Storie originali > Romantico
Segui la storia  |       
Autore: Carla Volturi    29/02/2012    4 recensioni
Lei, Lucilla insegnante di italiano trentanovenne, sposata con due figli; lui, Antonio, avvocato quarantenne divorziato. Tutto avviene a Vietri, città del sole, del mare e di un incontro: il loro!
ATTENZIONE: I PERSONAGGI DI QUESTO RACCONTO SONO PRESENTI NELLA MIA ULTIMA STORIA “LA STAGIONE DEL CUORE-PARTE SECONDA-”.
TUTTAVIA “SOLO PER AMORE” PUO’ ESSER LETTO INDIPENDENTEMENTE DAL RACCONTO APPENA CITATO, POICHE’ I PROTAGONISTI PRINCIPALI CAMBIANO, DUNQUE NON SI PUO’ PARLARE DI UN VERO E PROPRIO SEGUITO.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Image and video hosting by TinyPic Buon pomeriggio a tutti, vi lascio un nuovo capitolo, sperando che vi piaccia.
Un bacio da Carla.

CAPITOLO 7- IL BUONGIORNO SI VEDE DAL MATTINO!


Mani agli occhi, dita che stritolano le mie palpebre appiccicose. Tiro i muscoli facciali. Braccio sinistro piegato, che copre il mio naso e parte delle labbra. Sbadiglio lungo a bocca aperta, degno dei migliori cafoni del mondo…certe volte so come esser rozza!. Stendo le gambe, cosi da mettere in moto la muscolatura. Respiro, trattengo il fiato per un po’, pancia gonfia. Ed ispiro: si abbassa il diaframma. Mi sollevo sui gomiti, ancora presa dal sonno. Do una sbirciata all’orologio sul polso destro: le nove del mattino. Un mal di schiena atroce: Lucilla hai dormito sul divano, cosa ti aspettavi?. Incrocio le mani e le porto dietro le natiche. Petto in avanti e legamenti in tensione: teoricamente ho debellato il mio malessere fisico. Piedi nudi a terra, una terra fredda, a causa delle mattonelle in ceramica. Gratto il capo e scompiglio i capelli, di sicuro non al massimo dell’ordine. Un ulteriore sbadiglio e mi alzo. Mi reco verso il muretto del terrazzo, sul quale poggio gli avambracci. Gambe incrociate. La città si è rianimata senza ombra di dubbio: pur essendo io non vicina al lungomare riesco chiaramente a vedere la spiaggia e il lido affollato. Molta gente fa il bagno a mare, compreso i bimbi con i loro canotti colorati. L’acqua è pulitissima, ma soprattutto molto chiara e limpida. Oltre la fascia verde scuro, che fa da limite per la zona balneazione, vi sono delle barchette piccole e dei pedalò bianchi e arancioni. I negozi sono tutti aperti, compresa la pasticceria di ieri sera, che lavora 24 ore su 24. Poche auto in circolazione, in compenso il parcheggio residenti è al collasso: tra po’ i parcheggiatori posizioneranno le vetture sui loro capi. Turisti ce ne sono, ma ancora pochi: sono certa che qui ad Agosto non si capirà assolutamente nulla. Mentre mi dedico al panorama, sento dei rumorini provenire dal mio stomaco: ho una fame tremenda. Dunque mi accingo ad entrare in casa, non senza aver calpestato una candela gialla, accesa ieri notte per creare un po’ di atmosfera. Che cosa deprimente, non credete? Da sola in casa do vita a qualcosa di romantico e dolce…ma per chi poi? Per nessuno!.
Apro la porta di casa ed eccomi nel lato soggiorno, diviso dal lato cucina mediante uno snack di pietra chiara, sotto il quale vi sono due ampi mobili, dove normalmente ripongo gli oggetti monouso. Oltrepassati i divani e alcuni mobili, vado dinanzi al fornello, vicino al quale vi è una macchina espresso nera, regalatami da mia cognata Bianca: la sua credo sia stata una pura decisione di sopravvivenza, il mio caffè è peggio dei sali inglesi, quindi meglio esser muniti di questo sacro affare. Inserisco dentro due cialde e metto sotto un bricco in acciaio inossidabile. Nel frattempo apro un cassetto e tiro fuori un vassoio, dei bicchieri di plastica e una scatola con cornetti alla crema imbustati. Un paio di cucchiaini, tovaglioli di carta e zuccheriera. Dal frigorifero prendo la limonata e uno yogurt bianco.  Porto il tutto sul plateau trasparente, compreso il sopracitato bricco, pieno di espresso. Una tovaglia sotto il braccio e mi reco fuori.
