Would
you lie with me
[and just forget the world?]
I need
your grace
To remind me
To find my own
Blaine
Anderson era il perfetto ragazzo che tutti avrebbero
voluto avere, sorriso sulle labbra, una buona parola per tutti e gesti
premurosi da dedicare a qualsiasi persona si fosse trovata in difficoltà.
Blaine
Anderson era gentile e affettuoso, così sicuro di sé, con sempre la soluzione a
portata di mano. Kurt, il suo ragazzo, era orgoglioso di lui. Quando il
pomeriggio uscivano assieme ne faceva quasi sfoggio,
come se fosse l’animale più raro del mondo, dell’universo, dell’intera
galassia.
La
camicia era sempre perfettamente in ordine, il pullover sempre così
impeccabile, i pantaloni beige che calzavano a
pennello e senza neanche una piega. Se le persone si fossero soffermati
a guardarlo lo avrebbero sicuramente paragonato ad un manichino da vetrina. Impeccabile. Il
capello perennemente ingellato, nemmeno un ciuffo scomposto, neanche un
ricciolo fuori posto. Assolutamente perfetto.
Ma se le
persone invece si fossero soffermati a vederlo davvero, avrebbero notato il
sorriso tirato, le unghie mangiucchiate, lo sguardo spento, la voce stanca… la
sua unicità che pian piano svaniva, la sua vera bellezza che si dissolveva,
lasciando spazio ad un individuo abitudinario, meccanico. Un perfetto robot
programmato per soddisfare tutti, per non deludere nessuno, per essere
apprezzato e amato per quello che non era.
Nonostante
ciò, Blaine Anderson sperava ancora in un mondo libero dalla superficialità,
dall’apparenza, dalla credenza comune che per essere qualcuno bisognava anche
sapersi comportare, vestire, pensare in un certo qual modo.
Credeva
ancora nelle parole di sua madre che fin da piccolo lo avevano cullato ‘sii sempre te stesso e segui i tuoi sogni’, forse
un po’ meno in quelle severe di suo padre ‘cerca
di renderci sempre orgogliosi di te’ e in quelle di suo fratello che ne
aveva fatte una filosofia di vita ‘vai avanti per la tua strada e non guardare
in faccia nessuno, tu sei unico e loro non sono nessuno’.
Ma
ora Blaine Anderson era stufo, esausto, completamente spossato. Non ne poteva
più di quello che le persone si aspettavano da lui, a partire
dal colletto sempre abbottonato alla risata sempre pronta. Era solo un
liceale che avrebbe dovuto godersi un po’ di più la vita e aspettare prima di
diventare adulto, senza avere fretta di crescere troppo velocemente.
E forse
era proprio per quel motivo che si trovava alle dieci di sera disteso a terra,
tra il terriccio e qualche foglia verde a fumare erba. E il fatto che disteso
affianco a lui ci fosse anche Sebastian Smythe era del tutto irrilevante, di
poca importanza. Le mani che si sfioravano
leggermente, le gambe quasi incrociate tra loro, il respiro leggero, rilassato.
Il fatto
era che Sebastian Smythe non si aspettava proprio niente da Blaine, con lui non
doveva fingere di essere quello che non era, di essere così perfetto e
impeccabile. Anzi, con Sebastian aveva scoperto dei lati di sé che mai avrebbe
immaginato di possedere. Il balbettare leggermente ad
una sua affermazione sconcia sussurrata all’orecchio, il rossore che gli si
formava sulle guance e sulla punta delle orecchie ad un suo complimento, lo
sguardo basso e imbarazzato ad uno suo indagatore e malizioso. L’insicurezza,
il non sapere cosa
fare in ogni situazione, il cuore che batteva forte quando era in sua presenza.
La risata liberatoria e perché no, anche il cazzeggio e la spensieratezza. Sebastian
gli ricordava l’infanzia perduta, i pomeriggi passati a disegnare alberi e soli
sorridenti, le corse con gli altri bambini dopo l’asilo, nascondino. I suoi
capelli biondi gli ricordavano l’estate, il sole che gli scaldava la faccia
mentre faceva castelli di sabbia, il profumo della salsedine, il mare. I suoi
occhi verdi lo riportavano alle giornate in montagna trascorse con la sua
famiglia, le passeggiate nei boschi, i mirtilli raccolti negli alberi. Ed era
così assurdo e strano pensare che proprio Sebastian, quel ragazzo sfrontato e
malizioso, all’apparenza un po’ scostante, gli ricordasse i momenti più belli e
felici della sua vita. Sebastian era il rock, quello classico, quando ancora
non era contaminato dal tempo e dalla superficialità ed era il suo Beethoven,
un uomo che aveva creato una sinfonia così sublime, il suo inno alla gioia. Era il pop energico e spensierato, era le canzoni tristi e malinconiche che ti facevano
piangere la notte sotto le coperte, era esasperazione, rabbia, felicità…calore.
