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Autore: Dafne    02/10/2006    7 recensioni
Una ragazzina appena investita con il nome di " Silver Saint di Linx " e con il desiderio di diventare maestra viene assegnata a Milo, portando una ventata di allegria al Grande Tempio... o meglio, un tornado di istinti omicidi. Ma è davvero tutto così allegro? Chi sta tramando nell'ombra, mietendo vittime a non finire? Nuovi personaggi, nuovi combattimenti, nuovi nemici. E stavolta, la posta in gioco è davvero troppo alta, persino per i Gold Saint.
Genere: Romantico, Comico, Guerra | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo Personaggio, Scorpion Milo, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Un giorno come tanti altri, quel venticinque Dicembre.

Un comune ospedale di Atene, una di quelle strutture che passano inosservate.

Una finestra, dal primo piano, sulla cui superficie le gocce di pioggia si posavano, stanche di essere sbattute qua e là dal soffio impetuoso di Eolo.

Una ragazza bruna, dal viso terreo, con gli occhi fissi nel vuoto, inchiodata ad un lettino.

 

“Sta arrivando…”

 

 

Jeanne Blanche?”

 

La ragazza continuò a tenere gli occhi fisso sulla finestra, ignorando la voce; la figura opaca riflessa sul vetro della finestra le restituì uno sguardo vuoto, privo d’espressione, come inanimato.

L’infermiera inarcò un sopracciglio, seccata da certa indifferenza; la richiamò, sperando di ricevere risposta, ma niente, la ragazza continuava a voltarle le spalle.

Avvicinandosi al suo letto, allora, alzò un po’ di più la voce, finendo per svegliare il paziente addormentato dell’altra stanza, che imprecò sonoramente di risposta.

 

“INSOMMA, SIGNORIN-”

“Non disturbare il silenzio di questo luogo”

 

La voce della ragazza le arrivò direttamente al cervello, morbida e triste allo tempo; ella si girò verso l’infermiera, socchiudendo appena gli occhi per assumere un’espressione alquanto indecifrabile.

 

“Mi dispiace” tossicchiò l’altra donna, sebbene non avesse la benché minima intenzione di scusarsi. “Ma continuavi a non rispondermi, Jeanne, e allora…”

“Non mi chiamo Jeanne…” interruppe nuovamente la paziente, con tono distante; l’infermiera fece un lungo sospiro, prima di posare la cartellina medica sul tavolino accanto al letto.

“Nei documenti che abbiamo rinvenuto tu risulti come Jeanne Blanche” disse, cercando di imitare una voce che risultasse gentile “perciò è inutile che continui con questa storia del nome… D’altra parte, tua madre si chiamava così e…”

 

La ragazza rimase immobile a quelle parole, come colpita da qualcosa; poi, con uno scatto, colpì con la mano la cartellina, facendola volare per qualche metro attraverso la stanza. “Non ho nessun legame con una donna che vendeva il proprio corpo per denaro…” ringhiò, mentre un’espressione feroce le appariva in volto. “Il mio nome è Elise e nessun altro!”

 

L’infermiera scosse la testa, rincuorandosi dal fatto che presto quella ragazza sarebbe stata mandata ad un centro psichiatrico; raccolse la cartellina da terra con fare all’apparenza paziente, tradita dal piccolo sbuffo d’irritazione sfuggitale dalle labbra.

“Tu non sei proprio nessuno…” le mormorò, crudele, prima di sparire dalla stanza.

 

Elise strinse il lembo del lenzuolo con fare nervoso, prima che le sue mani afferrassero il vaso di fiori più vicino e lo scaraventassero via, lontano, con tutta la rabbia repressa del suo animo; l’elegante recipiente di ceramica s’infranse contro il pavimento con un suono secco e per un attimo i cocci bianchi brillarono come piccole stelle, risaltando sulla superficie nera delle piastrelle. La ragazza rimase a fissare quello spettacolo come affascinata, prima che la porta della stanza si riaprisse di scatto e il dottor Rainer, con il suo impeccabile camice bianco, facesse il suo trionfale ingresso.

 

“Cos’era quel rumore, Jeanne Blanche?” chiese il medico, gli occhi azzurri fissi sul volto della giovane, che ora si guardava le mani con sguardo impietrito; dalla porta sbucarono fuori tre o quattro teste appartenenti agli addetti della pulizia, attirati dal trambusto.

 

Elise si voltò verso l’uomo, con gli occhi che mandavano lampi. “Non c’è nessuna Jeanne Blanche qui…” sibilò, con fare minaccioso.

