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Autore: Revysmile    26/01/2012    2 recensioni
Incatenato alla monotona quotidianità di un'esistenza condotta tra molto lavoro e pochi svaghi, Arthur Kirkland era convinto di essere un ordinario giornalista nella vivace Londra del 1969. Cambierà idea quando, trovatosi ad indagare su una serie di sanguinari omicidi, scoprirà di essere molto più coinvolto rispetto a qualsiasi altro normale essere umano. Figure arcane e millenarie vengono alla luce, ed un fosco complotto viene svelato.
[Personaggi principali: Inghilterra, Francia, OC!Scozia, OC!Irlanda, Russia, Prussia, Sud Italia, altri.]
[Pairings: FrUk, a sorpresa.]
Genere: Azione, Sentimentale, Thriller | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Francia/Francis Bonnefoy, Inghilterra/Arthur Kirkland, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: Contenuti forti, Gender Bender
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ATTENZIONE: tutti i personaggi presenti in questa storia appartengono ad Hidekaz Himaruya, gli unci che appartengono interamente a me sono gli OC presenti nella storia.

Alcuni personaggi saranno in versione Nyotalia.

In questa fic ci saranno degli OC è probabile che ci siano delle coincidenze in altre storie per i nomi scelti, sappiate che sono puramente casuali in quanto non è mia intenzione copiare nessuno. In ogni caso non ho intenzione di cambiarli, anche se dovessero già essere stati utilizzati, in quanto, ognuno di loro, per quanto possa sembrare banale, ha una storia alle spalle la quale ne ha determinato la scelta.

La trama sarà principalmente d'azione e se, da un lato non mancheranno i momenti humor, dall'altro avrà alcune scene dal contenuto piuttosto forte.

 

 

01. Triello.

La leggera brezza di quel giorno di metà inverno scompigliava dolcemente i capelli a quel bambino nascosto dietro ad un cepuglio. Aveva le calzature lacere piene della sabbia della spiaggia e le mani leggermente sbucciate in seguito alla discesa della alta e bianca scogliera a cui voltava le spalle mentre guardava pensieroso il mare aperto. Spesso si rifugiava su quelle alture per poter ammirare la candida costa, omologa alla sua, visibile come una lunga striscia bianca al di là dell'enorme canale di acqua marina.

Tuttavia ora la sua attenzione non vagava su quei lontani lidi ma era interamente volta a quelle enormi navi che stavano approdando sulle sue terre.

"Enormi uomini barbuti, con delle orrende e stupidissime corna in testa, che parlano una lingua astrusa e che puzzano come vecchie carogne!"

Ecco come gli aveva descritti James scimiottandoli con fare buffo ma allo stesso tempo carico di rancore l'ultima volta che lo era andato a trovare nella sua isola mentre vagavano fra di detriti di un enorme monastero completamente bruciato in seguito ad una invasione ad opera di quelli stranieri.

Certo, da quella distanza non sentiva la puzza che descriveva il cugino, ma l'enorme stazza, i brutti copricapi e gli echi di quella lingua strana, beh, quelli erano veritieri.

A ridestarlo dai suoi pensieri fu un suono basso, prolungato, emesso da un corno, o da qualcosa di altrettanto simile, che riportò il silenzio assoluto azzittendo la confusione che si era creata durante le operazioni di sbarco.

Ormai la maggior parte degli uomini erano approdati a terra ed erano tutti rivolti verso una nave che era stata portata in secca sulla spiaggia e dalla quale era venuta la nota musicale.

Non dovette attendere molto che qualcuno parlò, incantando la folla e incitandola, sollevando urla di approvazione e devozione, ben intuibili nonostante la lingua sconosciuta. Quando vide l'oratore, per poco, il bambino non si lasciò scappare un grido di stupore.

A parlare era stato un ragazzino, non molto più grande di lui, che era salito in piedi sul parapetto e che con parole urlate si rivolgeva a quegli uomini, ammaliandoli. Non riusciva a vedere il suo volto, dato il suo nascondoglio e la grossa distanza, tutto quello che riusciva a scorgere erano una massa di capelli biondi, dei vestiti fatti di pelli e pelliccie, come tutti gli altri del resto, ed un'enorme e decisamente sproporzionata ascia ancorata sulla schiena.

