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Autore: Seta Kaiba    03/10/2006    0 recensioni
Premessa: Allora ecco qui vorrei proporvi una fan fic di mia creazione, che ho voluto dedicare a Radamantis, uno dei miei giganti dell'Ade preferiti, e in pratica la storia è centrata sul pg in questione ed è una specie di biografia su di lui: infatti ci saranno episodi della sua vita passata(che io ho inventato di sana pianta, visto che nel cartone non ne hanno mai parlato) fino ad arrivare alla sua investitura a gigante dell'Ade, in tutto saranno 5 capitoli. Niente spero che vi piaccia, e spero in molti commenti anche negativi, io sono molto sportiva e li so accettare quindi non preoccupatevi. Bene vi lascio alla lettura. SETA KAIBA
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Alternate Universe (AU), OOC | Avvertimenti: nessuno
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Parte IIII

Parte IIII

 

(Parte IIII) “Il drago risorge.”

 

G

aruda e Minos, portarono Radamantis da Pandora che intanto, si stava preparando per  richiamare il potere, di Hades e dare così vita nuova,al corpo di Radamantis che giaceva a terra.

Radamantis intanto, assisteva, e ancora  non era convinto che quegli esseri lo potessero far ritornare in vita, e poi per cosa? A cosa gli serviva uno come lui?.

 

Radamatis:  “Scusate, ma siete sicuri che ritornerò in vita?”.

 

Garuda annuì col capo.

 

Garuda: “Certo abbi fiducia, vedrai che tornerai a nuova vita molto presto.”.

 

Radamantis era titubante.

 

Radamantis : “ e dimmi una volta che sarò tornato in vita , cosa volete in cambio?Io ormai non ho più niente da offrirvi.”.

 

Garuda: “Non abbiamo bisogno che tu ci dia qualcosa, lo stiamo facendo per te naturalmente, il nostro signore presto ritornerà a nuova vita, e presto anche il mondo dei vivi si unirà al nostro.”

 

Radamantis non ci capiva molto, per lui quei discorsi erano strani, ma eppure perché qualcosa in lui gli diceva che poteva fidarsi? Proprio lui che si è sempre fidato, unicamente di se stesso, ora si fidava di esseri sconosciuti, che avevano poteri strani e oscuri, perché?.

Mille domande affollarono la sua mente, poi vide  in un angolo una strana armatura  a forma di drago, che sembrava pulsare e chiamarlo a se, il ragazzo avvertì di nuovo la sensazione e l’istinto della bestia che aveva sognato, ma che significava ciò? Di nuovo l’energia iniziò ad impadronirsi di lui, quell’energia intensa e selvaggia.

 

Minos: “Quella quando sarai di nuovo vivo sarà tua.”.

 

Radamantis, si voltò verso lo specter, con aria interrogativa e assorta,mentre quello continuava.

 

Minos: “E’ per lei che ti abbiamo portato qui.”.

 

Il ragazzo forse iniziava a capire, anche se non del tutto, ecco perché quel sogno, ma allora era un presagio della sua morte o della sua rinascita?.

 

Garuda: “Non ti crucciare presto avrai risposta a tutte le tue domande, giovane Radamantis.”.

 

Il ragazzo rimase a guardare Pandora la donna venutagli in sogno, con quella musica opprimente, a cuoi non sapeva resistere.

 

Pandora: “Ecco ho finito.”.

 

La ragazza si rimise a sedere vicino alla sua arpa poi iniziò a suonarla.

 

Pandora: “Ascoltami bene, ora ho bisogno di te, chiudi gli occhi e cerca di concentrarti, la tua energia spirituale deve essere in simbiosi con la mia musica, solo così l’incantesimo della resurrezione di Hades potrà avere effetto.”.

 

La ragazza era rivolta a Radamantis, che mostrava ancora qualche titubanza, e indecisione, allora la ragazza cercò di farlo calmare.

 

Pandora: “Rilassati, e lascia che il canto di Hades ti faccia ritrovare la via per la tua seconda rinascita.”.

