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Autore: JeffMG    29/02/2012    0 recensioni
Il bene e il male coesistono.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Due giovani fuggono, dalla morte, dal dolore, al riparo dalla miseria dell'uomo e dalla sua ignobile crudeltà.
Nella notte la luna li segue, tra rami che come mani cercano di afferrarli, tra bestie notturne e l'ignoto. 
Tutto quello che desiderano, è amarsi nel silenzio di una preghiera ad un Dio che non li aiuterà. 
Lei è bella, la treccia le si è disfatta nella corsa,quando suo padre l'ha afferrata con mani violente. 
Quegli occhi da vechio russo la pregavano di restare e la madre alla porta,
cinta dal grembiule da cucina, piangeva le ultime lacrime, sussurrando un addio. 
Sembrava prossima all'aldilà, talmente era bianca in volto. 
Ma lei, la piccola Lupa, voeva fuggire con Egar, lontana dal male;
vivere d'amore e di baci, stretta tra le sue braccia, nel freddo della Russia. 
Lui, così imprudente, tra la cascata di riccioli da ebreo ed un sorriso accentato da guance vinee, era suo complice. 
I piedi rivestitti da scarpe consumate dalla povertà, calpestavano il terreno umido. 
Le prime luci della mattina dipingevano il cielo di un nuovo grigio, di chiazze bianche di nuvole che si allontanavano da un sole ancora troppo pallido. 
Le piccole mani erano attorcigliate, come quelle di due novelli sposi. 
Lupa volteggiava tra gli alberi, creando una campana di cotone, con il vestito.
Egas la guardava come fosse stata una Dea celeste,  come se in mezzo al fango e a l fumo che forse proveniva dalla legna bruciata da un contadino, avesse trovato il paradiso. 
Cercava di afferrarla, ma lei convinta di essere uan farfalla, fuggiva, nutrendo il desiderio di catturarla. 
Nemmeno la vecchiaia avrebbe toccato i lovi volti, la mallattia i loro corpi o i soldi l'anima;
l'amore li avrebbe nutriti, di questo erano certi.  
Vivere l'attimo in ogni singola emozione forte che il loro amore donava, era un patto. 
Lupa cessò il volo, poggiandosi ad un albero, ove qualcuno vi aveva legato un fiocco rosso. 
Raccontò ad Egas, che Dio aveva scelto quell'albero per il loro incontro: essere nel bosco ,amarsi sino alla morte, era loro destino.
Il giovane non badava a quelle parole che sembravano uscite da una leggenda, ma bramava il corpo della loro artefice. 
Le curve ancora acerbe, lo attendevano sotto la veste.
Non era curante del peccato e dell'inferno, la voleva fino alla follia, mentre la ragione lo abbandonava, sarebbe potuto morire di crepacuore.
Le dita ossute e arrossate dal gelo, si posarono con tocco delicato come quelle di un pianista, sul volto di lei.
Per la prima volta la toccava, dopo averla stretta solo in sogno. 
Le piccole mani di lei, scivolarono nella chioma nera di Egas, stringendosi al suo petto. 
La passione sfociava in movimenti azzardati, dettati dalla fame dell'amore, dalla prima carezza. 
Il piccolo amante le baciò il collo, che odorava di lavanda.
Lei ansimava, cingendogli il corpo con la gamba.
Fievoli sospiri si espandevano nell'aria, al di sotto di quell'albero del destino, al di sotto di un cielo dal quale,
un Dio li scrutava e li assegnava all'Inferno, per il grave peccato di amarsi troppo. 
Gli occhi si cercano nella confusione e quando s'incontrarono, anche le labbra li seguirono, cessando una rincorsa verso un amore carnale, che aveva tutto il potere delle fiamme.
Un rumore di foglie calpestate, irruppe nel silenzio e poco dopo delle urla assordanti, li raggiunsero.
Una decina di persone, vestite di stracci e magre come la morte, correvano reggendosi l'una all'altra.
I loro volti erano la sofferenza e gli occhi riflettavano la perdita della vita, erano solo morti che rincorrevano una speranza che andava sfumando coi minuti. 
Bambini, donne e vecchi, urlavano e piangevano, bagnado i volti sporchi e stanchi. 
I due giovani restarono immobili, ancora abbracciati, strappati dalla loro passione. 
I corpi si fecero freddi, le gole si seccarono e gli occhi diventarono di ghiaccio.
Sapevano cosa stava accadendo, ma on avrebbero mai pensato che sarebbe potuto succedere a loro. 
Proprio al loro amore, così libero e puro.
Ma a quei tempi le distinzioni non erano permesse, perché quelli della loro specie, sono solo delle pecore da sterminare. 
"I nazisti! I nazisti!" urlò una povera donna che cercava di fare alzare il figlio. 
"Lupa!" urlò Egar, prendendola per mano. Iniziarono a correve disperatamente, senza perdere la speranza, senza rassegnarsi alla morte che si presentava in divisa e stivali di pelle, pronta a prenderli e separarli. 
"Egar, Egar!" urlava lei senza controllo, era stanca e non voleva più correre.  
I loro piccoli cuori andavano veloci quanto i passi,  verso un matrimonio, dei figli, l'invecchiare insieme. 
"Lupa! Corri, corri!"  le ordinava, senza più avere fiato in gola. 
Quattro uomini in divisa li attendevano alla distanza di tre alberi.
Con occhi glaciali e pieni di odio, decidevano la loro sorte. 
"Schmutzige Juden!" urlarono in lingua tedesca, facendo uscire le parole da dentri stretti. 
Sotto gli urli della morte delle vittime, Egar e Lupa si stringevano la mano. 
Le loro lacrime parlavano per loro, scrivendo sulle guance le promesse di un amore che sarebbe durato in eterno. 
Egar venne preso da un uomo alto e biondo, che gli tirò giù i calzoni e urlò "Jude!" 
La voce di Lupa non filtrava tra le corde vocali, il dolore l'aveva resa muta. 
Gesticolando chiamava Egar, steso a terra, con una pallottola in testa. 
Le mani si congiungevano verso il cielo e tra le lacrime la boca si muoveva, senza produrre alcun suono. 
Dio aveva compiuto la vendetta per i loro peccati, Lupa lo sapeva, avrebbe riabbracciato Egar all'inferno. 
Lo conservava ancora nel suo cuore, il ricordo di quel giovane dai capelli ricci, dai quali rivoli di sangue scendevano sino alle labbra,
dalle quali un'ultima volta il nome di lei, voleva uscire.
Per i peccati il loro Dio aveva scelto la strada più dolorosa.
Nel corpo di Lupa, consumato dalla fame, sino alle ossa, c'era ancora un respiro, l'ultimo, quello dentro una stanza fredda,
dove su brandine dormivano altri scheletri e dove altri occhi la guardavano chiedendole "Perché a noi?" 



  
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