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Autore: Zomi    02/03/2012    3 recensioni
Un fremito e un singhiozzo mal trattenuto risuonarono sul petto della navigatrice.
Kizaru e Aarlong…
Rilasciato senza problemi, nonostante il suo risaputo odio e violenza verso gli umani…
Kizaru e Aarlong…
Un interrogatorio più simile ad una chiacchierata tra amici, che ad una tecnica militare per estorcere informazioni…
Kizaru e Aarlong…
Genere: Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro Personaggio, Nami, Roronoa Zoro | Coppie: Nami/Zoro
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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ANGOLO DELL’AUTORE:
Sconsiglio la lettura di questa FF a tutti coloro che non avessero ancora letto il capitolo numero 620 e seguenti del manga di One Piece, in quanto rovinerei alcuni dettagli della saga degli Uomini Pesce. Grazie per l’attenzione e buona lettura!!!

Zomi
 

 
 
                                              
PASSATO, PRESENTE, FUTURO…

Lo sciabordare dell’acqua smosse le punte dei suoi lunghi capelli. Piccole onde morbide, le accarezzarono le gambe piegate al petto, quasi a volerla aiutare nel riflettere. Nami le smosse, allontanandole e stringendo maggiormente le braccia intorno alle ginocchia piegate. Infossò il dolce viso nell’intreccio degli arti, cercando di rimanere silenziosa e ferma come l’acqua che la circondava.
Era immersa fino a metà torace nell’acqua della vasca, totalmente rannicchiata sulla lastra bianca e liscia della parete placcata. Stringeva spasmodica le gambe al petto, circondandole con le braccia e nascondendo il volto dietro quella barriera di pelle bagnata, appoggiandolo sulle ginocchia e fissando gli occhi color cioccolato sulla superficie oscillante del liquido, increspato dalla schiuma e da qualche bolla di sapone. Sebbene il suo formoso e diafano corpo fosse immerso nell’acqua calda, la navigatrice era scossa da forti e improvvisi tremiti, che la facevano sussultare a scatti, smuovendo il liquido e deformandolo in piccole onde che si infrangevano  lungo il bordo della vasca, fuoriuscendone e schiantandosi sul pavimento piastrellato.
Splash… splash… splash…
Nami inclinò il capo verso l’oblò del bagno, smarrendo lo sguardo nel buio mare che accerchiava come notte l’Isola degli Uomini Pesce, abbracciandone la bolla protettiva e oscurandola.
“L’Isola degli Uomini Pesce…” pensò, riportando lo sguardo sulle sue ginocchia piegate e affievolendo lo sguardo.
Tremò impaurita, stringendosi ancor di più e cercando di cancellare quell’eco crudele che riecheggiava attorno a lei. La voce baritonale e bonaria di Jimbei le era sembrata amichevole e dolce, almeno fin quando non le aveva raccontato della regina Otohime, di Tiger e di Aarlong. Quando il coraggioso Cavaliere del Mare aveva nominato per la prima il nome di quell’essere, Nami era stata come risucchiata nel passato, rivivendo in un attimo, tutta la sua vita seviziata dal pirata, vedendola scorrere veloce e dolorosa nella sua mente e tremando come attraversata da una scarica elettrica possente e mortale. Da allora, la sua voce era diventata la punta di un affilato coltello che la penetrava in profondità, affamato delle sue paure e desideroso di assaggiare il suo dolore. Non era stato il rievocare quel suo aguzzino a impaurirla tanto, no. Ad Aarlong era grata in fin dei conti: se non fosse stato per lui, non avrebbe mai conosciuto i suoi Nakama…
Ma ciò che più ora la terrorizzava e la rendeva facile preda del panico e dei dubbi, era ciò che aveva raccontato proprio Jimbei. Dopo la morte di Tiger, Aarlong si era allontanato dai Pirati del Sole, dirigendosi verso la Red Line. Lì si era scontrato con Kizaru, venendo sconfitto rapidamente, per poi venir arrestato, interrogato e stranamente liberato senza incontrare mai le fredde e poco accoglienti celle di Impel Down. Pochi anni dopo, divenuto il capitano dei Pirati del Sushi, era arrivato a Coconat Village…
Un fremito e un singhiozzo mal trattenuto risuonarono sul petto della navigatrice.