Noto con piacere che il sole c’è,  ma niente afa: oggi sembra proprio che si suderà poco…Dio sia lodato! Odio il sudore e odio vedere quelle chiazze brutte, schifose ed imbarazzanti che si formano sotto il giro della maglia. Ovvio che è una cosa normalissima, siamo comuni mortali, ma la gente ti osserva e ridacchia, manco se avessi fatto chi sa cosa…la mamma dei cretini è sempre incinta!.
Mi siedo. Sistemo in modo meticoloso il mio abbondante pasto (di solito a pranzo mi limito a mangiare un po’ di frutta) e inizio a zuccherare il caffè. Chiudo gli occhi per cinque secondi: sono una sbadata, non ho preso la tazzina. Mi volto verso la porta. Quanto mi rompo di alzarmi. Sbuffo: chi se ne frega, userò i bicchieri monouso. Faccio scoppiare la busta del cornetto (certe volte sono peggio di una bambina) e addento il dolce appena menzionato. Ma io dico, ma la crema a queste benedette aziende quanto costa? 100 euro ogni due grammi? Non ce ne è neanche una goccia. La prossima volta seguirò il consiglio di Bianca, li prenderò congelati…quelli si che son buoni. Bevo un po’ di limonata fredda e fresca.
Mentre mi concedo anima e cuore alla mia colazione, sento aprire la porta di casa del mio vicino, il signor Pecci, alias strafigo pazzesco. Due mandate di serratura. Scende gli scalini con molta calma, senza mantenersi al corrimano di cemento, rivestito di mattonelle color giallo chiaro. Fatto ciò si palesa dinanzi i miei occhi, che beati si gustano la magnifica visione. Uno deve dar a Cesare quel che è di Cesare: il Pecci è proprio bello ed il mio non è un parere soggettivo, ma oggettivo, perché oggettivamente piacente, a maggior ragione oggi che indossa una polo bianca sbottonata con bermuda blu scuro. Scarpe ai piedi aperte del medesimo colore. Catenina d’oro al collo sottilissima ed immancabile orologio al polso. Capelli ben pettinati. Niente barba, solo pizzetto molto curato. Inclina la testa, sorridendo. I suoi occhi chiari si illuminano: sono magnifici. Avanza giusto un po’: “Buongiorno…”. Aggrotta il sopracciglio: “Mi scusi ma lei come si chiama?”.
Lucilla Scala”, rispondo, mentre pulisco le labbra con un tovagliolo, restando seduta a tavola.
Allora buongiorno signora Lucilla”: corregge il suo saluto. Dopo ciò si volta, dirigendosi verso la seconda rampa di scale, che conduce alla strada.
Senza badare all’effetto della mia frase, richiamo la sua attenzione: “Ed ora dove va?”. Arrossisco leggermente…come se fossero fatti miei ciò che Pecci fa, nel corso del giorno.
Si gira. Fa spallucce: “Non ho nulla a casa, vado al bar”.
Se vuole può farmi compagnia?”: e brava Lucilla non c’hai pensato due secondi a farti avanti con il bel tenebroso. Si ma se anche fosse, siamo solo vicini di casa, che c’è di male ad esser cortesi? Si può esser cortesi con un nuovo arrivato in città? Si che lo si può essere, anzi vi dirò di piu’: tutti dovrebbero comportarsi come me, tutti dovrebbero esser gentili con chi è nuovo della zona. Lucilla Scala: la cittadina modello di Vietri!. Se ora ci fosse Cristiano si metterebbe a ridere e puntandomi la mano destra a palmo aperto, esclamerebbe: “Luci’, ma chi ti crede!” .
Intanto la risposta non tarda ad arrivare: si accomoda di fronte a me.
Gli verso del caffè ancora caldo e nel passargli il bicchiere domando: “Ma lei un nome ce l’ha?”.
Annuisce: “Antonio. Mi chiamo Antonio, signora”.