Il dottore stava per risponderle, ma un’altra persona, per l’esattezza un giovane ragazzo, interruppe la discussione con voce calma e gentile.

 

Se ci sono problemi posso ripassare anche domani…”

 

Elise si bloccò nel guardare il nuovo giunto, austero ed elegante con quel fare distaccato ma non scortese; i lunghi capelli lilla risaltavano parecchio sulla maglia blu, e quegli occhi verdi, poi!

 

“Oh, no, signor Mur…” balbettò Rainer, a mo’ di scusa. “Ma ora devo lasciarvi, ho dei pazienti da visitare…”

 

Lanciò ancora un’occhiataccia ad Elise, come per intimarle di stare buona, indi, come l’infermiera di prima, sparì senza lasciare traccia.

 

Tra i due rimanenti, ora, regnava il silenzio; Mur si esibì in un *brillante* colpo di tosse, sebbene lo sguardo inquisitore della ragazza non lo smuovesse di un centimetro. “Una pazza” l’aveva definita l’intero corpo medico, con disprezzo, ma in fondo a lui non importava più di tanto: non era per lei che era venuto… o almeno non era certo che fosse per lei.

 

Che vuoi?” sbottò ad un certo punto Elise, inarcando un sopracciglio con fare seccato; il Gran Sacerdote parve spiazzato per un momento e a fatica riuscì a comporre una frase di senso compiuto.

 

“Io… ehm…”

 

Beh, più o meno…

 

Elise gli voltò le spalle, sbuffando. “Allora sei tu lo psicologo nuovo?” chiese, con voce incolore. La leggera pioggia si era trasformata in un diluvio alquanto persistente e le gocce stanche ora picchiavano sulla finestra come tante piccole pietre. “Non sembri un idiota come quello che avevo prima, signor Muro.

 

Mur” precisò lui a denti stretti. Lei parve non ascoltarlo, continuando a non guardare nella sua direzione.

 

“Bambola rotta ormai da buttare, occhi di vetro per la vista velare, vita che ormai non ha più niente da donare…” cantilenò, con fare inquietante, poggiando una mano sul vetro della finestra. La superficie fredda le fece venire i brividi.

 

Mur decise di non fare caso a lei, guardandosi attorno con fare inquisitorio; eppure non poteva essersi sbagliato, quello che aveva sentito poco prima era un Cosmo molto simile a quello del cavaliere che aveva attaccato il Santuario, sebbene ben più debole. Più che il cavaliere stesso, era probabile che ci fosse solo una traccia lasciata dal suo Cosmo, il che non faceva altro che complicare le cose.

 

Elise osservò con attenzione il riflesso del ragazzo, intento a pensare a chissà cosa; sorrise, mentre il volto suo s’oscurava appena e la voce si faceva lugubre, quasi sovrannaturale. “Ce ne hai messo di tempo per arrivare qui… Gran Sacerdote…”

 

Fu un attimo. Mur alzò la testa di scatto e la ragazza si sentì prendere per il colletto della camicia da notte, in modo molto meno delicato rispetto al trattamento riservato ai pazienti. Elise fu costretta e girarsi per guardare in faccia il cavaliere dell’Ariete, ansioso come mai in vita sua.

La mano quasi gli tremava mentre proferiva un “come fai tu a…?” a bassa voce, fissandola in quegli occhi tanto diversi tra loro.

 

Seguì un momento di silenzio, in cui lei gli posò una mano sulla sua, allontanandola dolcemente da sé, e Mur fu obbligato a lasciarla andare; pareva sconvolto dalla propria reazione, il cavaliere più assennato del Santuario che perdeva la calma per la seconda volta in vita sua.

Mentre si risistemava il colletto, Elise si passò una mano tra i capelli, quel giorno più opachi che mai. “So molte cose su voi Saints…” mormorò, con voce incolore, sorridendo allo sguardo smarrito del cavaliere. “Ma stai tranquillo… Il Cosmo che hai avvertito non era mio…”

 

E cosa ti fa pensare che io possa credere alle tue parole?” sibilò lui di rimando, rimanendo sulla difensiva. “Per quel che ne so, potresti benissimo essere una nemica…”

 

Lei scoppiò in una delicata risata, portandosi il dorso della mano dinnanzi le labbra; le ipotesi erano due: o il comportamento di Mur era tremendamente divertente, oppure le voci sulla pazzia della ragazza non erano poi così infondate.

E con cosa potrei combattere contro di te, ora, cavaliere? Con il bisturi?” sghignazzò, con gli occhi leggermente fuori dalle orbite.