Kizaru e Aarlong…
Rilasciato senza problemi, nonostante il suo risaputo odio e violenza verso gli umani…
Kizaru e Aarlong…
Un interrogatorio più simile ad una chiacchierata tra amici, che ad una tecnica militare per estorcere informazioni…
Kizaru e Aarlong…
L’uomo pesce che senza un Berry e nave, arriva nella parte più navigata della Rotta Maggiore senza alcun problema…
Kizaru e Aarlong…
Che in breve tempo forma la sua ciurma di pirati e inizia a far man bassa nelle isole…
Kizaru e Aarlong…
Sevizie e uccisioni commesse da uno, e coperte, celate, trascurate dall’altro e non inoltrate alla Marina…
Kizaru e Aarlong…
Un assassino e il suo complice o un mercenario e il suo reclutatore?
Nami non sapeva trovare risposta a quei fatti così poco chiari. Si passò una mano bagnata sul viso, cercando di rinfrescarselo e riflettere con maggiore lucidità. Il nesso tra l’uomo della Marina e il pirata c’era di certo, ma quale oscuro patto poteva legare i due uomini?
Il marine aveva di certo promesso all’uomo pesce la libertà senza alcuna ripercussione per le sue gesta omicide, ma in cambio di cosa?
Kizaru non era un uomo dal cuore tenero, e di certo non aveva concesso una grazia talmente grande, senza ricevere qualcosa in cambio… ma cosa?
Ricchezze? Fedeltà? Informazioni?
Chiuse gli occhi nocciola e affondò il volto contratto per la rabbia tra le braccia, mordendosi ferocemente il labbro inferiore per non piangere. Quale accordo avevano preso quei due 16 anni prima, quando lei aveva appena 4 anni, e perché per quasi un lustro il pirata del sole era come scomparso, per poi riapparire dal nulla sulla sua isola?
Cosa, cosa, cosa, le sfuggiva?
Kizaru e Aarlong… Kizaru e Aarlong… Kizaru e Aarlong… Kizaru e Aarlong… Kizaru e Aarlong… Kizaru e Aar…
Un bussare deciso ma leggero risuonò sulla porta dell’enorme bagno della Sunny, facendo sobbalzare di paura la navigatrice nell’acqua.
-Nami…- la soave e leggiadra voce di Robin -…io e gli altri ci avviamo verso Palazzo Ryuuguu… quando hai finito raggiungici… ok?-
Nami si schiarì la voce, cercando di nascondere il tremolio che preannunciava il suo pianto.
-Certo sorellona…- rispose -… andate pure. Io arrivo…-
Sentì i passi veloci dell’archeologa allontanarsi, mentre lei tornava nell’abisso dei suoi pensieri. Forse la costruzione di Aarlong Park e tutto ciò che riguardava la sua schiavitù, facevano parte di un piano molto più grande di quanto non avesse mai immaginato. Con stupore, si ritrovò a pensare alla sua prima notte passata con i Pirati del Sushi, dopo che le avevano tatuato sulla spalla sinistra il loro marchio. Incapace di dormire, per paura della sua scelta e del patto con gli uomini pesce, e disperata per la morte di Bellmere, si aggirava silenziosa nei corridoi del palazzo in cui dimoravano quei pirati. Stava camminando, rasente alla parete di pietra, vicino alla stanza del capitano, quando ne aveva riconosciuto la voce riecheggiare attraverso un piccolo spiraglio della porta.
-Si, fatto…- ghignava a un piccolo Lumacofano da polso -… c’ho messo 4 anni per trovarla, ma ci sono riuscito…-
Nami si era tappata la bocca con entrambe le manine, per reprimere ogni più piccolo respiro e suono della sua presenza.
Un intraducibile gorgogliare da parte della lumaca e subito Aarlong era scoppiato a ridere sguaiatamente con la sua tipica risata grossolana e raccapricciante.
-Non lo so… non lo so…- sghignazzava -… ho preferito ucciderla e basta… era inutile perdere tempo a chiederle se sapesse o meno qualcosa su una guerra combattuta quasi 10 anni prima, prima di lasciare la Marina per sempre…-
La bambina aveva i lacrimoni agli occhi. Stavano parlando di sua madre, di Bellmere. Strinse i denti e si avvicinò alla fessura dell’uscio per origliare meglio.
