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Autore: SoloDolo    02/03/2012    0 recensioni
Ok, un attimo di attenzione: questa per me non è una semplice storia. E' uno sforzo artistico che ho partorito in un momento di pura inclinazione spirituale, quindi vorrei che chiunque, prima di affrontare questo racconto si faccia un piccolo esame di coscienza: se state girando il sito solo per non annoiarvi, fermatevi qui. Se avete voglia solo di storie tranquille, non azzardatevi ad aprire. Voglio che, una volta entrati, leggiate il racconto dall'inizio alla fine. Se non è finito, potete mettetelo in ricordati, o anche no, cosa me ne frega. L'importante è che non lo affrontiate con frivolezza. Sarebbe come crocifiggermi. Grazie.
Genere: Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sfogliando le pagine del catalogo, Jude a volte incespicava in qualche divanetto che lo colpiva a prima vista; solitamente di colori insopportabili, tipo verde pallido, o viola, e allora alzava il giornaletto e lo faceva vedere a Larry, facendogli un fischio. Larry, steso come al solito, si destava puntualmente da quello che poteva sembrare un letargo millenario, e, socchiudendo gli occhi, proclamava il verdetto. A volte si limitava solo a “Fa schifo, cazzo”, ma, a volte, soprattutto dopo la tipica dormita breve in cui ti abbiocchi ma non prendi sonno, cadeva sullo scurrile pesante con esclamazioni tipo “Come ha fatto tua madre a partorirti così? Sei nato dal buco del culo?” Chiunque di voi pensi che non si possano pronunciare tali oscenità per una ragione puramente estetica, doveva prima conoscere il rapporto che legava i due amici da tanto tempo, lo stesso destino che, dopo aver colpito Larry con la sclerosi laterale amiotrofica, ora confinava Jude all’interno del perimetro dello stanzino dell’ospedale.
Senza neanche aspettare la risposta, era di nuovo a sfrusciare tra le dita i prezzi dei mobili in ebano, anche se, in realtà, non ne aveva così tanta voglia. A volte per ingannare il tempo un uomo si inventa un sacco di passioni, tra le quali arredamento, sport, politica, animali domestici, ma anche solo giurerebbe di aver letto un saggio sulla polvere delle librerie, pur di entrare in una conversazione.
Sebbene Larry non fosse una gradita compagnia, a volte era lui ad aprire il discorso. Spesso era un incoraggiamento per Jude, ma molto velato: come quando per esempio rantolava perché gli scocciava ammettere d’essersela fatta addosso. Ma, in certi casi, proponeva rozzamente un argomento, lo buttava lì; “Cosa ne pensi del Congo?” gli chiese una sera. E Jude era spiazzato, ma, per non deludere il vecchio, raccontò di averlo trovato meraviglioso.
-Cosa sei andato a visitare?- Gli domandò.
E allora gli raccontò la storia che leggeva da bambino sui giornalini di Walt Disney, su qualche vecchio numero di Mickey Mouse, ogni volta che fingeva di fare il compito.
-L’albero di banane magico. Quello che una volta al mese fa diamanti invece che banane, e ne hanno anche raccolte, sai? Le hanno esposte in un museo lì vicino, in una provincia minore.
Il trucco era tutto nel buttarlo in naturalezza. Un cliente abituale degli ospizi come Larry era più che convinto del suo metodo di giudizio secondo il quale, se qualcuno gli raccontava qualcosa, più sembrava naturale nel parlarne, più era credibile il fatto raccontato. Un dipendente dell’ospizio come Jude ne era al corrente, e sapeva manipolarlo in più occasioni, come “La pasta è buonissima, senta”, oppure “Non si è spenta da sola, ha pestato lei il filo”, o, in situazioni disperate “il pedone, al terzo turno, può fare quattro passi in avanti”. Che poi questa storia del pedone Larry l’aveva usata a suo favore più di una volta. Così quella sera si era bevuto l’albero di banane, e gli bastò per starsene zitto nella sua ignoranza per un’oretta buona. Poi grugnì di essersi cagato addosso.
Poi entrò l’infermiera.
-Salve, signor Burton.
Larry al vederla voltò la testa dall’altra parte per quello che riuscì.
-‘sera.
-Mi faccia controllare un po’- Jude non capiva niente di ciò che stava facendo quella donna: però capiva che era una di quelle negrette accanite mangiatrici di McDonald e Burger King e che rischiava seri problemi di obesità. Sarebbe venuta da lui, non entro troppo tempo. Stimò una ventina d’anni.
Quando finì, la signora era visibilmente annoiata.
-Lei come si sente?
Larry non rispose, così l’infermierà uscì. Dopo un minuto, Larry rispose.
-Se n’è andata?
Jude gli rispose di sì.
-Grazie a Dio.- e tirò un respiro di sollievo.
Troppe rughe solcano il corpo di Larry, pensò Jude, in confronto alla giovinezza che ancora dimostrava. Ma forse la parola giusta è infantilità. Credeva di essere nell’isola che non c’è, probabilmente; neanche la malattia l’aveva riportato alla realtà. Se solo gli si fosse alzato, avrebbe ancora dato qualche scopata giornaliera. Ma sua moglie era malata di Alzheimer da una decina d’anni, e non ce n’erano di più calienti all’interno dell’ospizio. Se non si fossero contate le inservienti ovviamente. Ma Larry interruppe il flusso dei suoi pensieri.
-Jude, è vera o no quella cosa dei tre passi del pedone?
Merda.
  
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