Si alzò cautamente, consapevole di aver visto abbastanza, deciso a correre verso quella cittadina che distava poco da quella spiaggia e che sicuramente, a breve, sarebbe stata attaccata da quegli invasori. Mentre risaliva in silenzio la scogliera, correndo per una stradina nascosta, non ebbe nemmeno l'impulso di fermarsi a tentare di scorgere meglio il volto di quel ragazzo tanto, ne era assolutamente sicuro, l'avrebbe rivisto presto, molto presto.

Gli era bastato uno sguardo fugace per capirlo, loro due erano uguali, perchè, esattamente come lui, quel biondino era...

"... e ora passiamo al meteo. Questa settimana su tutta la nazione si registreranno piogge insistenti, soprattutto..."

Il suono della radio svegliò di soprassalto il ragazzo, che si rizzò a sedere allarmato, ritrovandosi sul divano di casa propria, ed interrompendo bruscamente il suo sogno.

Ci mise qualche secondo per far mente locale su di se, infatti, ubriacato com'era dalla stanchezza, non riusciva nemmono a capire chi fosse e dove fosse. Lentamente, formulando con enormi difficoltà i primi pensieri razionali, di qualla mattina riuscì finalmente a capire di essere sempre il solito Arthur Kirkland, ventitrenne, inglese, residente a Londra nell'appartamento nel quale si era appena svegliato, dopo essersi addormentato come un sasso sul divano mentre ascoltava la radio, in seguito alla mancata digestione di quelle sostanze tossiche che altre non erano che la sua cena. Che poi si fosse messo a sognare un ipotetico se stesso da piccolo, in abiti medioevali, mentre guardava un'invasione vichinga, a quello proprio non c'era una risposta che potesse essere formulata con quelle scarsissime conoscenze che aveva di psicoanalisi e quindi non tentò nemmeno di trovarla. Tuttavia quella non era certo una novità , sgni simili erano la normalità per lui e di analoghi ne aveva compiuti fino a quando risaliva la sua memoria, spesso la sua psiche si ritrovava a vivere in diverse ere storiche a diverse età, interagendo con persone che non aveva mai incontrato nella vita reale, ad esempio come il fantomatico cugino James, del quale, ne era certo, non ne aveva mai sentito parlare .

Sbuffando sonoramente, si scranchì il collo indolenzito a causa della scomoda posizione a lungo tenuta, godendosi la calma del mattino, che tuttavia, fu celermente distrutta dall'ora che segnava l'orologio del soggiorno. Arthur, alternando borbotii e maledizioni rivolte a tutti i santi che popolavano la volta stellata, si lanciò in camera e poi in bagno, speranzoso di riuscire a prendere in tempo l'ultimo autobus che avrebbe potuto portarlo al lavoro in orario.

Preparandosi alla velocità della luce si catapultò in strada, correndo al massimo delle sue potenzialità, con in mano la tracolla di cuoio consunta, contenente tutte le sue bozze, e la cappotto stropicciato, il quale non si era ancora infilato, nonostante fosse gennaio, riuscendo a prendere al volo il mezzo pubblico.

Il suo aspetto trasandato e malmesso, sia per la sua fretta ma anche per la sua scarsa propensione verso la cura della propria persona, causò alcuni risolini fra delle studentesse e delle occhiate di disappunto di un paio di vecchie signore. Dopo aver timbrato il biglietto, si trascinò fino a sedersi su un posto libero stringendo il nodo alla cravatta e tendando di darsi una sistemata, ma con assai scarsi risultati. Infatti la sua figura riflessa nel vetro, dimostrava come i suoi capelli biondi fossero ispidi e spettinati più del solito, i suoi occhi verdi circondati da profonde occhiaie e le sue sopracciglia... oh beh, erano ventitrè anni che erano così brutte, quindi non ci fece particolarmente caso.

Si lasciò cullare dai movimenti del bus causati dal traffico, guardando con occhi estasiati il paesaggio urbano che scorreva veloce oltre il finestrino. Che meraviglia Londra! Era in quella città solo da un anno, eppure gli sembrava di conoscere la cara e buon vecchia capitale inglese da secoli.

Il viaggio fu abbastanza piacevole e, una volta giunto alla fermata, non dovette che camminare per dieci minuti fino ad arrivare al luogo dove lavorava. La redazione del The Modern Age, un giornale settimanale di scarsa fama che trattava principalmente di attualità e cultura mondiale, l'aveva assunto, dopo qualche mese che abitava a Londra, colpiti dalle sue buone abilità adatte ad intraprendere la carriera giornalistica. Il palazzo dove era situato il suo impiego era vecchio, costruito in stile liberty e aveva certamente bisogno di una sistemata, anche se, conservava comunque un discreto fascino e ed eleganza.