-Come? Nah… te l’ho detto: di certo non sapeva niente e comunque, ora come ora, al massimo lo potrà spifferare solo a vermi e scarabei…-
Nami aveva deglutito tremante, cercando in vano di ritrovare la forza per muoversi e tornare nella sua misera stanzetta, di allontanarsi da lì prima che Aarlong si accorgesse di lei. Ancora qualche sbuffò e grugnito da parte dell’uomo pesce contro il suo interlocutore e poi la chiamata si chiuse.
-Stupido uomo di luce… feccia umana militare… carogna…- ringhiò spegnendo il Lumacofono il pirata, per sostituirlo nella sua mano con una bottiglia di Sakè. Silenziosa come era arrivata, Nami se ne era tornata nella sua camera, accasciandosi sul letto malandato, improvvisamente svuotata dai suoi pensieri, cadendo in un sonno profondo che relegò quel ricordo nei meandri più profondi e bui della sua memoria.
Ma come era svanito, ora quel ricordo tornava a galla, strisciante tra gli altri pensieri e accomunandosi ad essi.
Nami singhiozzò, incapace di trattenere oltre il pianto. Rabbiosa, si asciugò con il palmo bagnato le lacrime, digrignando i denti e tentando di trattenere ancora quelle amare gocce di tristezza, facendo sussultare il prosperoso seno.
-Kizaru…- ruggì, comprendendo che quel “Uomo di luce” additato da Aarlong, era di certo riferito a Kizaru e alle sue abilità di Rogia.
–Aarlong, il patto… Bellmere…-
Schiaffeggiò la superficie acquosa della vasca, che tremò impaurita per la sua collera mista a pianto.
-Dannato Marine!!!!-
La rossa tremava iraconda. Le sue candide e delicate mani, fremevano per la rabbia di quell’oscuro patto che aveva causato la morte di Bellmere.
Si morse un labbro, bagnato dalle lacrime che ancora le rigavano il viso e singhiozzando collerica gridò contro l’acqua della vasca, facendola vibrare.
-Ti troverò, Kizaru, e ti estorcerò a forza la verità… ora ho due motivi validi per odiarti…- ringhiò alzandosi dalla vasca in cui sedeva, decisa ad uscire da quel mare di ansie che la circondava. Prese da un appendi abiti, lì vicino, un asciugamano grande abbastanza da avvolgerla del tutto dal seno fino a sopra il ginocchio. Con gesto esperto, iniziò a vestirsi con esso. Strinse i pugni contro il bordo del tessuto, ripensando alla figura alta e minacciosa dell’ammiraglio. Quel maledetto!!!
Non solo aveva osato provare ad uccidere il suo Zoro a Sabaody, due anni addietro, facendola morire totalmente di crepa cuore nel vedere il ragazzo che amava in fin di vita sotto la lama della sua spada di luce, ma ora, dopo quei 24 mesi di fuoco e lacrime, ardiva a inclinare ancora lo specchio della sua vita, irruente e crudele, manipolatore nell’ombra, risultando il vero assassino di sua madre.
Con un ultimo singhiozzo, si strinse al petto l’asciugamano cercando di fermare quei tremiti di dolore e rabbia che l’attanagliavano. Era ancora nella vasca. L’acqua calda le arrivava alle ginocchia che sporgevano sensuali dal tessuto spugnoso.
Zoro.
Lui capiva sempre il suo uomre. Con la sua silenziosa figura la osservava attento, non ignorando alcun suo gesto, misurandone i passi e contandone i respiri. Sapeva leggerle dentro, decifrare le pieghe della sua espressione e percepire le tempeste del suo animo. Ma nonostante la sua granitica e sicura presenza, Nami non gli avrebbe mai chiesto aiuto in quella ricerca suicidi della verità.
Dio mio, si parlava di Kizaru, non di un marine qualunque. Un ammiraglio abile e spietato, per di più un Rogia dei più pericolosi. Chiedere aiuto a Zoro, o a qualsiasi altro suo compagno, significava condannarlo a una morte certa, incatenandolo a se stessa e trascinandolo in un abisso di pericoli e dolore.
Non poteva permettersi di perdere un altro membro della sua famiglia. Di nuovo, doveva affrontare tutto quel malsano e perverso destino che si accaniva con lei da sola. Singhiozzò incapace di trattenersi. E se non fosse stata abbastanza forte da scoprire la verità? Se fosse stata troppo debole per fronteggiare Kizaru e trovare risposta alle sue domande?
Si portò una mano alla bocca.
