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Autore: cl33    04/10/2006    14 recensioni
Una bellissima Ginevra Weasley al suo sesto anno di scuola deve vedersela con la perfidia di Pansy Parkinson. Ovviamente questa avventura la spingerà dritta dritta nelle braccia di Draco Malfoy. Non si tiene conto delle vicende del 6°libro.
Genere: Romantico, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Blaise Zabini, Il trio protagonista, Pansy Parkinson | Coppie: Draco/Ginny
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Per la prima volta dopo molti anni - più o meno dall’infanzia, quando le cose erano inevitabilmente “semplici” - Ginevra Weasley si sentiva in pace con il mondo. Voldemort era ancora vivo e vegeto, la sua famiglia continuava a non navigare nell’oro, Harry Potter continuava a non essere il suo ragazzo e i suoi voti in pozioni continuavano irrimediabilmente a variare da T a (davvero molto raramente) A, eppure lei si sentiva bene, anzi, benissimo con se stessa.
Il motivo? Presto detto. Quell’estate era letteralmente sbocciata. Era cresciuta, il suo volto aveva perso quei tratti da fanciullina spaurita, aveva curve sinuose al punto giusto, persino i vestiti di seconda mano le stavano a pennello. Aveva acquistato sicurezza. Camminava a testa alta, femminile come non mai, e a poco a poco si era resa conto di attirare gli sguardi degli altri. Il suo sesto anno era appena iniziato e già aveva stregato gli ormoni irrequieti di buona parte dei compagni maschi di tutta la scuola. Era così buffo! La piccola Weasley era diventato un cigno, e persino i Serpeverde erano rimasti senza fiato, incapaci di offenderla con le solite frecciatine trite e ritrite. Ricordava ancora cos’era successo sull’espresso per Hogwarts. Lei era in uno scompartimento con Hermione, Luna, Ron, Neville ed Harry, e stava leggendo tranquillamente la Gazzetta del Profeta. Le chiacchiere degli amici non la interessavano particolarmente, e l’alternativa era conversare allegramente con la Corvonero riguardo all’ultima creatura dal nome impronunciabile che aveva preso ad infestare le campagne inglesi, o provare a strappare una parola a Paciock, che, da quando l’aveva rivista, era diventato più timido e impacciato del solito. A un certo punto la porta era stata aperta e tutti si erano azzittiti. Lei a ragione aveva immaginato che Malfoy sarebbe venuto a replicare il solito siparietto di inizio anno, e non aveva staccato lo sguardo dal giornale. “E per il settimo anno consecutivo, abbiamo il piacere di avere davanti il circolo degli sfigati fan di Potter!”. .
Appunto. E ovviamente Harry doveva dargli corda.
“Cos’è, Malfoy, hai cambiato guardie del corpo?”
Gin sbirciò verso l’entrata: al posto dei soliti bestioni il biondo si era portato dietro Pansy Parkinson e Blaise Zabini. Meno muscoli e lingua più tagliente.
“No, Sfregiato, volevamo solo offendervi di persona anche noi”.
Oh, quanto non le era mancata la vocetta stridula e odiosa di quella gallina.
“Bene bene bene. Alla nostra sinistra abbiamo Ronald Weasley, superportiere dei Grifondoro che speriamo vivamente di rivedere in campo anche quest’anno. Sempre che la sua scopa non sia stata bruciata per riscaldare la sua numerosa famiglia durante l’inverno. A fianco, la zannuta secchiona mezzosangue Hermione Granger. Direi che non servono altri commenti. Neville-imbranato-Paciock: non sappiamo come ma sei arrivato indenne al settimo anno. Per essere una specie di magonò la tua nonnina dev’essere molto fiera. Dall’altro lato…” e nel dire queste parole si era rivolto agli altri “…Lunatica Lovegood, capace di sfoggiare un abbigliamento peggiore di tutti i Weasley messi insieme senza ricorrere ad abiti usati. E… oh…” aveva allargato le braccia “ovviamente il nostro dio sceso in terra, colui che è sopravvissuto al perfido Signore Oscuro, il grande cercatore, prossimo salvatore del mondo: il nostro beneamato orfano Potter” - gli occhi di Harry all’implicito riferimento ai genitori si erano stretti in due fessure.