Arthur si fermò davanti al portone d'ingresso, sospirante e ben cosciente della montagna di bozze da correggere e rivedere che lo aspettavano minacciose sulla sua scrivania.

Guardò per un po' la via che cominciava ad affollarsi, nel vano tentavo di rimandare anche solo di qualche minuto il suo lavoro, lasciando vagare lo sguardo in particolare su un auto nera, parcheggiata a qualche metro da lui con a bordo due uomini. Nonostante spesso avesse provato la strana sensazione di vivere un dejà-vù, quella volta, era abbastanza sicuro di aver già visto quella vettura negli ultimi giorni. Qualcosa si mise in moto nel suo animo, un sentimento di eccitazione, causato dalla sua fervida immaginazione e dal suo strano e spasmodico bisogno di fuggire da realtà, troppo monotona e ordinaria. Si immaginò sedutastante un'avventurosa storia che vedeva lui come protagonista di un complotto antigovernativo internazionale nel quale erano coinvolti sia i servizi segreti, sia qualche strana organizzazione della malavita e finiva con il completo trionfo di Arthur. Dopo qualche minuto di fantasticherie sbuffò scuotendo dolcemente la testa, ormai non era più un bambino ed il tempo di sognare ad occhi aperti era cessato. Ora, per lui, esisteva solo la familiare routine giornaliera che scandiva la sua esistenza.

Un amaro sorriso increspò le sue labbra mentre ricordava i bei tempi andati dell'infanzia, quando ancora era all'istituto, ed era libero di passare i pomeriggi rinchiuso nel suo mondo immaginario, isolandosi dagli altri bambini e lasciandosi andare ad incredibili avventure.

Lanciò un'ultima occhiata all'auto nera, speranzoso anche solo di un segno che avrebbe potuto strapparlo alla realtà ma, non cogliendone, non ebbe altra scelta che entrare nel palazzo e salire le scale fino al primo piano dove era situato la redazione.

Ecco il vero Io di Arthur Kirkland: un ragazzo deluso dalla ordinaria quotidianità.

Aprì deciso la porta, stupendosi di quello che vide entrando nell'uffico: normalemente tutti i suoi colleghi, a quell'ora, erano intenti a prendere il caffè e chiaccherare concitati, ritardando il più possibile l'inizio della giornata lavorativa, mentre quella mattina parlavano sottovoce, con fare grave, riuniti attorno ad una scrivania, sulla quale vi era appoggiato un giornale.

-Ciao Arthur!- lo salutò Mary appena sentì chiudersi l'uscio. Lei era una delle segratarie della redazione, era giovane e carina con tutti, soprattutto con il biondo. Aveva esattamente la stessa età di Arthur, dotata di un viso grazioso circondato da morbidi capelli castani, semi-nascosto, però, da degli occhiali con la montatura un po' troppo grande per i suoi lineamenti.

-Buongiorno.- replicò cortesemente togliendosi il cappotto per appenderlo all'attacapanni, mentre lei gli veniva vicino, tenendo però lo sguardo alquanto basso.

-Arthur, ti stavamo aspettando. E' successa una cosa orribile! E' una notizia dell'ultima ora! Brian fino a poco fa ti cercava come un matto invocando il tuo nome! Ora è nella vostra stanza, penso.- disse tutta d'un fiato e leggermente rossa a causa dello strano effetto che gli faceva il ragazzo, torturando un angolo della camicia con le piccole mani che si contorcevano nervose.

-Che cosa è successo?- chiese allarmato l'inglese, seguendola attraverso la grande sala dove tutti erano riuniti.

-E' meglio se te lo fai spiegare da Brian.- disse accompagnandolo fin sulla soglia, con fare leggermente impacciato e tenendo sempre lo sguardo rivolto alla punta delle sue scarpe. Tutti nella piccola redazione erano a conoscenza dell'infatuazione di Mary per il giovane e quindi non fecero neppure caso al suo comportamento, salutando solo il biondo con un cenno, per poi tornare a concentrarsi nei loro discorsi. O meglio, sarebbe corretto precisare che se ne erano accorti tutti dei sentimenti della ragazza tranne Arthur stesso, che nell'ambito dei rapporti interpersonali non era mai stato una cima. Non a caso, l'unico amico che potesse vantarsi di avere era Brian, Brian Blake.

