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Autore: Carla Volturi    28/02/2012    6 recensioni
Lei, Lucilla insegnante di italiano trentanovenne, sposata con due figli; lui, Antonio, avvocato quarantenne divorziato. Tutto avviene a Vietri, città del sole, del mare e di un incontro: il loro!
ATTENZIONE: I PERSONAGGI DI QUESTO RACCONTO SONO PRESENTI NELLA MIA ULTIMA STORIA “LA STAGIONE DEL CUORE-PARTE SECONDA-”.
TUTTAVIA “SOLO PER AMORE” PUO’ ESSER LETTO INDIPENDENTEMENTE DAL RACCONTO APPENA CITATO, POICHE’ I PROTAGONISTI PRINCIPALI CAMBIANO, DUNQUE NON SI PUO’ PARLARE DI UN VERO E PROPRIO SEGUITO.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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P.S. = Nella foto i due protagonisti principali della storia: Antonio e Lucilla.

CAPITOLO 6- LE DUE DI NOTTE!


Una giornata ricca d’emozioni quella di oggi, non c’è stato un attimo in cui non abbia pensato alla mia realtà, decisamente poco positiva. Il sogno di ogni donna è il matrimonio, una vita felice con il proprio marito e dei figli, sani, belli e felici. Ma proprio questi stessi sogni non durano a lungo: sono come delle grandi bolle di sapone, volano in cielo libere, almeno fin non urtano contro un oggetto pesante e si rompono, lasciando di se poco e niente. Mi conoscete per la mia onesta, dunque lo sarò anche in questo istante: non amo piu’ mio marito, non lo amo da tempo e lui ne è consapevole, gli ho rivelato prima che partisse per Napoli ciò che provo. Dopo essermi sfogata la sua unica reazione fu fare spallucce, prendere la valigia ed andar via…ancora una volta. Poi dice che io mi arrabbio facilmente, e ti credo: stupido hai sentito quanto da me pronunciato? Non ti amo, non ti amo piu’ come dieci anni fa e passa, non ci sei piu’ nel mio cuore. Sono tre anni che tento di salvare il nostro legame, ma non ci sono riuscita e sai perché? Perché non sei mai con me, perché non dialoghi con me, perché siamo sempre lontani, perché mi sento una sorta di vedova, una vedova con marito a carico. Avrei preferito un suo tradimento, piuttosto che esser messa da parte per il lavoro, che come ben sapete è anche il mio. L’insegnamento gli è andato cosi tanto alla testa, che ha dimenticato ciò che teoricamente dovrebbe essere piu’ importante di ogni altra cosa: la famiglia!. Per una donna la fine di un matrimonio cosi lungo è una vera sconfitta, solo ora comprendo i veri sentimenti della mia amica Rossella. Non appena Adriano ritornerà a Vietri, contatterò un avvocato per le pratiche della separazione. Voglio altro dalla vita, voglio un uomo vero, un uomo che non pensi unicamente a se stesso, un uomo che mi faccia sentire donna sempre e comunque, un uomo che mi stia accanto quando ho bisogno di lui. Semplicemente un uomo e no un ragazzino egocentrico e pieno di se. Ancora i ricordi universitari nella mente: Adriano era cosi solare, generoso, protettivo, affidabile. Dopo i quaranta anni è mutato, sostanzialmente lui non c’è piu’ per me, predilige il successo all’amore, il lavoro alla sua casa. Ed io non posso piu’amare una persona del genere, non è la persona giusta per me…non lo è piu’!.
Certo che l’oscurità della notte poco aiuta a distrarmi dai miei pensieri negativi. Ho cambiato posizione al sofà sul terrazzo, in modo da pormi di spalle alle scale, che conducono a casa mia. Dinanzi ai miei occhi un magnifico panorama: un’alta montagna cinge la città, proteggendola e cullandola, la luna fa capolino da dietro una nuvoletta piccola, che mi appare soffice e leggera. Numerose stelle scintillano, sembrano dei piccoli diamanti, che mossi, regalano un po’ di luce. Il mare è calmo e silenzioso: minuscole onde si infrangono sulla sabbia bagnata e sulle rocce nere, sulle quali si son formate delle alghe verdastre. Ombrelloni ben posizionati nella zona lido: quelli della prima fila son gialli, quelli della seconda blu e cosi via, alternandosi. Una barca al largo con luce accesa: son sicura che siano dei pescatori…a quest’ora si va alla ricerca dei polpi, venduti l’indomani ai ristoratori della zona. I lampioni del lungomare illuminano la strada deserta: alle due di notte la gente dorme o si ingozza nelle taverne, ove potrete mangiare dei magnifici piatti a base di pesce. Io preferisco l’aragosta e la seppia arrostita con abbondante spruzzata di limone. Mi vien l’acquolina solo a pensarci!. Da lontano osservo l’insegna della pasticceria “De Riso”: focalizzo al meglio…si, molto probabilmente è aperta, staranno sicuramente preparando i dolci per domattina. Qui si usa mangiare una calda sfogliatella verso le dieci, le undici del mattino, insomma poco prima di pranzare. Io ci abbino volentieri un bicchierino di limoncello: di solito quando sono nervosa bevo il liquore appena citato tutto d’un sorso…magari ci scappa anche l’imbriacatura del giorno.