E adesso gli insulti sarebbero toccati a lei.
“Dulcis in fundo…”
Ginevra aveva abbassato il giornale e l’aveva guardato dritto negli occhi.
Silenzio.
Sorpresa delle sorprese… Draco Malfoy era rimasto in silenzio. Per inciso, a bocca aperta. Lui e suo cugino sembravano due pesci lessi e se non fosse stata così arrabbiata per il suo brillante monologo forse si sarebbe potuta mettere a ridere.
“Allora, Malfoy, nessun commento per la sottoscritta? Nessun accenno ai vestiti, ai capelli, alle lentiggini, alla mia famiglia… niente? Perché se non c’è altro…”
Si era alzata in piedi, e questo aveva finito per dare il colpo di grazia ai due beoti. Soprattutto perché si era avvicinata loro, praticamente era arrivata a pochi centimetri di distanza dal biondo. “… vorrei liberarmi di una vista tanto spiacevole e tornare a leggere”.
Con una spinta aveva buttato fuori Malfoy e aveva chiuso bruscamente l’entrata. I compagni l’avevano guardata in modo strano ma la rossa non ci aveva fatto molto caso, e ben presto tutto era tornato alla normalità. Al castello le cose non erano andate diversamente: poteva camminare per i corridoi nella sua logora uniforme senza ricevere altro che sguardi insistenti. Questo, tra le altre cose, le aveva anche permesso di prendersi una bella rivincita per sei anni di offese della Parkinson. Una mattina di fine settembre stava andando di malavoglia a fare colazione. Avrebbe avuto due ore di Cura delle Creature Magiche e il cielo era coperto di sinistri nuvoloni. Sicuramente sarebbe scoppiato un temporale coi fiocchi e lei ed i suoi compagni si sarebbero dovuti sciroppare un’eccitante lezione su una bestiolina altamente pericolosa che Hagrid avrebbe ritenuto innocua, finché uno studente fosse finito in infermeria. Ovviamente a quel punto sarebbero stati tutti fradici di pioggia.
“Che mattinata intrigante che mi aspetta…”
Era così presa dai suoi pensieri che non si era accorta del nutrito gruppo di Serpi cui stava passando accanto; purtroppo Pansy aveva deciso di farglielo notare.
“Hei, stracciona, non si saluta più?”
Gin si era fermata ed aveva squadrato la mora. Alle sue spalle c’erano Malfoy, Zabini, Tiger e altri due Serpeverde che non conosceva.
“Non so a cosa sia dovuto tutto il tuo interesse, visto che per me sei trasparente. Comunque, se ci tieni tanto… Buongiorno Pansy cara, dormito bene?”
La Parkinson aveva incrociato le braccia e le aveva schioccato uno sguardo omicida. Si aspettava il sostegno dei compagni, ma questo, a quanto pareva, non sarebbe arrivato. Non aveva mai odiato tanto la Weasley come negli ultimi tempi.
“Sai, Ginevra cara, potrai incantare qualche ragazzo con le tue ciglia lunghe, ma resti comunque la principessa delle toppe, non dimenticarlo”.
Sul volto di Ginny si era allargato un sorriso.
“Hai ragione, Parkinson… ma qualcosa mi dice che, pur di incantare qualche ragazzo, tu al momento daresti qualsiasi cosa per essere al mio posto. Ciao, cara”.
E con queste parole se n’era andata.
Il 31 ottobre era arrivato in un soffio e, come ogni anno, si sarebbe tenuta una festa in sala grande. Ginny stava sistemando un ricciolo inviperito che non ne voleva sapere di starle a posto. Con una molletta l’aveva bloccato senza troppe cerimonie.
“Alla buon’ora. Pronta”.
Si mise davanti allo specchio per vedere se era tutto in ordine. Sì, indubbiamente l’effetto le piaceva. Indossava un aderente tubino blu oltremare e sandali con tacco a spillo. Niente di particolare, ma stava da dio. I capelli raccolti lasciavano libero il collo lungo e bianchissimo e incorniciavano il volto appena appena truccato.