Era stato proprio lui un anno prima ad aver scovato le doti letterarie del ragazzo e da allora si erano sempre frequentati, rivelandosi capace di sorvolare sugli scatti d'ira, le nevrosi e il carattere scorbutico di Arthur, che spesso aveva portato molti ad allontanarsi da lui.

-Arthur! Eccoti! Non sai che cosa è successo!- urlò l'uomo attraversando la stanza e andandogli incontro appena lo vide aprire la porta. Brian era decisamente quello che si poteva definire un brav'uomo, uno di quelli belli, molto belli, sia di aspetto che di animo. Era decisamente più alto di Arthur e con un fisico più imponente, aveva i capelli castani e ricci e gli occhi scuri, sottili ma espressivi.

-No. Non so che cosa è successo se prima non me lo dite.- rispose acido il biondo, avviandosi verso il suo tavolo di lavoro, irritato da tutti quei misteri.

-Vedo che ti sei alzato di buon umore, come sempre- disse Blake ironico assestandogli una grossa pacca sulla schiena e ridacchiando.

-Non mi sono alzato, ho dormito sul divano.- rispose tentando di mantenere il controllo e non picchiare Brian con l'enorme dizionario che aveva sulla scrivania, come ringraziamento per quella indesiderata manifestazione d'affetto.

-Saresti comunque di pessimo umore, in ogni caso passiamo a cosa serie- disse il moro porgendogli una copia del The Times.

-Hai presente quell'omicidio avvenuto in Finlandia tre settimane fa?- chiese guardando il ragazzo nei suoi occhi verdi, assumendo un'aria seria, facendolo sembrare improvvisamente molto più vecchio dei suoi trent'anni.

-Sì, il ragazzo crocifisso ad Helsinkji, giusto? Hanno per caso arrestato il colpevole?- rispose Arthur, adocchiando la prima pagina del giornale con fare scettico.

-No, anzi. E' accaduta la stessa cosa anche nella periferia di Stoccolma. Un uomo crocifisso con incisa sul petto la stessa inquitante frase, solo al posto che in finlandese era scritto in svedese, e invece di Suomi c'era scritto Sverige.-

-Potresti tradurre? Non conosco il significato di entrambe le parole- chiese l'inglese seccato, leggendo velocemente l'articolo ostentando un'aria imperturbabile, volta a nascondere la tetra inquietudine che in realtà provava verso quel fatto di croncaca così inconsueto e macabro.

-Finlandia e Svezia.- rispose serio Brian, indicando con un dito affusolato un punto sul giornale -Guarda questa è la frase e queste sono, le due vittime.-

- "Che l'immondo sia depurato, che la stirpe del demonio sia estirpata, la terra è degli uomini, questa è la fine meritata dei macellai. Ecco il secondo, la Svezia."- lesse Arthur ad alta voce, mentre veniva circondato da altri due colleghi, occupanti anche loro quella stanza, curiosi di leggere l'articolo -Ma che cazzo significa?- chiese infine il biondo disgustato.

-Nessuno lo sa.- rispose l'amico pensieroso, alzando lievemente le spalle.

Il ragazzo non potè fare a meno di guardare la fotografia delle due vittime. Era stata scattata al volto dei due cadaveri; nell'articolo c'era scritto che non erano stati identificati.

Nessun nome da piangere.

Si sorprese a provare una strana senzazione per i due sconosciuti, uno strano sentimento simile ad una compassione, così pura e sincera, che si stupì di poter avere una simile emozione.

Quello ritrovato in Finlandia era biondo, dai lineamenti delicati e la pella chiara. Anche la seconda vittima aveva lo stesso colore dei capelli del primo, forse solo lievemente più scuri, ed era caratterizzato da contorni del viso più duri e marcati.

Proprio in quel momento ad interrompere il silenzio surreale che si era creato suonò imperterrito il telefono e mentre Brian rispondeva, sfoggiando un tono alquanto professionale, risaltato dalla sua voce profonda, Arthur sentì uno strano brivido percorrergli tutta la schiena, quasi come se fosse il presagio di una sinistra premonizione per gli eventi futuri.

 

Spesso l'animo umano è capiccioso, sempre anelante di novità, senza sapere però come non ci sia nulla di più inaspettato della ordinarietà.

