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Autore: Anto1    29/02/2012    5 recensioni
Gabriel ha fatto la sua scelta ed è ormai a capo del Direttorio. Non risolve più casi sul paranormale e ha dei sottoposti che lavorano per lui. Ma cosa succederebbe se una persona a lui molto cara fosse direttamente minacciata? Perché continua a vedere in sogno Serventi? Cosa vuole davvero da lui? Ma soprattutto, cosa vuole dalla sua Claudia?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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“Noi siamo undici, voi solo sette, c’è una leggera disparità di numero!” disse Serventi con un sorriso sinistro, guardando con occhio critico i soldati di Gabriel.
“Potremmo anche essere in minoranza, ma vi faremo rimpiangere di essere nati!” ribatté aspro Gabriel.
“Se lo dici tu.” Serventi accarezzò il suo bastone d’argento “ti consiglio di ritirarti prima di fare una brutta fine.”
“Parla per te!”
Gabriel in quel momento, nonostante quelle parole, ebbe un attimo di paura: in effetti Serventi non aveva tutti i torti, soprattutto perché non conosceva ancora i poteri delle persone che erano dalla sua parte… per un attimo… considerò la cosa.
“Certo, basterebbe un mio sguardo, e saranno annientati definitivamente. Non ho mai sperimentato il mio potere su più persone contemporaneamente… potrei provare…” bastò un attimo che quel pensiero li balenasse nella mente, e lui sentì crescere dentro di sé il suo potere demoniaco… sì, sarebbe stato tutto molto più facile, avrebbe vinto facilmente la battaglia, e avrebbe fatto fuori pure Serventi. Stava per aprire le porte dell’inferno, quando all’improvviso il viso di Claudia gli apparve, etereo, luminoso… No! Uccidendo i suoi avversari, avrebbe fatto il gioco di Serventi e sarebbe passato al lato oscuro, ciò che il suo nemico voleva; doveva combattere lealmente.
Con la forza della mente, fece cenno ai suoi di disporsi in posizione: avevano studiato un linguaggio particolare che doveva essere trasmesso telepaticamente, senza parlare, facile da recepire e immediato; loro sapevano già quello che dovevano fare, bastava un suo via. Velocemente, presero i posti che lui aveva assegnato loro: Nadia e Enzo subito dietro di lui; Elisa ed Agatha cinquanta passi dietro di loro, tutto l’occorrente per scrivere per la prima e quello per disegnare per la seconda, erano disposte una affianco all’altra; Antonio e Mauro al centro. Vista dall’alto, la loro postazione sembrava un cerchio. Gli uomini di Serventi, invece, erano disposti in due colonne di cinque, Serventi in testa. La madre di Gabriel era in disparte, quasi in prossimità della porta della villa, e guardava la scena. I due capi si fissarono per alcuni secondi, quasi aspettandosi che uno o l’altro cominciasse, attaccasse, come due leoni che aspettino il passo falso del contendente per un pezzo di carne. Iniziò Serventi, e Gabriel lo avvertì dal colpo telepatico che ricevette in testa:  madido di sudore, cercava di respingere l’attacco, mentre una luce bianca gli accecava gli occhi; sentiva uno stordimento acuto alla testa, come se stesse per collassare. Si liberò, e diede l’ordine ai suoi di attaccare.
“Ora!!!”
Nadia ed Enzo incominciarono a gettare ondate di fuoco e acqua all’unisono, ma non colpirono i loro avversari: al contrario, salirono al cielo e si intrecciarono a spirale, non estinguendosi, ma unendosi a formare una gigantesca aquila, che, grazie ai poteri mentali di Dario e Davide, che, insieme agli altri che stavano nella villa, erano sintonizzati con i loro compagni come dei televisori, si mosse, volò, si gettò in picchiata, lanciando bolle d’acqua e soffi infuocati… che vennero ridotti a ghiaccio: l’uomo al centro della prima fila aveva un alito così gelido che tramutava in giaccio tutto quello su cui soffiava; in un attimo, la fenice cadde in mille pezzi sul pavimento d’erba. Gli uomini di Gabriel rimasero attoniti. Serventi rise.
“Uno a zero per me, Gabriel! Quale sarà la tua prossima mossa?”
Gabriel sorrise a sua volta “ho appena cominciato.”
