Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Segui la storia  |       
Autore: Revysmile    01/03/2012    3 recensioni
Incatenato alla monotona quotidianità di un'esistenza condotta tra molto lavoro e pochi svaghi, Arthur Kirkland era convinto di essere un ordinario giornalista nella vivace Londra del 1969. Cambierà idea quando, trovatosi ad indagare su una serie di sanguinari omicidi, scoprirà di essere molto più coinvolto rispetto a qualsiasi altro normale essere umano. Figure arcane e millenarie vengono alla luce, ed un fosco complotto viene svelato.
[Personaggi principali: Inghilterra, Francia, OC!Scozia, OC!Irlanda, Russia, Prussia, Sud Italia, altri.]
[Pairings: FrUk, a sorpresa.]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Isak Johansen: Norvegia

Mathias Kierkegaard: Danimarca

 

02. Arrivederci.

Londra.

-Smettila.-

Arthur alzò la testa dai fogli che reggeva in mano guardando di sbieco Brian, seduto al volante dell'auto, stupito del suo tono serio ed imperioso.

-Smettila, cosa?-

L'amico non rispose verbalmente ma si limitò a prendere i fogli in mano ad Arthur e ad lanciarli alle loro spalle facendoli sparpagliare disordinatamente sul sedile posteriore.

-Che cazzo fai!- esclamò allora il biondo, girandosi ad osservare scandalizzato le conseguenze del gesto inaspettato dell'altro.

-Qui non si lavora! Arts, ti proibisco di farlo!- rispose Brian ridendo, mentre guidava fra il traffico londinese delle nove di sera, rallentato a causa della pioggia.

-Non è un buon motivo per lanciare i MIEI fogli! E comunque stavo solo rileggendo una cosa, non era mica lavoro!- rispose scandalizzato Arthur, covando l'impellente bisogno di picchiare il moro.

-E allora cos'era?- chiese con l'aria maliziosa e ghignate -Una lettera di Mary?-

-No cretino. E poi perchè siete tutti così fissati con Mary?!-

Arthur davvero non riusciva a capacitarsi del perchè tutti i suoi colleghi continuassero a fare battute che riguardavano lui, la segretaria ed una loro eventuale relazione tuttavia, nonostante fosse ultimamente il passatempo preferito di tutta redazione, il biondo non vi trovava proprio nulla di ironico. Infatti, oltre a sottintendere quanto malmessa e deludente fosse la sua vita affettiva, non riusciva proprio ad immaginarsi un'eventuale relazione con Mary.

Certo, era una brava ragazza e di gradevole aspetto, ma non rispecchiava assolutamente il suo ideale di donna.

-Allora, se non era una lettera d'amore, che cosa stavi leggendo.- chiese Brian divertito mentre si fermava per far passare dei poveri e fradici pedoni.

-Alcuni appunti che ho scritto.- ammise controvoglia Arthur, guardando i due passanti che ora si erano portati a lato della strada.

-Arts, insomma... Basta lavoro! Sei troppo fissato!- disse Brian con finto cipiglio severo, riprendendo la marcia verso un pub -Ed inoltre leggere con questa poca luce ti fa male agli occhi.-

-Mi piacerebbe smetterla, ma ti ricordi la telefonata del direttore di stamani?- la domanda retorica posta da Arthur era carica di astio ed irritazione a causa dei sentimenti tutt'altro che benevoli che provava il ragazzo verso quella palla di lardo che era il suo direttore.

-Come potrei mai dimenticarla!- esclamò Brian ridendo -Kirkland! Blake! Andate e scrivete!- disse il moro scimiottando la voce dell'uomo.

- Io non ci vedo proprio nulla di divertente.Come può pretendere che scriviamo una serie di articoli simili! E non dei semplici articoli! Dei testi in grado di dare lustro e prestigio alla nostra rivista da quattro soldi, screditata da tutti!- inveì Arthur, gesticolando con rabbia.

Non aveva voglia di passare tutte le sue giornate chiuso a scrivere come aveva fatto nell'ultimo periodio. Si trovava a Londra, la città alla quale aveva sempre bramato, eppure non era riuscito a visitare in modo esauriente la sua amata capitale.