E forse era l’erba che stava fumando, o il periodo buio che stava vivendo, ma
in quel momento Blaine si rese conto che quei sentimenti così profondi e belli
non li aveva provati nemmeno per Kurt, il suo amato e dolce Kurt. Forse quei
sentimenti non li aveva mai provati in vita sua per
nessuno dal momento che era solo un ragazzo di diciassette anni, con ancora
tanto da dare e da ricevere, con delle esperienze da fare, con tanto amore da
donare e condividere. Blaine doveva semplicemente sbarazzarsi di tutte le
responsabilità che si era accumulato addosso, delle maschere che si era creato
per proteggersi… delle bugie. E chissà che Sebastian non fosse lì proprio per
quello, per aiutarlo a liberarsi finalmente di quella parte di sé che tutti
amavano e veneravano, ma che lui odiava con tutto il cuore.
Questa
nuova consapevolezza fece stringere un qualcosa di indefinito
nel petto di Blaine, propagandosi poi per tutto il corpo, facendogli provare
una strana sensazione di gioia e disperazione, forse un po’ d’ansia.
Inconsapevolmente la sua mano strinse forte quella del biondo, trovando dita,
morbidezza e calore. E fu con grande sicurezza che Sebastian rispose
accarezzandogliela di rimando, pizzicandogli piano il polso, facendogli poi un
leggero solletico con i polpastrelli.
I suoi
occhi chiusi si aprirono nel sentire un leggero spostamento da parte del suo
vicino e si trovò presto a contemplare delle iridi verdi che lo stavano
scrutando attentamente. Sebastian ora era leggermente sopra di lui, le labbra
socchiuse e il volto che si avvicinava al suo. Un tocco leggero, delicato e poi
il fumo che passava da una bocca all’altra, facendoli sospirare piano, la mano
di Blaine che accarezzava i capelli di Sebastian, lingue che si sfioravano
appena.
‘Non
possiamo…’ un sussurro appena udibile e uno sbuffo accennato.
‘Sweetheart per una volta non pensare’
Sebastian che cercava come al solito di farlo
desistere facendo incontrare nuovamente le labbra bisognose e vogliose.
Blaine
strinse forte le dita tra i suoi capelli, facendolo allontanare leggermente.
‘Non ora’
disse accarezzandogli piano la nuca. Bugie, solo bugie.
‘Mpfh…
giusto, Kurt…’ rispose Sebastian scuotendo la testa e accennando ad una smorfia. Blaine gli accarezzò gli zigomi e la
mascella, poi la bocca e il collo. Aveva un buon odore e soprattutto un buon sapore. Sapeva che se avesse continuato a stare con lui
poi non ne avrebbe più potuto fare a meno. Era cocaina ed eroina. Pretty like drugs. Dava assuefazione e
dipendenza. Più uno cercava di allontanarsi dalla propria droga, più gli si
avvicinava.
‘Rimani
con me dolcezza’ e di nuovo labbra
ovunque, sul suo collo, sul mento, tra i suoi capelli.
‘Non
posso…’ e le mani di Blaine che imperterrite cercavano di spostarlo da sé,
tirando, spingendo, allontanando, avvicinando. Proprio come
la falena con la lampadina. Finchè non si brucia.
‘Blaine,
Blaine… sei il mio dolce tormento. Dovevi pensarci prima di farmi assaggiare il
tuo sapore’ gli prese la mano che fino a quel momento era rimasta appoggiata al
suo petto e iniziò a baciarla e a mordicchiarla dispettoso, lo sguardo ancora
incatenato a quello del bel moro.