“Gin, hai deciso di far prendere un infarto a tuo fratello stasera?”
Hermione. Anche lei era splendida nel suo abito color pesca.
“Non credo che si accorgerà di me dopo averti vista, sai?!”
La ragazza arrossì e mosse la mano come per scacciare quanto appena detto dall’amica.
“Andiamo, peste. Ci stanno aspettando”.
Pochi minuti dopo camminavano verso la Sala Grande, scherzando con Harry e Ron, o meglio, col solo Harry, visto che il rosso era tanto infuriato con la sorella quanto intontito dalla vista dell’amica che non era riuscito a proferire parola. Avevano mangiato di gusto e, non appena i tavoli erano spariti, avevano continuato a divertirsi, tra balli e chiacchiere con gli altri studenti. Gin non poté fare a meno di sorridere quando vide la Parkinson insaccata in un vestito che era un insulto al buongusto, appoggiata a braccia incrociate ad una colonna. Non riuscì a trattenersi: le si avvicinò.
“Ti diverti, Pansy?”
“Sparisci, idiota”.
“Ma come, e io che sono stata così educata da preoccuparmi per te. Non vorrei darti consigli di moda, ma sai… vestirsi come una meringa non ti aiuterà a trovare un ragazzo”.
La Parkinson la guardò con odio.
“Mettersi un lembo di stoffa addosso invece aiuterà te a farti sbattere al muro dal primo che incontri. E ti auguro vivamente che sia Goyle”.
Gin tossicchiò per soffocare una risata.
“Non vorrei essere ripetitiva né tanto meno scurrile, ma continuo a pensare che, pur di trovare un’anima pietosa disposta a sbattere te al muro, saresti felice di essere al mio posto. Probabilmente anche se fosse Goyle”.
Vendetta, dolce vendetta. La mora fumava di rabbia, ma Gin quella sera aveva deciso di mandarla completamente fuori di testa. Per questo, per quanto fosse consapevole del fatto che quanto stava per fare avrebbe effettivamente fatto venire un infarto a suo fratello, si avvicinò a Malfoy - che, per inciso, aveva assistito a quel divertente scambio di battute senza staccare mai un attimo lo sguardo dalle gambe della rossa - e con fare innocente gli chiese:
“Balli?”
Per Pansy era troppo. Fece per avventarsi sulla Grifondoro ma si bloccò a metà strada quando il Serpeverde dei suoi sogni, l’uomo di ghiaccio che non avrebbe mai ballato nemmeno sotto Imperius, si staccò dal muro cui era appoggiato e, prendendola per mano, condusse la Weasley verso il centro della sala.
Ok, panico. Gin cominciò a pentirsi di quanto aveva fatto non appena si ritrovò a danzare occhi negli occhi con Draco Malfoy. In quel momento l’ira di suo fratello passò in secondo piano, anche perché per sua fortuna lui ed Hermione sembravano essersi volatilizzati. Il problema era che improvvisamente le sue guance erano andate a fuoco, e la sua sicurezza era andata a farsi benedire insieme ai centimetri di distanza che di solito separano due persone che ballano. Un braccio del biondo le avvolgeva completamente la vita, mentre con l’altra mano le toccava delicatamente la schiena, fino al collo. Si sentiva imbarazzata e confusa, e il suo profumo la stava mandando in bambola, e quegli occhi che la fissavano erano… non lo sapeva dire com’erano, ma la facevano sciogliere. Le piacevano le occhiate degli altri ragazzi ma non erano paragonabili al suo sguardo di fuoco. C’erano passione, desiderio, eccitazione… Niente che aveva mai visto prima, e che, soprattutto, le avesse fatto perdere così il lume della ragione.
La canzone terminò troppo presto, ma non la magia. Tanto che le loro labbra, così maledettamente e inspiegabilmente vicine, finirono per sfiorarsi. Gin si riscosse col cuore che le batteva furioso nel petto. Subito dopo si staccò da lui e uscì dalla sala.
  
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