Alla chiamata del loro capo, Elisa e Agatha furono pronte ad agire: Agatha aveva disegnato con rapidità estrema un gigante dai muscoli d’acciaio; Elisa aveva scritto:
“Il gigante disegnato da Agatha si moltiplicò, cosicché cinque giganti uscirono dalla tela, e distrussero i soldati di Serventi.”
Così fu: i giganti erano alti tre metri, forti come rocce, e avanzavano minacciosamente verso gli avversari; per un attimo, questi sembrarono spaventati, ma poi, tre di loro avanzarono, e i giganti presero a barcollare, e si accasciarono al suolo; dopodiché, miriadi di piante rampicanti sbucarono dal terreno, e legarono stretti i giganti intontiti, poi avvenne qualcosa che lasciò tutti senza fiato: la terra si mosse, le piante coprirono quei corpi possenti, e fu come se quegli esseri venissero risucchiati dentro la terra: le piante stavano mangiando le loro carni. Un attimo dopo, i giganti erano stati letteralmente seppelliti. Uno dei soldati di Serventi controllava le piante.
“Ah! Ah! Ah!!! Dovrai fare molto meglio di così, per battermi!” Serventi rideva beffardo, di gusto.
Gabriel strinse una mano a pugno “basta con i giochi! Adesso si fa sul serio!!!”
Poi, diede l’ordine a tutti i suoi soldati.
“Mobilitatevi in massa!”
Un attimo dopo, il campo di battaglia era un caos: Mauro aveva scatenato un temporale, cercando di colpire con i fulmini i componenti della squadra avversaria, ma uno di loro li aveva deviati, e Mario si era ritrovato a terra, colpito con le sue stesse armi: quell’uomo controllava i fulmini. Mario si era alzato, perché il suo potere gli consentiva di sopportare scariche elettriche trenta volte superiori al normale, e si era ritrovato a combattere contro di lui. I suoi compagni non se la passavano meglio: Antonio stava combattendo contro un uomo che aveva il suo stesso potere, e stava avendo la peggio. I due avevano ingaggiato una lotta a mani nude e, muovendosi alla velocità della luce, quei colpi erano micidiali, potevano uccidere all’istante. Anche Elisa e Agatha stavano avendo le loro difficoltà: erano protette da un campo di forza generato da Davide e Dario, perfettamente insonorizzato per permettere loro di concentrarsi sui fogli, ma, all’improvviso, il campo di forza si sgretolò, e i loro timpani, come quegli dei loro amici, vennero quasi squarciati da un suono persistente, roboante e fastidioso; sentivano la loro testa scoppiare; tutti si accasciarono a terra, compreso Gabriel.
“Uno di loro controlla i suoni!!! Davide, Dario, Giada, gemelli, ci serve il vostro aiuto! Subito!!!”

Paura… tensione… sforzo fisico… Giada si concentrò ancora di più, cercando di non fare sue quelle emozioni, emozioni che doveva assorbire e tramutare in speranza da trasmettere ai combattenti, speranza e volontà: li sentiva fiacchi, sfiniti.
“Bambini, sapete già quello che dovete fare” comunicò ai gemelli, che annuirono. Un attimo dopo, il campo di battaglia fu invaso da uno sciame d’api, che si riversarono sui loro vicini, tormentandoli. Ma… come faceva l’erba a muoversi? Non era l’erba, ma qualcosa che si muoveva sull’erba… serpenti! Miriadi di serpenti! Viscidi e sinuosi serpenti che strisciavano sui loro amici, s’infilavano nei loro vestiti, facendogli rabbrividire; Nadia bruciò quegli attorno a sé, Enzo cercò di annegarli con delle bolle d’acqua; Agatha ed Elisa tentarono di sconfiggerli con le arti, l'una disegnando aquile, l'altra facendo apparire attraverso il foglio delle manguste, ma i serpenti continuavano ad aumentare… Giada decise di prendere il comando di coloro che stavano dietro le quinte.
“Così non va, stiamo perdendo, ragazzi!”
“Che intendi fare?” le chiese Dario.
“Uniamo insieme le nostre menti, chiudendo i corpi dei nostri amici in un’armatura invisibile, questo li renderà invulnerabili a molti dei loro attacchi; io, intanto, cercherò di infondere loro coraggio quanto basta per annientare la prima fila di uomini, fatto questo, decideremo poi come procedere.”