 

Radamantis sebbene con il dubbio nel cuore, fece come gli aveva detto la ragazza, e iniziò a concentrarsi in modo che la sua energia  fosse in sintonia con la musica, poi subito dopo alcuni minuti di concentrazione,  Radamantis iniziò brillare di nuovo , di quell’energia fatua viola , questa volta però era accompagnata dalla musica, si sentiva leggero, poi la sua immagine iniziò gradualmente a scomparire, e a trasformarsi in un fuoco fatuo, l’essenza della sua anima, poi sempre accompagnato dalla musica della bella Pandora, il fuoco, si posò sul corpo unendosi a lui, mentre i buchi dei colpi di pistola iniziarono a rimarginarsi, lasciando però dei profondi solchi  cicatrizzati.

Il ragazzo riaprì  così gli occhi, e tutto ad un tratto gli sembrò di essere nuovamente rinato, mentre il cuore iniziava nuovamente a ribattergli e i polmoni a respirare ancora ossigeno, mentre la coscienza riprendeva le sue funzioni, vitali e prendeva atto di ciò che stava accadendo.

I suoi sensi ritornarono, poteva sentire,vedere, toccare, assaporare e annusare per poi infine muoversi, incominciò a muovere le dita, pian piano poi gli arti inferiori, ed infine si alzò sedendosi, dalla posizione a supino in cui lo avevano messo , i due giganti quando lo avevano portato.

Garuda e Minos , rimasero in silenzio, guardandolo con aria interrogativa, il ragazzo fece lo stesso anche lui, guardandosi attorno, come se tutto fosse rinato a sua volta, come se avesse fatto un sogno lunghissimo, da cui si era destato.

Pandora smise di suonare.

 

Pandora : “ Allora, come ti senti?”.

 

Radamantis si rialzò in piedi, ancora in silenzio, poi si diede un occhiata scrupolosa,  si toccò le cicatrici dei colpi, ed erano proprio sparite, non sentiva neanche male.

Sorrise di scherno, poi rispose, stringendo il pugno destro, come per dimostrare la sua felicità, un miracolo era accaduto.

 

Radamantis: “Mai stato meglio.”.

 

Pandora sorrise a sua volta.

 

Pandora: “ Non avevo alcun dubbio.”.

 

Si alzò e si prestò ad andarsene, però prima di andare aggiunse qualcosa, voltandosi verso Garuda.

 

Pandora: “Te lo affido.”.

 

Garuda, annuì, col capo, d’ora in avanti si sarebbe preso lui cura di Radamantis e lo avrebbe fatto diventare un ottimo gigante, gli avrebbe insegnato a padroneggiare i suoi poteri, a dominare il drago che era in lui ed a usare la sua furia, quando ne aveva  più bisogno.

Minos si apprestò ad andarsene anch’egli, ormai non aveva altro da fare, era inutile stare lì, la sua missione ormai l’aveva compiuta.

Passò un giorno, Radamantis, fu messo al corrente di quello che doveva fare, ma non aveva incominciato ancora nessun esercizio, poiché il suo istruttore, prima di imparargli le varie tecniche da cavaliere, voleva mostrargli , i vari luoghi dell’Ade quindi nella mattinata avrebbero fatto un giro per i vari gironi.

Garuda fece una breve panoramica, del tutto.

 

Garuda: “Ecco qua questo il girone numero 2, qui vengono mandate tutte le anime che hanno commesso il peccato della lussuria e dell’avarizia.”

 

Radamantis, guardò inorridito tutte le anime, sbattute di qua e di là dal vento, in un ampio cratere senza fine, poi voltò lo sguardo da una parte e vide un enorme cane a tre teste, che mangiava anime.

Ancora più inorridito da quella scena Radamantis, chiese che cosa fosse quella cosa.

 

Radamantis: “ Che diavolo è quello?”.

 

Ad un tratto gli rispose una voce calma, accompagnata da una nenia, lenta e triste, un suono d’arpa, simile a quello di Pandora.

 

Voce: “ Vedo che hai notato , il mio cucciolo? Non è carino?”.

 

Radamantis si voltò, e vide avanti a se una figura, di un uomo di bell’aspetto, dai lineamenti mediorientali, e dalla carnagione olivastra, con indosso un armatura nera come la pece, e una strana arpa, gigante.