-Dai Arthur! Vedrai che ci riusciremo!-

Come risposta il ragazzo sospirò rassegnato, affondando nel sedile dell'auto; come faceva Brian a vedere sempre tutto sotto un'attica così positiva?

-Senti, la palla di lardo con le basette- disse girandosi verso il finestrino con il tono di chi parla ad una persona molto stupida -Vuole che noi scriviamo degli articoli sugli omicidi in Scandinavia in modo da presentare delle tesi lungimiranti in grado di dare fama al nostro stupido e sottostimato giornale.-

-Esatto vuole acquisire un po' di fama sfruttando il momento.- affermò Brian con voce candida mentre frenanva ad un semaforo rosso.

-Già. Bravo.- disse di rimando incrociando le braccia ed assumento, se possibile, un'espressione ancora più corruciata -E noi come accidenti facciamo a scrivere i sudetti articoli?-

- Raccogliamo informazioni.-

-E come?-

-Boh- disse con voce pensierosa capendo qual'era la preoccupazione dell'amico -Ci improvvisiamo detective!- urlò infine risoluto scoppiando a ridere.

-Non è divertente.- rispose disse infine sospirando, esausto dall'atteggiamento infantile di Brian.

Ancora si chiedeva come facesse ad avere successo con le donne.

Perchè noi siamo degli eroi.

Una frase detta da una voce sconosciuta gli attraversò la mente seguita da una risata cristallina ed infantile.

Si rizzò a sedere allarmato guardandosi attorno per vedere se riusciva a vedere la fonte che aveva prodotto quel suono, conoscendo in realtà già la risposta al suo interrogativo.

-Arthur?- chiese stupito Brian.

Istintivamente si toccò le testa e, a causa dell'agitazione, si voltò casualmente verso il finestrino, finendo per vedere il suo pallido riflesso sul vetro, rimandone agghiacciato.

Calò lentamente la mano verso il suo occhio sinistro, non sentiva dolore eppure il suo volto, riflesso nel vetro, era totalmente ricoperto di sangue: aveva il labbro spaccato, il naso sanguinante, due lunghi solchi sulla guancia destro e l'occhio sinistro completamente sfracellato.

-Brian, che cazzo ho fatto alla mia faccia?- chiese urlando verso l'amico.

-Eh... Niente, perchè?- rispose Brian con gli occhi spalancati per la preoccupazione mentre guardava allibito il biondo.

Arthur allora si voltò nuovamente verso il finestrino, il quale gli restituì il suo volto normale come era sempre stato.

-Arthur? Arthur!- una svoltata improvvisa fece sussultare il ragazzo, il quale era così impegnato a guardare il suo riflesso, che non si era nemmeno accorto che Brian avesse accostato.

Una mano gentile e protettiva gli strinse la spalla -Arthur, Arthur... Stai bene?- chiese allarmato l'amico.

-Sì... sì...sto bene.- rispose con un filo di voce tastandosi l'occhio.

-Arthur, non dirmi che hai ancora avuto un'allucinazione?-

L'inglese si prese qualche attimo per rispondere, durante i quali si assicurò che il suo volto fosse integro, -Sì... forse.- disse evasivo.

-Arthur, come forse? Non dirmi che ne hai avute ancora!?-

-No, non mi capitava da un po'.- disse riprendendo il controllo di se stesso -Sto bene non è niente.-

Brian era fermo immobile e lo fissava con aria preoccupata.

-Oh andiamo! Sto bene!- disse urlando e facendo un gesti di stizza con le mani -Parti e portami in quel cencioso pub di cui dicevi prima.-

-Arthur io ti porto a casa.- disse con voce decisa mettendo in moto e rimmergendosi nel traffico cittadino.

-Sto bene.-

-Quand'è stata l'ultima volta che sei andato dal tuo medico?- chiese con voce preoccupata, enfatizzata ancora di più dalla pioggia battente.

Arthur come risposta borbottò qualcosa interpretabile come "Da un po' non ci vado" guardando fuori dal finestrino per non incontrare lo sguardo inquisitorio di Brian.

-Arthur, dimmi che almeno prendi i farmaci.- la voce di Brian era rassegnata e preoccupata.

