Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: Cathy Earnshaw    01/03/2012    0 recensioni
Alcesti è una giovane donna orgogliosa e intraprendente. Vive con la madre e le tre sorelle minori nella ricca città di Darkfield grazie all'eredità lasciata loro da Sir Merthin, suo padre, Cavaliere scomparso in circostanze non accertate. Ma il vento sta per cambiare. La ragazza sta per intraprendere un viaggio sulle orme del genitore che la porterà a scoprire il potere della magia, il valore dell'amicizia e la forza dell'amore.
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Un sole opaco splendeva sulla grande piana che si stendeva tra le mura più esterne di Alia e l’oceano. La grande piana nella quale gli eserciti nemici avevano montato il campo, proprio sulle spiagge bianche. La tempesta aveva inflitto loro seri danni, ma questo non li aveva resi meno agguerriti. Ed erano ancora molti, troppi, e il giorno della battaglia era giunto.
 
I Cavalieri erano schierati: le armature scintillavano fioche in attesa del discorso del loro Comandante.
 
Kysen camminava lentamente avanti e indietro lungo la linea, lo sguardo truce, la fronte corrugata. Infine si fermò.
- Cavalieri, Soldati- tuonò la sua voce profonda – oggi, qui, si decideranno le sorti della nostra città. Mi aspetto da voi la massima audacia e la massima ferocia. Non siate troppo leali, perché loro non lo saranno. Abbiate sete di sangue, perché potrebbe salvarvi la vita. Nell’indecisione, seguite il vostro istinto: difficilmente sbaglierete. Le vite delle vostre famiglie, dei vostri concittadini, sono nelle vostre mani… spero di poter festeggiare con voi tutti quando questo incubo sarà finito-.
Lanciò un’occhiata penetrante ad Alcesti, un’occhiata che sapeva di preghiera.
 
