaglianti luci della stanza, miste alle tenebre indissipabili addensate negli angoli, offuscano la vista impedendogli di distinguere alcunchè.
-...Ran?- tenta, ma ugualmente invano: se si è nascosta per non essere trovata, allora non la troverà.
-Non abbiamo tempo per queste sciocchezze da bambini. Io volevo farti un discorso serio, volevo che ragionassi su ciò che stai...-
Buio. Buio pesto, fastidioso quanto una nube di fuliggine, impenetrabile come nebbia e scuro come il più puro inchiostro. Il ragazzo si ferma, disorientato.
-Ehi! Ti sembra divertente?! Ti stai divertendo?!- sbotta, sollevando il mento verso un punto indeterminato in quell'oscurità.
Nessuna risposta, ma Theodore è pronto a giurare d'avere sentito una risatina.
Non sa proprio cosa fare, a quel punto: non vede nemmeno ad un palmo dal suo naso, come può muoversi? E dove vuole arrivare, con tutto questo teatro, quella pazza di Ran?! Non gli resta che aspettare e vedere che succederà.
Il silenzio è terribile, scandito da secondi troppo lunghi ed istanti interminabili. Tutto tace, in attesa, come una trappola in procinto di scattare.
Prima che possa azzardare qualche commento sarcastico verso Ran una sola, semplice luce prende vita sugli specchi.
Theodore si volta: l'unica cosa distintamente illuminata è la superficie adamantina. Un ragazzo scompigliato e pallido, gli occhi grigi e opachi velati dalla spossatezza carezzati da livide occhiaie scavate a fondo nella pelle risponde stanco al suo sguardo, osservandolo intensamente come sta facendo lui.
Batte le palpebre, subito imitato dal suo riflesso. E' davvero ridotto così male?! Si fa impressione da solo. Non riesce a credere che quel giovane esausto è proprio lui.
La strana tonalità della luce pennella il suo volto di bagliori cremisi, che scorrono lenti sulle sue guance ceree.
Theodore si gira, irritato da quella visione. Ma aveva dimenticato: davanti a sè, infatti, vi è un altro specchio.
-Che c'è, sei stato lontano per così tanto tempo e non mi lasci giocare un po' con te?- La voce, quella voce splendida e fottutissima che non sa se amare come nessun'altra cosa al mondo o odiare con tutte le sue forze, si rinfrange contro le pareti, scivola sul pavimento e riempie il salone.
-Adesso su, non fare il guastafeste. Lascia che mi diverta. Tu vuoi salvarmi, no?-
Il ragazzo fissa lo specchio, irrigidito, fino a quando le sue labbra non si curvano in un sorriso sarcastico. Oh, adesso si fa paura da solo?!
-Sì, è quello che farò.- conferma, con la voce più decisa e ferma che la gola secca riesce a produrre.
-Mmhh, mmhh, ma salvarmi da cosa?-
-Dalla follia. Dalla follia, che ti ha fatta diventare così.-
Theodore non riesce a capire bene cosa, ma intuisce che quello specchio ha decisamente qualcosa che non va. Di sbagliato, diverso. Gli procura un pizzicorino fastidioso dietro la nuca.
-Credi? Vuoi proteggermi dalla follia, mio dolce Theodore, o da me stessa?-
Le sue parole rimbombano in mille eco, si ripetono e ripetono e ripetono, perdendosi in ogni centimetro della stanza. Se prima Ran sembrava essere svanita, ora pare ovunque.
Lo specchio lo guarda, ora il ragazzo ne è certo. Lo guarda.
-Perchè... ecco, io sono questa. Ran che distrugge e uccide e fa a pezzi. Non è affatto disgustoso come dicono, anzi -sa essere piuttosto gratificante. Buffo, no? Conosciamo due Ran diverse.- Ancora la voce, ancora, ancora. Ne ha le orecchie colme, straripano di parole orribili che non vuole sentire. Vuole premerci le mani sopra, Theodore, come i bambini non accetta il colpo in pieno viso che la brutale verità gli ha inferto.
-Due Ran, sì, ma solo una esiste davvero. Quella che si riflette nello specchio. Quella che ora ti sta uccidendo. L'altra... oh, sciocco Theodore. L'altra non è mai esistita.-
Com'è dolce, la vellutata morbida languida musica della morte. Perchè non sono parole, è liquida crudeltà -cruda troppo cruda- che si riversa in una pozza sul pavimento e gli lambisce i piedi.
Ora il ragazzo capisce cosa non va. Lui ha smesso da un pezzo di sorridere. Ma il suo riflesso no.
-Perciò non ti sei innamorato di Ran, soltanto di un'idea che hai di me e la tua mente ha reso perfetta. Lei non c'è, sciocco, e mai ci sarà. Smettila di rincorrere fantasmi. Ci sono io, no? La vera io. Credi di potere amare una squartatrice, Theodore?-
La luce rossa lampeggia, come sangue. Un ghigno atroce distorce come una crepa il suo volto. Lo sta guardando, lo sta guardando.
Thedore si gira, si gira, si gira. Dovunque sangue, dovunque ghigni. Dovunque lui. Troppi lui.
Io non sono quello!    Io sono quello   Chi sono io?
Anche la stanza gira, anche Theodore. Nulla cambia, il rosso lampeggia e le crepe distorcono, ancora liquido nero sul pavimento? Lo sta raggiungendo.
Ma cosa diamine penso?! Quale liquido nero?! Non c'è niente per terra, mi sto solo meglio spostarsi o gli macchierà i pantaloni.
Non mi sono innamorato di Ran, e sciocco Theodore, e non si rincorrono i fantasmi. Cosa dice? Cosa dico? Oh, fanculo.
Tutto è confuso e il ghigno non scompare, eppure non voglio sorridere, tutto turbina e io non sto più in piedi.
Meglio morire o amare Ran la squartatrice?
Non capisce nulla, nulla. Tutto sembra distante e lontano, niente pare reale ma solo deliranti allucinazioni provocate da una droga. Persino di ciò che sente non si fida, le parole gli giungono come si trovasse negli abissi, soffocato da onde turbinanti ed inarrestabili. E quella voce suadente non smette di tormentarlo.
-Una parte di te mi vuole, vuole la squartatrice e non la dolce ragazza. Che ne dici di arrenderti al-
-No!-
La stanza si ferma, lui chiude gli occhi strizzandoli. Nello specchio, nero e buio, solo la sua sagoma scura e distrutta supina sul pavimento.
Poi la figura di Ran si delinea, si mette a fuoco. I suoi colori sono terribili, troppo forti e dolorosi, come il rosso vivido degli occhi e il bianco cadaverico della pelle. Lacerano il buio.
-Sbagli.- ansima Theodore, senza aprire gli occhi. Ran china graziosamente la testa da un lato.
-Potresti ripetere, per favore?-
-Ho detto che sbagli. Ti stai sbagliando.- insiste il ragazzo. -Ran non è affatto perfetta. Anzi, se iniziassi ad elencarne i difetti mi dilungherei parecchio. E' esagerata, teatrale e subdola. E' vanitosa, pigra e lunatica. E' una bugiarda, e per giunta molto brava. Sa manovrare le persone a suo piacimento. Gode dell'invidia altrui, se ne compiace. Devo proseguire?- Tace, per riprendere fiato. -Ran non è perfetta,- ripete -ma tu sì. Tu sei perfetta. Perfetta in modo tremendo. Ran esiste, lei sì: l'ho vista, l'ho conosciuta e l'ho amata. Lei è vera e imperfetta. Tu sei l'illusione, la copia sbiadita di un padre che vuoi emulare. Tu non esisti.- Apre gli occhi, li spalanca all'improvviso.
Ran lo fissa inorridita.
Poi, l'inferno.