E guardando
Sebastian, Blaine non riuscì a non pensare a Kurt, al suo sorriso ottimista,
alla sua risata cristallina. Quasi gli venne da piangere alla consapevolezza
che quella relazione era ormai diventata un’illusione. L’angoscia che lo assalì
quando si rese conto che il suo era solo un’ideale, che si era aggrappato così
disperatamente all’idea di coppia felice con Kurt per paura di soffrire, perché
il suo adorato ragazzo non avrebbe mai permesso che succedesse. Non l’avrebbe
mai lasciato. Perché Kurt Hummel era una garanzia. Si era creato un mondo che
pian piano si stava sgretolando portandolo così alla cruda realtà. Blaine
Anderson aveva soltanto diciassette anni, un periodo buio e un’identità da
rivalutare, perché a quell’età non tutto è così semplice, anche lui aveva i
suoi problemi a casa, i litigi con suo padre, la delusione negli occhi di sua
madre, le paure; non era stato così facile scoprire chi era e aveva ancora così
tanta strada per capire cosa sarebbe diventato. Un passo alla volta, senza
fretta, con magari Sebastian Smythe al suo fianco, magari solo per un altro
po’.
Forse
avrebbe dovuto dare la colpa proprio a lui, perché
prima di incontrarlo non si era mai sentito così pieno e vuoto, così insicuro
ma consapevole. Solo un ragazzo.
Le labbra
di Sebastian continuavano ad accarezzarlo, sulle dita, sul palmo, poi verso il
polso. Così delicato. Così poco da Sebastian.
‘Sai, non
pensavo che potessi diventare ancora più seducente e sexy conciato così…’ disse il Warbler riferendosi ai capelli liberi
dal gel e alla camicia stropicciata e sbottonata sul collo. Sebastian riusciva
a farlo sentire davvero desiderato, bastava che quel verde si posasse su di lui
per farlo sentire attraente. Blaine abbassò lo sguardo imbarazzato e a
malincuore tolse la mano dalla bocca del biondo.
‘Smettila
di prendermi in giro, Sebastian’ mormorò stanco. In
realtà doveva ancora capire cosa quel ragazzo volesse da lui. Divertimento, un gioco…? Riuscire a conquistarlo per poi
buttarlo come una bambola di pezza rotta…?
Forse non
riusciva a lasciarsi andare perché aveva paura che da un momento all’altro
Sebastian potesse stufarsi di lui. Semplicemente non si fidava abbastanza. Un
buon rapporto di solito si basava sulla fiducia, sulla lealtà. Qualità che il
Warbler non possedeva in quel momento, non per Blaine.
‘Non lo
sto facendo, tesoro’ e di nuovo le
sue mani erano su di lui, tra i suoi ricci ribelli, sul suo viso ‘io credo che
tu abbia paura di sentirtelo dire, perché andrebbe contro la tua immagine di
ragazzo perfettivo, tutto gel e vestiti sempre impeccabili’ continuò
avvicinandosi alla sua bocca ‘mi dispiace, curly boy, ma non ho alcuna
intenzione di assecondarti e di prestarmi al tuo gioco’ e questa volta labbra
insistenti e aggressive si posarono sulle sue. Un bacio fatto di denti e di
lingua. Saliva e sangue. Questa volta
Blaine non oppose nessuna resistenza, lasciandosi trasportare per una volta
dalla disperazione, mordendo a sua volta, marchiando
dolcemente quelle labbra che erano state create solo per quello. Per una volta
al diavolo tutti e tutto. Al diavolo la sua lealtà nei confronti di Kurt, al
diavolo il suo essere un bravo ragazzo, potevano andarsene al diavolo anche
tutti i suoi ideali, tutte le sue paure. Ora c’era solo Sebastian, la sua
bocca, il suo viso, il calore, la sicurezza.
‘Take me back to the
start…’ e di nuovo il mare e la montagna. L’infanzia.
Angolo delirio: Non so cosa sia questa cosa, in realtà non doveva essere così deprimente, anzi. Ma
come al solito inizio con un’idea e mi ritrovo a
scrivere tutt’altro. Diciamo che questo è un piccolo sfogo, glee inizia
seriamente a farmi sclerare e ammattire. Ho voluto descrivere un Blaine un po’
inedito, sottolineando il fatto che sia solo un
liceale, con ancora un’identità da formarsi #perché anch’io sono stata una
liceale# e con questo non voglio dire che a lui non piacciano il gel ed i
vestiti impeccabili, assolutamente no, ma ognuno di noi credo abbia avuto un
periodo un po’ del cazzo. Credo che l’insoddisfazione abbia colpito anche voi ad un certo punto della vostra vita. A me sicuramente. E poi
sinceramente io credo che questo personaggio sia molto di più di quello che ci
vogliono propinare ogni volte quei maledetti autori. #approfondimento please!#
Comunque questa è la mia prima Seblaine, non ho mai scritto su questo fandom,
non so nemmeno se ne sono in grado. Abbiate pietà (ma anche no). E direi che
chiudo qui, perché altrimenti impazzisco. See
you soon!