-Non ho bisogno di quella merda.-

-Arthur! Tu soffri di allucinazioni!Quei farmaci devi prenderli per il tuo bene!-

-Ho smesso di prenderli, e non ne ho più avute. Oggi è la prima volta dopo molto tempo.- disse in modo seccato. Odiava quando la gente si preoccupava per lui in quel modo, trattandolo come se fosse un inetto incapace di badare a se stesso. Arthur, da quando aveva memoria, aveva sempre sofferto di allucinazioni le quali si presentavano in modo irregolare e discontinuo.

Quando era un bambino provava un gran piacere per averle, a quell'età vedeva spesso strane creature che sembravano provenire dal mondo delle fiabe e credeva di possedere qualche stranissimo potere, come gli eroi dei suoi libri. Non ne aveva mai parlato con nessuno, ne ai suoi compagni ne alle maestre dell'orfanotrofio; mantenendo il segreto riguardo quegli strani esseri che vedeva si sentiva unico e speciale, come se fosse in un mondo solo suo. Crescendo tuttavia, le visioni erano mutate, assumendo tinte cruente e diventando scene totalmente irreali, fino a terrorizzarlo e diventare talvolta pericolose. Come quella volta che, intrappolato in una visione di una donna bionda legata ad palo, mentre una pira le lambiva le gambe, non aveva visto sopraggiungere un'auto sulla strada che stava attraversando. Quel giorno si era salvato per caso, grazie alla spinta di un passante, inoltre il suo comportamento non era passato inosservato e si era trovato costretto ad ammettere di avere allucinazioni. Ovviamente le maestre, allarmate, lo avevano fatto mettere sotto la cura di medici, specialisti e psichiatrici, i quali, con le loro sedute, lo perseguitavano ancora fino ad oggi.

La cosa che spaventava di più Arthur però non era che la gente lo prendesse per pazzo, non gli importava il pensiero altrui riguardo alla sua persona, ma era che improvvisamente fosse giudicato incapace di intendere e volere da quei strizza cervelli e quindi trascinato e rinchiuso da qualche parte.

-Non fare il tragico. Portami in quel pub.- disse sbuffando il ragazzo, infastidito dall'attenggiamento di Brian.

-No, ti sei sentito male. Ti porto a casa tu chiami il dottore.- disse risoluto il moro, deciso più che mai di sapere che cosa fare per il bene dell'amico.

-Non mi sono sentito male, anzi, sai che cosa ti dico, zuccone? Ho visto male, non era un'allucinazione, la pioggia ha alterato il mio riflesso, tutto qui.- la voce di Arthur era seccata e carica di nervosismo, ansioso di chiudere il discorso e tornale alla normalità.

Brian si fermò ad un sermaforo e, dopo una pausa durante la quale si concesse una veloce riflessione, disse con voce calma -Facciamo così. Ora andiamo al pub, siamo un po' stressati, ci farà un po' bene svagarci. Però non beviamo alcool e domani chiami il medico. Che cosa ne dici?-

-Non ho bisogno di compromessi come se fossi un bambino. E domani non ho intenzioni di chiamare quello strizzacervelli.-

-Arthur, lo so che non ti piace ma conosce come curarti.-

-No. Mi ha fatto prendere un casino di farmaci che non mi hanno mai fatto un cazzo. Ora sono stanco, voglio solo vivere in pace.- la voce dell'inglese non era arrabbiata, come ci si darebbe aspettato da lui, ma carica di tensione, condita appena da un tono amaro, di chi sta rivangando ricordi spiacevoli.

-Almeno vacci a consultarlo, ci parli. Poi non sei obbligato a prendere gli aventuali farmaci che ti prescriverà. Giusto per controllo.-

"Sei un cretino" pensò Arthur riferito a se stesso.

Quando era con Brian si sentiva un idiota, forse perchè era l'unica persona che si preoccupava per lui, il suo unico amico, e quindi non riusciva mai a dirgli di no.