Così se da un lato c'è un ragazzo inconsapevole delle strane pieghe che talvolta gli eventi tendono a prendere, dall'altro ci sono due uomini che in questi cambiamenti vi ci sono completamente immersi.

John e Simon erano seduti da diversi minuti immersi nel silenzio che si regnava nella vettura, mentre aspettavano pazientemente il loro obiettivo, sfogliando distrattamente alcuni fascicoli.

-Eccolo.- sussurò Simon assumendo una posizione più dritta sul sedile del passeggiere, mentre guardava il ragazzo biondo attraversare la strada e fermarsi davanti a quel vecchio edificio stile liberty.

-Sei sicuro sia lui?- chiese scettico l'altro.

-Sì, lo seguendo da un paio di giorni. Corrisponde alla descrizione: Arthur Kirkland, maschio, inglese.- lesse dal foglio che aveva fra le mani, interrompendosi un attimo. Il ragazzo stava guardando dalla loro parte con aria dubbiosa. Per un po' il silenzio tornò a regnare nell'abitacolo, mentre erano osservati dal biondo, ma poi, quest'ultimo, sbuffando distolse lo sguardo da loro ed entrò nell'edificio.

-Cretino, ti avevo detto di parcheggiare più indietro.- disse Simon con tono duro e severo.

-Non è colpa mia se a Londra non c'è nemmeno il fottuto posto per parcheggiare il mio culo.- rispose Johnin tono sfoggiando una voce seccata e acida -Dicevi?- aggiunse in tono più pacato.

-E' stato ritrovato a Norwich il 1 gennaio del 1951. Dimostrava circa cinque anni. Provenienza sconosciuta, identità sconosciuta, data di nascita sconosciuta, genitori sconosciuti e, cigliegina sulla torta, i ricordi del pargolo risalivano solo a poche ore prima del ritrovamento. Amnesia totale. E' stato mandato in orfonatrofio, dove è rimasto fino alla maggiore età e poi, un anno fa il 5 maggio del 1968 ha preso casa qui a Londra e due mesi dopo ha cominciato a lavorare al settimanale The modern age. Attualmente invece dovrebbe avere circa ventitre anni.-

John si fece pensieroso, guardando una delle fotografie scattate di nascosto al ragazzo -Pensi... Sia uno di loro?- chiese infine dubbioso.

-Io... non lo so. Non credo molto a quello storia.- Simon era un uomo dal credo razionale e scettico di natura, dubitava delle rivelazione che gli erano state fatte qualche settimana prima -Comunque non tocca a noi formulare un'idea. Noi siamo solo tenuti a rispettare gli ordini, e gli ordini sono di seguire Arthur Kirkland, chiunque esso sia e scoprire su di lui il più possibile.- disse Simon aprendo una nuova cartelleta ed astraendo molto fotografie che ritraevano il biondo.

Un improvviso ed inaspettato colpo forte alla carrozzeria fece sobbalzare i due uomini all'interno che, presi alla sprovvista, ma ancor guidati da un impulso irrazionale, misero mano alle armi, trattendosi giusto dall'estrarle dopo aver visto che erano stati due ragazzi barcollanti, probabilmente ubriachi, che a stenti riuscivano a reggersi in piedi ed avanzavo incespicando ad ogni passo, fino a girare l'angolo e sparire dalla loro vista.

-Maledetti cretini ubriachi alle otto del mattino.- borbottò Simon, raccogliendo alcuni fogli che erano caduti a causa del movimento brusco aggiungendo -Tra dieci minuti spostiamoci, altrimenti daremo troppo nell'occhio. Tanto alle 13, come sempre, andrà fuori a mangiare al solito fish&chips. Lo seguiremo a piedi.-

-D'accordo.- concordò John radunando gli ultimi documenti.

 

 

I due ragazzi continuarono a tenersi a braccetto, fingendosi ubriachi, finchè non svoltarono l'angolo, troncando improvvisamente quella recita per appostarsi contro al muro e fissare l'auto da lontano.

-Allora?- chiese uno dei due estraendo una sigaretta ed accendendola, ravvivandosi intanto i capelli rossi fuoco.

-Allora cosa..?- chiese seccato l'altro massaggiandosi un gomito.