Eccolo, eccolo quel cedimento che aspettava come un uragano. I singhiozzi le facevano sussultare il petto, le braccia strette tra i seni sopra l’asciugamano, le gambe che tremavano nell’acqua della vasca. I capelli che sobbalzavano sulla schiena, oscillavano irrequieti. Non riusciva quasi a stare in piedi, sconvolta dal suo pianto. In lacrime, alzò un piede oltre la sponda della vasca, per uscirne. Ne appoggiò la pianta sulla lastra bianca e bagnata. Spostò il peso del corpo su di esso in modo brusco, veloce e scoordinato. In un attimo perse l’equilibrio e si ritrovò a fissare il soffitto celeste, dove un lampadario irradiava luce nel gigantesco bagno. Non percepì il dolore del colpo ricevuto sulla nuca, quando la sua testa sbatté contro il lato opposto della vasca. Semplicemente si accorse di sprofondare nell’acqua calda e di pensare, inconsciamente, che era sola sulla Sunny come lo sarebbe stata davanti a Kizaru…
 
 
Guardò di nuovo l’orologio della cucina.
Era tardi, veramente tardi. Se quella mocciosa non si decideva ad uscire dalla vasca, sarebbero arrivati al palazzo reale quando ormai la festa stava finendo. Con uno sbuffo, Zoro, si alzò dalla sedia che occupava, dirigendosi infastidito e brontolante verso il bagno del piano superiore.
Aveva deciso di aspettare la compagna e di raggiungere i compagni con lei. Sapeva che le serviva il suo aiuto, sebbene, orgogliosa com’è, non glielo avrebbe mai chiesto a voce. Erano uguali su quel fronte del loro carattere: testardi e orgogliosi, non avrebbero chiesto aiuto a nessuno nemmeno in punto di morte, decisi più che mai a cavarsela con le proprie forze. Forse era per quello che l’amava tanto.
Ghignando, arrivò davanti alla porta appannata della stanza da bagno. Si fermò ad osservarne il piccolo oblò di vetro offuscato. Nami di certo vedeva così ora il suo presente: annebbiato da una fitta e umida nebbia proveniente dal suo passato, buio e bugiardo.
Sanji gli aveva riferito tutto: l’incontro con Jimbei nella Foresta del Mare, il suo racconto, i dettagli su Tiger, la regina e Aarlong…
Sbuffò, posando una mano sulla maniglia d’ottone della porta. Ancora una volta, il passato della navigatrice, veniva a bussare alla sua porta, reclamando il suo tributo di dolore. Non aveva sofferto abbastanza quella mocciosa? Quante notti ancora doveva trovarsela sveglia, quando lui finiva gli allenamenti, nella cucina o nel suo studio, incapace di dormire a causa di incubi e paure taciuti a tutti i Nakama? Quanti pianti ancora doveva vederle trattenere e reprimere quando le si aprivano nella mente spiragli del suo passato?
Erano passati due anni, dall’ultima volta che l’aveva vista piangere.
Due anni.
E ora, tornati insieme, di nuovo quelle screanzate gocce le volevano arrossare e rovinare quel suo bel viso. Zoro ringhiò. No, questa volta ci sarebbe stato lui a sorreggerla e aiutarla. Non avrebbe più dovuto nascondersi nel suo agrumeto a urlare e piangere. Ci sarebbe stata la sua spalla a sorreggerle il capo, le sue carezze ad asciugarle gli occhi, le sue parole a farla sorridere di nuovo.
Ghignò e bussò deciso sulla porta in legno.
Nessuna risposta, però, gli fu concessa dall’interno.
-Mocciosa…- chiamò tornando a bussare -…stai per caso cercando di cucinarti? Ti avverto: la mocciosa bollita non mi piace…-
Si aspettava una risposta per le rime, un insulto, un ringhio almeno, ma ricevette solo silenzio.
-Faremo tardi alla festa…- l’avvertì, conoscendo la sua indole festaiola -… non troveremo più nemmeno un goccio di alcol…-
Ancora niente. Lo spadaccino imprecò contrariato. Con gesto sconsiderato e pericoloso, aprì la porta. Credeva di essere travolto da una montagna di parolacce e imprecazioni da parte della sua mocciosa, e magari anche il lancio di qualche oggetto, ma fu accolto solo dalle mattonelle bianche del bagno.
-Mocciosa…?-
Della ragazza non c’era traccia. Eppure Robin gli aveva detto che si stava lavando proprio lì. Avanzò di qualche passo nella stanza, avvicinandosi alla vasca.