 

La seconda ipotesi, di sicuro.

 

“Senti…” fece il Gold Saint, sospirando. “Ho bisogno di venire a conoscenza di tutto ciò che sai… Ma visto che non sei disposta ad aiutarmi, tolgo il disturbo.”

Fece per andarsene, ma lei glielo impedì, afferrandogli l’avambraccio con velocità fulminea; Mur s’immobilizzò, limitandosi a lanciarle un’occhiata interrogativa.

 

“Ti aiuterò, cavaliere…” spiegò ella, seria come non mai; forse non era realmente pazza, ma di sicuro era inquietante ed Aries sentì un brivido percorrergli la schiena mentre la sua bocca pronunciava la fatidica domanda. “Cosa vuoi in cambio?”

 

Ed Elise sorrise, un sorriso sinistro che non faceva presagire nulla di buono, come ci si poteva aspettare da una ragazza del genere.

 

“Trasferirmi per sempre al Grande Tempio”

 

 

ab

 

 

 

Il mercato ai piedi del Santuario, le tre del pomeriggio.

 

Una figura che si accasciava in un angolo, distrutta dal lungo andirivieni praticato per le bancarelle in cerca di un piccolo regalo per Natale; il sudore che le imperlava la fronte non poteva però essere notato a causa della pioggia scrosciante, che l’aveva bagnata da capo a piedi e che ancora non accennava a smettere.

 

“Non ci riesco…” mormorò una Cris alquanto sconsolata, poggiando i gomiti sulle ginocchia con fare afflitto; guardò a lungo la gente che, nonostante la pioggia, continuava a girovagare nel mercato un dono, anche piccolo, da donare agli amici.

 

“Ma che diavolo si può regalare ad un ragazzo????” esclamò, al colmo della disperazione più totale, mettendosi le mani tra i capelli; era riuscita a comprare un regalo a tutte le persone che le stavano a cuore tranne che a lui: Milo.

 

D’accordo, forse non era necessario fare un regalo di Natale ad un Cavaliere, Gold per giunta, ma lei non poteva farne a meno ed era scesa ai piedi del Grande Tempio di mattina presto, saltando addirittura la colazione per timor d’essere scoperta dal suo Maestro.

 

Ora che la pioggia scendeva copiosa e che erano le tre passate del pomeriggio, lo stomaco di Linx cominciava a lamentarsi e non ne voleva sapere di smettere: o cibo o niente.

 

Andò a frugare nella tasca dei jeans, in cerca di qualche soldo rimasto e si sentì morire quando vi trovò giusto un po' di spiccioli con cui non poteva neanche comprarsi le caramelle.

 

Uffa

 

Sospirò, alzandosi e portando lo sguardo verso le nubi grigiastre che coprivano il cielo; decisamente un’ottima giornata natalizia.

Riprese a camminare tra i banchetti, con fare assonnato, buttando giusto un’occhiata qua e là di tanto in tanto e cercando di non fare caso alla pioggia che la martellava sulla testa con fare prepotente.

Farei meglio a tornare indietro… di ripeteva mentalmente ad ogni passo.

 

Stava per fare dietro-front, quando le parve di udire una voce; s’arrestò, guardandosi con curiosità.

 

“Ehi!” la richiamò di nuovo qualcuno, da dietro una bancarella: un uomo abbastanza piccolo di statura, sui cinquant’anni, con i capelli striati di grigio, le stava facendo freneticamente cenno di venire avanti, con un grandissimo sorriso stampato in faccia.

 

Lei s’avvicinò, con fare guardingo, senza distogliere lo sguardo dal vecchio. “Sì?”

 

“Stai cercando un regalo, vero?” chiese lui, sporgendosi un po’ più avanti per guardarla meglio; aveva due occhi mostruosamente grandi.

 

“Ehm…” fece lei, imbarazzata, cercando di non arrossire. Il vecchio parve intenerito dal suo comportamento e con un “aspettami qui” sparì da dietro il tavolo.

 

Si udirono rumori inquietanti, quali oggetti che andavano in frantumo e colpi contro superfici rigide, evidentemente legno, mentre l’uomo trafficava nel retro continuando a mormorare qualcosa il cui significato sfuggiva alla ragazzina.

Quando il mercante tornò, pareva più ammaccato di un foglio di carta malamente appallottolato; reggeva tra le mani uno scatolone che dava l’idea d’essere davvero pesante e lui lo posò di fronte ad una sgomenta Cris, che continuava freneticamente a spostare lo sguardo dal vecchio allo scatolone.