Radamantis, non si fidava, e rimase teso,Garuda gli appoggiò una mano sulla spalla per calmarlo.

 

Garuda: “ Non preoccuparti, lui è il custode di questa prigione, si chiama Pharaon, e la sua suplice rappresenta l’ enigmatica sfinge.”.

 

Radamantis si rilassò.

 

Pharaon: “ Chi è costui? E’ un resuscitato ?”.

 

Garuda annuì.

 

Garuda: “esatto è il mio nuovo allievo, che prenderà il posto del drago.”.

 

Pharaon: “Interessante.”.

 

Suonò qualche nota, poi continuò.

 

Pharaon: “Gli stai facendo fare il giro turistico dunque, bene allora, visto che siete qui lasciate che vi presenti,quel mostro laggiù il mio cucciolo, è Cerbero il custode di Hades e divoratore delle anime degli avari.”.

 

Radamantis: “Davvero interessante, credo che chiederò ad Hades di darmene uno anche a me.”

 

Pharaon: “Prima però dovrai diventare come me, ne sei cosciente spero.”.

 

Radamantis: “Ovvio, vedrò di mettercela tutta.”.

 

Pharaon: “ Ti augurò buona fortuna allora.”.

 

Radamantis, alzò le spalle , poi Garuda gli fece segno, che dovevano andarsene, e quindi congedarono lo specter di Sphiix e andarono a fare un giro da un altra parte.

I due allievo e maestro, trascorsero la mattinata così, anche se nel regno di Hades giorno e notte non esistono.

Il ragazzo man mano che visitava i gironi e vari specter, si accorse di essere stato veramente fortunato , ad avere la possibilità di rivivere ancora, anche se prima non lo credeva e guardava, la  morte come un'altra sfida, ne era quasi divertito e la donava come se fosse un gioco ad altri, con la sua pistola, ora invece provava quasi pietà per le anime dannate che vi erano lì a tormentarsi, e sapeva che molte di loro le aveva uccise lui, e costrette ad andare in quel posto.

A quel punto il ragazzo, iniziò a sentirsi, in colpa, Garuda sentiva la sua incertezza, e la sua pena.

 

Garuda: “Che cos’hai? Perché sei così assorto nei tuoi pensieri ? Hai paura? Non temere  è normale averne, ma tu non patirai mai quelle pene, perché adesso sei immortale, esattamente come me.”.

 

Radamantis, si fece coraggio e rispose, sincero quasi molto di più di quanto non lo era  mai stato in vita.

 

Radamantis: “Molte di quelle anime, sono cadute per mano mia, le conosco perché io le ho uccise, mi sento quasi ingiusto, io sono ancora vivo e loro invece no, tutto questo mi rattrista, forse non meritavo questo.”.

 

Garuda , gli mise ancora una mano sulla spalla, poi parlò sempre calmo e sicuro.

 

Garuda: “Non è colpa tua, è stata solo colpa del loro destino, che gli dei hanno segnato per loro, tu sei stato solo un messaggero, che ha  accompagnato  loro  fin qui, sbagliato o giusto che sia ormai,  hai fatto, ma a differenza di loro, tu hai il potere delle stelle, e il tuo destino ti ha condotto fin qui, perciò non farti venire dubbi o sensi di colpa, pensa solo che tu hai la possibilità ancora di cambiare, ancora una volta”.

 

Radamantis rimase in silenzio, ma quel discorso lo aveva convito, e poi sapeva che per diventare come Garuda bisognava avere sangue freddo e non farsi prendere dai sentimenti, il suo cuore si irrigidì ancora, freddo e sicuro, come quando era vivo.

Camminarono ancora in quella valle di lacrime, chiamata Ade poi ad un tratto , Radamantis scivolò, inciampando su una roccia finendo in una valle oscura, Garuda non fece in tempo a salvarlo, e subito dopo si precipitò giù nella vallata, per vedere se era vivo.

Il giovane apprendista specter, per fortuna si ritrovò ancora vivo, però avanti a lui vi era un immensa foresta, fatta di strani alberi, dalla nera corteccia.