-Hai visto che cosa stavano guardando?-

-Certo che ho visto che cosa stavano guardando, stronzo. Mi hai spiaccicato contro l'auto.- rispose con voce seccata sporgendosi appena, giusto per vedere d'occhio il veicolo nero -Comunque avevano un casino di documenti e sono sicurissimo ci fossero anche delle foto di Kirkland.-

-Bene.- rispose l'altro continuando a fumare con fare annoiata -Ora che abbiamo accertato che l'obiettivo è proprio quella piattola di Arthur, non dobbiamo fare altro che informare la Vecchia.-

-Tutto qui?-

-Sì.-

Sempre continuandosi a massaggiare il gomito, che aveva sbattuto violentemente contro la portiera, disse in tono spavaldo -Mpf... Da quando ti comporti in modo così docile, Scozia? Che io ricordi non sei mai stato così attento a seguire il piano di quella vecchia bisbetica.-

-Da quando te ne frega qualcosa, Nord Italia?- rispose il rosso guardandolo incrociando le braccia e guardandolo con aria di sfida.

-Sono Sud Italia, bastardo! Non il Nord, ficcatelo bene in quella testaccia rossa.- rispose l'italiano con la voce rabbiosa, suscitando le risate dell'altro che non aspettava altro che far perdere le staffe al suo compare.

-Piuttosto, non rompere i coglioni, mezza sega, dov'è Danimarca? Perchè sei quì al suo posto?- chiese William facendo fremere ancora di più l'altro.

Ormai Lovino aveva il viso completamente rosso dalla rabbia e lo avrebbe preso a pugni con immenso piacere se non fosse stato per il rischio di essere scoperto dai due tizi.

-Mezza sega lo dici a tua sorella. Comunque quell'idiota biondo è a Stoccolma assieme a Norvegia. Insieme stanno facendo sparire ogni cosa, come al solito. - disse con fare seccato mentre incrociava le braccia e si appoggiava al muro alle sue spalle.

-Capisco.- disse in tono pensieroso e assente -E Francia?- aggiuse dopo poco guardando il moro.

-Non ne ho la più pallida idea. Forse è ancora in viaggio con Olanda.-

Il rosso sorrise mentre le braci della sua sigaretta si riflettevano nei suoi occhi verdi, donandogli un aspetto tetro, quasi diabolico - E così ci riuniamo tutti, pronti ad affrontare un'enorme cernita uniti da un solo obiettivo.-

-Se tutto ciò ti diverte sei messo bene, io la trovo solo un'immesa rottura di palle.- rispose Lovino sbuffando.

-No. Non mi diverte per nulla, per questo ora muovi quel culo e vai a chiamare la Vecchia.-

-Col cazzo. Vacci tu.- rispose acido l'italiano, non aveva alcuna intezione di prendere ordini da quel tipo, già aveva dovuto assecondarlo fingendosi due ubriachi al fine di avvicinarsi il più possibile all'auto per vedere che di che cosa stessero discutendo, per poi notare che era Kirkland il loro argomento di conversazione.

Come risposta Scozia si sedette per terra, buttando via il mozzicone vecchio ed accendendosi una sigaretta nuova -Io non mi schiodo da qui, quindi ripeto alza quel tuo culo mediterraneo e vai fino alla prossima cabina telefonica ad avvertire la Vecchia. Ci sono voluti anche troppi anni per ritrovarlo e non ho intenzione di farmelo soffiare da sotto il naso.-

 

 

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Salve a tutti!!!

Eccomi con una nuova storia partorita dalla mia mente malata che ha bisogno di cure urgenti!!!

Che dire? Non ci avete capito niente vero? Bene! E' proprio così che deve essere! Almeno per il primo capitolo! (Aspettate, leggete e vedrete!)

Ne approfitto per fare alcune precisazioni, la città del sogno di Arthur che compare all'inizio è Dover, una città portuale affacciata sulla Manica in prossimità delle famose Scogliere di Dover ed, in passato, venne spesso attaccata dai Vichinghi durante le loro invasioni in Inghilterra.

Inoltre lo scrivo qui così mi proteggo in anticipo da eventuali lanci di pomodori o oggetti contundenti: se trovate delle eventuali frasi in lingue straniere contenenti errori madornali... beh sappiate che è tutta colpa di Google Translate.

Bene, per ora è tutto!

Spero che continuarete a leggere la storia e recensite, mi raccomando! Anche per dire solo che fa schifo e farei meglio a darmi all'ippica! XD

  
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