Con un ultimo sorriso amaro guardò i suoi limpidi occhi verdi, riflessi sul finestrino, poi disse con voce rassegnata -Va bene.-

 

 


Stoccolma.
Spesso la curiosità umana può essere dannosa, questa ormai è una massima conosciuta in quasi tutto il mondo ed é stata accettata da molti come un insegnamento di vita.
Sicuramente anche Carola e Boris l'avevano già sentita, forse da qualche nonna o zia saggia, eppure, in quella fredda notte, nelle loro menti non vi era presente questo avvertimento.
Entrambi avevano incominciato da poco a lavorare nel reparto della scientifica che operava a Stoccolma anche se, attualmente, era solo dei tirocinanti. Ovviamente gli assegnavano solo casi semplici, come qualche incidente cittadino e comunque sempre fiancheggiati da insegnanti pronti a consigliarsi come muovere le loro mani ancora inesperte, per cui, quando arrivò il corpo dell'uomo ritrovato morto a Stoccolma non gli permisero nemmeno di vederlo, essendo sotto una tutela speciale ed ogni informazione era etichettata come riservata. Attualmente la salma veniva conservata in un sala dell'obitorio in attesa dell'arrivo di una squadra della scientifica finlandese, che trattava il caso del giovane morto ad Helsinki, al fine trovare dei collegamenti fra i due omicidi. Eppure i due ragazzi erano estremamente curiosi di vedere quel cadavere che aveva fatto parlare di se stesso in tutto il mondo. Sapevano che l'accesso a loro era precluso ma, dopotutto, se avessero dato una veloce occhiata, solo per soddisfare la loro curiosità, non sarebbe accaduto nulla di male, no?
Sapevano benissimo dove si trovava la camera mortuaria ed avevano progettato nei minimi particolari quella loro veloce incursione. Al momento i due si ritrovavano nel lungo e silenzioso corridoio che portava alla stanza in cui la salma era conservata e procedevano con passo spedito e attento, timorosi di essere scoperti, ignari di quello che sarebbe accaduto da lì a poco.
Sorvolando sui motivi della loro macabra spedizione l'atmosfera era abbastanza rassicurante, le pareti del corridoio erano dipinte di beige e le luci illuminavano bene l'ambiente. Boris si girò verso la ragazza con l'intenzione di fare una battuta al fine di sdrammatizzare il momento ma fu interotto quando quelle calde e familiari luci smisero di funzionare correttamente, iniziando a spegnersi ed accendersi. Entrambi rimasero in silenzio stupiti di quell'anomalia anche se ben decisi a portare a termine la loro missione, infatti si trovavano a pochi passi dalla porta.

Sul momento si fermarono sorpresi, poi Boris cominciò a ridacchiare, divertito dalla scena che stava avvenendo, la quale gli faceva tornare alla mente tutti quei film scadenti dell'orrore che andavano tanto di moda. Tuttavia l'ironia, che aveva contagiato anche la ragazza, sparì quando non fecero nemmeno in tempo ad affrettare il passo che i vetri delle finestre cominciarono a tremare assieme al pavimento.
La paura di dilagò all'interno dell'animo dei due giovani i quali pensarono subito ad un terremoto e, girandosi prontamente, si lanciarono verso la direzione delle uscite di sicurezza. Non fecero a colpiere qualche falcata che i vetri esplosero, facendo perdere l'equilibrio a Carola e Boris che entrambi caddero a terra, graffiandosi con le schegge vitree.
Un secondo boato, proveniente dalle loro spalle coprì ogni suono, persino l'urlo della ragazza, facendo spalancare la porta della camera mortuaria e riversando nel corridoio alcuni detriti. Frastornata e dolorante Carola, puntandosi con le mani, si mise a sedere e si girò confusa verso la stanza. Le orecchie le fischiavano per il forte boato e sentiva la propria testa vorticare, tuttavia, nonostante le sue percezioni sembravano alquanto fallaci, si potè rassicurare del fatto che almeno l'edificio non tremasse più ed il silenzio regnava sovrano.

Un lieve tonfo, proveniente dalla camera mortuaria, interruppe l'assenza di suoni.

A seguire un passo, e poi un altro.

La ragazza, allarmata, aguzzò la vista nel tentativo di scorgere qualcosa attraverso la polvere fluttuante che si era riversata nel corridoio la quale impediva ogni visuale.

-Hey, c'è qualcuno?- urlò debolmente; se una persona era nella stanza, dove probabilmente c'era appena stato un crollo, avrebbe potuto essere rimasta ferita.

I passi si fermaro per un istante per poi riprendere, più veloci e pesanti.