 

“Qui puoi trovare quello che cerchi senza problemi, ne sono sicur-AH!” esclamò, fermando la mano della ragazzina che già si stava intrufolando nel contenitore di cartone. “No, no, aspetta! Prima devi dirmi com’è la personalità della persona a cui vuoi fare un regalo!”

 

Cris, presa alla sprovvista, sobbalzò leggermente a quella domanda. “La… persona?” mormorò, come se non avesse capito bene.

 

Bella domanda! Com’era Milo?

 

“Beh…” iniziò, incerta. “…è un bellissimo ragazzo, con i capelli lunghi e gli occhi chiari; al suo passaggio non c’è praticamente nessuna ragazza del Grande Tempio che non svenga, tranne le più toste, ovvio…” nella sua mente, l’immagine di Scorpio si delineava man mano che parlava. “È forte, muscoloso, e poi ha davvero un bel cu-

 

“Ho capito, ho capito!!!” esclamò l’anziano, agitando le mani per farla smettere con fare preoccupato. Indi, notando l’espressione allibita di Cris, sospirò pesantemente.

 

“Non mi interessava come fosse fisicamente…” spiegò, serio. “Io ti stavo chiedendo il carattere…”

 

Ecco, come non detto. Una domanda facile no, eh?

 

“Posso chiedere l’aiuto del pubblico?” fece lei, con voce speranzosa, ma quando il mercante si batté una mano sulla fronte s’affrettò a rispondere.

 

“Non lo so”

 

Chissà perché Cris ebbe l’impressione che l’uomo le avrebbe rotto volentieri quel piatto di ceramica che teneva fra le mani; si massaggiò il collo, ridacchiando nervosamente.

 

“È che non ha un carattere definito… sa essere sadico, ma anche comprensivo, dolce ed acido, gentile e brusco… Insomma… “ si puntellò il mento con l’indice, con fare pensieroso. “Diciamo che ha un carattere… sfaccettato, ecco!”

 

Parolina magica. Il mercante s’illuminò tutt’a un tratto, come colto da un’improvvisa illuminazione divina, e si tuffò letteralmente dentro lo scatolone di cartone, sotto lo sguardo shockato di Cris che interpretò il gesto come un atto di suicidio.

 

Fortunatamente, dopo pochi minuti, il viso del vecchio riaffiorò tra le varie cianfrusaglie, mentre la mano stringeva trionfante un piccolo tubo metallico. “Ecco qui!” esclamò, mostrando un sorriso ad ottantadue denti, dentiera inferiore compresa.

 

Cris prese l’oggetto tra le mani, facendolo roteare da una parte all’altra e squadrandolo. “Wow!” esclamò, impressionata, con gli occhi che brillavano.

“Lei è un genio!”

 

Il mercante si finse lusingato, ma quando la ragazzina aggiunse un “non avrei mai pensato di regalargli una cerbottana metallica” gli venne all'istante l’impulso di prendere a testate il tavolo.

 

“NON è una cerbottana!” ringhiò, furioso. “È un caleidoscopio!”

 

Lei si portò una mano alla bocca, sinceramente sorpresa, e il vecchio sospirò di nuovo. “Se lo prendi, posso anche darti le perline di vetro colorato in omaggio…”

 

Gli occhi di Cris brillarono immediatamente e lei assunse la tipica espressione di una bambina davanti ad una gelateria. “I-io…. Sì, grazie! Lo prendo…” mormorò, commossa. “Che cara persona che siete… come posso ringraziarvi?”

 

Lui sorrise, allungando la mano aperta. “35 €, prego…”

 

SDENG fu il rumore che la ragazzina fece, esibendosi in una perfetta caduta stile manga.

 

“Effettivamente siete proprio una carissima persona…” mormorò, allibita, con un enorme gocciolone sulla fronte.

 

Lo sconforto fu talmente grande che non s’accorse del ragazzo dietro di lei, apparso proprio in quel momento.

 

“Ragazzina, sei d’intralcio qui…” le mormorò una voce calma alle spalle, facendola sussultare.

 

Cris sgranò i bulbi oculari per lo stupore quando si ritrovò davanti niente meno che Shaka di Virgo, gli occhi chiusi come di consueto e il solito sorriso stereotipato stampato sul volto; gli avrebbe volentieri dato un pugno in un occhio, ma dato che lui era il guerriero più forte del Santuario, preferì sbuffare con fare scocciato.

 

Poi, all’improvviso, la ragazzina si rigirò di nuovo verso il cavaliere e prima che Shaka potesse fermarla, gli saltò praticamente addosso.