 

Radamantis: “Hai che botta, ma questa?...”.

 

Il ragazzo si rialzò un po’ dolorante dopo la caduta, poi si guardò attorno, che cavolo ci faceva una foresta all’inferno?.

 

Radamantis: “Certo che l’inferno è assurdo oltre che spaventoso, eppure ho una stana sensazione, questi alberi sono così strani.”.

 

Girò ancora lo sguardo, poi però si ricordò che doveva cercare Garuda e dirgli che stava bene, ma come avrebbe fatto a trovarlo?doveva attraversare la foresta, così si addentrò all’interno, e man mano la foresta si fece sempre più intricata e selvaggia, i rami erano sempre pi fitti e le cime più alte, poi ad un tratto , un ramo gli intralciò la strada,  impigliandosi nella sua maglietta, allora il ragazzo, tirò cercando di liberarsi, e il ramo si ruppe.

In quel momento un lamento ne uscì fuori, il ragazzo non capì da dove venisse, non ci fece tanto caso , poi però vedendosi la strada ancora sbarrata cercò di aprirsi un varco tra i rami, e i lamenti non furono solo uno ma tanti.

 

Radamantis: “ Ma cosa cavolo?...”.

 

Una voce gli arrivò alle orecchie.

 

Voce: “ Basta smettila, perché ci fai soffrire ancora , anche tu che sei un non morto.?”

 

Radamantis non capì.

 

Radamantis: “ Cosa , io ti farei soffrire, ma scusa come faccio se non so nemmeno dove sei?.”.

 

Voce: “Sono qui di fianco a te giovane, non morto.”.

 

Il ragazzo si voltò, e vide un albero e nessun altro, tuttavia si accorse che nel punto in cui prima aveva strappato il ramo, stava colando delle gocce di sangue, si stupì gli alberi non avevano sangue, ma allora perché quello?...a meno che…improvvisamente tutto gli balenò, in mente , si affiancò all’albero, poi guardò bene lì scorse il volto di una persona, probabilmente un'altra anima dannata, ma allora quella foresta era tutta fatta di anime.

 

Radamantis: “Mio dio ma dove sono capitato?”.

 

Ancora domande, però questa volta , fu l’albero a rispondere.

 

Albero: “ Questa è la selva dei suicidi, il luogo dove noi che abbiamo recato violenza a noi stessi, siamo costretti a vivere, e a scontare la nostra pena, tramutati in alberi, da cui le foglie diventano nutrimento per le sozze arpie, che ci straziano con i loro graffi, mentre strappano le nostre foglie.

 

Radamantis, guardò il cielo, e vide uno stormo di quegli esseri , dal volto di donna e il corpo di uccello, che sibilavano strani versi acuti , mentre con i loro artigli strappavano le foglie ai dannati che vi erano li, che si lamentavano ad ogni tortura.

 

Radamantis: “ Dannazione voglio uscire di qui. Ehi tu non sai per caso come fare ad uscire di qui?”.

 

Albero: “ Purtroppo chi vi si avventura qui dentro, è destinato a perdersi per sempre mi spiace, ma non posso aiutarti,  solo il nostro padrone può farlo.”.

 

Radamantis: “E dov’è il vostro padrone?.”.

 

Albero: “ Segui quelle streghe piumate, ti porteranno da lui, poiché è lui che le alleva per torturarci.”.

 

L’albero parlava dello spectere di arpia naturalmente, l’unico signore di quel posto desolato.

Radamantis, guardò in aria e vide che le Arpie iniziavano ad allontanarsi allora , subito non perse tempo e le seguì.

Gli esseri piumati , andarono verso un altura, ve ne erano un centinaio, lì infatti erano situati i loro nidi, tutti incavati nella roccia, in profonde cavità.

Radamantis oltre che quelle streghe non vide nient’altro, e iniziò a pensare che l’albero lo avesse preso in giro, ed ora era ancora più perso, in quella selva dannata.

 

Radamantis: “ Stupido albero…”.