-Che cos'è successo?- chiese Boris alzandosi con cautela.

Un terzo rumore fece sobbalzare ed ammutolì i due giovani, i quali si appiattirono al pavimento, incapaci di muoversi.

Sembrava come se del metallo fosse stato divelto da una parete e, come a conferma di quest'assurda ipotesi, un'altra ondata di detriti invase il corridoio.

Quello che accadde in seguito, ne Boris, ne Carola, riuscirono a spiegarselo.

La nube di polvere che si era fermata, lentamente, cominciò a posarsi, lasciando il posto ad un assurdo velo di nebbia color verde, mentre una giovane voce sussurrava qualcosa in una lingua straniera e sconosciuta.

Altri rumori si sussegguirono improvvisamente producendo una cacofonia di suoni assordante, la quale, obbligò i due giovane a tapparsi le orecchie.

Mentre Boris aveva serrato i suoi occhi, timoroso di quello che sarebbe potuto succedere, Carola li socchiuse appena, ritrovandosi a fissare due enormi occhi gialli, luminescenti, i quali fendevano la nebbia, fissandola di rimando.

Confusa sbattè le palpebre e, appena le riaprì, vide con enorme stupore che la nube di polvere si era completamente posata, lasciando intravvedere attraverso la porta divelta la camera mortuaria vuota e distrutta, con un enorme voragine sulla parete, la quale lasciava vedere le stelle della buia, ma limpida, notte svedese.

 

 



Il vento spirava freddo quella sera e alzava appena la schiuma delle onde che si infrangevano sugli scogli di una delle tante isolette che sostavano in mezzo al Mar Baltico, schizzando appena, con gocce gelide, Danimarca.
Erano ormai diverse ore che aspettava Norvegia, nel luogo nel quale Isak lo aveva lasciato per poi volare con il troll a Stoccolma per recuperare il corpo martoriato di Svezia.
Con un gesto secco, pieno di tensione e rabbia, si fece scrocchiare velocemente le dita delle mani e cominciò, per l'ennesima volta a camminare avanti ed indietro, tentando di calmare la preoccupazione che provava in quel momento per il ragazzo norvegese.
-Tu rimani qui e prepara la pira con quella, io sarò indietro nel giro di qualche ora con Sverige.- questo era quello che aveva detto Isak prima di partire, Mathias continuava a ripensarci dandosi dello stupido per non aver insistito maggiormente ad accompagnare il ragazzo. Peró, nonostante questi pensieri, Danimarca sapeva, in cuor suo, che comunque non sarebbe mai riuscito a convincere Norvegia a portarlo con lui. Il ragazzo norvegese aveva detto che non lo voleva con se perché era un tipo che non passava inosservato e quindi era inadatto a lavorare nell'ombra come prevedeva il piano anche se, Mathias l'aveva capito, la sua vera intenzione era quella di non metterlo in pericolo.
Si voltò verso il mare nel tentativo di scorgere all'orizzonte la nube familiare che annunciava la creatura magica, ma invano. Un brivido gli percorse la schiena quando spostò lo sguardo dal cielo verso la piccola barca contenente un letto di legnetti, i quali, avrebbe dato origine ed alimentato la pira funeraria.
Chiuse gli occhi per non vedere quel lugubre presagio ripensando a Svezia, il rivale di una vita, ora crudelmente ucciso. Si ricordava bene quando nel 1389 lui, Berwald e Norvegia erano riuniti sotto un unico monarca, da allora qualcosa era cambiato nel loro rapporto: erano così acerrimi rivali che in fondo erano diventati quasi amici.

Rimembrando quel periodo la tristezza ed il rimorso lo invase.
La verità era che attualmenteMathias si riteneva colpevole per la sua fine.
Dopo la morte del suo adorato Tino, Berwald non era più stato lo stesso, si era rinchiuso in una assoluta apatia: aveva smesso di parlare, non che prima fosse particolarmente loquace ma a causa del lutto era sprofondato nel più assoluto mutismo, inoltre aveva smesso anche mangiare e di dormire fino a diventare lo spettro di se stesso. Con il senno del poi, tutti avevano capito che la morte di Tino non era avvenuta per prima in modo casuale, ormai era ovvio che puntavano ad indebolire Svezia per poterlo eliminare più facilmente.
Mathias aveva capito subito come si erano svolte le dinamiche solo dopo l'uccisione di Svezia e da allora continuava ad incolparsi per non averlo dedotto prima. Tuttavia la cosa che aveva sconvolto di più tutti era che, chiunque ci fosse dietro ai mandanti dell'omicidio, sapeva bene quali rapporti c'erano fra le Nazioni.