 

Shakuccio, sei venuto a salvarmi!!!” gli urlò nelle orecchie, tanto che Virgo per un attimo pensò di abbandonare tutta la sua calma interiore ed appendere codesta soave fanciulla a testa in giù. Sfortunatamente, si limitò a sospirare e a scollarsi di dosso Linx.

“Qual è il problema, stavolta?” chiese, con voce dannatamente pacata, e Cris iniziò a raccontargli tutto l’accaduto, aggrappandosi al suo braccio per paura che se la svignasse all’improvviso.

 

Il mercante rimase a bocca aperta nel riconoscere il Custode della Sesta Casa, con tanto di Gold Cloth addosso; parve riscuotersi solo quando Shaka gli si avvicinò, con fare cordiale.

 

“Scusate, brav’uomo… Potete dirmi quanto costa quest’oggetto?” proferì Virgo, porgendo il caleidoscopio al vecchio mentre con l’altra mano era ferma sul viso di una contrariata Cris, tenendola a bada.

 

L’uomo balbettò qualche minuto prima di chiudere le tendine della bancarella urlando un isterico “per voi è gratis!” e sparendo nel retro.

 

Che velocità…”mormorò una Cristal a bocca spalancata, prima di sentirsi dare un colpetto dietro la nuca.

“Chiudi quella sottospecie di galleria, o ingoierai anche le mosche…” fece Shaka, con tutta la simpatia di cui era capace –cioè nulla-.

 

Stavolta, però, l’interessata non rispose con qualche battuta acida; si limitò a stringere al petto le perline di vetro e il caleidoscopio, mormorando un “grazie” alquanto sommesso, senza guardarlo in volto, trovando improvvisamente il terreno alquanto affascinante; lui parve sorpreso da quel gesto e scosse il capo, lentamente, come per scacciare quel pensiero.

 

“Sei la solita ragazzina…” disse, solo, prima di sparire agli occhi dei presenti senza neanche dare il tempo a Linx di chiarire il dubbio che l’affliggeva.

 

 

Che diavolo ci faceva Shaka al mercato?

 

 

ab

 

 

Salone natalizio, le sette di sera.

 

Kanon si allargò il colletto con due dita, il cravattino troppo stretto non lo lasciava quasi respirare e piccole perle di sudore gli bagnavano i lati del volto imbronciato; sbuffò sonoramente quando sentì Aioria, alle sue spalle, sghignazzare sonoramente.

 

“NON ridere, Leo…” ringhiò, togliendosi il cravattino con gesto fulmineo e voltandosi verso il compagno con fare assassino.

 

Quello, in tutta risposta, rise ancora più forte, appoggiandosi con un braccio alla parete per evitare di cadere a terra. “S-scusami… Ma proprio non ci riesco…” mormorò, con le lacrime agli occhi.

 

Kanon incrociò le braccia al petto, non senza difficoltà: la giacca dello smoking di una taglia troppo piccola per lui emise un rumore inquietante, segno che presto la stoffa si sarebbe rotta. Il ragazzo sospirò, abbattuto, passandosi una mano tra i capelli.

 

“Si può sapere perché proprio a me è capitata la taglia sbagliata?” sbuffò, irritato, mentre portava lo sguardo su un Aioria che cercava in tutti i modi di darsi un contegno. Astanti aveva portato i vestiti da cerimonia per tutti i presenti, ma forse non aveva fatto i calcoli con la muscolatura dei cavalieri; l’errore colossale, perciò, fu quello di prendere l’ultimo abito -ultimo poiché non ve ne erano abbastanza uguali- di taglia più piccola rispetto alle altre.

 

E indovinate a chi è toccato l’onore di indossarlo?

 

“Beh, sei arrivato in ritardo, che pretendevi?” mormorò Leo, respirando a fondo nel tentativo di calmarsi. “E comunque non lamentarti, pensa che c’è chi è messo peggio di te!” esclamò, dandogli una potente pacca sulla spalla con fare incoraggiante e indicandogli un punto indefinito dietro le sue spalle con il pollice.

 

Kanon strinse i denti, spostando lo sguardo su Aldebaran; anche il Saint di Taurus non era riuscito ad entrare nello smoking –sebbene per ragioni ben diverse dal cavaliere dei Gemelli- e si era accontentato di una vecchia giacca bluastra di sua proprietà che lo stava ugualmente soffocando.

