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Autore: Vanilla Planifolia    02/03/2012    2 recensioni
"Il nostro rapporto si era trasformato in un carillon senza musica, dove noi eravamo ballerini che, in mancanza della base melodica, non sapevamo orientarci all'interno del mondo che ci aveva risucchiati.[...]
Coltivavamo una relazione nascosta, clandestina.
Fingevamo di odiarci.
Senza renderci conto che stavamo iniziando ad odiarci davvero."
Genere: Comico, Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 12

Discorsi

«Bene, ora possiamo parlare», affermai subito dopo aver parcheggiato l'auto un isolato lontano da casa sua, «Credo che sia importante mettere in chiaro un paio di cose».
Avevamo perso. La partita era stata un vero fiasco, ma a lei non era sembrato importare più di tanto, si era divertita come al solito e non aveva dato segno di sconforto nonostante tutto quello che era successo il giorno prima; l'avevo ammirata per questo. Il suo sorriso sempre presente e la sua gioia contagiosa ci avevano aiutati a superare l'ennesima sconfitta.
Era diverso giocare sapendo che ad aspettarci vicino alla nostra panchina c'era lei.
Come se fosse il nostro piccolo tesoro; una mascotte che non portava una gran fortuna, ma pur sempre una figura importante che costantemente teneva i suoi dolci occhi preoccupati su di noi quando ci facevamo male, quando portavamo a compimento una meta, durante una mischia o subito dopo un placcaggio particolarmente violento.
Era diverso.
Non saprei dare termini più precisi, forse nemmeno esistono.
E ora?
Si doveva inevitabilmente tornare coi piedi per terra, nella normalità più assoluta e nella totale conoscenza della realtà: dovevamo parlare di noi, i nostri sentimenti, le nostre percezioni momentanee che mai sarebbero rimaste e che probabilmente ci sarebbero mancate, in un'altra vita. Sempre supponendo che un'altra vita ci sia.
«Si, giusto», rispose, lasciando in sospeso un respiro.
«Inizio io?».
«Come vuoi...».
Che dire adesso? La verità, Liam.
Ovviamente, non c'erano parole diverse da quelle che avrebbero finalmente liberato la mia mente da quella continua angoscia che mi accompagnava da mesi, se non da più tempo.
Come cominciare? Cosa mettere in chiaro per prima?
Niente. Non c'era veramente niente di cui parlare, nulla da iniziare, niente da completare. Quel discorso che stavamo per fare non sarebbe mai dovuto avvenire. Perché il mondo deve sempre rovinare la cosa più preziosa che possiedi?
Tutto ciò è terribilmente ingiusto.
Quella realtà disgustosa stava diventando sempre più stretta.
Silenzio. Nell'abitacolo si potevano ascoltare solamente i nostri respiri, il mio, regolare, e il suo, agitato e quasi convulso. Aveva già preso consapevolezza di quello che sarebbe accaduto da lì a pochi istanti.
«Io penso che tu non mi abbia mai dimenticato da quando mi hai confessato i tuoi sentimenti, qualche anno fa». Diretto e violento, i miei complimenti: sei un animale.
S'irrigidì sul sedile accanto al mio. Guardava fisso davanti a sé e ascoltava le parole e i pensieri che ancora non avevo pronunciato. Lei sapeva, a differenza mia, che tutto stava per distruggersi.
«Perché stiamo parlando di questo, Liam?», chiese, una nota di tristezza nella voce.
«Non lo so, è strano anche per me!».
Allora capii, che cosa sarebbe successo dopo? Se le avessi detto la verità che cosa sarebbe cambiato tra noi?
Guardai il mio riflesso nello specchietto retrovisore e immaginai.
«Quando ho parlato con Ilenya e mi sono finalmente reso conto di ciò che tu realmente provavi mi sono sentito la persona più felice mai nata su questo insulso pianeta. Una volta tanto avevo incontrato una persona che era disposta ad accettarmi per ciò che sono, compresi nel prezzo tutti i miei dannati difetti che, lo so bene, spesso sono insopportabili. Nonostante tutto tu...tu mi stavi accogliendo nel tuo cuore e avevi preso la decisione di stare al mio fianco, nel bene e nel male. Anche adesso sei qui e so per certo che ci sarai anche domani, e dopodomani ancora. Io voglio che tu ci sia, Marianne, voglio che resti...per sempre».
I miei occhi videro lei che si voltava verso di me, si gettava tra le mie braccia e posava delicatamente le sue labbra sulle mie. Chiusi in un piccolo paradiso che nessuno avrebbe mai potuto rivoltare o bruciare.
Un mondo perfetto che nasceva su profonde radici, sane, impossibili da sradicare.
Il terreno fertile che accoglieva un nuovo cuore che si ricostruiva dalle sue ceneri e che finalmente poteva definirsi completo, insieme al suo gemello.
Avrei fatto pulizia nella mia vita, lasciando indietro tutti coloro che non avrebbero accettato la nostra unione. Mi sarei sentito incredibilmente felice e stranamente vivo, di nuovo, dopo troppo tempo.
Forse sarebbe finita presto e non ci avrei pensato mai più.
Forse sarebbe stato per sempre.
Nonostante i timori quello era il dipinto più bello che io avessi mai visto e l'esistenza che mi aspettava nel futuro, al suo fianco, si prospettava ancora più eccezionale del previsto.