Lo fecero, e lo scenario davanti ai loro occhi cambiò: ora erano gli uomini di Serventi ad avere la peggio. Dario ordinò ad Agatha ed Elisa di disegnare una sfera bianca che avrebbe risucchiato l’energia degli avversari per poi trasferirla nelle mani dei soldati di Gabriel. Fu una mossa geniale: in un attimo, i soldati di Serventi sembrarono al tappeto.
“Sì! Ce l’abbiamo fatta!!!” urlò Davide.
Giada trasmise loro tutta la sua preoccupazione. “Sta succedendo qualcosa di strano: uno di loro non ha ancora rivelato i suoi poteri.”
“Giada ha ragione, e se fossi in voi, terrei d’occhio anche quell’uomo che controlla i suoni!” aveva detto Anna.
Per un attimo, i ragazzi sembrarono perplessi, poi capirono: con orrore, guardarono l’uomo che controllava i suoni voltarsi verso di loro. Come aveva fatto a individuarli? Ma un secondo dopo i loro pensieri vennero interrotti da un suono stridulo, quasi inesistente, che però fece perdere i sensi a tutti loro, tranne a Giada. Aveva raggiunto gli ultrasuoni! La ragazza guardò con orrore quelle labbra che si schiudevano sempre di più, raggiungendo basse frequenze che dai suoi timpani arrivarono alla sua mente, facendole quasi perdere il contatto, quasi sgretolando il suo campo protettivo: suoni non udibili dall’orecchio umano, ma che esseri con poteri telepatici potevano sentire, e lui aveva imparato a dirigere dove voleva, non intaccando i suoi alleati. Giada cercò di non perdere il contatto con la sua mente.
“Retta concentrazione, retto sforzo! Nuda attenzione!”
Il suono cominciava a perdere frequenza.
“Stacca la mente dal corpo. Io non sono questo corpo!”
L’uomo volò all’indietro; dal suo naso usciva un fiotto di sangue. Giada sorrise.
Claudia e Alonso erano in disparte, seduti in un angolo. Il Gesuita guardava i ragazzi, una ruga di apprensione sulla fronte.
“Stanno facendo del loro meglio” asserì.
“Tu pensi che vinceranno?”
Lui scosse la testa “non lo so. Non voglio mentirti, Claudia: Serventi è molto forte.”
La donna si alzò, e prese a passeggiare avanti e indietro, le mani nei jeans. Le sue dita toccarono qualcosa di morbido: estrasse l’oggetto per vedere cos’era: la stoffa bianca di Gabriel! Quanto avrebbe voluto che lui fosse lì con lei, e non a rischiare la vita lì fuori! Con amore, prese a baciare quel tessuto, concentrandosi sulla sensazione che le aveva fatto provare la sua pelle sulla sua, dentro di sé; il suo corpo muscoloso e virile che stringeva il suo esile di donna.
“Io lo amo!” confessò ad Alonso, senza più vergogna. Cosa inutile, perché l’espressione del Gesuita non sembrava giudicarla, anzi, era come se volesse incoraggiare quel sentimento.
“Lo so, ed è per questo che devi stare qui al sicuro ad aspettarlo, se ti dovesse succedere qualcosa, lui non se lo perdonerebbe mai.”
Lei si sedette accanto a lui, appoggiando la testa sulla sua spalla.
“Non ho mai creduto in Dio, ma se tutti i sacerdoti fossero come te, allora potrei anche convertirmi.”
Lui rise, e le accarezzò la testa “se tutti gli atei fossero come te, il mondo non avrebbe bisogno della religione, perché sarebbe già il pianeta più puro dell’Universo.”
Lei fece per ridere, ma poi si rizzò a sedere, e lanciò un urlo di dolore; un brivido di terrore inspiegabile le aveva percorso la schiena.
“Che c’è?” chiese Alonso, preoccupato.
“Io… ho una brutta sensazione… ho sentito come di un pugnale nello stomaco… non era come immaginato, era quasi reale!”
Non era stata l’unica: la fronte di Giada era imperlata di un sudore freddo. Stava per succedere qualcosa. Di colpo, Claudia si alzò, e fece per uscire: aveva quasi raggiunto la porta, ma una mano di Alonso le aveva improvvisamente bloccato un braccio.