Considerato che Aldy se la passava ancora peggio di lui, Gemini si sentì sollevato ed incrociò le braccia al petto, con gesto fulmineo, mentre un piccolo sorriso ironico gli appariva in volto.

 

Strap

 

 

Ci fu un attimo di silenzio, in cui buona parte dei Gold si girava verso il compagno, come a chiedergli cosa fosse quel rumore; Kanon si costrinse a voltare con cautela lo sguardo verso l’origine del suono secco, ritrovandosi a fissare ad occhi sgranati la propria spalla, la cui manica, con suo sommo orrore, aveva un grosso squarcio messo in bella mostra.

 

 

 

Ma porca…

 

Aioria fu nuovamente sopraffatto da un eccesso di risatine e fu costretto a portarsi le braccia allo stomaco. “Oh Santi…” mormorò, con voce strozzata dalle risa; di lì a poco avrebbe preso a pugni anche il pavimento nel vano tentativo di calmarsi.

 

Kanon alzò gli occhi al cielo, concedendosi un lungo sospiro. Aioria era sicuramente un buon alleato ed un valido avversario, ma a volte sembrava possedere l’intelletto di un neonato, se non peggio. “Se sei già brillo ancora prima della cena… Sei messo male, amico…” mormorò, mentre con aria stanca iniziava a togliersi la giacca.

 

Fu quel gesto a far tornare normale il Saint di Leo, che smise all’istante di ridere e gli afferrò improvvisamente il braccio. “Ehi! Che vuoi fare?”

 

“Far finire questa pagliacciata.”

 

“Santi Dei, Kanon! Non puoi!” esclamò l’altro, allarmato, rafforzando la presa. “Lady Saori lo prenderebbe come un affronto verso un’ospite! Tu devi tenere la giacca!”

 

Gemini scacciò il braccio di Aioria, guardandolo in cagnesco. “E cosa vorresti fare per fermarmi? Sentiamo…” sibilò, sgranchendosi le dita.

 

Leo si massaggiò il polso colpito, gli occhi fissi su quelli di Kanon; poi, con sommo stupore di quest’ultimo, incrociò le braccia al petto sfoggiando un sorrisetto idiota.

 

“Assolutamente niente!” esclamò ad un Gemini il cui labbro inferiore rasentava il pavimento. “Il mio compito era quello di provare a convincere tutti a tenersi lo smoking intero, così da sembrare tutti uguali… Ma Lady Saori non ha detto di riuscire in quest’ ardua impresa!” spiegò, con la faccia di uno che è orgoglioso di se stesso per aver fatto un ragionamento brillante.

 

Kanon si battè una mano sulla fronte. “Di certo ti sei sforzato molto nel tuo compito…”

 

Ma non fece in tempo a buttare la giacca su una sedia che tutti i presenti si girarono verso la magnifica scalinata d’oro: le damigelle  d’onore, scelte personalmente da Astanti, stavano arrivando.

 

 

 

 

“VUOI DEGNARTI DI RISPONDERMI????” tuonò la soave voce di Cris, facendo vibrare pericolosamente i vetri colorati delle finestre.

 

Nel pieno splendore del suo abito verde smeraldo, Ashanti sbuffò sonoramente, incrociando le braccia al petto e guardando con fare strafottente la scena a dir poco ridicola davanti a sé: ben quattro ragazze, cameriere di Saori, si erano letteralmente attaccate ad ogni arto di Linx, nel tentativo di farla stare ferma; Cris, da parte sua, stava facendo leva su tutto l’autocontrollo di cui era capace –ovviamente con scarsi risultati- per evitare di saltare addosso all’egiziana e graffiarle la faccia.

 

“Si calmi, signorina, la prego!” esclamò una cameriera, esausta dopo essersi beccata una ginocchiata sul costato, lasciando la presa sulla gamba destra della ragazzina e finendo seduta per terra tenendo una mano sulla parte colpita.

 

Cris fece per fare un passo in avanti trascinandosi dietro le altre tre serve, che erano decise a non mollare, ma l’elegante vestito azzurro che era stata costretta ad indossare glielo impedì e lei finì con la faccia spiaccicata sul pavimento con un sonoro TONF che echeggiò per tutta la stanza.

 

“Plebea idiota!” sospirò Ashanti con una mano sugli occhi, avvicinandosi a Linx ed inginocchiandosi per essere alla sua altezza; l’altra, con un verso strozzato, facendo leva sui gomiti riuscì ad alzare il volto per guardare l’egiziana ben in faccia, il naso completamente sporco di polvere e uno sguardo pericolosamente assassino.