Peccato che non fosse altro che l'ennesimo sogno ad occhi aperti.

«Voglio che tu sappia che tra noi non c'è altro che semplice amicizia, io non provo ciò che provi tu».
Quante parole ci sarebbero volute per spiegare i miei sentimenti? Troppe complicazioni. Distruggerla appariva come la soluzione più semplice, da sempre e per sempre.
«Mi dispiace», dissi, aspettando che lei parlasse, «Immaginavo che fosse il caso di dirti tutta la verità perché so che cosa significa stare ad aspettare e convincersi che ogni segno della persona a cui più vuoi bene sia qualcosa di nuovo, qualcosa di positivo. Non voglio che passi l'esistenza ad analizzare ogni mio movimento immaginando chissà cosa...».
Alzai lo sguardo.
Marianne fissava fuori dal parabrezza la strada vuota davanti ai suoi occhi.
Era stranamente silenziosa.
Lo era stata per tutto il viaggio, il che non era da lei.
«Ecco», iniziò, «A questo punto dovrei spiegare un paio di cose, insomma, è complicato...».
«Taglia».
Si bloccò.
Ancora guardava la strada.
Serrò la mascella. Ebbi la sensazione che avrei fatto meglio a stare zitto, l'avevo interrotta e con tutta probabilità, adesso, lei era cosciente che non avrebbe avuto la possibilità di dirmi ciò che davvero pensava. Chiuse gli occhi e sbottò, alzando la voce: «Non posso tagliare! Non è semplice! Insomma, in parte è sì e in parte è no!».
«Oh...».
«Il fatto è che non ne sono sicura nemmeno io...l'anno scorso non ho mai pensato a te in quel senso. E' solo che quest'anno mi sento confusa, ho bisogno di tempo per riflettere, perché non posso dirti ciò che provo io se non lo so».
Stava mentendo.
E tu sei un dannato egocentrico, non è detto che lei debba per forza essere innamorata di te da sempre.
«Va bene. Beh, io volevo solamente che tu sapessi come la pensavo...».
«Si, grazie, hai fatto bene».
«Adesso devo andare».
«Si, anche io», recuperò la sua roba, «Grazie del passaggio».
«Figurati, a domani».
«A domani, Liam», si avvicinò per lasciare sulla mia guancia un piccolo bacio.
Sorrideva.
Eppure sentivo che qualcosa non stava andando nel verso giusto.
Scese dall'auto. Accesi il motore e misi la prima.
Qualche metro dall'incrocio guardai indietro, verso lei, che camminava a capo chino. Sapevo che stava piangendo. Svoltai a sinistra e mi fermai nel primo parcheggio vuoto, avevo bisogno di un secondo per respirare.
Aprii il finestrino e accesi una sigaretta, poco importava che facesse freddo e che il suo odore stesse lievemente sfumando a causa della leggera aria che entrava nel piccolo abitacolo.
Chiusi gli occhi e tornai indietro nel tempo. In quel sogno bellissimo.
Marianne aveva ancora le sue labbra sulle mie, ci stavamo baciando e io mi sentivo felice.
In quella fetta di realtà inconscia Marianne era serena, non stava piangendo se non dalla gioia e io, disteso in un mondo composto di sola immaginazione, non mi sarei potuto sentire più a casa. Il mio luogo naturale era tra le sue braccia e non nell'abbraccio di una delle altre possibili prostitute gratuite che avrei trovato sulla strada della mia vita.
Con Anne sarebbe stato tutto diverso.
Sei ancora in tempo per tornare indietro.
No, non lo ero.
Il danno era fatto e adesso avrei dovuto imparare a vivere nell'infelicità e nell'amara consapevolezza di averla persa per sempre.
Sapevo che il giorno dopo non ci saremmo parlati, non ci saremmo guardati. E perché avremmo dovuto farlo? Era tutto finito. Non c'era sogno o momento che ci avrebbe nascosti dal mondo. Ormai tutto era scritto. Ci eravamo persi. Avremmo iniziato a odiarci. Amandoci segretamente l'uno dall'altro.
Paura del futuro e disperazione per il presente. Neppure il passato aveva un volto molto amichevole.
Che disgusto.
Che vita era questa?
Sei ancora in tempo per tornare indietro.
No, non lo sarei stato mai.