“Devi restare qui! Ricorda, Gabriel desidera che tu non corra rischi!” le disse, quasi brusco.
“No! No! Fammi andare da lui, ti prego! Ha bisogno di me!”
“Non c’è niente che puoi fare! Obbedisci!” questa volta, il tono di Alonso era imperativo.
“Lasciala andare, Alonso! Anche io ho un brutto presentimento! Lasciala andare!” gridò Giada nella testa dell’uomo. Lui si voltò a guardare la ragazza seduta a gambe incrociate come sconcertato: mai aveva ricevuto un messaggio telepatico, e sperimentato un potere speciale.
“Lasciala andare! Sta per succedere qualcosa a Gabriel! Solo Claudia può salvarlo!” questa volta era stata Anna a parlare, ma con le labbra.
Giada aprì un varco nel muro invisibile che proteggeva la villa, e Claudia sgattaiolò fuori.

Gabriel sorrideva compiaciuto: i soldati di Serventi erano al tappeto, e i suoi erano in piedi, seppur ansimanti e stanchi. Avevano vinto; ora toccava a loro due combattere. I due uomini si fissarono, la tigre e il leone, desiderosi di appurare quale fosse il vero re della foresta. Gabriel cominciò a liberare la mente per prepararsi allo scontro: tolse dalla mente ogni pensiero che non fosse quello di Serventi, sul cui viso concentrò tutta la sua volontà. I suoi occhi riuscivano a vedere anche la più piccola ruga su quella pelle pallida, odiosa, liscia come il marmo, ma non altrettanto bella.
Una mano sulla sua spalla; si voltò, e…
“Claudia! Che ci fai qui? Ti avevo detto di restare dentro!”
Lei non rispose; sorrise, e gli mise una mano dietro la nuca. Si avvicinò per baciarlo. Seppure allibito e preoccupato, lui rispose al bacio, per poi staccarsene subito.
“Devi andare via… Claudia, potresti…” la voce gli si mozzò in gola, mentre un pugnale gli trafiggeva il ventre. Lei glielo conficcò dentro fino al manico. Cadde a terra, con un tonfo, ansimante, dolorante, guardando il viso della donna che amava, un viso che si stava trasformando in quello del soldato di Serventi, quello che non aveva ancora combattuto.
“Co… come?”
Un mutaforma.
“Gabriel!!!” questa volta era lei, davvero.
Si ritrovò a guardare il volto di Claudia, quello vero. Alla vista di quel pugnale, lei lanciò un grido disperato, e iniziò a piangere sconsolata.
“Gabriel… Gabriel…”
“Claudia… non piangere… non voglio che l’ultima cosa che vedrò al mondo siano i tuoi occhi tristi” disse, sollevando una mano a fatica e accarezzandole i capelli “ ti prego, sorridi, e morirò felice.”
Lei appoggiò di scatto la testa sul suo viso, strusciandolo, baciandogli le guance, la bocca. “Non dire così, tu non morirai!”
“Gabriel, Gabriel!” erano i suoi ragazzi, tutti lì, alzati intorno a lui. Riuscì a distinguere le facce preoccupate di Nadia, Agatha e Antonio.
“Prenditi cura di loro” disse a Claudia, la voce flebile “ti prego, non abbandonarli. Vivi felice, e ricordati che… ti ho amato.” Dette queste parole, si sfilò il coltello dall’addome: uno spruzzo di sangue gli macchiò la vista. Nonostante questo, riusciva a sentire il pianto di Claudia e il suo respiro affannoso. Con mano tremante, cercò di raggiungerla, pur non vedendola. Riuscì solo a toccare con un fremito le sue labbra morbide, prima di scivolare nell’oblio.




Capitolo lungo, lo so, ci ho messo tre ore per scriverlo. Non è ancora finita la storia, quindi non allarmatevi. Purtroppo non so ora con quanta velocità aggiornerò perché il 10 marzo sarò alla presentazione del mio primo romanzo, e quindi in questi giorni sarò impegnata. Comunque, leggete con calma e congelate la vostra voglia di uccidermi, perché ci saranno ancora molti colpi di scena.
 
  
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