 

Tsk…” sbuffò Nasser, riponendo nella borsa la graziosa trousse vellutata che teneva in mano “spero che tu non abbia rovinato il vestito… se non te ne fossi accorta, è di seta purissima!”

“Potrei indossare anche un tappeto, per quel che me ne importa!” sibilò di rimando Cris, alzandosi e togliendosi la polvere di dosso, cercando di risistemare la scollatura a barca del proprio abito.

Ashanti gonfiò le guance come una bambina terribilmente offesa. “Rozza!” esclamò, al che Linx incrociò le braccia al petto, esibendosi in una linguaccia.

 

“Antipatica!”

“Maleducata!”

“Snob!”

“Maschiaccio!”

“Infantile!”

“Asse da stiro!” sbottò la miliardaria; Cris sgranò gli occhi.

“Ma che razza di insulto è?”

 

Le cameriere spostavano ogni secondo lo sguardo dapprima su Cris, livida, che continuava a tenere l’indice contro l’avversaria, in segno di sfida, e poi su Ashanti, la quale stringeva convulsamente i pugni, come a volersi conficcare le unghie ben curate nella carne; le serve non riuscivano a definire chi delle due fosse peggio.

 

“Che diavolo succede qui?” chiese una voce alle loro spalle, facendole girare e costringendole ad ignorare le due litiganti; Marin di Eagle era davanti a loro, i capelli raccolti in un’elegante acconciatura, assolutamente splendida nel suo vestito dorato; le mani sui fianchi e il sopracciglio leggermente inarcato con fare autoritario, però, di certo non si addicevano alla propria figura di dolce ed indifesa fanciulla.

 

O forse erano proprio quegli aggettivi che le attribuivano le cameriere a non addirsi a lei?

 

Ai posteri l’ardua sentenza…

 

Le serve parvero tornare con i piedi per terra. “Vostra sorella ha qualche problema con lady Ashanti, mademoiselle…” farfugliò una di loro, mordicchiandosi il pollice con fare mooolto francese.

 

Marin alzò gli occhi al cielo, scuotendo la testa in segno di disapprovazione ed incrociando le braccia al petto; June, apparsa subito dopo dietro di lei poiché attirata dal chiasso, cercava di capire che cosa diavolo stesse succedendo.

 

Ma cosa-”

“Non chiedermelo…” sospirò sconsolata la rossa, girandosi verso di lei.

 

June era forse quella su cui le cameriere avevano lavorato di più: i lunghi capelli biondi erano stati uniti in un enorme boccolo, che ora le si adagiava graziosamente sulla spalla a mo’ di treccia. L’abito, nero con qualche pizzo argentato, faceva a pugni con la sua pelle ed i suoi capelli, ma gli ordini di Ashanti non si potevano discutere e lei era stata costretta ad indossarlo comunque, volente o –soprattutto- nolente.

Chamaeleon strabuzzò leggermente gli occhi, affiancando la ragazza ed appoggiando le spalle contro il muro con fare confuso; in quel momento sembrava una bambina piccola.

 

Stava per aprir bocca, quando una figura, sbattendo la porta e passando rapidamente accanto a lei, la interruppe; Shaina pareva davvero una furia e marciava con passo spedito verso Cris ed Ashanti, le quali, incuranti del fatto di star dando spettacolo, stavano per venire alle mani.

 

Aspett-“ provò a fermarla Marin, allungando la mano verso l’amica, ma troppo tardi.

 

Cris era sul punto di saltare addosso all’egiziana e dargliene di santa ragione, quando all’improvviso si sentì sbilanciare bruscamente all’indietro e prima che se ne rendesse conto si ritrovò seduta per terra, sul grande tappeto persiano, fissando con sguardo incredulo negli occhi la Sacerdotessa più temibile del Grande Tempio che poco prima l’aveva buttata con poca grazia sul pavimento.

 

Shaina era davvero bella con i capelli raccolti in uno chignon, dai quali scappavano numerose ciocche che le ricadevano ai lati del viso; l’abito blu notte, semplice ma d’effetto, e la freddezza che si poteva leggere nei suoi occhi la facevano assomigliare ad una regina delle favole.

 

Una regina un po’ incazzata, evidentemente, dato che Cris, due secondi dopo, si ritrovò le sue dita stampate su una guancia con tanta violenza da farle voltare il viso da una parte.

 

“Basta con queste stronzate!” ringhiò Shaina, facendo uso dei turpiloqui che l’avevano resa tanto celebre al Grande Tempio; Ashanti a quell’esclamazione si portò una mano alla bocca, disgustata nel sentire certe oscenità alle quali le ragazzine di buona famiglia come lei non erano abituate.