Era questo che aveva lasciato tutti allibiti.

In passato era già successo più volte che qualche essere umano avesse scoperto la loro esistenza, vuoi casualmente, vuoi seguendo alcune teorie, e soprattutto non era una novità che, in seguito a ciò, alcuni di loro avessero attentato alla loro vita.

La cosa che ciò aveva veramente inquietato le Nazioni erano non solo le abilità con le quali avevano commesso gli omicidi, prendere alla sprovvista ed avere la meglio su creature con un'esperienza secolare non era una cosa facile, ma soprattutto era la conoscenza dei legami che avevano stretto fra di loro.

Erano giorni che Danimarca era in contatto con i suoi odierni alleati, i componenti della NATO, ed insieme avevano tentato di capire il movente dei delitti.

In un primo momento tutti, soprattutto quel casinista di America, avevano pensato subito all'URSS, dando un movente politico all'accaduto, anche se, in seguito ad alcune obiezioni da parte di Lovino, aveva scartato in parte tale ipotesi.

Un improvviso rumore fece sobbalzare il danese, inutilmente, essendo solo un movimento furtivo di un gabbiano che era atterrato su un cespuglio poco distante da lui.

A causa dell'ennesima ondata di rabbia calciò un piccolo ciotolo, facendolo cadere in acqua.

Ecco come si erano ridotti, ad avere paura della propria ombra, ma, dopotutto, come avrebbero potuto non fare altrimenti?

Erano vulnerabili.

Stavano combattendo contro un nemico che sembrava invisibile ed, allo stesso tempo, troppo furbo ed ingenioso per essere un semplice essere umano.

Chi poteva essere?

Russia? Non era parzialmente da escludere, ma perchè uccidere quei due?

Il suo obiettivo non era forse America?

Dei rancori nati dalla fine della seconda guerra mondiale?

Poteva essere, ma di certo era difficile intuire chi provasse tale sentimenti, dopotutto Germania e Feliciano erano morti.

Mathias, a questo punto rise amaramente.

Già, erano morti. L'ultima guerra aveva causato tanti decessi non solo fra le file degli essere umani e questo rappresentava attualmente la loro più grande debolezza.
A quest'ultimo pensiero sbattè i piedi per terra infastidito per scacciare sia la tensione e la preoccupazione che sentiva nel suo animo sia il freddo che avvertiva alle gambe.
Le Nazioni non morivano, o meglio, decedevano per poi rinascere. La loro vita non era legata ai vincoli della carne. Ciò che realmente determinava il loro animo ed il loro corpo erano le loro terre, lo spirito della loro gente, le idee, i cambiamenti, la storia.
Uno sparo, una malattia o una lama poteva determinare la loro morte momentanea, ciò che realmente poteva determinare la loro eterna dipartita era solo la loro cancellazione delle cartine. Tutti si ricordavano chiaramente la morte di Prussia avvenuta nel 1871, quando riuscì a far rinascere il suo fratellino riunendo la Germania a discapito della sua stessa esistenza. Dal giorno dell'unità tedesca la Prussia era scomparsa dalle cartine geografiche e da allora nessuno aveva più visto Gilbert. Finlandia e Svezia invece sarebbero rinati entrambi ed avrebbero vissuto come comuni esseri umani fino al risveglio della loro coscienza di Nazione.
Chiuse gli occhi Mathias e, come se stesse facendo un muto elogio funebre, ripensó a tutti i momenti passati assieme allo svedese, alle loro battaglie, i loro scontri, le loro tregue e accordi e tanti altri ricordi legati anche alla vita quotidiana.
Un improvviso suono sordo fece tremare gli scogli, causando un sobbalzo all'uomo, il quale si voltó lentamente con il fiato sospeso fino a scorgere la familiare enorme figura del troll, mentre una piccola figura bionda smontava dalla schiena della creatura magica con una balzo, atterrando agilmente.
-Norge!- con un urlo Danimarca si lanciò verso il ragazzo abbracciandolo con forza e ringraziando mentalmente il cielo di vederlo sano e salvo.
Come risposta, Isak, si limitó ad appoggiare la fronte alla spalla dell'uomo, afflitto da pensieri analoghi a quelli del biondo, per poi sciogliere malamente ed in fretta la stretta.
-Hai preparato la barca?- chiese con voce atona sfoggiando il suo solito viso inespressivo.
-Certo, come hai vecchi tempi- rispose Mathias indicando la scialuppa -É andato tutto secondo il piano? Stai bene?- aggiunse con la voce tradita dalla preoccupazione.
-Sì, però non sono riuscito a riprenderlo in modo inosservato.- rispose il norvegese con fare seccato.
-Che cosa intendi?- chiese preoccupato conoscendo alquanto bene le maniere poco gentili che Isak riservava a chiunque.
-Non ho causato nessuna vittima, solo un buco.- rispose come leggendo la mente di Danimarca.
-Capisco. Isak, lui dov'è?-
Come risposta il norvegese fece un segno con la testa verso il troll che era rimasto immobile per tutto il tempo, tenendo le mani racchiuse al petto.
In risposta ad un muto ordine la creatura di mosse avvicinandosi alla barca, facendo tremare la terra ad ogni passo, per poi distendere le braccia verso Mathias rivelando un corpo avvolto in un lenzuolo bianco.