Con i pensieri che affollano la mia mente sapete quante volte avrei voluto ubriacarmi? Ma forse meglio restare lucidi: l’effetto dell’ alcool dopo un paio di ore svanisce, a differenza dei nostri problemi. Mi godo ogni singola cosa di questo piccolo paradiso e tento di rilassarmi, chiudendo gli occhi e sdraiandomi sul sofà. Poggio la testa sul bracciolo. Quasi sto per addormentarmi: un po’ di relax è ciò che ci vuole. Inizio a sbadigliare. Porto la mano alla bocca. Trovo la giusta posizione. Ancora un ulteriore sbadiglio e Morfeo giunge da me: mi prende tra le sue candide braccia, mi culla e mi sorride. Poco importa se la luce del terrazzo è tuttora accesa, non ho la forza per alzarmi e chiuderla…se ne parla domani. Un po’ di vento scuote i miei capelli, mi fa rabbrividire. Percepisco sulla pelle il sale del mare. Adoro dormire, se fosse per me resterei a letto tutto il giorno…in tal modo ho anche l’opportunità di non scervellarmi sui miei guai familiari. Ma non sempre ciò che si desidera dura a lungo: sento qualcosa che tocca il mio braccio e presa dalla paura e soprattutto alla sprovvista, lancio il mio arto destro verso l’alto. Una botta incredibile ed un urlo breve ma intenso. Mi sollevo di soprassalto. Strizzo le pupille e ancora mezza addormentata cerco di capire cosa diavolo stia accadendo. Mi ritrovo un uomo seduto a terra, piegato su se stesso con una mano in volto, dolorante. Afferro una scarpa. Sbraito: “Chi cavolo è lei?”.
Con voce nervosa e severa grida: “Sono il signor Pecci”. Zittisce per un istante: “Signora ma le pare il modo questo di comportarsi?”.
Che cosa ha detto il tipo? Le pare questo il modo di comportarsi? Cioè lui si palesa dinanzi i miei occhi all’improvviso, senza pronunciare una schifosissima parola e mi dice pure “le pare questo il modo di comportarsi”. Non ha capito con chi ha a che fare il signor Pecci: sono cosi adirata che quasi mi viene voglia di ammazzarlo. Ma per voi è normale che uno sconosciuto ti svegli nel cuore della notte, a maggior ragione dopo che hai preso sonno da poco? No ho capito, questo vuole morire stanotte.
Stringo i pugni ed inveisco il piu’ non posso: “Ma lei è normale? Io stavo dormendo”.
Ancora con la mano in fronte replica: “Si dorme in casa, no sul terrazzo”.
Ummmm vuole proprio morire questo! Ora l’affogo a mare. Se mi volete come nemica allora destatemi dal sonno senza preavviso: statesicuri che non vi darò pace.
Ma saranno fatti mie dove voglio dormire, ma quanta confidenza!”, affermo esasperata dall’atteggiamento di quello che dovrebbe essere il mio vicino di casa, “perché non prova a pensare a se stesso: viene a prendere le chiavi di casa alle due di notte?”.
Le sue urla non si placano: “A chi devo dar conto?”.
Mi alzo di scatto, in preda alla rabbia: “A me, scostumato che non è altro, visto che ho io le sue fottutissime chiavi”. Mi dirigo verso la porta di casa, l’apro. Allungo una mano sul davanzale della finestra e afferro ciò di cui necessita il signore. Mi rivolgo a lui, avvicinandomi.
Se ne sta sotto la luce, con gambe incrociate e fronte leggermente rossa.
Arretro: stesso sguardo, stessi capelli, stessi muscoli di oggi. La catetina sottile d’oro, che cinge il suo collo. La barba e il pizzetto. Capelli corti: noto un po’ di stempiatura in ambo i lati. Un orologio dal quadrante grande blu. Muscoli in tensione. Stesso abbigliamento del primo incontro. Sorride, perplesso. Un paio di rughe sotto gli occhi e vicino al labbro. Punta l’indice: “L’investitrice del supermercato. Ma allora ce l’ha per vizio quello di far male!”.
Senza espressione esclamo: “Mi creda se volevo farle del male ora non era qui all’in piedi”. Penso cinque secondi: “Il che sarebbe stato un bene per me e il mio riposo notturno”.
Pochi centimetri ci separano. Gli porgo le chiavi: nel prenderle sfiora la mia pelle. Ha le mani calde, la sua epidermide è secca. Ci guardiamo per un nanosecondo. Sbuffa: “Allora grazie”.
Annuisco: “Allora prego”, batto un piede a terra e con espressione contrariata, “e benvenuto a Vietri”.
Risponde con un sorriso. Si allontana da me, indirizzandosi verso le scale, che portano alla sua dimora, edificate in parte sulla mia proprietà: per poter entrare in casa sua deve necessariamente salire sul mio terrazzo. Cammina lentamente sugli scalini e rivolge un ennesimo sguardo. Io, dal canto mio, resto immobile, senza parole.
Si ferma: “Mi scusi per prima”.
Scuoto la testa: “Non mi svegli mai piu’!”.
Alza le braccia al cielo: “Giuro che non lo farò, promesso”.
Introduce la chiave nella serratura e prima di chiudere il portone alle sue spalle, mi augura la buonanotte. Ricambio il gesto carino e me ne ritorno sul mio adorato sofà, sola con i miei pensieri, con la mia sonnolenza e con il mio nuovo vicino di casa: il bel signor Pecci!.
  
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