Perché stupirmi se avevo ovviamente ragione?
Un lunedì mattina come tanti. Entrai nella mia solita aula, il professore di storia contemporanea era già seduto sulla solita sedia dietro alla troppo analizzata cattedra. E lei era lì, davanti a me. Seduta, composta, bellissima. Non mi guardò, non mi vide, gli occhi fissi verso il muro.
Schifosamente apatica.
Dio, cosa le avevo fatto?
Cosa avevo fatto a me stesso?

«Possiamo parlare un secondo?».
«Si, di cosa?», domandai mentre mi sedevo accanto a lei, poco lontani dalla fermata dell'autobus.
«Sarà la prima e l'ultima volta che tirerò fuori l'argomento di questa domenica, quindi apri bene le orecchie e prestami attenzione perché non lo ripeterò, va bene?».
Annuii.
«Dunque, quando ho detto che non ero sicura di ciò che provavo non stavo affatto mentendo. Voglio che recepisci bene questo messaggio e che lo registri nella tua memoria, perché per me è importante farti sapere che qualsiasi siano i miei sentimenti per te io non sono una povera scema, so perfettamente che tu non provi niente per me. Insomma, non sono cieca e neppure stupida», si prese qualche secondo di pausa per darmi modo di non perdere il filo del discorso, «Comunque sia, qualsiasi siano i miei sentimenti per te questo non ti deve interessare. E' un problema mio. Proprio per il fatto che tu non abbia alcun interesse per me il discorso dovrebbe essersi auto-concluso, ma voglio che tu capisca che non ho intenzione di stare qui, ferma ad aspettare di perderti come amico solo perché qualcuno ti viene a dire che io provo dei sentimenti per te. Questi sono fatti dannatamente miei. Non tuoi, non di altri. Miei. Per me tu sei importante e non sono disposta a farmi mettere da parte solo perché qualcuno ti mette in testa che se mi rivolgi la parola allora mi stai illudendo; non voglio nemmeno che tu ci creda! Perché esigo che tu venga da me per ogni chiarimento che riguarda ciò che io provo e che nessun'altro a parte me conosce...».
Si voltò verso di me, «Siamo d'accordo?».
«Si...».
«Ma?».
«Forse non ti farebbe male se io mi allontanassi da te», la pelle del suo viso cambiò rapidamente colore, «Con questo non dico che io voglia farlo!», ripresi immediatamente.
«Allora non farlo».
Restai in silenzio, immerso nei pensieri.
«Ne morirei, Liam, non farlo...».
La guardai, lei sorrise e mi porse la mano: «Mignolin giurello?».
Risi.
Non sarebbe cambiata mai.




Le parole dell'autrice

Per l'ennesima volta ho aspettato un po' di tempo, ma immagino che ormai ci siate quasi abituati, vero? Oh, lo so, sono imperdonabile, anche perché questo non lo reputo un capitolo felice.
Che cosa ne pensate della situazione?
Come dovrebbero andare, secondo voi, le cose?
I fatti parlano da soli, direbbero i positivisti. Dunque, non c'è niente tra loro di fattibile, non riusciranno mai ad amarsi come vogliono? C'è una possibilità remota? Una qualsiasi soluzione?

Miei cari lettori e lettrici,
sono angosciata.

Un bacio e un caldo abbraccio,
come sempre, vostra, Vaniglia
  
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