-Ma guarda te questa…- ghignò calpestando qualche pozza di acqua fuoriuscita dalla tinozza -… proprio come le mocciose, quando si fa il bagno allaga l’intera stanza…-
Ridacchiando, si sporse sopra la vasca, guardandovi dentro il liquido trasparente increspato da qualche cumolo di schiuma. Appena sotto la sua superficie, una scia più densa e rossa galleggiava pigra sopra una figura rosata. Zoro concentrò lo sguardo, prima, sul rivoletto cremisi che nuotava spensierato, e poi sulla figura sottostante.
Sgranò l’occhio sano, quando la riconobbe come quella dell’esile corpo della navigatrice.
-Nami!!!- gridò, immergendosi fino alla vita nell’acqua e alzando per le spalle la compagna semi svenuta.
-Cazzo!!! Nami!!!-
La portò fuori dalla vasca e, sedutosi sul pavimento addossando la schiena alla parete della vasca, la prese nelle sue braccia, iniziò a scuoterla e scrollarla per risvegliarla.
-Nami, apri gli occhi, cazzo!!!! Apri quegli occhi, maledizione!!! Nami!!!-
La ragazza era immobile, come addormentata tra le sue braccia. Il capo era abbandonato sull’incavo del gomito sinistro dello spadaccino e le braccia cadevano inermi al suolo. Era completamente fradicia, l’asciugamano che la ricopriva gocciolava fiumi di acqua sulle mattonelle come anche i capelli lunghi e rossi.
-NAMI!!!!- la chiamò ancora, prendendole il viso in una mano e scuotendolo. Era pallida e dalla sua nuca una piccola scia rossa colava lungo il collo.
-Cazzo, Nami!!!! Porca troia!!!! Svegliati mocciosa!!!! Dannazione, ho passato due anni ad aspettarti e ora non ti lascio scappare così in fretta. Dannazione, Nami, apri quei tuoi meravigliosi occhi!!!!-
Le diete un nuovo scossone, energico, vitale, che costrinse il corpo della navigatrice a reagire. Debolmente, la rossa socchiuse gli occhi e aprì la bocca, emettendo un leggero respiro.
-Zo-zoro…- ansimò.
Lo spadaccino riuscì solo a annuire e a stringerla maggiormente a se, abbracciandola per la schiena e addossandola al suo torace. Le prese il volto nelle grandi mani e l’accarezzò, asciugandolo.
-Che… che è successo…?- domandò lei, spaesata.
-Dei aver perso l’equilibrio uscendo dalla vasca e hai colpito la testa contro il bordo… cazzo, stavi per annegare… dannazione… mi hai fatto prendere un colpo, mocciosa… accidenti a te…-
-E quando hai questi colpi, sei sempre così sboccato?- ironizzò Nami, appoggiandosi meglio contro il petto del verde e abbracciandolo per il collo. Ok, se riusciva a prenderlo in giro, allora stava bene.
Ridacchiò non rispondendole, ma rilassandosi con lei tra le braccia. Le accarezzava la schiena semi nuda, aspettando che fosse lei a parlare. Lasciava scorrere il tempo senza più fretta, senza più pensare che sarebbero arrivati tardi al Palazzo Ryuuguu e che i loro compagni forse si stavano impensierendo per il oro ritardo. Il samurai sapeva che lei, la sua mocciosa, ora aveva bisogno di calma e protezione per poter pensare.
-Sai?- sussurrò Nami, alzando gli occhi in direzione dello sguardo nero e serio del compagno. Zoro annuì silenzioso, accarezzandola sulla guancia.
Lei riabbassò il viso sullo yukata verde del samurai. Strinse maggiormente la presa intorno al suo collo e cercò di non riprendere a piangere.
-Ora non so più che pensare…- mormorò, paurosa delle sue stesse parole -…forse Aarlong ha fatto ciò che a fatto per salvarsi la vita… se non fosse stato per l’accordo con Kizaru, forse Bellemere, sarebbe viva… forse no…-
Riportò lo sguardo sul volto dello spadaccino, accarezzandone il profilo e sentendo che le lacrime le salivano agli occhi.