 

Ad un tratto, le arpie iniziarono ad avvicinarsi a lui minacciose, forse erano infastidite dalla sua presenza, e per protezione nel confronto del proprio luogo, di nascita,il ragazzo iniziò a spaventarsi e cercò di fuggire ancora tra gli alberi, anche se sapeva che si sarebbe  perso di nuovo, ma il gruppo delle creature, gli sbarrò la strada, e iniziarono ad attaccarlo, con i loro artigli, graffiandolo , tagliandolo , ferendolo

strappandogli i vestiti , sembravano quasi divertite, nel vederlo soffrire, fin quando Radamantis, non decise però di difendersi, espandendo il suo cosmo allontanandole, ma non bastava ,ecco arrivarne altre.

Il ragazzo si liberò , per un attimo, giusto il tempo di fuggire , ancora dentro la foresta, e perdersi di nuovo, tra quei maledetti alberi,  ferito e stanco , corse di nuovo , verso una meta che non c’era, mentre le ombre di quel posto, lo confondevano, facendogli perdere di nuovo la strada.

Ad un tratto si ritrovò in un ampio spazzo, dove gli alberi non c’erano, il suolo era tappezzato da petali rosa di fiore, il profumo era rilassante, ma come poteva esserci una cosa simile in quiel posto? poi  in mezzo a quel piccolo angolo di paradiso, vi era un albero, dalla chioma bellissima,  dalle foglie verdi e rigogliose, mentre dei fiori lo rivestivano, perdendo i  loro petali, sorretti dal vento, che li faceva apparire come neve, il suo tronco era esile diverso dagli altri sembrava avere un corpo suo, un corpo  femminile.

Il ragazzo come incantato da quella visione, iniziò a sentire in cuore suo una strana, ma piacevole sensazione, mentre i petali accarezzavano il suo volto e il suo corpo, sembrò essere a suo agio.

Volle avvicinarsi all’albero, non riusciva a capire, perché quella sensazione di pace? Toccò il tronco, poi sentì qualcosa, un lamento, sottile e pacato, che poi mutò in una parola sola, “Radamantis”.

Sentì invocare il suo nome, poi quella voce, la conosceva, ne era sicuro.

 

Radamantis:Questa voce? No non è vero…”.

 

Il suo pensiero, fu uno solo, quella voce, che lo chiamava la conosceva, ma sperò fino all’ultimo di sbagliarsi, che fosse solo un impressione, solo una sensazione che lo percorreva, percorse con la mano, il tronco, immobile, il cuore gli batteva come impazzito, non voleva credere, a ciò che pensava, ma poi una conferma terrificante.

Il volto di quell’albero, rigato di sottili lacrime, simili a cristalli.

Anche se incastrato, e la corteccia lo ricopriva ,mentre sottili cascate di foglie e sottili  boccioli, e gemme leggere, che percorrevano la superficie, era inconfondibile.

Il ragazzo , inizio a sentire un groppo, in gola, non aveva la forza neppure di parlare, talmente era incredulo e soprattutto, non voleva crederci a ciò che vedeva nei suoi occhi ora, un solo attimo di incredulità, sperando ancora che non fosse vero, poi una  sola parola disperata, nell’aria, prima sottile poi gridata, e disperata.

 

Radamantis: “Silviaaaa…”.

 

Una sola parola tremante nell’aria, una sola frase, poi  qualcosa accadde, il ragazzo iniziò a d espandere la sua energia, la rabbia gli aveva dato una grande forza, che nemmeno se si fosse allenato con Garuda gli avrebbe mai fatto venire.

Quell’energia possente arrivò fino al palazzo di Hades, dove l’armatura della Viverna, ascoltava, e sentiva che il suo padrone la richiamava, così attirata da quell’energia così intensa, l’armatura raggiunse il ragazzo, e si adagiò al suo corpo.

Radamantis, sentiva che il drago era stato domato, ma a che prezzo però? Cosa gli serviva aver domato il drago ora che Silvia , non c’era più, ora che si era sacrificata per raggiungerlo, perché il destino ha voluto che lui vivesse, mentre lei era costretta a vivere da dannata in quel luogo, maledetto dagli dei.

Il  ragazzo, si inginocchiò, ormai disperato, mentre faceva scivolare la sua mano sul tronco, dove ora era imprigionata la sua adorata.