Tra le linee dei combattenti, pronti a rischiare la vita, Alcesti era in prima fila. Non vedeva l’ora di cominciare, l’inerzia che anticipava l’inizio dello scontro la sfibrava. La sua mente era completamente assorta nel nemico. Aveva notato che, per il momento, le catapulte erano lontane dal campo di battaglia: probabilmente avevano subito dei danni durante la dura tempesta della notte. Bene. Era nervosa, ma, come sempre le accadeva, il nervosismo si stava trasformando in furia omicida. Per un momento ripensò ad Uragon, allo strano sorriso macabro che aveva immaginato sul suo volto poche ore prima… si sentiva proprio come lui, in quel momento. E voleva vincere, con tutta sé stessa.
- In bocca al lupo, ragazzi- sussurrò a Vanessa e a Christopher, ai suoi lati.
Nel silenzio ultraterreno un corvo gracchiò. Un urlò si alzò dall’esercito nemico, seguito a ruota dal segnale d’attacco del Comandante. Le due schiere scattarono, Alia da una parte, la coalizione dall’altra.
Coprendo velocemente il centinaio di metri che la sparavano dal suo avversario, Alcesti rifletteva: la loro linea esterna doveva tenere i nemici il più lontano possibile dalle mura cittadine, ad ogni costo e con ogni mezzo. Alia non sarebbe caduta, non quel giorno!
Fragore. Mille e mille incantesimi si scontrarono. Mille e mille combattenti portarono la loro vita sulla terra nera e fertile. Mille e mille occhi osservarono, trattenendo il fiato, dalle bianche mura. Il boato e le schegge di luce investirono Alcesti, che aveva già ingaggiato uno scontro serrato con una donna dai lunghi capelli rossi. I colpi si susseguivano ininterrottamente, tanto che non era quasi possibile capire quali provenissero dal proprio avversario e quali invece no. Ma Alcesti era completamente assorta nel suo scontro, ogni fibra nervosa tesa ad ottenere il risultato. Se una delle due doveva uscirne viva, quella sarebbe stata lei. Questo era fuori d’ogni dubbio.
La donna rispondeva a tono ai suoi attacchi. Era veloce e potente, ma fortunatamente peccava nella precisione. Agli incantesimi di fuoco, i prediletti della Fenice, rispondeva con quelli d’acqua, che evidentemente le riuscivano meglio di altri. Gli incantesimi si annullavano tra loro. Di quel passo, lo scontro sarebbe stato infinito. Per questo, Alcesti sfoderò Maya e si lanciò sulla sua avversaria. Quando si trovarono faccia a faccia, la ragazza poté osservarla meglio: le piccole rughe attorno agli occhi verdi rivelavano che era più vecchia di quanto le fosse sembrato in un primo momento. Sul suo corpo spiccavano numerose cicatrici. Le loro lame si incrociarono, producendo un suono macabro. Affondo, scarto, finto, paro. La donna sorrise.
- Non ci è giunta notizia dell’investitura di un nuovo cavaliere- disse, tra un colpo e l’altro.
Evitandone uno diretto al fianco destro, Alcesti rispose:
- Vi consiglio di sostituire i vostri informatori- rispose, con un affondo diretto allo stomaco, ma la donna scansò.
- Non conosco il tuo accento-.
Alcesti balzò indietro.
- Vengo da ovest-.
Fece un passo avanti e attaccò nuovamente, ma la sua avversaria scartò.
- Per quale motivo, allora, rischi la vita per questa città? Come puoi essere certa di combattere per una causa giusta?-
Tentò una finta, ma Alcesti non si fece ingannare.
- Ho giurato. È per quelle persone che pregano per i loro cari, protette dalle mura, che rischio la vita. Poco importa chi ha ragione-.
Maya vibrò a pochi centimetri dal collo della donna, che saltò di lato e tentò un affondo. Non andò in porto.
- Che differenza può fare, allora, l’etnia dei cittadini che difendi?- domandò.
Alcesti sgranò gli occhi e, fintando, sussurrò:
- Non capisco…-
La donna sorrise, soddisfatta della reazione provocata nella nemica.
- Possiamo pagarti più di quanto non faccia Alia- disse.
La ragazza impiegò qualche secondo per capire il significato della parole di quella strana donna. Poco più impiegò il suo orgoglio ad avvampare. Lanciò uno sguardo sprezzante a quella che ormai le appariva solo un’ombra vaga, dietro al velo d’ira che le offuscava la vista. L’ombra aveva abbassato la spada, convinta di aver allettato l’avversaria con la sua proposta. Illusa, sciocca e presuntuosa. Alcesti non si lasciò sfuggire l’attimo. In una frazione di secondo, Maya era conficcata nel petto della donna, la punta lucida di sangue brillava tra le scapole.
- La Fenice non è una mercenaria- soffiò Alcesti, sfilando la Starblade e lasciando accasciare al suolo la sua vittima.
Non aveva ancora fatto un passo indietro quando una lama gelida apparve dal nulla a schiacciarle la gola.
- Quella era mia sorella- sussurrò una voce maschile al suo orecchio.
Alcesti rimase per un momento pietrificata. Se si fosse cercata di liberare, si sarebbe sicuramente ferita. Troppo rischioso un taglio alla gola. In una frazione di secondo valutò tutte le possibilità, per scartarle tutte eccetto una: emise una potente scarica elettrica, che stordì abbastanza l’uomo da permetterle di liberarsi dalla presa, con un lievissimo taglio. Fece appena in tempo ad allontanarsi prima che un incantesimo lo investisse in pieno, scaraventandolo via. Probabilmente era morto.
- Scusa, Al, colpa mia!- gridò Claude, che aveva mancato il suo avversario.
Alcesti fissò scioccata il punto in cui l’uomo era scomparso: questione di pochi secondi e avrebbe condiviso il suo destino.
Sospirò, prima di darsi un’occhiata attorno. I nemici erano ancora in superiorità numerica, ma le sorti si stavano riequilibrando. Alla sua destra, Siegfried stava combattendo contro due diversi cavalieri, e sembrava in difficoltà.
- Serve una mano?- domandò la Fenice.
Si era appena buttata nel nuovo scontro, quando comparve nel cielo la prima stella rossa: era la richiesta di intervento degli infermieri.
Approfittando di quel secondo di distrazione, il nemico scoccò una freccia di fuoco. Fortunatamente, la fretta incise sulla precisione: colpì Alcesti solo di striscio, ferendola ad un fianco. Per reprimere l’ondata di panico che la stava per investire, si concentrò al massimo. Le stava venendo in mente un trucchetto che le aveva insegnato Miyrdin…
Con un incantesimo d’aria, alzò una coltre di polvere per impedire al nemico di intuire le sue mosse, e con uno di terra aprì un crepaccio sotto ai piedi del malcapitato, che, prima di poter capire cosa accadeva, se l’era visto richiudere sulla testa.
La Fenice si asciugò la fronte soddisfatta.
In quel momento proruppe il grido disperato di Ares, che congelò il sangue nelle vene all’intero esercito.
- Ness! No!-
Alcesti si precipitò nella direzione da cui era giunta la voce del Principe. Il corpo di Vanessa stava là, inanimato. La stella rossa già brillava nel cielo sopra di lei.
Gli infermieri giunsero velocemente. Diedero una rapida occhiata al Capitano e, scuotendo il capo, la portarono verso l’ospedale da campo. Dopo essersi scambiati uno sguardo grave, i Cavalieri tornarono alla battaglia. La reazione degli infermieri aveva lasciato loro ben poche speranze.
Con l’angoscia nella mente, ma l’ira nel cuore, la Fenice si fiondò sul primo soldato che incontrò. I cavalieri nemici erano rimasti in pochi, perciò non avrebbe fatto male una bella sfoltita alla schiera dei soldati semplici…
Cadevano come mosche sotto ai suoi colpi. Aveva ancora negli occhi il corpo di Vanessa, e ognuno di quegli uomini era un potenziale responsabile. Le stelle nel cielo si erano moltiplicate: si combatteva ormai da ore. Alcesti era ferita lievemente, ma alcuni dei suoi compagni avevano subito ferite molto più serie, e nondimeno combattevano con il medesimo ardore iniziale. Il sangue sul campo era ovunque, e l’afa rendeva irrespirabile l’aria. La ragazza cominciava a chiedersi se quella maledetta battaglia sarebbe mai finita, quando l’anziano cavaliere contro il quale combatteva scagliò un potente incantesimo, cogliendola di sorpresa. La Fenice lo scansò per un soffio, ma si sentì mancare quando, voltandosi, scoprì che quel colpo, diretto a lei, aveva colpito in pieno petto il Principe Kysen, che combatteva a pochi metri da lei, scaraventandolo con violenza a diversi metri di distanza. 
   
 
Leggi le 0 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: Cathy Earnshaw