-Aehm...Cassian?- Nessuna risposta.
Sento uno strano squittìo sotto la suola della scarpa. Mi trattengo dallo strillare come un'ossessa, mordendomi le labbra.
-Cassiaaan?!- ripeto, in un bisbigliare nervoso.
-Cosa c'è ancora?- sbuffa silenziosamente lui, voltandosi. E' in testa al gruppo, affiancato dall'inseparabile Grace, che ogni tanto si sporge a sussurrargli qualcosa all'orecchio. Stringe in mano una candela, ormai quasi del tutto erosa dall'esile fiammella che danza delicatamente sullo stoppino. La luce dorata gli carezza il mento, evidenzia gli zigomi e ombreggia il suo viso. Gli occhi sono severamente stretti in fessure.
Deglutisco. -Cre...credo ci siano i...i topi, qui. Topi.- mormoro terrorizzata. Non so perchè l'ho detto, forse voglio solo essere smentita e darmi della stupida per averlo creduto.
Lui scrolla le spalle, indifferente. -Certo, invece che topi direi pantegane. Siamo sottoterra, questo passaggio percorre tutta la zona immediatamente sotto il maniero. Perchè ti stupisci?-
Pantegane?! Pantegane?!
E' pazzo. Sta scherzando.
-N...n...no, non mi stupisco, ma fa...fa paura!-
-Paura!- mi sbeffeggia inarcando le sopracciglia. -Degli inutili roditori sulla scala delle nostre priorità sono sull'ultimo gradino, rispetto a tutto quello che ci aspetta là dentro.-
-Ma...ma Ran non ha i baffetti e la coda squamosa e non puzza di fogna!- piagnucolo. Ace, alle mie spalle, sta sghignazzando piano.
-Quanto manca per arrivare alla porta d'accesso al castello?- sento la voce di Shi domandare, ancora dietro Ace. Mickey canticchia a mezza voce, sognante.
-Non molto.- si limita a rispondere Cassian, proseguendo. -Ci condurrà direttamente al centro della tenuta. Da lì, sarà semplice seguire le trecce dell'anima di Ran e scoprire dove si trova.-
Sospiro. Chissà come stanno Theodore, Silver, Jackson e Natasha. Spero che non si siano persi, o peggio...
Non so cosa può attenderci, al termine delle gallerie. Qualunque cosa.
E noi, mi ripeto stringendo i pugni, ce la faremo. Ran rinsavirà, tutti torneremo a casa sani e salvi. Sì.
Ci penserà mia madre ad uccidermi al rientro. Non Ran, non le trappole di Medusa e non i topi schifosi, ma Maka Albarn, rifletto sconsolata.


















Note dell'Autrice: Ritardoritardoritardo. Mi dispiace da morire, un po' la scuola, un po' il resto....buh, buh, faccio schifo. -.-
Spero che questo capitolo vi sia piaciuto, personalmente lo ritengo leggibile. L'ultima parte è una stupidaggine, mai insomma.
Okay, a voi la parola! Recensite e fatemi felice, miei prodi lettori!
Lucy





  
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