-Credimi…- singhiozzò -…credimi se dico che sono felice che Aarlong sia arrivato a Coconat Village: senza di lui io non avrei voi, la mia famiglia, non avrei te…- Zoro sorrise -…ma vorrei saperne il motivo: perché? Perché nessuno l’ha fermato? Cosa ci guadagnava Kizaru nel lasciarlo spadroneggiare su un’isola povera e senza ricchezze come la mia? Perché?-
I singhiozzi diventarono sussulti, i sussulti lacrime, le lacrime urla…
Lo spadaccino abbracciò Nami amorevolmente, lasciandola sfogarsi sul suo petto per la prima, ma di certo mai l’ultima, volta.
-Non so perché Nami…- la consolò -… non lo so… so solo che insieme troveremo la riposta a tutti i tuoi perché…-
Nami si alzò dal petto che la proteggeva.
-No…- esclamò asciugandosi le lacrime con i polsi -…no, tu in questo casino proprio non ti ci devi immischiare!!!! È troppo pericoloso, stiamo parlando di Kiza…-
Ma le lamentele furono messe a tacere dalle labbra di Zoro, che veloci si posarono su quelle della navigatrice, modellandosi perfettamente su di esse baciandole.  Le callose e bronzee mani di lui le accerchiarono il viso, avvicinandoselo e accarezzandone il profilo, mentre quelle chiare e piccole di lei facevano altrettanto sul contorno delle mascelle mascoline del samurai.
-Siamo una famiglia, l’hai detto tu… e poi non ti lascerò affrontare un nuovo pazzo simile ad Aarlong sola: sei la MIA mocciosa e, come tale, ho il dovere di difenderti e aiutarti…-
Nami sorrise, arrossendo e baciandolo nuovamente.
-Grazie, MIO spadaccino…- bisbigliò, soffiandogli sulle labbra -… è solo che non voglio perderti… sei importante per me, lo sai…-
Lo spadaccino annuì. Per il momento non c’era bisogno di altre parole. Si erano dimostrati, l’un l’altro, tutto il loro amore con quel semplice bacio. Per il resto, le parole erano superflue.
-Tranquilla mocciosa: troveremo la verità sull’accordo tra quei due pazzi-
La navigatrice annuì, tornando a baciarlo nuovamente. Le labbra di Zoro e il loro sapore così virile e salato, erano troppo invitanti, per starne lontani. Quella bocca tagliente e spregiudicata, che tanto spesso l’aveva vista aprirsi solo per litigare, ora la stava baciando piacevolmente, inumidendole le sue labbra carnose e invitanti, mentre le loro lingue s’intrecciavano, scambiandosi parole che da troppo tempo riecheggiavano nelle loro anime, ma che avrebbero pazientato volentieri ancora un po’ prima di venir espresse a voce alta.
Le mani della navigatrice scesero sullo spacco aperto dello yukata di Zoro, accarezzandone i pettorali e assaggiandone per la prima volta, il calore e la solidità della loro pelle. Lo spadaccino le accarezzava la nuca, non più sanguinate, lasciando correre le sue dita tra i crini selvaggi e rossi. Spostò la sua presa salda e protettiva sulla schiena bagnata, cercando di scaldarla sfiorandola.
-Mmh… forse dovremmo trattenerci fino a dopo la festa a palazzo…- ridacchiò la rossa, sentendo le mani dello spadaccino scivolare dalla sua schiena fino al suo sedere.
-Mmh… forse…- mugugnò lui, baciandole la gola.
-Su, se fai il bravo facciamo una delle nostre solite gare di bevute…- propose sorridente lei, alzandosi dalle gambe intrecciate a terra del verde. Si strinse l’asciugamano intorno al petto e si diresse verso la porta.
-E che si vince?- chiese malizioso Zoro, alzandosi anch’esso dal pavimento.
-Chi vince sta sopra…- sussurrò lussuriosa la navigatrice, scomparendo lungo il corridoio davanti il bagno. Lo spadaccino ghignò, ringhiando eccitato.
 
Il passato è ancora avvolto nel buio, tra segreti, bugie e sangue rappreso…
Il presente è appannato da una nebbia di nemici, incertezze e pericoli…
Ma il futuro, oh il futuro, il futuro è splendente, raggiante. Promette di donare luce al passato, di diradare le nebbie del presente e di essere forte e potente come niente al mondo può essere. Il futuro prometteva a Nami e Zoro, di donargli, insieme ai loro Nakama, i loro sogni e di cancellare il doloroso passato di tutti. Il futuro assecondava il loro amore e le loro scaramucce. Il futuro era privo di buio e nebbie. Il futuro gli apparteneva…

 

   
 
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