Un nodo stringeva lo stomaco del biondo mentre scostava il drappo fino a rivelare il corpo di Berwald fino a metà dell'addome.

Aveva la pelle del viso distesa, gli occhi serrati e la bocca lievemente socchiusa, come se stesse ancora respirando. Mathias si ritrovò a fissare con astio le scritte livide che sfiguravano il petto dello svedese. Lui certamente non era un medico ma aveva una certa esperienze con le ferite da taglio, le lettere erano state incise con forza ed il sangue era coagulato, il che voleva significare che gli erano state fatte mentre Svezia era ancora in vita.
Pochi attimi si concesse il ragazzo danese per osservare la salma del suo eterno rivale, dopodiché, lo ricoprì e lo prese con gentilezza dalle mani rugose del troll, per poi dirigersi verso la barca e distendervelo all'interno.
-Beh arrivederci Sverige.-si concesse di dire, poi stese uno strato di alcool sopra il corpo e, con un fiammifero , accese la pira funebre. Il troll prese allora la barca, sollevandola come se fosse una foglia leggera, e muovendosi agilmente sugli scogli, nonostante la sua grande mole, l'appoggiò sulla superficie dell'acqua, spingendola verso il largo.
Mathias mentre vedeva il fuoco lambire le carni di Svezia allungò la mano fino a stringere quella fredda di Isak, il quale ricambiò con gravoso silenzio la stretta, facendo trasparire però il gran affetto che provava per il danese.

Rimasero in piedi, uno a fianco all'altro, immobili e muti, finchè le fiamme non si estinsero e le ceneri vennero ingoiate dal freddo mare; solo allora si voltarono ed issandosi sul troll si diressero verso la loro prossima meta, senza mancare però di volgere qualche triste sguardo al luogo dove si era consumata la pira.
Nessun funerale, nessun addio formale, per le Nazione la vita era passata nell'ombra, all'insaputa di qualsiasi essere umano e, sempre nell'ombra, erano condannati ad una silenziosa dipartita.

 

------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

Eccomi qua!

Tornata dopo un periodo di assenza non previsto! XD

( e chissenefrega penserete voi)

Comunque con questo capitolo si dovrebbe capire qualcosa in più riguardo alle dinamiche di questa storia... Spero...

Beh, se volete saperne di più non vi rimane che continuare a leggere!

Che altro dire... Non ho potuto fare a meno di inserire la DenXNor, coppia che io ADORO!!!!

Questo capitolo comunque è totalmente dedicato a Lyn91, perchè senza di lei non riuscirei nemmeno a scrivere la lista della spesa!

Grazie mille!!

Ringrazio anche tutti quelli che hanno letto, recensito e che recensiranno!

Ciao a tutti, alla prossima!

(spero)

Rebecca

  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: Revysmile