Nascondo il labbro inferiore con il superiore: “E no signora no, può chiamarmi Lucilla, se le va bene”.
Si certo che mi va bene Lucilla, ma voglio che lei mi chiami Antonio”, zittisce per cinque secondi, “magari dandomi del tu”.
Sorrido: “Si va bene Antonio”, gli indico il vassoio, “serviti da solo!”.
Inizia a mangiare, mentre io riempio lo stomaco con il mio yogurt bianco, l’unico che mi preferisco: detesto i gusti alla frutta o alla crema…li trovo pesanti, soprattutto d’estate ho come l’impressione che si ammassino nell’esofago, senza scendere nell’intestino. Mezza volta ne presi uno e non so quanta acqua mi misi a bere.
Per rompere il silenzio gli chiedo: “Sei qui per vacanza?”.
Scuote il viso: “Magari. Sono un avvocato, mi hanno chiamato per una consulenza esterna al comune”. Affonda la schiena nella sedia: “Tu invece ci abiti da quanto ho capito”.
Si ormai sono quattordici anni che vivo qui, praticamente da quando mi sono sposata”, affermo, mentre avvolgo il cucchiaino sporco in un tovagliolo.
Ah bene, mi farebbe piacere fare la conoscenza anche di tuo marito”: la sua frase ha un effetto alquanto strano su di me. Inizio a ridere di gusto, sembro una pazza. Mi osserva sconcertato, senza proferire parola. Ma voi che sapete ogni cosa di me comprenderete bene che il mio riso proviene da un malessere interiore: non volendo Antonio ha toccato un tasto dolente. La mia è solo una risata nervosa. Mi rendo conto di aver esagerato, dunque mi scuso e gli spiego che mio marito è impegnato con il suo lavoro.
Le sue domande non terminano: “Quindi insegni? Deve essere una bella responsabilità”. I suoi gomiti sul tavolo, le mani incrociate vicino la labbra: “E dimmi hai dei figli?”.
Si due: Marta di tredici e Luca di otto. Tu invece?”, replico curiosa.
Voce seria, a tratti triste: “Sono divorziato da due anni, mia moglie non ha mai manifestato il desiderio di avere un figlio”.
Senti scusa non volevo essere inopportuna”, esordisco, gesticolando per nascondere l’ imbarazzo.
Sorride leggermente: “No ma che scherzi, non è nulla”. Fa due calcoli mentali: “Quindi all’incirca dovresti avere la mia età, quaranta anni?”.
Antonio non si chiede l’età ad una signora”, gli dico. Tenta di scusarsi, ma tranquillamente affermo: “Ne ho trentanove, uno in meno…sono piu’ giovane di te!”.
Ride: “Di un anno, precisiamo”.
Guarda l’orologio con attenzione. Si alza di scatto: “Lucilla non mi dire niente ma ora devo scappare al Comune”. Affonda le mani nelle tasche del bermuda: “Grazie mille per la colazione, sei stata molto gentile”.
Inclino il viso: “Eh di che figurati, non ci sono problemi Antonio”.
Per un po’ restiamo occhi negli occhi, presi dai nostri sguardi penetranti. Deglutisco a fatica, colta dal momento inaspettato e per nulla cercato da entrambi. Il venticello di stamane scuote i miei capelli e muove il colletto della sua maglia. Niente risate, niente parole, solo noi seri, travolti da qualcosa che non so come definire. Non mi batte il cuore, ma percepisco un’ emozione nuova…è come se fossi attratta da lui e non solo fisicamente. E’ il suo modo di guardarmi che mi colpisce.
Toglie le mani dalle tasche e allungandole leggermente verso me esclama: “Vabbè, ok. Ciao Lucilla”.
Lo seguo, sconcertata da me stessa: “Ciao Antonio”.
E ciao Antonio, scendi le scale e vai via. Ma non è tra dieci minuti, non è tra un ora, non è tra cinque ore, prima o poi sempre devi tornare a casa. Sempre tornerai qui, dove ci sono anche io. E a quel punto cosa mi accadrà? Con i tuoi occhi mi attrarrai di nuovo? Mi stupirai di nuovo?.
Un altro pensiero per la testa: Luci’ alzati va…sparecchia la tavola che è meglio!
  
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Romantico / Vai alla pagina dell'autore: Carla Volturi