 

June scoccò un’occhiata nervosa a Marin, che scosse la testa con un mezzo sorriso tirato; non era la prima volta che assisteva ad una scena del genere.

 

Cris boccheggiò qualche istante, portandosi una mano sulla parte lesa, quando un’altra figura, stavolta con molta più calma di Shaina, fece il suo trionfale ingresso nella sala che ormai stava diventato un po’ stretta.

 

“Non ho voglia di chiedervi cosa fosse quel rumore…” cominciò Saori, lisciandosi con fare non curante le pieghe del vestito rosso. “Ma sappiate che se non scenderete subito rimarrete senza cena. Sorrise, amabile come sempre, prima di sparire oltre la soglia.

 

Le presenti si guardarono tutte in volto, prima di alzarsi e riprendere le proprie faccende: chi doveva spolverare, chi mettere in ordine, chi partecipare alla gran festa di Natale.

 

Cris si avvicinò ad Ashanti, cercando in tutti i modi di non farsi vedere da Shaina, la quale marciava in testa al gruppetto.

 

“Non avete ancora risposto alla mia domanda, vostra maestosità…” sibilò la ragazzina, velenosa. “Capisco Marin, capisco Shaina, posso capire anche June… ma perché hai scelto ME come tua ultima damigella?”

 

E quella si voltò verso di lei, con un sorriso smagliante che pareva più un ghigno malvagio. “Ma è logico, no? Semplicemente per farti fare una bruttissima figura davanti a tutti, ovvio!” esclamò, spostandosi una ciocca di capelli neri all’indietro con fare regale.

 

Cris strinse i denti, iniziando di nuovo a scaldarsi. “Brutta stron-

 

Ma non finì la frase che la sua attenzione fu attratta da qualcosa: la folla che si intravedeva dallo scalone era alquanto impressionante, eppure era riuscita a scorgerlo anche lì.

 

Milo. Se ne stava lì, a braccia incrociate, sorridendo a tutti i presenti. Vicino ad un altro figone che era rimasto in camicia e che aveva attirato l’attenzione di Ashanti, facendola arrossire.

 

La ragazzina non fece in tempo a decantare mentalmente le lodi del proprio maestro che non vide il primo gradino, il vestito le si infilò sotto la scarpa coi tacchi e lei ruzzolò per tutta la scalinata, riuscendo a schivare Shaina per un pelo.

 

Ci fu uno scoppio di risa, tra cui diversi si trasformarono in un colpo di tosse appena si scorse la figura di Saori, che pareva trattenersi dal battersi una mano sulla fronte, a differenza di Milo che si era limitato a sospirare.

Cris sbuffò, rialzandosi grazie all’aiuto di Marin. “Peggio di così non può andare…”

 

 

Ma si sbagliava e non poteva neanche lontanamente immaginare che da lì a poco sarebbe scoppiato il finimondo.

 

 

 

 

 

 

 

Capitolo un po’ più lungo dei precedenti, l’idea iniziale era quella di fare tutta la festa in un capitolo solo –semplicemente per evitare di annoiarvi-, ma il mio ritorno a scuola è stato talmente traumatico che stamattina mi sono accorta di avere le occhiaie TOT

 

Me misera! TOT!

 

Non vi dico che tragedia, fatto sta che non posso manco più uscire di casa TOT ben cinque ore sui compiti TOT sono distrutta TOT In più, il mercoledì sto sette ore a scuola! SETTE!

 

Nataleeeeeeeeee, dove sei????? TOT?????

 

 

Un grazie speciale a:

 

Blustar, Ladynotorius, Ombra, lord Martiya, anonima gatta, Saiyo83, Valeria Letizia, Ayako_Chan e Jaly chan.

 

Chiedo scusa se anche questa volta non riesco a ringraziarvi uno per uno, ma ho gli occhi che escono fuori dalle orbite @@;;;

 

Per “modificare la storia”, come detto nel capitolo precedente, intendevo semplicemente correggere gli errori di ortografia (e sono tanti °_°;;;) ^O^; scusate se mi sono espressa male ^^;

 

Volevo inoltre avvisare che i capitoli mi vengono a seconda dell’umore… nel senso, quando sono depressa non riesco a farne uno comico… ma abbiate pazienza, presto ritornerò all’attacco! *O*! muahahahahhahahhah!!!! *O*!

 

*risata demoniaca*

 

Milo: e poi sono io quello sadico -.-;;;

  
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