Non si diede pace,  perché il destino di lei doveva essere di seguirlo, fino addirittura all’inferno, perché lei? Se lo chiese diverse volte senza mai rispondersi.

Ad un tratto l’albero fece di  nuovo sentire la voce, di Silvia.

 

Silvia: “Rada , non piangere…”.

 

Il ragazzo , alzò lo sguardo verso quello di Silvia, sembrava sorridere anche se incastrato nel legno.

 

Silvia: “Non piangere più, io sono felice almeno so che sei ancora vivo…”.

 

Radamantis: “Silvia…”.

 

Silvia: “Non potevo più vivere, se non c’erti tu, ma ora che so che potrò rivederti qui, non mi importa di vivere, voglio solo starti accanto, anche a costo di perdere la mia anima tra mille sofferenze.”.

 

Il ragazzo, si sentiva tremendamente in colpa per Silvia, lui non voleva che facesse un gesto come questo, pur di stare al suo fianco.

 

Radamantis: “ Sei una stupida,”.

 

Silvia: “Ti amo, Rada.”.

 

Il neo gigante dell’Ade non poteva accettare una cosa simile, allora decise solo di fare un ultima cosa.

 

Radamantis: “Non preoccuparti Silvia, ti  porterò via da qui, lo chiederò io stesso ad Hades mio signore, se ha resuscitato me, lo farà anche con te, così non sarai più costretta a soffrire qui.”.

La ragazza sapeva benissimo, che era impossibile, ma lo lasciò comunque sperare, dopo tutto era l’unico modo, di non farlo soffrire oltre.

Intanto all’inizio della foresta della selva dei suicidi, Garuda incontrò, Valentine lo specter delle arpie.

 

Garuda: “Valentine?.”.

 

Valentine: “Garuda? mio signore cosa fate da queste parti?”.

 

Garuda: “ un mio allievo si è perso nella foresta.”.

 

Valentine: “Cosa? Beh allora non credo che tornerà, mi spiace mio signore, ma è destinato a vagare per sempre tra i suicidi, è condannato anche lui ormai.”.

 

Garuda: “Io non ne sarei così sicuro.”.

 

Garuda indicò il fondo del bosco, da cui  una figura avvolta nell’oscurità, e da bagliori viola, ne uscì fuori.

 

Garuda: “c’l’hai fatta allora, il drago ti ha riconosciuto come suo padrone, ottimo, il nostro addestramento può dirsi concluso, benvenuto tra l’armata di Hades.”.

 

Radamantis, non disse niente, a parte un'unica frase che non era, rivolta a se stesso, per congratularsi col suo nuovo operato, ma era solo per Silvia.

 

Radamantis: “Devo parlare con quella donna, Pandora.”.

 

Garuda: “Andiamo a palazzo allora, sono sicuro che ti farà le congratulazioni anche lei.”.

 

Radamantis: “Fa poche storie, delle vostre congratulazioni, mi ci pulisco le scarpe.”.

 

Garuda. “ Vedo che andare là dentro ti ha reso più forte, mi fa piacere.”.

 

Radamantis, era troppo arrabbiato ed anche disperato, per mantenere la calma, quindi prese per il collo Garuda, alzandolo in piedi.

 

Radamantis. “Non capisci che devo parlare assolutamente con quella donna? guardami negli occhi, e dimmi se non ti basta, vedere adesso il mio dolore, tu che ti vanti di vederlo negli occhi di tutti compiacendotene.”.

 

Gli occhi del  giovane  gigante, non mentivano, Garuda in quel momento riuscì quasi a vedere la sua anima tormentata, da una parte la bestia che giaceva sopita in lui, dall’altra parte, l’uomo che era, anche se ormai specter, era difficile pretendere che cambiasse tutto ad un tratto, sperava di fargli dimenticare tutta la sua vita passata, facendogli vedere il regno dove lui era riuscito a vivere, alla faccia degli altri che non potevano, pensava di renderlo forte abbastanza di animo per entrare tra le file dei giganti di Hades, lo era, ma ora i suoi sentimenti erano altri.

lo portò così da Pandora.

 

Continua…

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

  

 

 

 

 

 

  
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